Idrogeno e biocarburanti, le opzioni alternative al fossile e all’elettrico

Dal 2035 in Europa non potranno essere più acquistate o vendute auto alimentate a combustibili fossili o con motore endotermico, rendendo così possibile solo l’acquisto di auto elettriche (tranne in Francia), ma ci sono altre soluzioni ecosostenibili e con un minore impatto ambientale?

Ad oggi ci sono diverse soluzioni con un impatto ridotto sull’ambiente, come i biocarburanti e l’idrogeno e in questo articolo li analizzeremo, capendo anche perché l’Unione Europea ha deciso di accantonarli.

Biocarburanti

I biocarburanti non sono una novità recente, infatti già Henry Ford presentò la Model T dotata di un motore alimentato a etanolo, che fu poi cambiato con un motore a benzina da 20 hp per motivi di praticità e anche perché l’etanolo non era prodotto come carburante. Per parecchi anni i progetti relativi ai biocarburanti vennero “dimenticati” per via dell’ampio utilizzo dei combustibili fossili, fino alla crisi petrolifera degli anni ‘70 quando in brasile si iniziò ad usare il bioetanolo per alimentare le auto.

I biocarburanti, come si può intuire dal nome stesso, sono quella categoria di carburanti (più precisamente idrocarburi) prodotti da materia organica, come quindi dalla fermentazione delle biomasse, e per questo teoricamente inesauribili.

Oltre alla loro rinnovabilità i biocarburanti possono ridurre del 88% le emissioni di CO2, per questo motivo sono già presenti nelle stazioni di servizio nella benzina E5 (con una percentuale di bioetanolo pari al 5%) e in quella E10 (la percentuale di bioetanolo arriva al 10%). Eni ha poi sviluppato HVO, il biodiesel prodotto da oli vegetali idrotrattati di scarto, utilizzabile però solo nelle auto con motori Euro 6 e successivi perché più corrosivo del diesel tradizionale.

Biocarburanti alla stazione di servizio

La problematica maggiore dei biocarburanti è che non c’è abbastanza biomassa per la loro produzione rispetto alla richiesta fatta dal mercato se si passasse solamente al loro utilizzo. Inoltre per la loro produzione è necessario sottrarre terre coltivabili all’agricoltura.

L’Unione Europea ha deciso di non considerarli come una soluzione per diminuire l’impatto ambientale europeo perché la loro combustione produce alti livelli di ossidi di azoto, di particolato atmosferico e ozono che possono influire sulla salute.

Idrogeno

Idrogeno

L’idrogeno è l’elemento chimico più semplice e rappresenta circa il 70% della materia dell’universo. Nonostante ciò non è così abbondante sulla Terra e per questo è necessaria l’estrazione da altre molecole, come dall’acqua o dagli idrocarburi, che avviene attraverso un processo che rompe i legami che tengono gli atomi di un composto uniti. Per produrre l’idrogeno vengono utilizzati diversi metodi, tra i più comuni troviamo il reforming del metano, la gassificazione del carbone e l’idrolisi. I primi due sono i più comuni, infatti circa il 97% dell’idrogeno prodotto deriva da idrocarburi e la sua produzione comporta anche una grande produzione di anidride carbonica e per questo viene chiamato “idrogeno grigio” o “idrogeno blu” se l’anidride carbonica prodotta viene stoccata permanentemente (per esempio riempiendo i giacimenti di gas naturale esauriti).

I colori dell’idrogeno

Esiste anche l’idrogeno verde, quello prodotto dall’elettrolisi dell’acqua (con energia ricavata da fonti rinnovabili come l’eolico o il solare) o da altre fonti non inquinanti, come dalle alghe. La produzione di idrogeno verde risulta più costosa delle altre e per questo meno favorita (1 kg di idrogeno verde costa in media dai 4,5 ai 12 $, mentre quello grigio da 0,98 a 2,93$ e quello blu da 1,8 a 4,7 $).

Differenze tra i colori dell’idrogeno

I motori a benzina/diesel trasformano soltanto tra il 20 e il 25% dell’energia prodotta dalla combustione in energia meccanica, mentre il 75-80% dell’energia restante viene trasformata in calore.

In un motore a celle di idrogeno le percentuali sono invertite, anche se poi solo il 40% dell’energia è utilizzata per far muovere il veicolo perché l’energia prodotta deve essere convertita in energia elettrica. Ciò è dovuto anche al fatto che 1 kg di idrogeno contiene la stessa energia di 2,8 kg di benzina.

Lo “scheletro” di un’auto a idrogeno. Si noti la forma del motore a sinistra

L’idrogeno è però anche molto instabile, tanto che a temperatura ambiente deve essere conservato in sicurezza in contenitori con una pressione interna che varia tra i 350 e 700 bar (una bombola di gas ha una pressione tra 4 e 8 bar, mentre un bombolone di un’auto a gas non supera i 20 bar). Se si vuole invece conservarlo liquido bisogna raffreddarlo e mantenerlo a una temperatura inferiore ai -253°C, che comporta una grande richiesta energetica. Proprio a causa di questi motivi non ci sono le infrastrutture, almeno in Europa, per contenerlo (perché non possono essere utilizzate strutture come i gasdotti, salvo all’inserimento di gas con una minima percentuale di idrogeno).  La costruzione di queste infrastrutture è già in atto, infatti l’UE ha già stanziato i primi finanziamenti per oltre 5,2 miliardi di euro (2023) per sviluppare il settore dell’idrogeno.

Green deal

È vero anche però che nel Green deal (il piano dell’Unione europea per la decarbonizzazione), cercando di limitare la produzione di gas serra, si svantaggiare indirettamente  l’idrogeno che (come detto prima viene prodotto per il 97%  da idrocarburi) potrebbe rappresentare quindi una vera soluzione solo per i Paesi con un’ampia produzione di energia pulita come Spagna, Svezia, Finlandia e Francia (quest’ultima grazie ai reattori nucleari  è riuscita a rientrare tra i produttori di energia pulita, ma non rinnovabile).

In Europa quindi l’idrogeno risulta molto più costoso rispetto all’elettrico.

– Francesco Savio 2ASA