L’ignoto

Camminate, continuate a farlo in tutto lo spazio, la zattera immaginaria sotto di voi non deve
affondare.
Se non riempite gli spazi e non li rendete equilibrati, affonderete assieme.
Guardatevi negli occhi però mentre lo fate, fermatevi poi. Accarezzatevi il volto e poi
abbracciatevi.
Questo è ciò che ci diceva un professore nel mezzo di un esercizio per teatro.
Ma cosa vedi, tu che ora mi stai osservando, mi chiedo. Te lo sto chiedendo senza dire niente.
Non ti conosco, e tu non conosci me. Qui dentro nessuno si conosce davvero. Come del resto
là fuori credo…
Forse crediamo di conoscerci tra di noi, ma quando si è soli come siamo veramente, rispetto
alla compagnia di altri vicino a te?
Ricordo ancora la musica, Sigur Rós di sottofondo e il rendersi conto che alla fine guardarsi
non è scontato.
Fa paura forse. Ma perché…
Si ha paura di esser visti e di vedere qualcosa di più? Magari di rendersi conto di qualcosa di
nuovo. Ma perché fa paura l’ignoto allora…?

Anonimo

Rimpianti

“Soffro di una terribile emicrania” e ora so che in quel momento ne aveva una e il motivo
ero io.
So che non dovevo essere a casa sua ma ci stava lasciando, io me lo sentivo…
Dopo due giorni il mio papà mi viene a prendere a scuola, salgo in macchina e lo vedo in
lacrime, mi ha molto stranito perché lui non piangeva mai. Mi disse che nonno ci aveva
lasciati.
Così, mi ritrovai al suo funerale.
Sopra l’altare.
Con la chiesa piena di persone.
A 12 anni.
A leggere una lettera commovente ma inutile.
Finché leggevo pensavo che questo non avrebbe fatto tornare indietro mio nonno.
La persona che mi aveva supportato quando i miei si separarono.
La persona con cui mangiavo tutti i giorni.
La persona che mi ha reso quella che sono.
E ora sono qui, nel mio letto, a sei anni dalla sua morte a pensare per quale motivo non gli
ho dato quel bacio solo perché mi sentivo grande. darei tutto ora per riceverne uno.

Anonimo

Arte 01

Il disegno rappresenta un soggetto seduto davanti ad uno specchio sul quale si
riflette una persona priva di volto. La scena è incentrata in una stanza di enormi
dimensioni, quasi vertiginosa, sulle cui pareti sono appese svariate maschere
deformate, diverse l’una dall’altra, ma appartenenti tutte al soggetto principale.
Il tema affrontato nell’elaborato è il concetto pirandelliano di mancanza di
un’unica identità nell’individuo.
Ogni osservatore giudica il soggetto in modo differente portando così alla
coesistenza di idee contrastanti sullo stesso individuo. In questo modo il
soggetto, agli occhi degli altri, sembra disporre di svariate identità (nel disegno
rappresentate dalle maschere), senza poter distinguere una personalità unica da
attribuirsi e non potendo così individuare il suo “io”.
Il soggetto, che può rappresentare quindi ogni singola persona, vedendo allo
specchio una persona che cambia sia a seconda dell’osservatore, sia al variare
del tempo, sia alla situazione in cui si trova, non trova caratteri certi da
attribuirsi e quindi non riesce a distinguere una persona unica nel suo riflesso.
Infatti gli uomini non percepiscono il mondo per com’è davvero, ma per com’è
una volta filtrato dai loro occhi, dalla loro mente, e questo loro punto di vista
può essere alterato radicalmente o parzialmente, ma fatto sta che nessuna
persona conosce davvero la verità: ogni cosa che percepiamo non è altro che
una versione soggettiva del mondo attorno a noi.
Per questo motivo nessuno può veramente conoscere un’altra persona, i nostri
occhi non possono mai cogliere l’interezza di un individuo e quindi finiamo
spesso per idolatrare nullità o ignorare prodigi.


A questo fenomeno non esiste giustizia: infatti non è colpa di nessuno se, non
avendo un volto, tutto ciò che esibiamo al mondo sono maschere.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio.

Scrittura 11

In un mondo di giudizi e critiche nessuno è al sicuro. Ella soprattutto, era talmente fragile
che si sentiva schiacciata dal peso degli sguardi di chi le stava attorno. Dentro di lei una
voce le sussurrava gli ipotetici pensieri altrui, spesso poco lusinghieri, e sempre quella
voce la perseguitava intimandole che, se non avesse assunto i comportamenti che essa le
consigliava, sarebbe rimasta sola per il resto della sua vita. Fu così che iniziò a indossare
una maschera. All’inizio era come un gioco, la metteva la mattina prima di uscire e la
toglieva la sera, una volta tornata a casa. Era divertente ed elettrizzante sentirsi due
persone allo stesso tempo. La sua maschera era una donna in carriera, coi capelli sempre
ordinati, i tacchi alti e i vestiti firmati, sicura di sé e decisamente molto attraente; così,
spontaneamente, le venne l’idea di adottare uno pseudonimo che incarnasse alla
perfezione l’essenza della sua nuova identità: la Formidabile. Sotto la maschera, tuttavia,
si celava una ragazzina insicura, invidiosa dell’ aspetto delle altre persone, con gli occhi
tristi e languidi, i vestiti poco appariscenti e i capelli senza forma: e così, contrapposta alla
“finta” se stessa, era diventata la Mediocre. Passava il tempo e, inebriata dal piacere della
novità, l’atto di nascondersi diventò la sua più grande ossessione: non riusciva più a stare
senza maschera e persino in compagnia dei suoi amici più cari ella si sentiva obbligata a
indossarla. La delicata pressione della copertura sul suo viso le regalava un’immediata
sicurezza che la rendeva più interessante agli occhi degli altri. Quando vestiva i panni della
Formidabile non veniva contraddetta o derisa da nessuno, non riceveva occhiate schifate o
di scherno e tutto ciò che diceva acquisiva credibilità. Non era più necessario elemosinare
le attenzioni altrui prodigandosi in qualsiasi modo per esse, anzi, erano le altre persone
che le chiedevano consigli per ricercare la sua approvazione: “che vestito dovrei indossare
alla festa?” “sto meglio coi capelli lisci o mossi?” “dici che questa giacca mi ingrassa?”, le
domandavano spesso alcune ragazze vanitose e lei si scopriva spesso felice di aiutarle a
prendere decisioni, seppur futili. E dentro di lei la piccola Mediocre esultava finalmente
fiera di essere riuscita a piacere a qualcuno, finalmente si guardava allo specchio e vedeva
quello che aveva sempre voluto vedere: una donna bella e carismatica, non una ragazzina
inesperta, con ambizioni irraggiungibili. Tutto ciò che le era negato in veste di Mediocre le
era concesso quando indossava la maschera: al suo passaggio gli uomini la guardavano
ammaliati, le donne bisbigliavano fra loro invidiose. Ormai tutti conoscevano la
Formidabile come la donna più bella del mondo, anche se qualcuno storceva il naso di
fronte alla sua eccessiva frivolezza e criticava il suo voler essere sempre al centro
dell’attenzione. Ma non ci aveva mai dato molto peso. Anche se qualcuno la odiava, lei
rimaneva comunque “formidabile”. Tuttavia, mentre si beava della sua condizione
privilegiata, si accorse che nessuno si ricordava di lei. Della vera lei. Nessuno ricordava
quanto fosse gentile con tutti, nessuno ricordava quanto sapesse essere gentile con tutti,
nonostante la timidezza, che la portava ad essere talvolta un po’ scontrosa. Nessuno
ricordava lo sguardo triste che la caratterizzava. Nessuno ricordava il sorriso che le
illuminava il volto di tanto in tanto. Improvvisamente allora si alzò dalla sedia e corse a
guardarsi allo specchio: l’immagine riflessa, quella che le piaceva tanto, la squadrava
divertita come a chiederle silenziosamente: “Cosa vorresti fare ora? Ormai è tardi per
tornare indietro”. Non si riconosceva più, quella non era lei. La Mediocre era sparita, la
Formidabile si era nutrita delle sue fragilità e non aveva intenzione
Di sputarle fuori. Trasalì quando realizzò che nemmeno uno tra i suoi “amici” si era accorto
della sua scomparsa, tutti avevano riempito il suo posto con la nuova lei e l’avevano
trattata con un riguardo che era pura utopia per colei che era prima della maschera.
Ammirò un ultima volta quella sé stessa e si rese conto di quanto fosse semplicemente
meravigliosa, rimase incantata dalla perfezione nei suoi tratti e nelle sue forme. E in quel
momento capì perché la Mediocre non aveva mai raggiunto un tale livello di popolarità,
nonostante si impegnasse tanto per piacere agli altri: non era bella. O almeno non
abbastanza; non era brutta, ma la sua bellezza delicata era nascosta dalla pesante
insicurezza di non piacere, di non essere apprezzata. La piccola Mediocre scoppiò in
lacrime sconvolta da questa rivelazione, i singhiozzi le scuotevano violentemente il corpo e
il viso era sfigurato dal dolore. Ma poi una rabbia improvvisa verso la Formidabile la assalì,
così si strappò dal volto la maschera e vide per la prima volta dopo un tempo infinito la
vera sè stessa. Venne sopraffatta da un disgusto tale che incominciò a strapparsi i capelli:
folte ciocche di capelli bionde cadevano inermi a terra. Sempre più in preda alla pura follia
lacerò le vesti costose con le unghie e iniziò a graffiarsi le braccia, le gambe, il ventre, il
collo fino a procurarsi una moltitudine di graffi, anche piuttosto profondi. Si distese
annichilita sul tappetino del bagno fra le ciocche di capelli e i brandelli di vestiti: i singhiozzi
sembravano romperle le costole. Pianse per giorni e giorni fino a spegnersi per sempre. E
solo quando la sua anima lasciò la terra riuscì a liberarsi finalmente della Formidabile: gli
occhi le si inumidirono mentre la Formidabile rimaneva sulla terra disperandosi, ma sotto
sotto la Mediocre sapeva che senza di lei sarebbe stata meglio, che era sempre stata lei a
farla sentire disprezzata, come un’ amica falsa che esalta le insicurezze degli altri per
nascondere le sue. Le fece un ultimo sorriso e la salutò con la mano, prima di non vederla mai più. Stavolta per sempre.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio.

Scrittura 03

My emotions concealed, it’s the real deal,
Hiding behind layers, I can’t express how I feel,
Smiling on the outside, but inside, it’s a battlefield,
Suppressing all the pain, but the wounds will never heal.
Society’s pressure got me acting mad,
Covering up my struggles, behind these false guises,
I’m trapped in this cycle, I’m clinically dead,
Lost in the shadows, where the truth always lies.
Masks on, can’t see the tears that fall,
Locked in a cage, behind these strange walls,
The mental breakdown, yeah, it’s a close call,
Praying for freedom from these masks, that I hate at all.
Pretending like we’re fine, when we’re barely hanging on,
Putting on a show, while our sanity’s gone,
Living in a world where everything seems wrong,
But we’re all human, beneath the surface we are all alone.
Struggling to be alive, suffocating in my own lie,
Searching for an escape, seeking the dark in the sky,
But the masks I wear, they cover up the cries,
And the pain that resides behind these tearful eyes.
Every new person is a new personality,
Nobody has ever seen me really clear,
Cuz I keep changing between all my dear,
risking my own mentality.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

yours

I think I could stare at you forever because when I see you my heart skips a beat, I feel like I’m going to die and I can’t stand it . Before you I didn’t know how being again in love feels like , but then I suddenly realised that I love you because you’re so unique and rare,your eyes are my death sentence and I think I could die inside of them, they remind me of a deep forest during a storm, but not scary and noisy one , a peaceful one. You’re my favourite notification and you make me instantly happy when i see your name appear on my phone screen , it reminds me that you have to think of me a little while you are doing just your daily things . I think that I could draw stars around your scars but you don’t want to so here I am, lonely, without you , with the thought that you are in love with someone that isn’t in love as much as you are , but you don’t want to accept it .I would like to give you my eyes so you would see how much beautiful you are , you’re so special and you deserved to be loved.
Your princess

Matilde Malaman

“I love you! You may as well take my heart”

“I love you! You may as well take my heart, M, it’s already full of you!
La voglio uccidere…
Eppure la amo così tanto…
Voglio vedere il sangue sgorgare
Dalla sua giugulare
Ma la voglio vedere sorridente
Io e lei, in mezzo a tanta gente,
Lei, che vede (non semplicemente guarda)…me!
Ah, che due dolci scenari!
La voglio morta
Preferibilmente sotto terra
E voglio vederla soffrire
Come lei ha fatto con me.
Però la voglio vedere crescere
Vederla risplendere
Mentre io giaccio sotto la sua ombra
Io, una figura che semplicemente ingombra…
Ho bisogno di saper volare da sola
Ho bisogno di potermi librare!
Ho bisogno di uccidere almeno il ricordo di quella persona
A cui avevo promesso che non le avrei fatto mai del male.
Ho bisogno di straziarla,
Torturarla.
Ho bisogno di vedere il suo sangue colare
Tanto quanto quello che fuoriuscí dalle mie vene.
Ho bisogno di vederla morta
A causa mia.
Solo così potrò finalmente morire in pace:
questa idea mi conforta,
mi dona una frenesia…
Oh, quanto mi dona pace!

Anonimo

It happened when the sun met another sun

Ciao, questa non è una poesia, questo non è un tema filosofico strappalacrime, non userò termini aulici, non farò metafore complicate da comprendere, non userò strani giri di parole per esprimermi.

Questa è solo una lettera, scritta da un’anima, rivolta a qualunque anima voglia ascoltare.

Caro lettore, chiunque tu sia, so che ci sono cose che tieni segregate dentro di te, tutti abbiamo qualcosa che ci fa sentire minuscoli, impotenti e indifendibili. Siamo umani e purtroppo o per fortuna non siamo perfetti, pieni di errori, pieni di difetti. E forse di paure.

Voglio solo che tu sappia che non sei da solx. La solitudine consuma se lo permettiamo, come la carta che si lascia divorare dal fuoco. Ma forse anche lei ha solo bisogno che noi ci sediamo al suo fianco, smettendo di evitare il suo sguardo e silenziare la sua voce.

Anch’io a volte mi sento così, l’aria si fa viziata, il petto pesante, a volte la vista appannata. E vorrei scappare, fisicamente e mentalmente.

Tutti meritiamo di essere ascoltati, forse alla fine questa lettera è riferita anche un po’ a me, che sto cercando di ascoltarmi e leggermi dentro. Forse provandoci un po’ ogni giorno potremmo uscirne. È soffocante e stancante sentirsi così e soprattutto non capirne il motivo, non sapere dove cominciare per poter raggiungere quella luce che è così vicina, così vicina che sembra di poterla afferrare. Ma in realtà è lontana, e va bene così, le cose più belle si raggiungono con impegno, costanza, determinazione.

Non sei da solx, so come ci si sente, forse anche questa consapevolezza aiuta nei momenti in cui è notte fonda.

“Il sole sorge, e indovina? Il sole sei tu.”

Sole

p.s. : no, non sono narcisista, ora ho capito perché tu hai cominciato a chiamarmi così, ti voglio bene per sempre. Grazie.

Anonimo

Scrittura 12

Cara Betta,
ricordi quando eravamo bambine, quanto giocavamo all’aperto? Passavamo interi pomeriggi insieme a scherzare, ridere e divertirci. Com’erano belle, invece, le sere d’estate, quando ammiravamo, mano nella mano, il cielo imbrunirsi, lasciando il posto alle luminose stelle. Sembra così distante quell’infanzia ricca di vivaci emozioni che brillavano nei nostri occhi. Quella luce sembra ormai spenta. Non saprei dirti da quanto non la vedo più riflessa nel tuo volto. Forse da quel primo giorno in cui hai iniziato a ignorarmi, che rimane indelebile nella mia memoria. È da allora che sento dentro di me un vuoto che non riesco a colmare. Improvvisamente hai smesso di parlarmi. Frequentavi nuovi amici e compagnie e, in poco tempo, sei cambiata. Ti vestivi, comportavi e anche ridevi in maniera diversa, che, ai miei occhi, sembrava finta. Inizialmente credevo fossi solamente cresciuta finché una mattina, a scuola, non ti ho sentito piangere, chiusa in un bagno e in te stessa. Solo allora ho capito che quella che intravedevo nei corridoi non eri più te, ma la tua maschera. Ma io, a differenza degli altri, non ho mai voluto che la portassi. Da quel momento non ti ho più vista mostrare nessuna debolezza. E ora guardati allo specchio. Sei diventata ormai una donna, bella, forte e intelligente. Ma sai cosa vedo nel tuo riflesso? Non il tuo impeccabile trucco, i tuoi vestiti nuovi o le tue lunghe e curate unghie. Queste cose, che trovo così superficiali, fanno parte solo della tua maschera. Io, invece, intravedo nei tuoi occhi la Betta che conoscevo, spaventata e nascosta per paura di mostrarsi davanti al giudizio degli altri. Non sai quanto vorrei aiutarti dicendoti che ti ammiro e che sei perfetta così, ma so che non mi crederesti. Di una cosa, però, puoi essere certa: non sei sola. Ogni persona nella nostra società indossa falsi sorrisi e maschere, come se, in fondo, ogni giorno fosse carnevale. Il mondo intero ha vere complessità ma dai volti finti. Ti posso però assicurare che nessuno è perfetto come invece vuole far credere. Tutti, io compresa, vogliamo essere accettati, almeno da qualcuno. Ognuno vuole dimostrare di essere abbastanza, agli occhi degli altri ma soprattutto a sé stesso. La realtà in cui viviamo oggi, quindi, è fatta solo di apparenze, come un grande teatro in cui ogni persona recita una parte. Ma se tutti soffriamo, non dovremmo smettere di interpretare qualcun altro ed essere noi stessi? Ci ho provato, ma è più difficile di quel che sembra. Forse semplicemente le persone non sono ancora pronte a rivelarsi tra loro e a mostrare tutti i propri pregi e difetti. Ma sai cosa penso? Che l’importante, alla fine, non è farsi vedere dagli altri per chi si è realmente, ma riconoscersi allo specchio e imparare di nuovo a sorridere davanti al proprio riflesso. Voglio rivedere solamente la luce della felicità risplendere nel tuo volto ancora una volta.
Cara Betta, non dimenticare la bambina che, in fondo, ancora vive in te. Concediti, ogni tanto, di togliere questa tua maschera e respirare, finalmente libera dai giudizi altrui. Non arrenderti alle persone, ma lotta per ciò che credi. E non dimenticare che, in ogni momento, sarò qui, al tuo fianco, per sostenerti.
Che le nostre stelle notturne ti illuminino, sempre.
Con il cuore
La tua amica

Scrittura 07

Il concetto di maschera. Può avere mille significati diversi, può essere un ricordo speciale per qualcuno, o una parola insignificante per qualcun altro. E tutti sappiamo quanto sia ormai normale e quotidiano indossarne molteplici, nascondendo qualsiasi cosa oscura si celi sotto di esse. Un ghigno di malizia, una bugia velata, una verità troppo pericolosa per essere rivelata. Nascondiamo tutto, scavando un buco profondo quanto le nostre futili insicurezze e sotterrando qualsiasi peccato macchiato di sangue impuro. E queste maschere rimangono incollate al nostro viso fino a sostituire il nostro essere. Pirandello forse sbagliava ad affermare che solo in solitudine queste cadessero al suolo mettendo a nudo la cruda realtà. E forse non vedremo mai più la nostra essenza. Forse la vedremo solo davanti allo specchio, dopo aver strappato con crudeltà i vari strati di menzogne
adagiati sui nostri volti. E vedremo il sangue sgorgare, mischiato alle lacrime, ai sentimenti bruciati, all’egoismo e ai segreti taciuti troppo a lungo. Osserveremo gli innumerevoli sorrisi incrinati giacere a terra, e solo dopo aver convinto noi stessi, seppur con riluttanza, che è assolutamente necessario non far vedere per nessun motivo le nostre fragilità al mondo, li raccoglieremo con mani tremanti. Poi usciremo, scaldati dai raggi solari, il calore sul viso, e sorrideremo come nulla fosse. Danzeremo sulle note di un buon motivetto suonato alla chitarra, respireremo l’aria fresca dando sollievo ai nostri polmoni, e, soprattutto, ci convinceremo, ancora una volta, che tutto va e andrà bene. Ma non sarà così. Perché esiste il concetto di maschera.

Depressione

Quel mostro che nutre la tensione.
Osservo i medicinali,
sperando di fuggire da questa condizione.
Quel mostro che mi ha tolto le ali,
non provo più alcuna emozione
e invidio le persone normali.
Quel mostro che ha spento ogni passione,
negandomi ogni via di fuga,
mi uccide senza esitazione.
Quel mostro ieri m’impediva di reagire.
Quel mostro ora sta lì, a guarire.

– Rigotti Angelica, 3ASA

Mani

Mani. Mani calde, lisce, profumate.
Mani. Mani fredde, screpolate, consumate dal freddo.
Mani con mani.
Mani si intrecciano, mani si sciolgono.
Mani usate per fare del bene.
Mani usate per fare del male.
Mani unite.
Mani che si tengono per mano
perché hanno paura. Mani che non si tengono più per man o
Mani che aiutano altre mani. Mani
con altre mani.
Solo due mani.
Una accarezza l’altra. L’altra si ritrae. Mani sciolte di nuovo.
Mani che si incastrano le un
e con le altre. Perfettamente .
Mani agitate, mani concitate.
Mani
tranquille.
Mani amiche.
Mani amanti.
Mani da sole che hanno paura
di rimanere sole per sempre.
Mani che si cercano.
Mani che si perdono.
Mani che non si piacciono.
Mani che si
piacciono ma non se lo vogliono dire.
Mani che si rincorrono, si prendono, litigano.
Mani che si conoscono da molto tempo e mani che si stanno scoprendo ora.
Mani che si fidano.
Mani che non si fidano più.
Mani che si rincontrano dopo anni e ora non si incastrano bene come una volta. O forse si
incastrano meglio .
Mani
che tremano dall’emozione.
Mani consumate di un artigiano.
Mani delicate di una principessa.
Mani opposte che si attraggono.
Mani che non si vedranno mai più.
Mani che non si vedranno mai più.
Mani che si godono la libertà.
Mani che si godono la libertà.
Mani.
Mani.

Certamen Atestinum – Incontro a Palazzo Santo Stefano

Nella mattina di giovedì 9 maggio 2024 si è tenuto a Palazzo Santo Stefano a Padova un incontro con il Vice Presidente Provinciale e Consigliere Delegato alla Pubblica Istruzione, Dott. Luigi Bisato e gli studenti che hanno partecipato alla gara di traduzione bandita dal nostro liceo: il “Certamen Atestinum”, che è ormai giunto alla sua VIII edizione.

Il dott. Bisato apre l’incontro, congratulandosi con tutti coloro che hanno partecipato per essersi messi in gioco ed evidenziando come questo concorso “ci parla delle nostre tradizioni e su questo dobbiamo innervare il futuro”.

Passa poi la parola alla prof.ssa Businarolo che, in veste di Assessore alla Cultura del Comune di Este, ringrazia gli studenti per aver colto l’occasione di mettersi alla prova. È lei a ricordare come, al di là dell’ambizione individuale, quest’occasione dimostri l’amore e la passione di giovani ragazzi nei confronti della materia e della tradizione della propria terra. Ringrazia poi anche la dott.ssa Tagliaferro e il dott. Nosarti per la loro disponibilità e le altre scuole partecipanti.

La parola poi passa alla Dirigente Scolastica del nostro Istituto, la prof.ssa Cosimo, che desidera sottolineare l’impegno profuso dai docenti nel realizzare e coordinare questo progetto e manifesta la propria gioia nel sapere che molti ragazzi hanno colto questa particolare iniziativa, motivo di crescita e sfida personale.

Infine la Dirigente Scolastica dell’Istituto “Cattaneo – Mattei”, la prof.ssa Mosello, esprime i suoi ringraziamenti, ricordando come la passione per quello che si studia porti ad essere dei buoni cittadini e delle persone migliori.

Si procede poi con la consegna degli attestati ai vari dirigenti, studenti e docenti coinvolti in questa competizione, e ai vari ragazzi viene chiesto cosa piace del latino. Di seguito riportiamo alcune delle loro risposte.

“Per me il latino è bello, oltre che da tradurre, anche perché ci insegna qualcosa e tratta temi importanti che noi riusciamo anche a vedere nella vita odierna.” (Veronica Balbo, 5AC)

“Io amo il latino perché molte cose che succedono oggi succedevano anche nel passato e proviamo le stesse emozioni che provavano allora, e questo è molto interessante.” (Camilla Boraso, 5AC)

Marco Ramazzotto (5CS): “Con il latino ho avuto un rapporto di amore e odio, però mi auguro che le nuove generazioni proseguano nello studio del latino, perché altrimenti sarebbe una grande perdita per tutti.”.

Emma Spinello (5AS): “A me piace il latino perché mi ha insegnato a ragionare”.

Dopo questo momento vengono consegnate delle locandine dell’evento e degli articoli di RompiPagina al dott. Bisato, a ringraziamento di quanto fatto dalla provincia per questo incontro.

La mattinata si conclude con la visita guidata a Palazzo Santo Stefano, di cui viene raccontata la storia, e al Museo della Guerra, che si trova nello stesso edificio e che contiene le prove dei bombardamenti avvenuti sulla città di Padova nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Ringraziamo il dott. Bisato e la dott.ssa Peruzzo per aver offerto la loro disponibilità nel tenere quest’incontro, le professoresse Capuzzo e Sturaro, con il prof. D’Alessandro, il dott. Nosarti e la dott.ssa Tagliaferro per aver organizzato questa competizione, tutti gli studenti partecipanti di tutte le scuole per essersi messi in gioco e per aver dimostrato il loro amore per il latino.

Grosselle Pietro, 4BSA

Quanto vediamo dormendo, è sogno

Mercoledì 8 maggio si è tenuto il terzo ed ultimo (per quest’anno scolastico) incontro culturale, organizzato da noi redattori di RompiPagina, al Gabinetto di Lettura di Este.

Le professoresse Bernardini e Govorcin, insieme al professor Brajato hanno affrontato il tema del sogno, che da sempre incuriosisce e affascina l’umanità, sia dal punto di vista scientifico che da quello letterario e filosofico.

L’incontro è iniziato con la professoressa Bernardini che è partita rispondendo ad alcune domande frequenti: “Cosa sono i sogni? Dove nascono? Come si studiano sonno e sogni?” Fornendo poi delle definizioni di sogno e evidenziandone le varie tipologie e come “esplorino associazione che il cervello non prenderebbe di solito in considerazione” evidenziando però come “i sogni non danno la soluzione ai problemi”.

Procede poi la professoressa Govorcin che fornisce la visione letteraria dei sogni, a partire dall’Iliade fino alle “Notti Bianche” di Dostoevskij, passando per l’Alexandros di Pascoli. Nel corso della presentazione offre una provocazione interessante: “Vivere un sogno o sognare una vita?”. Evidenzia anche come il sonno sia fratello di morte e figlio di notte nella tradizione antica, e di come il sogno e il sonno siano tra loro legati, in quanto il sogno è figlio del sonno stesso.

Infine il professor Brajato offre la visione filosofica del sogno, partendo da Freud (che non si poteva non citare) e Eraclito e concludendo con la visione orientale del sogno attraverso una storia di Zimmer che evidenzia come “ciò che io non ho visto mi ritorna come spettro e immagine nel sogno, oltre che raccontarci delle storie che sono le storie che sogni”.

L’incontro si è concluso, come di consueto con le domande e gli interventi del pubblico, stimolati dalle interessanti presentazioni offerteci dai docenti.

Ringraziamo caldamente il Gabinetto di Lettura di Este per averci permesso di organizzare questi incontri culturali.

Vi lasciamo di seguito il video registrato durante la serata e la presentazione in formato pdf dei relatori dell’incontro:

Registrazione video dell’incontro: https://drive.google.com/file/d/1rnH6sYffZWVuH4lvgj1bYLWVkAxz0s4p/view?usp=sharing

Presentazione unica dei relatori dell’incontro: https://drive.google.com/file/d/1i9bAmHZ3MwFQktkGyPM_usqzH5zUglWS/view?usp=sharing

I direttori di RompiPagina

Arte 04

La maschera che disegnato vuole rappresentare la paura che abbiamo delle altre persone perchè non sappiamo chi sono veramente perchè all’apparenza potrebbero sembrare persone gentili quando in realtà non è così facendoti credere di essere stato manipolato perchè quella persona ti ha mostrato il suo falso carattere facendoti pensare che potevi fidarti lei/lui. Io queste persone le chiamo falsi angeli perchè si fingono buoni quando in realtà sono dei demoni pronti ad usarti solo per i loro scopi personali ecco perchè ho scelto di disegnare questa maschera.

Scrittura 10

Una maschera teatrale, una maschera di carnevale, le maschere di Pirandello…
Ma cos’è una maschera? Ecco io vorrei proprio partire dalla definizione effettiva di maschera:
maschera- 1.Finto volto, di cartapesta, plastica, legno o altro materiale, riproducente lineamenti umani, animali o del tutto immaginari e generalmente fornito di fori per gli occhi e la bocca(…)
Questa è una delle varie definizioni di maschera, direi anche la più semplice ed intuitiva; ma le maschere non sono solo degli oggetti colorati che ci mettiamo sul viso. Al mondo esistono altri tipi di maschere meno colorate e festose, anzi più grige e quasi malinconiche, sono le maschere che indossiamo ogni giorno per nasconderci dalla società e dal mondo.
Ecco, è di queste maschere che vorrei parlare; in fondo ognuno di noi che lo voglia o meno sarà costretto ad indossarne, almeno una volta, una. Ma perchè? Perché necessitiamo di indossare delle maschere, e nascondere
noi stessi?
Io ritengo che sia per colpa di due dei più grandi difetti dell’uomo, cioè: la paura di essere giudicati, e il giudicare gli altri. La nostra società ormai da secoli, purtroppo, si basa sul concetto che la normalità è bella e giusta.
Ma cosa vuol dire normalità? La normalità, da molti, viene intesa come quella maschera di perfezione che accomuna le persone, questa maschere deve racchiudere tutte le caratteristiche fondamentali per far si
che non si parli di te; tu devi assomigliare agli altri, perchè se sei uguale in tutto e per tutto chi mai si accorgerebbe di te, potrai stare tranquillo, nessuno avrebbe niente da dire se assomigli a centinaia di migliaia di
persone.
Anch’io indosso maschere, praticamente ogni giorno, sono un po’ come una fortezza in cui credi, anzi, sai per certo di essere al sicuro, ma non è così; quella fortezza non è un rifugio caldo ed accogliente, ma un cella fredda e spietata, che ti nasconderà fino a prosciugare ogni parte di te.
Noi non dovremmo lasciare che questo accada; dobbiamo lasciare andare i nostri io, ma non solo: dovremmo tutti imparare a vedere gli altri con leggerezza senza basarci su stupidi stereotipi, ed imparare ad
accettare la bellezza ed unicità di ognuno; allora, e solo allora, molte maschere potranno finalmente scivolare via.

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Scrittura 04

Che senso ha scrivere? Parole mancate? Parole dimenticate o non riuscite a voce…

Inespresse, oppure esprimibili solamente per iscritto.

Sfogo, rabbia. Non lo so.

Forse però, ci sarà qualcosa che spinge. Da dentro, ma anche da fuori…

Date voi il senso a queste parole se volete, che forse un senso non ce l’hanno nemmeno…

Perché poi, devono avere un senso?

Potremmo metter giù anche solo una parola, apparentemente senza senso, eppure secondo me ce l’avrebbe. Ognuno di noi potrebbe darci un senso di tipo personale.

Un termine, una pausa o una  virgola, sono come i colori.

Un colore è tante cose. Perché non dipingere?

È strano, appare insolito quando un dolore che pensavi non ci fosse più, che fosse superato, è ancora qui.

Penso che il bene che sentiamo verso qualcuno, non se ne andrà mai via del tutto. Resterà sempre qualcosa. Devi sapertelo gestire però. Abbandonarsi al bene come del resto al male, penso sia la cosa peggiore. Anche quando provi bene verso qualcuno, sì…

Voglio dire che il bene è come se vedesse l’ora di andarsene appena appare. Come quando si prova malinconia o mancanza verso qualcosa di bello che è appena successo. Allora che senso ha?

Ho capito che l’essere umano è mortale, e che quindi è destinato a morire alla fine, ma qual è il senso se si è già morti in parte dentro?

Troppi interrogativi, anche questi forse  non smetteranno mai di esserci. E va bene così. Cosa possiamo farci, è parte di noi.

Tutto questo è parte di noi. Le lacrime, i sorrisi, l’indifferenza, i ricordi, la malinconia, la vita, la morte…

Dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio