Stop al linguaggio violento

Attraversando i corridoi della scuola, mi sono soffermato davanti ai cartelloni dedicati a Giulia e Filippo. Ogni post-it, con i suoi commenti e le dichiarazioni sui due ragazzi, ha attirato la mia attenzione, portandomi a riflettere su quanto è stato detto e scritto (“Mamma, se domani non torno, voglio essere l’ultima”, “Non ti meritavi questa fine”, “Fatti forza Giulia”…), (“Mi faceva schifo, ma quando è carne, è carne!”, “Puttana!”, “Mi piace quando facciamo sesso, non quando parli”, “Uomini, fatevi un esame di coscienza!”).

Ritengo che questi commenti parlino da soli, e non mi sto riferendo solo a quelli su Giulia, ma anche a quelli su Filippo. Non sto giustificando le azioni di Filippo nei confronti di Giulia; è un comportamento disumano, orribile e inaccettabile, e dico STOP a tutto ciò! Sfido chiunque a giustificare le azioni di Filippo. Tuttavia, ciò che mi preoccupa è il modo in cui stiamo cercando di fare giustizia per Giulia.

Uno dei principi fondamentali che dovremmo imparare a scuola è il rispetto per ogni individuo, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dal genere, dalla disabilità, o da qualsiasi altra caratteristica. Se rispondiamo alla violenza con altra violenza, anche in forme diverse, stiamo commettendo un grave errore.

Sostenere idee estremiste che generalizzano e colpevolizzano tutti gli uomini è sciocco, ignorante e dannoso. Scrivere slogan offensivi su Filippo, facendo riferimento a violenza sessuale, è altrettanto sbagliato. Invito chiunque a fornire fonti concrete che dimostrino che Filippo ha commesso violenza sessuale contro Giulia. Non esistono! Pertanto, perché diffondere affermazioni come “Mi piace quando facciamo sesso, non quando parli” o “Mi faceva schifo, ma quando è carne, è carne!”?

Dico STOP non solo alla violenza sulle donne ma anche a incolpare tutti gli uomini per presunte azioni violente. Dobbiamo smettere di confondere la violenza psicologica con quella fisica, verbale o sessuale.

Iniziamo a responsabilizzarci ed a usare un linguaggio non violento a partire dal contesto scolastico e familiare!

– Francesco Ferlito 1BS

Parola d’ordine: Coquette🎀

Fiocchi a cascata, baby pink e Lana del Rey in sottofondo sono i capisaldi del nuovo amatissimo trend, uno dei tanti che dal 2020 ad oggi ci accompagnano fieramente. Questo però ha avuto un impatto sociale maggiore di tutti gli altri, e a testimoniarlo sono le numerose reference che le maison di moda hanno fatto nella recente settimana dell’Haute Couture: da Jean Paul Gaultier by Simone Rocha a Robert Wun, corsetti e drappeggi non ci abbandonano. 

Jean Paul Gaultier HC by Simone Rocha

Robert Wun Haute Couture

A favorirlo sono sicuramente il senso di libertà, e un po’ quella frivolezza che in questi tempi ci vuole. Ci viene quasi voglia di tornare indietro nelle ere, di ripescare elementi curiosi e frivoli da aggiungere ai nostri look che ci strappino un sorriso e ci donino sicurezza. 

A proposito di questo tema favolistico, vorrei spendere qualche parola per il viaggio emozionale che John Galliano ci ha regalato in occasione dell’ultima Artisanal di Maison Margiela. Ambientata in un locale notturno di una Parigi di fine ottocento, sotto la pioggia, hanno sfilato in modo teatrale meretrici, dongiovanni e bambole rotte dal fascino fatiscente, contribuendo a mettere in scena l’apoteosi della genialità artistica. 

In questo caso il trend coquette si è manifestato in modo astratto e subliminale, specialmente nel make up di Pat McGrath, nelle collane di perle interposte nelle calze  e nei doll-dress che hanno chiuso il sipario. 

Doll look di Maison Margiela HC

Make-up di Pat McGrath 

Credo sia meglio, quindi, non prendere ogni trend alla lettera, ma adattarlo a noi, lasciandoci ispirare e prendendo ciò che ci interessa e che ci trasmette gioia. 

A lasciarvi ironicamente, questa volta, sarà una massima della ispiratrice di tutto questo, la Del Rey, che esclamò : Live fast. Die young. Be wild. Have fun.

Edoardo Benedusi 5AC

Prato blu

”Per ogni minuto in cui teniamo gli occhi chiusi, perdiamo sessanta secondi di luce”

Un giorno una persona mi disse questa frase, ma io non sono d’accordo,

e sai perché?

Mi rendo conto di perdere quei “sessanta secondi di luce a ogni minuto”, anche quando ho gli occhi aperti.

Anzi, forse quando chiudere gli occhi per me è come dice Battisti: “chiudere gli occhi per fermare qualcosa che è dentro me, ma nella mente tua non c’è”, Cerco di fermare qualcosa che vedo andarsene quando ho gli occhi aperti, quando osservo ogni giorno qualcosa che se ne va.

Un pezzettino alla volta.

Il problema è quando avviene anche con gli occhi chiusi. Sì, perché mentre prima quel momento di “occhi chiusi” riusciva a “fermare qualcosa che era dentro di te”, ora non è più così.

Ora c’è anche lì freddo. Il freddo che c’è fuori c’è anche dentro.

Dentro te e dentro me.

Continuiamo a sfiorarci con gli sguardi ma ormai c’è indifferenza.

Quest’ultima parola fa abbastanza paura, soprattutto quando inizi a provarla anche tu.

Solo che, nel mio caso, è un’indifferenza mascherata da qualcos’altro.

Immaginate un prato, un prato non d’erba, ma pieno di pensieri.

I fili di erba non sono verdi, sono grigi o anche blu…

Blu

Blu

Blu

Che colore sei Blu?

Forse non sei un colore e forse non si può definire come un “colore” questo termine.

È un’emozione. Un’emozione che non si riesce a capire.

Il blu ormai fa parte di tutto questo immenso spazio aperto, ma prima com’era?

Prima ce n’era solo uno di filo d’erba blu, ma oramai è stato perso in mezzo agli altri…

Chissà, forse un giorno lo ritroverò?

Ti amo

“ti amo”;

ho sempre odiato dire queste due parole

perché ogni volta che le pronunciavo

loro sembravano scivolare via

e, poco a poco, rimanevo solo.

Non sono mai stato il primo a dirle

mi sono sempre sembrate forzate,

menzogne velate.

Non mi sono mai ritenuto capace di amare,

non per lunghi periodi almeno.

Alcune lievi infatuazioni,

ma ‘mai’ quell’amore eterno.

Ma poi sei arrivato tu,

e quelle due parole hanno preso una forma,

hanno preso il significato

di ‘amore pacato’.

E a te, quelle parole le direi

anche a rischio di perderti,

per farti capire che ti amerò sempre.

Anche quando non ci sarai più.

Odiosi Boati

Sguardi terrorizzati                             

e sogni di bambini neutralizzati    

troppi orsacchiotti lasciati soli                        

e nessuno che li consoli.

Odiosi boati che rovinano le notti          

non lasciando riposare neppure i bambolotti

madri disperate che fanno coccole        

pur di non far notare tutte queste pistole.

Puntate addosso a innocenti                       

con famiglie in disparte che battono i denti.

Cosa significa essere adolescente?

Dicono che l’adolescenza sia la fase più bella della vita, “il fior fiore dei nostri anni”, ma allora perché è quella dove si soffre di più e si viene aiutati di meno?

 È il periodo in cui gli occhi perdono la loro luce, i sorrisi diventano apatia, le chiacchierate con i genitori diventano un: “sto bene lasciami stare”; i “sì, per cena prendiamo la pizza” diventano un “non ho fame non mangio”.  Eppure l’unica cosa che ci si sente dire continuamente è di dover fare gli adulti o che si è grandi per i capricci o che non sono questi i problemi della vita e che “devi fare l’uomo”.

Ma cosa significa fare l’uomo?

Forse Uomo inteso come essere indistruttibile? Ne siamo proprio sicuri? Uomo ci si diventa proprio perché non si ha nessuno che ci dà una mano ad affrontare i problemi della vita; che ogni volta viene pugnalato ed è costretto a togliersi la spada e medicarsi da solo. L’adolescente si vede gettato nel mondo senza alcuna spiegazione. Si ritrova a dover imparare come farsi accettare dagli altri, ad essere indipendente e molto altro. Deve fare una scelta sulla scuola superiore da frequentare, ma non ha le idee precise sul suo futuro perché effettivamente è troppo presto per affrontare una scelta così importante.

L’adolescenza è il periodo in cui ci si rende conto che tutto prima o poi avrà una fine, ci accorgiamo del valore che il tempo ha nella nostra vita. Eppure chissà perché continuiamo a procrastinare la felicità, accettando l’essere tristi. Forse essere uomo è il riconoscere che abbiamo un tempo limitato e che dobbiamo vivercelo senza spiegazioni altrui per poter goderlo al meglio. Non necessitiamo di una guida che ci spieghi come essere adolescenti, ma di una che ci spieghi la felicità nell’adolescenza perché non può essere uguale a quella della vita adulta o a quella dell’infanzia. Impariamo tramite le nostre prime responsabilità ad essere fieri di noi stessi. E allora perché non veniamo aiutati? Gli adulti dicono che l’adolescenza è la fase più bella perché è la fase della sperimentazione, in cui si imparano le ingiustizie e ci si rafforza. L’adolescenza non può essere spiegata, va vissuta e non ne va perso nemmeno un secondo. Gli adulti non vogliono che noi commettiamo il loro stesso errore di non essersi goduti questo periodo della nostra vita, quindi ci lasciano provare. Ecco questo vuol dire essere adolescenti.

-Giada Gambalonga 5AL

Fabi e Pragg, due validi concorrenti per Carlsen

Nell’ultimo episodio di questa rubrica ho parlato del grande Magnus Carlsen, prodigio e campione indiscusso del mondo degli scacchi, ma adesso parliamo del secondo gradino del podio attuale…

Identificare il numero due al mondo non è semplice, ci sono molti nomi che potrebbero aggiudicarsi questo posto, ma secondo me è giusto parlare di due figure di spicco, uno dei due giocatori ha rappresentato l’Italia per molti anni per poi passare agli USA, l’altro è invece un “nuovo” prodigio diciottenne, che si è fatto valere nel World Chess Championship 2023, riuscendo ad aggiudicarsi il secondo posto dietro Carlsen.

Sto parlando di Fabiano Caruana, detto Fabi e di Rameshbabu Praggnanandhaa, detto Pragg.

Fabiano Caruana è un Grande Maestro dal 2007, al tempo il più giovane italiano e americano ad aver conquistato il titolo. Nato in Florida da genitori italiani ha rappresentato l’America fino al 2005, poi è passato all’Italia dal 2005 al 2015 e adesso rappresenta l’America dal 2015.

Ha vinto molti tornei italiani nel periodo tra il 2005-2015 e nel 2007 riesce a vincere il Campionato Assoluto Italiano, dopo essere arrivato secondo l’anno precedente.

Ha vinto sedici super tornei, ha sfidato più volte il campione del mondo, ma la prima è stata per contendersi il titolo nel 2018, a Londra, dove purtroppo non riuscì a superare la tecnica dell’avversario e perderà di tre punti.

Nel 2020, grazie alla partita giocata contro Carlsen nel 2018, si aggiudica una qualificazione diretta alle “Candidates” per i mondiali.

In ottobre 2021 giunge primo a pari merito al campionato statunitense con Wesley So e Samuel Sevian, con il punteggio di 6,5 punti su 11. Tuttavia agli spareggi arriverà secondo dietro lo stesso So.

Nel 2023 partecipa e si classifica al terzo posto della Coppa del Mondo, questo risultato gli dà il diritto di partecipare per la quinta volta al Torneo dei Candidati.

Ha un punteggio FIDE di 2804 (aggiornato 1 gennaio 2024) e unico italiano ad aver superato la soglia del 2700.

L’altro nome di questa selezione è Praggnanandhaa, giocatore facente parte del numeroso gruppo di prodigi indiani presenti in questi anni, assieme a Vidit, Gukesh e altri. Ha ottenuto il titolo di Grande Maestro all’età di dodici anni, dieci mesi e tredici giorni ed è il 13° al mondo per punteggio FIDE (e secondo giocatore indiano, dietro Vidit). Nel 2022 è apparso per la prima volta nei primi cento nella classifica mondiale ed è arrivato secondo, dietro Magnus Carlsen, durante la Chess World Cup 2023, ma senza dare spettacolo contro i suoi avversari, arrivò infatti a degli spareggi in finale contro Magnus, e più volte vinse delle partite e gli diede del filo da torcere, risolvendo posizioni complicatissime. Grazie a questo risultato ha anche lui l’accesso garantito alle Candidates di Toronto 2024, come Fabi.

– Frederick Toschetti 2CA

Such a mess

9.30 PM

I ran to that bathroom,

sat next to the toilet while crying my eyes out.

A million thoughts running through my head:

“you fatty” “ew look at her scars” “trans freak”

I look at my arms and suddenly I feel guilty.

I lean on the toilet, my chest pressed on the edge.

It all went black while i spewed my problems aside.

I can taste it.

I can smell it, touch it

I can feel the thoughts messing in my head.

I can see the wreck i am.

can feel the mess i am

I need that taste to go away

I need to forget what just happened.

so i ran to the balcony and lit a cigarette.

as if it’ll make all of my problems disappear.

Aback I can’t breathe.

I kept asking myself why I am the way I am.

“Why am I a mess?”

God… there’s no answer to that.

– Anonimo

Un colore non colore

Come descrivereste un colore che vi fa piangere?

È quel colore malinconico, che più lo guardi, e più ti perdi nella marea di cose che lo compongono.

Guardami, come sono finito qui giù?

È troppo fondo il limite sottostante la riva.

Tu sei come quel colore, quell’immensità che quest’oggi si perde nell’indifferenza più totale.

E allora perdiamoci, nonostante continuiamo a condividere gli spazi. I nostri spazi.

Siamo onde agitate, in contrasto, che si incontrano. Si guardano e si sfiorano…

Ma non porta a nulla. Tu continui a camminare dalla parte opposta, e io faccio lo stesso.

Controcorrente sempre, pur di non rimanere ancora un istante lì, a condividerti i miei sguardi.

Andiamocene, da qui. Non ci appartiene questo posto.

– Anonimo

L’amicizia

Che cos’è l’amicizia?

Questa è la domanda che in molti si fanno…

il problema sorge nella risposta…

Alcuni dicono che è una certa predisposizione

l’uno verso l’altro, oppure uno scambio d’affetto.

Coloro che rispondono così, forse, non lo hanno

mai capito realmente.

Dicono di avere tantissimi amici, ma non sanno

che cosa vuol dire.

Se chiediamo ad altre persone, però, non

risponderanno mai in quel modo, perché

hanno avuto la sfortuna di conoscere qualcuno

che FINGEVA di essere loro amico… che aveva

solo approfittato della loro gentilezza.

Hanno avuto la sfortuna di essere feriti da persone

 che ritenevano importanti, ma non lo erano realmente.

La cosa che fa più male è quando una persona fa di tutto

per conquistare la tua fiducia, e quando la conquistano…

la distruggono… TI distruggono.

Ed ecco che arriviamo alla loro risposta.

Loro, al contrario degli altri, ti diranno che un amico non ha una

sua definizione… è colui che ti fa sentire a casa nonostante la

distanza, è colui che dimostra di tenere a te con piccoli gesti, colui

che per comunicare il suo affetto non ha bisogno delle parole.

E difficile trovare queste persone, ma non impossibile.

Io ho avuto la fortuna di trovarle… soprattutto ho avuto la fortuna

di conoscere lei… la migliore delle amiche.

È simpatica solare e quella vena di ironia che la rende unica…

Nonostante quello che io abbia scritto, comunque, ogni amico è diverso…

ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti.

Ma la cosa importante è che loro ci sono… e anche se stanno

male cercano di negarlo in tutti i modi perché non vogliono farti preoccupare.

Una volta una persona a me cara mi disse che i ragazzi vanno e vengono… ma un amico… E’ PER SEMPRE.

Always and Forever

– Anonimo

Vale la pena immaginare la bellezza della vita, anche quando è buia

Nel bel mezzo della mia esistenza, ho danzato tra le ombre del tempo, un’illusione eterea che sfugge alle mani avidamente tese dell’eternità. La mia vita è un dipinto sospeso nel crepuscolo, un’eco fuggente nell’infinità. Sono nato tra le note di un breve rintocco, un sospiro effimero nel grande concerto della vita. I giorni si srotolano come fili d’argento in una tela tessuta con la delicatezza dell’effervescenza. Ogni risata, ogni lacrima, sono frammenti di un sogno sfuggente. Le stagioni si alternano come attori di una pièce celeste, e io, un protagonista di passaggio, sento il mio respiro come un sussurro sottile tra le pagine di un libro aperto al vento dell’oblio. Le mie mani tentano di trattenere le stelle, ma esse scivolano via come sabbia dorata tra le dita. Nella fugacità della mia esistenza, ogni incontro è un riflesso di un amore che si dissolve nell’aria come nebbia mattutina. Le strade che percorro sono sentieri effimeri, tracciati con l’inchiostro dei giorni che si dissolvono nell’oceano dell’inesorabile. Eppure, in questa illusione di vita breve, trovo bellezza nell’effimero, nell’arte di essere danza nell’abisso del tempo. La mia esistenza è un’ombra giocante sulla parete del destino, un’illusione incisa nell’anima di chi ha occhi per vedere la magia di un istante. Così, mentre la mia vita si scioglie come petali al vento, resto un viandante consapevole della meraviglia di ogni passo, un’illusione di vita che afferra la bellezza nel fugace abbraccio dell’eternità.

– Francesco Ferlito 1BS

27/01

Non poter uscire, non poter andare a scuola, non poter fare ciò che si vuole, non poter dire ciò che si vuole o ciò che si pensa, vivere divisi dal resto del mondo, con un segno distintivo come una stella, essere deportati ed essere separati dai propri cari, essere torturati e uccisi.

Il tutto perché? Perché arrivare a questo genere di barbarie? Perché arrivare ad uccidere milioni di persone? A separare famiglie, amici, vite.

Ne sono passati di anni dallo sterminio degli ebrei e pensiamo di essere migliorati, il che è vero, ma a volte vediamo episodi di discriminazione o violenza contro persone diverse da noi, ma non per questo meritevoli di ciò, e semplicemente non facciamo nulla.

Con questa piccola riflessione, proviamo tutti ad aprire un poco la mente, per evitare di ripetere errori simili.

 – Francesca Picelli, 1AL

I…

I’m tired, but I’m Jewish

I’ve got a family and children, but I’m Jewish

I’m a good citizen, but I’m Jewish

I’m a person that respects law, but I’m Jewish

I’m a mum, but I’m Jewish

I’m a dad, but I’m Jewish

I’m a child, but I’m Jewish

I’m a brilliant person, but I’m Jewish

Now I’m dead, but I’m happy that someone can remember me not as a deported but as a person with values and a heart.

 – Matilde Malaman, 1AL

15 Milioni di persone come noi

“Shoah” è un termine di origine ebraica, il cui significato è desolazione, disastro ma, soprattutto, catastrofe o tempesta devastante. Attraverso questa parola ricordiamo ogni anno, il 27 gennaio, il genocidio degli ebrei, ovvero lo sterminio e la persecuzione di una razza da parte delle autorità della Germania nazista. Comunemente si preferisce definire quest’atto disumano con tale termine, piuttosto che con “olocausto”, poiché esso definisce un sacrificio necessario ed inevitabile, ma non è così.

Raphael Lemkin, scrittore ed avvocato polacco, aveva definito il genocidio come un piano coordinato ed intenzionale per uccidere uno specifico gruppo individuato nella società come una minoranza, massacrandolo, distruggendolo e sterminandolo.

Il 1900 è stato un secolo ricco di genocidi e sicuramente ci si chiede perché si arrivi a tanto, ma soprattutto come si riesca a rendere un’intera popolazione il principale bersaglio della società. Fondamentalmente un genocidio non comincia mai con il massacro, ma si utilizza un’arma molto più potente: il linguaggio. Può sembrare banale, ma le parole sono armi taglienti e che possono ferire più di ogni altra cosa. Attraverso esse può crearsi il distanziamento sociale, poiché si inizia ad identificare l’altro con termini specifici che lo allontanano dalla massa e dalla comunità, quali “nero”, “ebreo”, “omosessuale” ecc.…

Proprio dal linguaggio inizia, così, la disumanizzazione dell’altro. Si mobilitano, poi, le masse, si sopprimono i diritti civili ed, infine, quando la categoria presa di mira non viene più vista come un gruppo di persone alla pari, ma come inferiori, si passa alla violenza fisica. Anche Hannah Arendt in “le origini del totalitarismo” affermò che prima è necessario disumanizzare l’altro dal punto di vista politico e linguistico e poi lo si può uccidere passando inosservati perché, nel mentre, l’opinione pubblica si sarà anestetizzata.

La parola “Shoah” descrive, purtroppo, una realtà complicata, triste, spaventosa e violenta. Ad ognuno di noi la morte sembra lontana, quasi estranea, finché non ci tocca personalmente, quindi è probabilmente impossibile o comunque molto difficile capire anche solo una misera parte del dolore che tutte quelle persone hanno provato nel momento in cui sono iniziate le persecuzioni.

La Shoah raccoglie i terribili ricordi e le distruttive testimonianze di tutti coloro che, da vittime, hanno partecipato a quell’orrore. Rende viva la memoria della paura provata quando le autorità si presentavano alla porta di casa, della rassegnazione e della tristezza provate sul treno di andata verso un campo di sterminio, delle lacrime versate nel momento della separazione dai propri cari, del dolore provato quando un numero sulla pelle sostituiva l’identità di ognuno dei deportati e della vergogna ed il disgusto nel farsi toccare, rasare, picchiare ed uccidere senza avere nessuna colpa, se non quella di essere nati “diversi”.

Per noi è così impensabile che una tale violenza sia stata compiuta, tanto che nemmeno lontanamente potremmo immaginarci uno scenario del genere nel mondo moderno, ma ciò che noi ora ripudiamo è accaduto in passato. Le grida dei bambini separati dai genitori, i pianti di disperazione di tutte quelle persone che speravano solo di poter tornare a casa sane e salve ma che, in realtà, sono morte proprio lì ed il sangue di tutte quelle vittime innocenti sono ancora racchiusi nella terra, negli edifici, nei crematori e nel filo spinato che delimitava il campo di concentramento.

Oggi più che mai ricordiamo tutte quelle vittime senza colpa che, senza distinzione tra bambini e anziani, uomini e donne, hanno subìto torture indicibili, hanno sofferto ardue ed estenuanti pene e sono state private di ciò che di più caro c’è al mondo: la vita.

Oggi più che mai continuiamo a ricordare, affinché la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita in questo modo possa non essere mai tradita e affinché ciò che è successo in passato non accada più in futuro.

 – Rowena Polato, 5BL

Persa

A volte mi sento scomparire
E delle altre vorrei solo restare chiusa in un armadio, senza alcun rumore o voce che mi urla contro
Mi urla che sono inutile, che non sono intelligente, che non ho cuore e che sono deficiente
Ma non sanno che l’ignoranza porta guai e chi è veramente intelligente non si può finger stupido anche se lo stupido delle volte vuol farsi onnisciente .

Volo

Alzati in volo, memoria perduta,
aiutami con la tua misera presenza
a rialzarmi dalla grave caduta
ch’ora con forza l’animo mi sferza.


Lasciati guidare senza paura
dalla spinta del vento;
concedimi ancora, con cura,
di non scordare il conforto
lasciatomi da una giornata
vissuta con gran fretta,
con l’unico e solo desiderio
d’aprire il triste cuore mio,
e d’implorare con occhi fermi
di mai da lui separarmi.


Con speranza ciò chiesi,
accanto a lui, seduta sul prato,
e tra tanti sguardi tesi,
giurai lo avrei sempre amato.
Pietà l’universo mi concesse,
per la mia timida richiesta,
disperata ed onesta.
Consapevole mi diresse,
rasserenando la mia faccia,
direttamente tra le sue braccia.


Nemmeno alla mia morte
l’indelebile sensazione sparirà;
nemmeno l’arrivo della notte,
la nostalgia cancellerà,
del corpo che in aria si libra,
grazie al suo tocco delicato,
consumando ogni sua fibra,
ascoltando quel tono pacato,
che fin’ora solo puro piacere
all’interno mi aveva creato;
che in seguito sarebbe diventato
una mia eterna fonte di dolore.


Ed ora, al lieto ricordo
dei piccoli dettagli suoi,
con rimorso mi domando
cosa ci fosse di sbagliato tra noi
quando fumammo senza fretta
quella che sarebbe stata poi
la nostra ultima sigaretta.


Valentina Grigio, 3BL.

Paura di perderti

Ho visto un ragazzo con gli occhi marroni come il cioccolato, i capelli marroni con il ciuffo, uno stile davvero bello ma è particolarmente bello quando indossa la sua felpa beige che io adoro vedere su di lui.

A primo impatto sembra un ragazzo molto timido, che non si impiccia negli affari degli altri, che sta sulle sue ma anche simpatico e affettuoso.

Ha un sorriso magnifico infatti ogni volta che lo vedo sorridere rimango incantata dalla sua bellezza ma soprattutto dal suo sorriso e dai suoi occhi. Lo so mi direte che sono semplicemente marroni ma non per me, per me sì sono marroni ma sono occhi veritieri, profondi, sono occhi dove ti puoi rifugiare quando hai bisogno di conforto, sono occhi dove io avvolte trovo risposte alle mie domande, sono occhi marroni ma per me quegli occhi sono tutto.

Prima ho detto che è particolarmente bello quando indossa la sua felpa beige…beh per me è così, quando indossa quella felpa impazzisco ancora di più perché è come se mi passasse davanti un ragazzo ancora più bello del solito. Non so perché ma quando indossa quella felpa vedo io abbracciata a lui e lui con il sorriso stampato sul viso.

Lui non mi conosce o meglio forse sa che esisto e ha capito che mi piace, ma non ne sono molto certa. Per ora so solo che in lui vedo qualcosa di speciale che non ho mai visto in nessun altro ragazzo. Quando lo vedo è come esistesse solo lui, come se il resto delle persone svanisse nel nulla.

Ora però ho paura che lui possa perdere interesse per me, perché magari trova una ragazza più bella…lo so che sono tutte paranoie quelle che mi faccio ma io ho veramente paura di perderlo anche se non lo conosco perché è come se facesse parte di me e perderlo significherebbe perdere una parte di me. Forse dovrei provare a parlargli e a farci amicizia ma non saprei proprio come fare perché ho paura di come lui mi possa trovare e di come la potrebbe prendere.

Credo però nel tempo quindi dico solo questo tempo al tempo.

– Anonimo

“Reawakening Fashion Everyday”

Sto perdendo la speranza nella moda. Ciò che vedo in sfilata, nei magazine e nelle collezioni odierne mi annoia. Credo che se c’è un onere che la moda abbia è proprio quello di sbalordire, creare interesse facendo brillare gli occhi o, invece, inorridire, smembrare e ricostruire. Di tutto ciò non percepisco proprio nulla, e quindi mi trovo costretto a tuffarmi nel passato: dal “corsettato” Mugler degli anni 90, al faraonico universo di John Galliano per Dior del 2000, fino all’haute couture rivoluzionaria di Cristóbal Balenciaga di inizio ‘900 (per citare i più conosciuti). Sembra quasi che tutto sia stato già svolto impeccabilmente nel passato e che non ci sia speranza alcuna nel presente. 

Per non parlare della carta stampata, che spreca cellulosa, inchiostro e gloss al misero fine di vendere un cumulo perpetuo di banalità, quando il guadagno non è una giustificazione sufficiente. Ciò che manca è il “Vogue Juice”, definizione della grandiosa giornalista Anna Piaggi, che con questo arguto appaiamento di parole intendeva “un succo di concetti e di stimoli visuali”. 

Anna Piaggi (1931-2012)
giornalista e scrittrice italiana

Passando alla mondanità, che forse il tema del Met Gala di New York di quest’anno sia da leggere anche come un’esortazione al risveglio del fashion system ? “Sleeping Beauties: Reawakening Fashion” metterà in mostra iconici abiti e accessori troppi fragili per venire indossati di nuovo o solamente per essere esibiti on display; facendo ciò darà sicuramente spettacolo, mostrando però solo abiti di epoche trascorse. 

“La Chimére”, Thierry Mugler
(Haute Couture Fall/Winter 1997-1998)

Concludo la mia lunga riflessione col dire che io non mi voglio arrendere. Esorto tutti voi lettori a esprimervi con la moda osando, facendo scelte azzardate, e provando ad uscire dalla comfort zone. Ciò che si sta tralasciando è l’importanza di questo mezzo comunicativo, che vi regala con generosità il lusso di dipingere al meglio la vostra essenza nella vita di tutti i giorni.

Razor clam shells dress,
Alexander McQueen, Voss- SS 2001

-Edoardo Benedusi 5AC