Il 21 marzo è per tutti il primo giorno di primavera, ma per noi italiani è anche la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia”. Vi domando: quanti di voi conoscono questa ricorrenza? Secondo un sondaggio de “La Repubblica” solo un quarto tra di voi conosce questa giornata. Per curiosità, se volete, provate a verificare questo dato.
Il titolo di questa giornata è un titolo lungo che in sé racchiude i nomi e le storie di tutte le vittime di mafia. 1069, questa è la conta ufficiale dei morti. Non mi è possibile elencare tutti i loro nomi, ma voglio almeno darvi un’idea su chi erano queste persone. Erano: politici, magistrati, prefetti, poliziotti, imprenditori, medici, giornalisti, impiegati, sacerdoti, attivisti, tuttofare…uomini e donne…anziani e adolescenti…e bambini. Eroi che hanno perso la loro vita per aver combattuto la mafia o per aver detto un semplice “no”, e innocenti che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Come per capire bene la matematica servono degli esempi, ora desidero raccontarvi una storia, ma non una di quelle che probabilmente conoscete già o di cui avete sentito parlare per caso e di cui, forse, vi stanchereste a riascoltare; bensì una tragedia con la quale spero di toccare i vostri cuori e farvi comprendere quale razza di mostro cancerogeno sia la mafia.
Quindi, torniamo indietro nel 1993. Ci troviamo in un periodo molto importante: l’anno precedente la mafia aveva ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il 15 gennaio 1993 viene arrestato Totò Riina, il boss dei boss. Per l’Italia è una vittoria e la gente inizia a tirare un sospiro di sollievo, ma la mafia ha risorse, è forte, è potente e reagisce mostrando all’Italia e al mondo intero di cosa è veramente capace. È la notte tra mercoledì 26 e giovedì 27 maggio 1993 e ci troviamo a Firenze in via dei Georgofili, una strada che accosta il museo degli Uffizi, per capirci, e che tutt’oggi porta i segni di quella terribile notte. Lì i mafiosi hanno parcheggiato un furgoncino (un Fiat Fiorino). A Prato lo avevano imbottito con più di 250 chili tra tritolo, T4, pentrite e nitroglicerina. Una miscela esplosiva devastante. Sono le 01:04 e BOOM!!! all’improvviso Firenze si sveglia. All’inizio nessuno capisce quale tragedia sia avvenuta: il 25% delle opere custodite nella Galleria degli Uffizi viene danneggiata gravemente, abitazioni e palazzi interi completamente distrutti. Ci sono quarantotto feriti e cinque morti tra cui Dario Capolicchio, uno studente universitario di ventidue anni (bruciato vivo) e la famiglia Nencioni tra cui: Angela Fiume, Fabrizio Nencioni e le loro due figlie. La più piccola si chiamava Caterina. Sapete quanti anni aveva? Forse 17? No! Forse 13? No! Forse 10? No! Forse 7? No! Forse 3? No! Allora 1? No, 50 giorni, non aveva neanche due mesi di vita. Il suo corpicino fu ritrovato tra le macerie del palazzo in cui abitava. L’intervento dei vigili del fuoco e dei medici fu completamente vano. Le vite di queste vittime, di queste persone innocenti e comuni sono state totalmente stravolte e cancellate. Erano persone normalissime di circa la nostra età e dell’età che potrebbe avere un nostro fratello o sorella o cucino o cugina o noi stessi: la 1069esima vittima aveva diciotto anni, si chiamava Francesco Pio Maimone ed è stato ucciso da un proiettile vagante il 20 marzo 2023 mentre si trovava casualmente sul lungomare di Napoli.
Spesso cadiamo in due principali errori:
Il primo è quello di catalogare la mafia come una questione del Sud. Magari fosse così! La mafia esiste e logora il nostro paese da oltre un secolo e mezzo. In centocinquant’anni non siamo riusciti ad ucciderla e, come dice il detto “ciò che non uccide, fortifica”, la mafia ha messo radici molto in profondità in tutto il nostro territorio ma soprattutto all’estero: sia in Europa che in America. Ci sono decine, centinaia di crimini che sono stati commessi e che sono commessi tutt’oggi dalla mafia. Se vi può interessare un esempio clamoroso è la strage di Duisburg, in Germania. È talmente tanto radicata e presente nelle nostre vite che ci abbiamo fatto l’abitudine ormai. In Veneto sono presenti le mafie? Certo che sì. L’Università di Padova ha stimato che 30mila aziende venete siano nell’area di interesse della mafia. Come agiscono? Praticano uno dei mestieri più antichi: l’usura. Prestano soldi ad aziende in difficoltà con tassi d’interesse elevatissimi (fino al 600%). Quando l’imprenditore non è in grado ripagare il prestito, è obbligato a cedere la sua azienda che finisce inesorabilmente nelle mani mafiose. E nel nostro territorio? Nella bassa Padovana? Ovvio. Avevate dubbi? L’anno scorso la guardia di finanza ha sequestrato beni appartenenti a William Alfonso Cerbo, un associato a Cosa Nostra, per un valore complessivo di 10 milioni e 700 mila euro. Dov’era la sua base operativa? A Este? A Monselice? No, Sant’Elena. Non credo neanche che ognuno di voi la conosca. (Informazioni prese dal giornale “La Sicilia”)
Il secondo errore è quello di sottovalutare la mafia. Solo perché non uccide da tempo in maniera palese non vuol dire che siano in crisi. Al contrario, la mafia è intelligente, è furba e in tutti questi anni si è evoluta ramificandosi soprattutto nei settori più redditizi: edile, finanziario e immobiliare.
Ora, non che non abbia fiducia nella vostra memoria, ma credo ciò che ho scritto fino ad ora rimarrà nei vostri ricordi al massimo per qualche giorno o qualche settimana a voler esagerare. Tra un anno, quando uscirà un altro articolo per questa ricorrenza (sicuramente scritto meglio del mio), la maggior parte di voi sarà tornata in quel 75% di giovani che non conoscono questa giornata. È normale? Lascio a voi rispondere.
L’ultima cosa che vi racconto è il motivo per il quale è stato scelto il 21 marzo come “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia”. Il motivo è filosofico e semplice: con l’inizio della primavera si simboleggia la speranza della rinascita di un Paese libero, guarito dal cancro chiamato mafia.
Grazie dell’attenzione
Federico Roberto 4AS, ringrazio i professori Roberto Cascio e Guido D’Alessandro per i loro preziosi consigli.