Carpe Diem

Ciao splendori,

È un (ormai) ex-collega che vi parla, a pochi mesi dall’ultima volta in cui ho varcato quell’ingresso che ancora vi aspetta nelle vesti di vero e proprio ferrarista. Probabilmente non lo sopportate nemmeno, e chi tra voi si trova ancora all’inizio del proprio percorso comincerà tra poco a detestare quella vista, ma vi assicuro che il pensiero di non entrarvi di nuovo tra poche settimane mi lascia sempre con uno strano senso di vuoto. Non so bene che significato dare a queste parole, scritte in un momento di insonnia in una notte a caso di fine estate ma permettetemi di parlarvi francamente, da viaggiatore che si è già lasciato alle spalle il cammino che avete ancora davanti. Innanzitutto è giusto fare un “in bocca al lupo” a tutti gli studenti che si approcciano all’ultimo tratto di strada e, collegandomi a ciò, mi sento di darvi un consiglio: godetevi il tempo che passerete qui al Ferrari, che voi siate in quinta oppure dobbiate ancora iniziare la prima. Vi accorgerete presto che per qualche motivo i giorni a scuola funzionano in maniera strana: sei in classe a lezione, guardi l’ora e il tempo non passa mai, eppure a un certo punto apri gli occhi ed è giugno. Poi li chiudi di nuovo, li riapri e sei già in quinta superiore e ti chiedi come sia possibile che sia passato tutto quanto così in fretta. Godetevi ogni momento di divertimento, di paura e, perché no, anche di noia, non può essere sempre tutto eccitante o terrorizzante. State attenti, molto attenti, perché prima che ve ne rendiate conto dovrete salutare per l’ultima volta il vostro compagno di banco o la cotta di cinque anni a cui non vi siete mai dichiarati e forse vi resterà sempre il dubbio di non aver fatto abbastanza. Eppure, in fondo, sono convinto che l’addio ai cinque anni più belli della mia vita (finora) non sarebbe stato così agrodolce, così sentito, senza quel pizzico di rimpianto per le occasioni non sfruttate a dovere. Ricordate che la scuola, certo, è composta dall’edificio, le aule, i banchi, i professori e dal personale A.T.A. (Informalmente collaboratori scolastici) ma il cuore pulsante, il centro insostituibile rimanete voi, con i vostri sogni, le vostre speranze, le vostre passioni e i vostri timori e ognuno di voi, con il proprio contributo, può partecipare anche in minima parte all’evoluzione di questa realtà. Non abbiate mai paura di fare la vostra parte per timore di apparire diversi o di essere scherniti, la scuola può non piacervi, potete trovarla ingiusta o organizzata male ma ciò non cambierà mai fintantoché vi limiterete a lamentarvi senza agire.

Viviamo in un mondo sempre più social, sempre più veloce, che cerca di rendere prioritaria la comunicazione online a discapito dell’interazione fisica, ma il consiglio che mi sento di darvi è quello di concentrarvi sempre sulla seconda, soprattutto tra le mura scolastiche: mettetevi alla prova, espandete le vostre amicizie, non chiudetevi in una bolla. Noi studenti uscenti dell’anno 2023-24 rappresentiamo l’ultima annata che ha visto il Ferrari prima del Coronavirus, moltissimi di noi conservano ancora il badge con cui si firmava l’ingresso in atrio o la tessera per le fotocopie, che penso nessuno abbia mai utilizzato, e immagino che tutti ricordino bene la ressa che c’era ogni mattina alle due sole colonnine presenti per registrare la propria presenza, ai tempi le odiavo perché dovevo fare i salti mortali per non risultare in ritardo, adesso un po’ mi mancano. Perché alla fine la scuola, soprattutto le superiori, è anche questo. È il luogo delle piccole cose importanti, le risate coi propri amici, gli sbadigli in classe quando sono le 8:02 e il/la prof ritiene di vitale importanza spiegare già le disequazioni irrazionali, mentre tu ancora cerchi di capire in che piano dimensionale ti trovi, gli spintoni al bar per cercare di ordinare qualcosa nella vana speranza che quelle venti persone davanti a te non abbiano già esaurito tutto ciò che ritenevi edibile, le fughe al bagno nel tentativo di trovare gli amici sparsi nelle altre classi. Sono tutti attimi che, una volta usciti di qui, anche dovessero ricapitare avranno un sapore diverso.

In prima Sabato 20 Febbraio 2020 è stato il nostro ultimo giorno di scuola in presenza, come dimenticarlo?, a cui sono seguiti tre mesi di inciampi informatici nel tentativo di restituirci in minima parte quello che stavamo perdendo. In seconda abbiamo saltellato tra un’apertura e una chiusura, cercando di indovinare da dove avremmo seguito le lezioni la settimana successiva, in terza siamo tornati con tutte le precauzioni possibili: il metro di distanza tra i banchi, mascherine, finestre aperte anche a dicembre per la gioia dei (delle) freddolosi (e) e la fuga generale al primo tampone positivo. Toccava pure fare ricreazione chiusi in classe, dopo essersi presi parole in prima quando si preferiva rimanere dentro piuttosto che uscire in mezzo alla calca. Scherzando, durante gli anni, ci siamo spesso definiti prima, seconda, terza “avanzata”, come se fossimo rimasti comunque indietro, come se si fosse creato un vuoto incolmabile tra noi e il corretto andamento di una normale classe di età e penso di non essere l’unico ad averlo sempre percepito, non tanto per quanto riguarda le conoscenze che, non fraintendetemi, passano a volte in secondo piano, quanto più per il lato prettamente umano. Quell’incubo di pandemia ci ha privato di più della metà dei nostri anni di superiori, facendoci vivere solo un’ombra di quello che è realmente questo periodo così diverso da tutti gli altri e, riprendendo la storia dei rimpianti di prima, questo è senza ombra di dubbio il peggiore e il più sofferto. Chiedervi di farmi un piacere sarebbe quantomeno presuntuoso, visto che la stragrande maggioranza di voi nemmeno mi conosce se non, forse, di vista ma posso consigliarvi di farvi un piacere: vivete appieno questi anni che vi aspettano, specialmente voi nuove leve che state entrando quest’anno, fatelo anche per noi che non siamo mai riusciti a farlo davvero. Staccatevi un po’ da quel telefono (che detta così fa molto boomer) e cercate di godervi veramente questo viaggio. Non limitatevi a seguire il cammino degli altri, la strada battuta, esplorate le vostre potenzialità e date agli altri il meglio che avete. Avete tutti tanto dentro, ne sono certo, dovete solo tirarlo fuori. Tanto lo so che, per quanto io possa raccomandarvi di fare attenzione, voi comunque vi troverete un giorno di inizio giugno a dire “ma io, quand’è che ci sono arrivato qui, che l’altro giorno ero in prima?”. Lo facciamo tutti, e alla fine è bello perché è così.

Buon viaggio, non scordatevi mai di sorridere,

Pi

Interview to Agostino, the English assistant in our school

From February to April in our school we had the pleasure of collaborating with an English language assistant: Agostino. After the idea of Ms Rappo we decided to interview him. 

Pietro Grosselle: Hello Agostino, can you introduce yourself?

Agostino Pizzolato: Hello Pietro. My name is Agostino, I’m from Vancouver, Canada. I’m a university student there: I study History mainly, but I also study Italian. I’m probably going to do it for another two years or more.

P: What will you bring back home from this experience?

A: Probably I’ll bring home the idea that I’m doing what I’d like to do. This has been a chance to try out teaching, being in a classroom and I’ve enjoyed it quite a lot. It’s also been a chance for me to see more history. In Canada we don’t have the kind of history that you have here.

P: What are you hoping to leave us?

A: What I hope to leave behind is basically a friendly face. For me the most wonderful thing about being here has been to get to know people in Este and at school and my host family. So what I hope to leave behind is the relationships that I have been able to form, the friendships that I made here.

P: Did you feel welcomed in Italy?

A: At first I did not, it took me a little while to get used to being in a classroom, also because it was my first time teaching, but after a couple of lessons I did feel at home, and also enjoyed being in class, teaching and working with the students.

P: How have the relationships with all the people been during your stay here in Italy?

A: I think the relationships have been very good. The students have been very friendly and it seems everybody knows who I am. Everybody has been very friendly, generous and welcoming.

P: Are there any important differences between the Italian and the Canadian school systems?

A: The most obvious is that in Canada we don’t specialize at this age and level school, we begin to specialize in a certain programme when we get university usually. But also in Canadian high schools we change classrooms all the time, we don’t have a set class and a set group of students that we belong to in the same way as you do here.

P: : Was it more difficult to learn Italian or to teach to people that you don’t know?

A: It depends, some classes were a lot of fun but some of them were more difficult, sometimes the students weren’t really talkative. But I think that learning Italian has been much harder.

P: Would you like to come back to Italy again? And if so, what do you want to do in this future experience that you haven’t had the chance to accomplish until now?

A: I do hope to come back to Italy after I finish my university degree and what I hope to do is possibly to study in a university here, to do some more advances in History but I would also love to come here to learn Italian better.

P: How do you think you will be in five years?

A: In five years I would like to be working towards becoming a professor.

P: You participated at some events like the festival of languages. What do you think about this kind of event here in our school?

A: I think it was wonderful, I was very impressed by the students. Especially by how much you guys know about the languages that you are studying, about the books that you’re studying. It was fun.

P: What do you miss the most about Canada?

A: I definitely miss the mountains and the forests. I spent so much time talking to different classes about how we like to hike in Canada and camp in Canada.

P: And you ended up in a foggy land.

A: Yes, exactly. I can’t wait to go home and climb a mountain.

P: The most important question now. What is your favourite Italian food?

A: I said this to a couple of classes. My favourite Italian food is “Cotechino and Polenta”.

P: Ok, really good. Do you want to tell us something else?

A: Yeah, I would like to thank everybody at the school honestly from my heart, for welcoming me into your classrooms, into the school itself. It has been a wonderful experience. And it has been a pleasure to get to know everybody, to see you in the hall, to see you walking around the streets in Este, it has been a pleasure for me to be a part of this experience.

P: Thank you really so much for this interview and for all you did in this school and for this school in your time here.

A big “Thank you” is for Agostino, who agreed to do this interview, but also a lot of thanks to Ms Rappo for the idea and an enormous “thank you” for Ms Govorcin, who prepared the questions.

Here’s the photo of the official greeting:

Pietro Grosselle, 4BSA

Das Brettspielturnier: un pomeriggio dedicato alla lingua tedesca

Venerdì 24 maggio, dopo lo svolgimento delle normali lezioni mattutine, si sono tenute una serie di attività in lingua, organizzate appositamente per gli studenti frequentanti le classi terze e quarte del corso di tedesco opzionale dalle loro docenti. I ragazzi e le ragazze hanno avuto l’occasione di mettere alla prova le loro abilità linguistiche acquisite durante l’anno scolastico attraverso un torneo di giochi da tavolo.

Dopo il discorso d’apertura della preside, la quale ha ringraziato tutti i presenti per la partecipazione, la competizione ha effettivamente potuto avere inizio e gli alunni, divisi in squadre, si sono recati nelle diverse aule loro indicate e sono stati seguiti da varie studentesse provenienti dal liceo linguistico nello svolgimento delle attività, sia nella spiegazione delle regole che nella convalidazione del punteggio ottenuto.

I sei giochi scelti hanno dato l’opportunità di esercitare diversi aspetti della lingua parlata, come il lessico comune in “Das Dings”e quello più specifico dell’ambito urbano in “Unterwegs in der Stadt”, le regole grammaticali in “Der Grammatikbaum”, la formazione corretta di quesiti in “Kettenfragen”, i modi di dire in “Kennst du die Redensart?” e il riconoscimento di diverse figure di spicco provenienti dalle aree di lingua tedesca in “Deutschsprachige Persönlichkeiten”. I concorrenti, messi in difficoltà dai limiti di tempo, si sono quindi cimentati in questa sfida che, per quanto possa aver acceso la competitività tra di loro, ha rappresentato maggiormente un sereno momento di convivialità e di riposo dopo un impegnativo percorso di studio. Nonostante sia concretamente facoltativo per gli indirizzi che si occupano principalmente di materie scientifiche o classiche, l’esistenza di questa possibilità e l’affluenza di alunni che hanno scelto di aderire dimostra l’importanza dell’apprendimento del tedesco, delle competenze che questo sviluppa, e della qualità dell’insegnamento che ha portato i partecipanti ad ottimi risultati non solo tra i primi tre classificati.

Le professoresse Mazagg e Barison, che si sono dedicate alla preparazione e alla pianificazione delle attività, denotano che il Brettspielturnier è stato apprezzato, come comprovato dalla gioiosa atmosfera percepibile durante la premiazione ed il buffet finale, e che ha rappresentato un’ottima maniera di allenare le conoscenze degli alunni tramite un momento di divertimento condiviso totalmente meritato. Oltretutto, hanno apprezzato la voglia di mettersi in gioco dei loro studenti e il contributo nella gestione da parte dell’indirizzo linguistico, in particolare delle classi 3^BL e 3^AL, la cui partecipazione ha permesso la creazione di un pomeriggio mirato anche allo scambio e alla coesione.

Valentina Grigio, 3°BL
Foto di Irene Morato 5AS

2 GIUGNO- FESTA DELLA REPUBBLICA

LA (PRIMA) REPUBBLICA NON SI
SCORDA MAI

“La Prima Repubblica non si scorda mai” canta Checco Zalone in “Quo Vado?”. Ma, al di là di facili
battute all’italiana, ci deve essere qualcosa di vero, un monito, che ci faccia riflettere oltre i pochi
secondi dello sketch comico. Siamo veramente sicuri di capire fino in fondo l’importanza dei
valori che ogni 2 giugno celebriamo, Checco a parte?
Per rinfrescare un po’ la nostra memoria storica, ricordiamo che il 2 e il 3 giugno 1946 gli italiani
scelsero quale forma dare allo Stato, tra monarchia e repubblica parlamentare. Un voto
particolarmente sentito, che vide la partecipazione dell’89% degli aventi diritto e che decretò la
fine della monarchia. Alla vigilia del referendum, però, il risultato non era scontato.
Umberto II tentò il tutto per tutto per tenersi stretto il trono. La notte tra l’1 e il 2 giugno fece
l’ultimo disperato tentativo di influire sull’esito delle elezioni, rilasciando un dispaccio alle 2:20
del mattino in cui rompeva il silenzio elettorale per tentare di recuperare consensi. L’allora
ministro della Giustizia, Palmiro Togliatti, reagì duramente e il socialista Pietro Nenni liquidò il
proclama come un diversivo e sostenne “o la repubblica, o il caos”.
Le votazioni furono le prime libere dopo 22 anni di regime fascista (le ultime erano state nel
1924). Con la pubblicazione del decreto legislativo 31 gennaio 1945, noto come “decreto De
Gasperi-Togliatti”, il governo italiano presieduto da Bonomi estese anche alle donne il diritto di
voto. Il 2 giugno, dunque, rappresenta non solo la nascita della Repubblica Italiana, ma anche
un momento cruciale per il riconoscimento dei diritti delle donne, con l’estensione del suffragio
alle cittadine italiane.
Recentemente il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi ha risollevato l’interesse generale per
tale evento storico e le sue conseguenze nella lotta per la parità di genere.
Il tema del suffragio esteso alle donne si riflette nei personaggi e nelle loro esperienze,
mostrando come l’accesso alla partecipazione politica abbia rappresentato un passo
fondamentale per la piena cittadinanza delle donne italiane contro l’oppressione culturale. La
protagonista del film, Delia, interpretata da Paola Cortellesi, incarna la determinazione, il
coraggio e le sofferenze delle donne del tempo, offrendo uno sguardo intimo e coinvolgente
sulle loro sfide e aspirazioni.
Tale successo cinematografico ha fornito considerevoli spunti di riflessione circa il nostro
presente, in cui all’entusiasmo e alla partecipazione passati (alle urne si presentarono
24.946.878 italiani, l’89% degli aventi diritto) fa da contraltare una percentuale sempre più
dilagante di astensionismo (appena il 63% alle elezioni parlamentari del settembre 2022). Come
sottolineato anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “i giovani si allontanano e
perdono fiducia poiché la politica, frequentemente, si inaridisce. Perde il collegamento con i
suoi scopi oppure smarrisce il coraggio di enunciarli in modo inequivocabile”.
Pertanto in questo clima di sfiducia il nostro auspicio è che questa giornata non si estingua in
una mera ricorrenza formale, ma possa rinfocolare attivamente il nostro impegno civico affinché
la repubblica non venga ricordata solo oggi, ma, veramente, “non si scordi mai”.

Veronica Balbo, Filippo Barison, Anna Minchio V AC

“Maschere: tra apparenza e realtà”

In questi ultimi due mesi avete visto comparire i vari elaborati prodotti dai ragazzi del biennio in occasione del concorso di scrittura e arte “Maschere: tra apparenza e realtà”.

Con questo articolo vorremmo ringraziare tutti i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato e collaborato in questo concorso: un grazie ai partecipanti per essersi messi in gioco e aver accettato la sfida, un grazie a quanti si sono offerti per fare da giuria ai vari elaborati dedicando il loro tempo, un grazie alla Dirigente e alla prof.ssa Govorcin che ci hanno permesso di rendere tutto questo possibile.

Di seguito nomi e link dei primi tre classificati per ogni categoria:

Scrittura:
1) Maria Letizia Rizzieri Link
2) Frederick Toschetti Link
3) Anna Chiara Ferraro Link

Arte:
1) Gemma Zorzan Link
2) Giorgio Nushi Link
3) Giorgia Chiarello Link

Ancora grazie da parte nostra

– I direttori di RompiPagina

Cerimonia di Consegna dei Diplomi A.S.2023-24

Sabato 18 maggio si è tenuta la cerimonia di consegna dei diplomi a studentesse e studenti che hanno svolto l’Esame di Stato lo scorso anno scolastico. La cerimonia inizia con il discorso della Dirigente, che abbiamo voluto rendere il testo principale di questo articolo poiché ci ha colpito molto in quanto denso di significato e toccante, seguito dalla consegna effettiva, uno per uno, classe per classe, di tutti i diplomi. Le foto scattate da Irene Morato (5AS) saranno reperibili come da istruzioni che seguiranno sul sito della scuola.

Di seguito il discorso della Dirigente Scolastica:

“Un momento in cui noi riconosciamo gli sforzi e i successi dei nostri studenti, degli studenti del liceo Ferrari. Come dirigente scolastico, per me è un onore essere qui a condividere questo traguardo così significativo nella vita di ogni studentessa e di ogni studente. In questi anni, cari ragazzi, avete lavorato con dedizione, passione e perseveranza. Avete affrontato delle sfide, superato ostacoli, dimostrando che con l’impegno e con la determinazione si possono raggiungere grandissimi risultati.
Ogni diploma che oggi qui verrà consegnato non è solo un pezzo di carta, ma è il simbolo di tutto ciò che avete imparato, vissuto durante il vostro percorso scolastico qui al Ferrari. Vi invito, con le parole di Einstein, a non considerare mai lo studio come un dovere, ma continuare a considerarlo come un’invidiabile opportunità.
Siate perciò ostinati, andate oltre, perseverate nelle difficoltà che inevitabilmente incontrerete anche nel cammino nuovo che avete intrapreso in questi mesi dopo il percorso liceale. Non lasciatevi sopraffare dalle intemperie, solcate il mare. Fate come Ulisse: non accontentatevi mai di ciò che già conoscete, siate sempre più curiosi, vogliate sempre di più, aspirate al massimo e poi prendetelo. Non accontentatevi delle banalità, studiate, datevi degli obiettivi importanti, siate generosi. Affrontate le difficoltà senza paura, perché queste ci rendono forti, e non temete di sbagliare, anzi, imparate dagli errori. Siate sempre pronti alle sfide che incontrerete e solo così sarete dei veri vincitori. Oggi, mentre noi celebriamo questo vostro successo, vi invito a rimanere affamati, di conoscenza, di esperienza, di giustizia e verità. Questa fame è motore del progresso, la scintilla dell’innovazione e il cuore della perseveranza.
Prendo proprio a prestito le parole di Steve Jobs, che le ha pronunciate durante un discorso a Stanford vorrei che risuonassero qui con forza: “Siate affamati, siate folli. Siate affamati di scoperte, folli abbastanza da poter cambiare il mondo.”
Nelson Mandela infatti affermò che l’istruzione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo e voi ora siete armati di questa potente risorsa. Usatela bene.
Il vostro percorso educativo infatti non si è concluso a luglio dello scorso anno, anzi,in realtà è solo l’inizio di un apprendimento che durerà per tutta la vita. Il diploma che ricevete oggi è quindi anche una chiave che apre innumerevoli porte: usatela per aprire le porte giuste, quelle che conducono a strade meno percorse, a sfide sempre più grandi e a soddisfazioni più profonde.
Siate affamati di successo, ma anche di gentilezza e compassione. Siate folli nel perseguire i vostri sogni, ma trovate anche modi per aiutare gli altri. In questo modo non solo riuscirete a realizzare i vostri obiettivi, ma lascerete anche il mondo un po’ migliore rispetto a quello che avete trovato.
Socrate fu definito un immorale corruttore di giovani, ma noi lo ricordiamo come uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.
Louisa May Alcott, l’autrice di piccole donne, fu incoraggiata dalla famiglia a trovare lavoro come serva o come sarta, ma noi la ricordiamo come autrice di romanzi. Beethoven maneggiava con difficoltà il violino, preferiva suonare le proprie composizioni anziché migliorare la tecnica e il suo insegnante lo aveva definito senza speranza come compositore. Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione, ha rinunciato ad una carriera di medico e nella sua biografia egli scrisse: “Ero considerato da tutti i miei maestri, ma anche da mio padre stesso, un ragazzo molto ordinario, inferiore alla media in intelletto.”
Gli insegnanti di Thomas Edison gli dissero che era troppo stupido per imparare qualcosa, ma noi lo ricordiamo come il primo imprenditore che seppe applicare i principi della produzione di massa al processo dell’invenzione.
Ormai l’elenco sarebbe lungo, il messaggio è però chiaro: non ascoltate le persone con la pessima abitudine di essere negative. Derubano le migliori speranze del vostro cuore. Siate sempre il meglio di ciò che potete essere e abbiate sempre un atteggiamento positivo e costruttivo nei confronti di tutto e di tutti, avendo fiducia in voi stessi e nelle istituzioni. Siate leali e onesti con tutti, sia in famiglia, sia nella società, sia nella scuola, perché la lealtà e l’onestà, unite alla correttezza nei rapporti, favoriscono le relazioni e migliorano noi stessi.
Voglio ringraziare ora anche i genitori che hanno sostenuto i figli nel loro percorso scolastico, nel percorso dei cinque anni del liceo, e anche gli insegnanti. Alcuni degli insegnanti sono qui con noi per celebrare il vostro successo, insegnanti che vi hanno guidato con saggezza e pazienza. Il vostro ruolo, genitori e insegnanti, è stato fondamentale per il successo di questi giovani.
Alle studentesse e agli studenti dico, siate orgogliosi di quello che avete conseguito, guardate il futuro con fiducia. Il mondo vi attende con infinite opportunità e possibilità. Continuate ad imparare a crescere e soprattutto a sognare. Ricordatevi che il vostro percorso formativo è un viaggio che non finisce mai e prendendo a prestito le parole di Roosevelt, ricordate che il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
Voi, cari diplomati, avete dimostrato di credere nei sogni, di lavorare sodo per realizzarli e un traguardo lo avete raggiunto, il diploma liceale. Congratulazioni a tutti voi per il diploma conseguito. Vi auguro ogni successo nel vostro cammino futuro.”

Pietro Grosselle 4BSA

Scrittura 03

My emotions concealed, it’s the real deal,
Hiding behind layers, I can’t express how I feel,
Smiling on the outside, but inside, it’s a battlefield,
Suppressing all the pain, but the wounds will never heal.
Society’s pressure got me acting mad,
Covering up my struggles, behind these false guises,
I’m trapped in this cycle, I’m clinically dead,
Lost in the shadows, where the truth always lies.
Masks on, can’t see the tears that fall,
Locked in a cage, behind these strange walls,
The mental breakdown, yeah, it’s a close call,
Praying for freedom from these masks, that I hate at all.
Pretending like we’re fine, when we’re barely hanging on,
Putting on a show, while our sanity’s gone,
Living in a world where everything seems wrong,
But we’re all human, beneath the surface we are all alone.
Struggling to be alive, suffocating in my own lie,
Searching for an escape, seeking the dark in the sky,
But the masks I wear, they cover up the cries,
And the pain that resides behind these tearful eyes.
Every new person is a new personality,
Nobody has ever seen me really clear,
Cuz I keep changing between all my dear,
risking my own mentality.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Scrittura 11

In un mondo di giudizi e critiche nessuno è al sicuro. Ella soprattutto, era talmente fragile
che si sentiva schiacciata dal peso degli sguardi di chi le stava attorno. Dentro di lei una
voce le sussurrava gli ipotetici pensieri altrui, spesso poco lusinghieri, e sempre quella
voce la perseguitava intimandole che, se non avesse assunto i comportamenti che essa le
consigliava, sarebbe rimasta sola per il resto della sua vita. Fu così che iniziò a indossare
una maschera. All’inizio era come un gioco, la metteva la mattina prima di uscire e la
toglieva la sera, una volta tornata a casa. Era divertente ed elettrizzante sentirsi due
persone allo stesso tempo. La sua maschera era una donna in carriera, coi capelli sempre
ordinati, i tacchi alti e i vestiti firmati, sicura di sé e decisamente molto attraente; così,
spontaneamente, le venne l’idea di adottare uno pseudonimo che incarnasse alla
perfezione l’essenza della sua nuova identità: la Formidabile. Sotto la maschera, tuttavia,
si celava una ragazzina insicura, invidiosa dell’ aspetto delle altre persone, con gli occhi
tristi e languidi, i vestiti poco appariscenti e i capelli senza forma: e così, contrapposta alla
“finta” se stessa, era diventata la Mediocre. Passava il tempo e, inebriata dal piacere della
novità, l’atto di nascondersi diventò la sua più grande ossessione: non riusciva più a stare
senza maschera e persino in compagnia dei suoi amici più cari ella si sentiva obbligata a
indossarla. La delicata pressione della copertura sul suo viso le regalava un’immediata
sicurezza che la rendeva più interessante agli occhi degli altri. Quando vestiva i panni della
Formidabile non veniva contraddetta o derisa da nessuno, non riceveva occhiate schifate o
di scherno e tutto ciò che diceva acquisiva credibilità. Non era più necessario elemosinare
le attenzioni altrui prodigandosi in qualsiasi modo per esse, anzi, erano le altre persone
che le chiedevano consigli per ricercare la sua approvazione: “che vestito dovrei indossare
alla festa?” “sto meglio coi capelli lisci o mossi?” “dici che questa giacca mi ingrassa?”, le
domandavano spesso alcune ragazze vanitose e lei si scopriva spesso felice di aiutarle a
prendere decisioni, seppur futili. E dentro di lei la piccola Mediocre esultava finalmente
fiera di essere riuscita a piacere a qualcuno, finalmente si guardava allo specchio e vedeva
quello che aveva sempre voluto vedere: una donna bella e carismatica, non una ragazzina
inesperta, con ambizioni irraggiungibili. Tutto ciò che le era negato in veste di Mediocre le
era concesso quando indossava la maschera: al suo passaggio gli uomini la guardavano
ammaliati, le donne bisbigliavano fra loro invidiose. Ormai tutti conoscevano la
Formidabile come la donna più bella del mondo, anche se qualcuno storceva il naso di
fronte alla sua eccessiva frivolezza e criticava il suo voler essere sempre al centro
dell’attenzione. Ma non ci aveva mai dato molto peso. Anche se qualcuno la odiava, lei
rimaneva comunque “formidabile”. Tuttavia, mentre si beava della sua condizione
privilegiata, si accorse che nessuno si ricordava di lei. Della vera lei. Nessuno ricordava
quanto fosse gentile con tutti, nessuno ricordava quanto sapesse essere gentile con tutti,
nonostante la timidezza, che la portava ad essere talvolta un po’ scontrosa. Nessuno
ricordava lo sguardo triste che la caratterizzava. Nessuno ricordava il sorriso che le
illuminava il volto di tanto in tanto. Improvvisamente allora si alzò dalla sedia e corse a
guardarsi allo specchio: l’immagine riflessa, quella che le piaceva tanto, la squadrava
divertita come a chiederle silenziosamente: “Cosa vorresti fare ora? Ormai è tardi per
tornare indietro”. Non si riconosceva più, quella non era lei. La Mediocre era sparita, la
Formidabile si era nutrita delle sue fragilità e non aveva intenzione
Di sputarle fuori. Trasalì quando realizzò che nemmeno uno tra i suoi “amici” si era accorto
della sua scomparsa, tutti avevano riempito il suo posto con la nuova lei e l’avevano
trattata con un riguardo che era pura utopia per colei che era prima della maschera.
Ammirò un ultima volta quella sé stessa e si rese conto di quanto fosse semplicemente
meravigliosa, rimase incantata dalla perfezione nei suoi tratti e nelle sue forme. E in quel
momento capì perché la Mediocre non aveva mai raggiunto un tale livello di popolarità,
nonostante si impegnasse tanto per piacere agli altri: non era bella. O almeno non
abbastanza; non era brutta, ma la sua bellezza delicata era nascosta dalla pesante
insicurezza di non piacere, di non essere apprezzata. La piccola Mediocre scoppiò in
lacrime sconvolta da questa rivelazione, i singhiozzi le scuotevano violentemente il corpo e
il viso era sfigurato dal dolore. Ma poi una rabbia improvvisa verso la Formidabile la assalì,
così si strappò dal volto la maschera e vide per la prima volta dopo un tempo infinito la
vera sè stessa. Venne sopraffatta da un disgusto tale che incominciò a strapparsi i capelli:
folte ciocche di capelli bionde cadevano inermi a terra. Sempre più in preda alla pura follia
lacerò le vesti costose con le unghie e iniziò a graffiarsi le braccia, le gambe, il ventre, il
collo fino a procurarsi una moltitudine di graffi, anche piuttosto profondi. Si distese
annichilita sul tappetino del bagno fra le ciocche di capelli e i brandelli di vestiti: i singhiozzi
sembravano romperle le costole. Pianse per giorni e giorni fino a spegnersi per sempre. E
solo quando la sua anima lasciò la terra riuscì a liberarsi finalmente della Formidabile: gli
occhi le si inumidirono mentre la Formidabile rimaneva sulla terra disperandosi, ma sotto
sotto la Mediocre sapeva che senza di lei sarebbe stata meglio, che era sempre stata lei a
farla sentire disprezzata, come un’ amica falsa che esalta le insicurezze degli altri per
nascondere le sue. Le fece un ultimo sorriso e la salutò con la mano, prima di non vederla mai più. Stavolta per sempre.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio.

Arte 01

Il disegno rappresenta un soggetto seduto davanti ad uno specchio sul quale si
riflette una persona priva di volto. La scena è incentrata in una stanza di enormi
dimensioni, quasi vertiginosa, sulle cui pareti sono appese svariate maschere
deformate, diverse l’una dall’altra, ma appartenenti tutte al soggetto principale.
Il tema affrontato nell’elaborato è il concetto pirandelliano di mancanza di
un’unica identità nell’individuo.
Ogni osservatore giudica il soggetto in modo differente portando così alla
coesistenza di idee contrastanti sullo stesso individuo. In questo modo il
soggetto, agli occhi degli altri, sembra disporre di svariate identità (nel disegno
rappresentate dalle maschere), senza poter distinguere una personalità unica da
attribuirsi e non potendo così individuare il suo “io”.
Il soggetto, che può rappresentare quindi ogni singola persona, vedendo allo
specchio una persona che cambia sia a seconda dell’osservatore, sia al variare
del tempo, sia alla situazione in cui si trova, non trova caratteri certi da
attribuirsi e quindi non riesce a distinguere una persona unica nel suo riflesso.
Infatti gli uomini non percepiscono il mondo per com’è davvero, ma per com’è
una volta filtrato dai loro occhi, dalla loro mente, e questo loro punto di vista
può essere alterato radicalmente o parzialmente, ma fatto sta che nessuna
persona conosce davvero la verità: ogni cosa che percepiamo non è altro che
una versione soggettiva del mondo attorno a noi.
Per questo motivo nessuno può veramente conoscere un’altra persona, i nostri
occhi non possono mai cogliere l’interezza di un individuo e quindi finiamo
spesso per idolatrare nullità o ignorare prodigi.


A questo fenomeno non esiste giustizia: infatti non è colpa di nessuno se, non
avendo un volto, tutto ciò che esibiamo al mondo sono maschere.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio.

Scrittura 12

Cara Betta,
ricordi quando eravamo bambine, quanto giocavamo all’aperto? Passavamo interi pomeriggi insieme a scherzare, ridere e divertirci. Com’erano belle, invece, le sere d’estate, quando ammiravamo, mano nella mano, il cielo imbrunirsi, lasciando il posto alle luminose stelle. Sembra così distante quell’infanzia ricca di vivaci emozioni che brillavano nei nostri occhi. Quella luce sembra ormai spenta. Non saprei dirti da quanto non la vedo più riflessa nel tuo volto. Forse da quel primo giorno in cui hai iniziato a ignorarmi, che rimane indelebile nella mia memoria. È da allora che sento dentro di me un vuoto che non riesco a colmare. Improvvisamente hai smesso di parlarmi. Frequentavi nuovi amici e compagnie e, in poco tempo, sei cambiata. Ti vestivi, comportavi e anche ridevi in maniera diversa, che, ai miei occhi, sembrava finta. Inizialmente credevo fossi solamente cresciuta finché una mattina, a scuola, non ti ho sentito piangere, chiusa in un bagno e in te stessa. Solo allora ho capito che quella che intravedevo nei corridoi non eri più te, ma la tua maschera. Ma io, a differenza degli altri, non ho mai voluto che la portassi. Da quel momento non ti ho più vista mostrare nessuna debolezza. E ora guardati allo specchio. Sei diventata ormai una donna, bella, forte e intelligente. Ma sai cosa vedo nel tuo riflesso? Non il tuo impeccabile trucco, i tuoi vestiti nuovi o le tue lunghe e curate unghie. Queste cose, che trovo così superficiali, fanno parte solo della tua maschera. Io, invece, intravedo nei tuoi occhi la Betta che conoscevo, spaventata e nascosta per paura di mostrarsi davanti al giudizio degli altri. Non sai quanto vorrei aiutarti dicendoti che ti ammiro e che sei perfetta così, ma so che non mi crederesti. Di una cosa, però, puoi essere certa: non sei sola. Ogni persona nella nostra società indossa falsi sorrisi e maschere, come se, in fondo, ogni giorno fosse carnevale. Il mondo intero ha vere complessità ma dai volti finti. Ti posso però assicurare che nessuno è perfetto come invece vuole far credere. Tutti, io compresa, vogliamo essere accettati, almeno da qualcuno. Ognuno vuole dimostrare di essere abbastanza, agli occhi degli altri ma soprattutto a sé stesso. La realtà in cui viviamo oggi, quindi, è fatta solo di apparenze, come un grande teatro in cui ogni persona recita una parte. Ma se tutti soffriamo, non dovremmo smettere di interpretare qualcun altro ed essere noi stessi? Ci ho provato, ma è più difficile di quel che sembra. Forse semplicemente le persone non sono ancora pronte a rivelarsi tra loro e a mostrare tutti i propri pregi e difetti. Ma sai cosa penso? Che l’importante, alla fine, non è farsi vedere dagli altri per chi si è realmente, ma riconoscersi allo specchio e imparare di nuovo a sorridere davanti al proprio riflesso. Voglio rivedere solamente la luce della felicità risplendere nel tuo volto ancora una volta.
Cara Betta, non dimenticare la bambina che, in fondo, ancora vive in te. Concediti, ogni tanto, di togliere questa tua maschera e respirare, finalmente libera dai giudizi altrui. Non arrenderti alle persone, ma lotta per ciò che credi. E non dimenticare che, in ogni momento, sarò qui, al tuo fianco, per sostenerti.
Che le nostre stelle notturne ti illuminino, sempre.
Con il cuore
La tua amica

Scrittura 07

Il concetto di maschera. Può avere mille significati diversi, può essere un ricordo speciale per qualcuno, o una parola insignificante per qualcun altro. E tutti sappiamo quanto sia ormai normale e quotidiano indossarne molteplici, nascondendo qualsiasi cosa oscura si celi sotto di esse. Un ghigno di malizia, una bugia velata, una verità troppo pericolosa per essere rivelata. Nascondiamo tutto, scavando un buco profondo quanto le nostre futili insicurezze e sotterrando qualsiasi peccato macchiato di sangue impuro. E queste maschere rimangono incollate al nostro viso fino a sostituire il nostro essere. Pirandello forse sbagliava ad affermare che solo in solitudine queste cadessero al suolo mettendo a nudo la cruda realtà. E forse non vedremo mai più la nostra essenza. Forse la vedremo solo davanti allo specchio, dopo aver strappato con crudeltà i vari strati di menzogne
adagiati sui nostri volti. E vedremo il sangue sgorgare, mischiato alle lacrime, ai sentimenti bruciati, all’egoismo e ai segreti taciuti troppo a lungo. Osserveremo gli innumerevoli sorrisi incrinati giacere a terra, e solo dopo aver convinto noi stessi, seppur con riluttanza, che è assolutamente necessario non far vedere per nessun motivo le nostre fragilità al mondo, li raccoglieremo con mani tremanti. Poi usciremo, scaldati dai raggi solari, il calore sul viso, e sorrideremo come nulla fosse. Danzeremo sulle note di un buon motivetto suonato alla chitarra, respireremo l’aria fresca dando sollievo ai nostri polmoni, e, soprattutto, ci convinceremo, ancora una volta, che tutto va e andrà bene. Ma non sarà così. Perché esiste il concetto di maschera.

Certamen Atestinum – Incontro a Palazzo Santo Stefano

Nella mattina di giovedì 9 maggio 2024 si è tenuto a Palazzo Santo Stefano a Padova un incontro con il Vice Presidente Provinciale e Consigliere Delegato alla Pubblica Istruzione, Dott. Luigi Bisato e gli studenti che hanno partecipato alla gara di traduzione bandita dal nostro liceo: il “Certamen Atestinum”, che è ormai giunto alla sua VIII edizione.

Il dott. Bisato apre l’incontro, congratulandosi con tutti coloro che hanno partecipato per essersi messi in gioco ed evidenziando come questo concorso “ci parla delle nostre tradizioni e su questo dobbiamo innervare il futuro”.

Passa poi la parola alla prof.ssa Businarolo che, in veste di Assessore alla Cultura del Comune di Este, ringrazia gli studenti per aver colto l’occasione di mettersi alla prova. È lei a ricordare come, al di là dell’ambizione individuale, quest’occasione dimostri l’amore e la passione di giovani ragazzi nei confronti della materia e della tradizione della propria terra. Ringrazia poi anche la dott.ssa Tagliaferro e il dott. Nosarti per la loro disponibilità e le altre scuole partecipanti.

La parola poi passa alla Dirigente Scolastica del nostro Istituto, la prof.ssa Cosimo, che desidera sottolineare l’impegno profuso dai docenti nel realizzare e coordinare questo progetto e manifesta la propria gioia nel sapere che molti ragazzi hanno colto questa particolare iniziativa, motivo di crescita e sfida personale.

Infine la Dirigente Scolastica dell’Istituto “Cattaneo – Mattei”, la prof.ssa Mosello, esprime i suoi ringraziamenti, ricordando come la passione per quello che si studia porti ad essere dei buoni cittadini e delle persone migliori.

Si procede poi con la consegna degli attestati ai vari dirigenti, studenti e docenti coinvolti in questa competizione, e ai vari ragazzi viene chiesto cosa piace del latino. Di seguito riportiamo alcune delle loro risposte.

“Per me il latino è bello, oltre che da tradurre, anche perché ci insegna qualcosa e tratta temi importanti che noi riusciamo anche a vedere nella vita odierna.” (Veronica Balbo, 5AC)

“Io amo il latino perché molte cose che succedono oggi succedevano anche nel passato e proviamo le stesse emozioni che provavano allora, e questo è molto interessante.” (Camilla Boraso, 5AC)

Marco Ramazzotto (5CS): “Con il latino ho avuto un rapporto di amore e odio, però mi auguro che le nuove generazioni proseguano nello studio del latino, perché altrimenti sarebbe una grande perdita per tutti.”.

Emma Spinello (5AS): “A me piace il latino perché mi ha insegnato a ragionare”.

Dopo questo momento vengono consegnate delle locandine dell’evento e degli articoli di RompiPagina al dott. Bisato, a ringraziamento di quanto fatto dalla provincia per questo incontro.

La mattinata si conclude con la visita guidata a Palazzo Santo Stefano, di cui viene raccontata la storia, e al Museo della Guerra, che si trova nello stesso edificio e che contiene le prove dei bombardamenti avvenuti sulla città di Padova nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Ringraziamo il dott. Bisato e la dott.ssa Peruzzo per aver offerto la loro disponibilità nel tenere quest’incontro, le professoresse Capuzzo e Sturaro, con il prof. D’Alessandro, il dott. Nosarti e la dott.ssa Tagliaferro per aver organizzato questa competizione, tutti gli studenti partecipanti di tutte le scuole per essersi messi in gioco e per aver dimostrato il loro amore per il latino.

Grosselle Pietro, 4BSA

Quanto vediamo dormendo, è sogno

Mercoledì 8 maggio si è tenuto il terzo ed ultimo (per quest’anno scolastico) incontro culturale, organizzato da noi redattori di RompiPagina, al Gabinetto di Lettura di Este.

Le professoresse Bernardini e Govorcin, insieme al professor Brajato hanno affrontato il tema del sogno, che da sempre incuriosisce e affascina l’umanità, sia dal punto di vista scientifico che da quello letterario e filosofico.

L’incontro è iniziato con la professoressa Bernardini che è partita rispondendo ad alcune domande frequenti: “Cosa sono i sogni? Dove nascono? Come si studiano sonno e sogni?” Fornendo poi delle definizioni di sogno e evidenziandone le varie tipologie e come “esplorino associazione che il cervello non prenderebbe di solito in considerazione” evidenziando però come “i sogni non danno la soluzione ai problemi”.

Procede poi la professoressa Govorcin che fornisce la visione letteraria dei sogni, a partire dall’Iliade fino alle “Notti Bianche” di Dostoevskij, passando per l’Alexandros di Pascoli. Nel corso della presentazione offre una provocazione interessante: “Vivere un sogno o sognare una vita?”. Evidenzia anche come il sonno sia fratello di morte e figlio di notte nella tradizione antica, e di come il sogno e il sonno siano tra loro legati, in quanto il sogno è figlio del sonno stesso.

Infine il professor Brajato offre la visione filosofica del sogno, partendo da Freud (che non si poteva non citare) e Eraclito e concludendo con la visione orientale del sogno attraverso una storia di Zimmer che evidenzia come “ciò che io non ho visto mi ritorna come spettro e immagine nel sogno, oltre che raccontarci delle storie che sono le storie che sogni”.

L’incontro si è concluso, come di consueto con le domande e gli interventi del pubblico, stimolati dalle interessanti presentazioni offerteci dai docenti.

Ringraziamo caldamente il Gabinetto di Lettura di Este per averci permesso di organizzare questi incontri culturali.

Vi lasciamo di seguito il video registrato durante la serata e la presentazione in formato pdf dei relatori dell’incontro:

Registrazione video dell’incontro: https://drive.google.com/file/d/1rnH6sYffZWVuH4lvgj1bYLWVkAxz0s4p/view?usp=sharing

Presentazione unica dei relatori dell’incontro: https://drive.google.com/file/d/1i9bAmHZ3MwFQktkGyPM_usqzH5zUglWS/view?usp=sharing

I direttori di RompiPagina

Arte 04

La maschera che disegnato vuole rappresentare la paura che abbiamo delle altre persone perchè non sappiamo chi sono veramente perchè all’apparenza potrebbero sembrare persone gentili quando in realtà non è così facendoti credere di essere stato manipolato perchè quella persona ti ha mostrato il suo falso carattere facendoti pensare che potevi fidarti lei/lui. Io queste persone le chiamo falsi angeli perchè si fingono buoni quando in realtà sono dei demoni pronti ad usarti solo per i loro scopi personali ecco perchè ho scelto di disegnare questa maschera.

Scrittura 10

Una maschera teatrale, una maschera di carnevale, le maschere di Pirandello…
Ma cos’è una maschera? Ecco io vorrei proprio partire dalla definizione effettiva di maschera:
maschera- 1.Finto volto, di cartapesta, plastica, legno o altro materiale, riproducente lineamenti umani, animali o del tutto immaginari e generalmente fornito di fori per gli occhi e la bocca(…)
Questa è una delle varie definizioni di maschera, direi anche la più semplice ed intuitiva; ma le maschere non sono solo degli oggetti colorati che ci mettiamo sul viso. Al mondo esistono altri tipi di maschere meno colorate e festose, anzi più grige e quasi malinconiche, sono le maschere che indossiamo ogni giorno per nasconderci dalla società e dal mondo.
Ecco, è di queste maschere che vorrei parlare; in fondo ognuno di noi che lo voglia o meno sarà costretto ad indossarne, almeno una volta, una. Ma perchè? Perché necessitiamo di indossare delle maschere, e nascondere
noi stessi?
Io ritengo che sia per colpa di due dei più grandi difetti dell’uomo, cioè: la paura di essere giudicati, e il giudicare gli altri. La nostra società ormai da secoli, purtroppo, si basa sul concetto che la normalità è bella e giusta.
Ma cosa vuol dire normalità? La normalità, da molti, viene intesa come quella maschera di perfezione che accomuna le persone, questa maschere deve racchiudere tutte le caratteristiche fondamentali per far si
che non si parli di te; tu devi assomigliare agli altri, perchè se sei uguale in tutto e per tutto chi mai si accorgerebbe di te, potrai stare tranquillo, nessuno avrebbe niente da dire se assomigli a centinaia di migliaia di
persone.
Anch’io indosso maschere, praticamente ogni giorno, sono un po’ come una fortezza in cui credi, anzi, sai per certo di essere al sicuro, ma non è così; quella fortezza non è un rifugio caldo ed accogliente, ma un cella fredda e spietata, che ti nasconderà fino a prosciugare ogni parte di te.
Noi non dovremmo lasciare che questo accada; dobbiamo lasciare andare i nostri io, ma non solo: dovremmo tutti imparare a vedere gli altri con leggerezza senza basarci su stupidi stereotipi, ed imparare ad
accettare la bellezza ed unicità di ognuno; allora, e solo allora, molte maschere potranno finalmente scivolare via.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Scrittura 04

Che senso ha scrivere? Parole mancate? Parole dimenticate o non riuscite a voce…

Inespresse, oppure esprimibili solamente per iscritto.

Sfogo, rabbia. Non lo so.

Forse però, ci sarà qualcosa che spinge. Da dentro, ma anche da fuori…

Date voi il senso a queste parole se volete, che forse un senso non ce l’hanno nemmeno…

Perché poi, devono avere un senso?

Potremmo metter giù anche solo una parola, apparentemente senza senso, eppure secondo me ce l’avrebbe. Ognuno di noi potrebbe darci un senso di tipo personale.

Un termine, una pausa o una  virgola, sono come i colori.

Un colore è tante cose. Perché non dipingere?

È strano, appare insolito quando un dolore che pensavi non ci fosse più, che fosse superato, è ancora qui.

Penso che il bene che sentiamo verso qualcuno, non se ne andrà mai via del tutto. Resterà sempre qualcosa. Devi sapertelo gestire però. Abbandonarsi al bene come del resto al male, penso sia la cosa peggiore. Anche quando provi bene verso qualcuno, sì…

Voglio dire che il bene è come se vedesse l’ora di andarsene appena appare. Come quando si prova malinconia o mancanza verso qualcosa di bello che è appena successo. Allora che senso ha?

Ho capito che l’essere umano è mortale, e che quindi è destinato a morire alla fine, ma qual è il senso se si è già morti in parte dentro?

Troppi interrogativi, anche questi forse  non smetteranno mai di esserci. E va bene così. Cosa possiamo farci, è parte di noi.

Tutto questo è parte di noi. Le lacrime, i sorrisi, l’indifferenza, i ricordi, la malinconia, la vita, la morte…

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Arte 02

Ho scelto questo disegno perché mi trasmette felicità cosa che per me rappresenta il carnevale,
anche se non sempre, nella vita, ci si può nascondere dietro una maschera. Come il pagliaccio con
un naso rosso fa sì che, anche solo per un momento, chi lo vede non pensi alle proprie difficoltà,
ma si faccia una sana risata, penso che nella vita bisogna, a volte, saper trasmettere un po’ di
ottimismo senza risultare superficiali.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio