Interview at Agostino, the English assistant in our school

In the last months in our school there was an English assistant: Agostino. After the idea of Ms Rappo we decided to interview him.

Pietro Grosselle: Hello Agostino, make a short presentation of yourself.

Agostino Pizzolato: Hello Pietro. My name is Agostino, I’m from Vancouver, in Canada. I’m an university student there: I study History as main subject, but I also study Italian. I’m probably going to do other two years or more.

P: What will you bring back home from this experience?

A: Probably I’ll bring home a sense that I’m doing what I’d like to do. This has been a chance to try out on teaching, try out being in a classroom and I’ve enjoyed it quite a lot. It’s also been a chance for me to see more history. In Canada we don’t have the kind of history that you have here.

P: What are you hoping to leave us?

A: What I hope to leave behind is basically a friendly face. The most wonderful thing for me of being here has been getting to know people in Este and at school and getting to know my host family. So what I hope to leave behind is the relationships that I was been able to form, the friendships that I made here.

P: Did you feel welcomed in Italy?

A: At first no, it took me a little while to get used to be in a classroom, also because it was my first time teaching, but after a couple of lessons I did feel at home, and also enjoy being in class, teaching and working with the students.

P: How were the relationship with all the people in your period here in Italy?

A: I think the relationships have been very good. The students have been very friendly and it seems like everybody knows who I am. Everybody in the time have been very friendly, generous and welcoming.

P: Are there important differences between the Italian and the Canadian school systems?

A: The most obvious is that in Canada we don’t specialize at this age and level school, we begin to specialize into certain programme when we get university usually. But also in Canadian’s high schools we change classrooms all the time, we don’t have a set class and a set group of students that we belong to in the same way as you do here.

P: It was more difficult learning Italian or teaching at people that you don’t know?

A: It depends, some classes were a lot of fun but some of them were more difficult, sometimes the students weren’t really talkative. But I think that learning Italian has been much harder.

P: Would you like to come back in Italy other times? And if yes, what do you want to do in this future experience that you haven’t had the chance to accomplish until now?

A: I do hope to come back to Italy after I finish my university degree and what I hope to do is possibly to study in university here, to do some more advances to studies in History but I would also love to come here to learn Italian better.

P: How do you think yourself in five years?

A: In five years I would like to be working towards becoming a professor.

P: You participated in some events like festival of languages. What do you think about this kind of event here in our school?

A: I think it was wonderful, I was very impressed by the students. Especially by how much you guys know about the languages that you are studying, about the books that you’re studying. It was fun.

P: What do you miss more of Canada?

A: I definitely miss the mountains and the forests, I spent so much time talking to different classes about how we like to hike in Canada and camp in Canada.

P: And you finished in a land with fog.

A: Yes, exactly. I can’t wait to go home and climb a mountain.

P: The most important question now. What is your favourite Italian food?

A: I said this to a couple of classes. My favourite Italian food is “Cotechino and Polenta”.

P: Ok, really good. Do you want to say us something else?

A: Yeah, I would like to thank everybody at the school honestly from my heart, for welcoming me into your classrooms, into the school itself. It has been a wonderful experience. And it has been a pleasure to get to know everybody, to see you in the hall, to see you walking around the streets in Este, it has been a pleasure for me to be a part of this experience.

P: Thank you really so much for this interview and for whatever you did in this school and for this school in this period here.

A big “Thank you” is for Agostino that decided to do this interview, but also a lot of thanks to Ms Rappo for the idea and an enormous “thank you” for Ms Govorcin that prepared the questions.

Here the photo of the official greeting:

Pietro Grosselle 4BSA

Scrittura 06

A long time ago, masks were only worn at carnival,
A symbol of the spirit of celebration and joy,
But now, masks are worn in everyday life,
For reasons that are not always so light.


Some wear masks to hide their true selves,
To protect themselves from the judgment and shame of the world,
But these masks can become a prison, such a heavy burden,
A burden on the shoulders that some barely carry.


Others wear masks, then trying to show their true selves,
Trying to express their individuality and unique traits,
But wearing a mask can also mean being misunderstood,
Because some people will never really see who you are.

Scrittura 01

Vivo dietro una maschera. Ho paura del mondo, ho paura di me stessa. La mia maschera mi
protegge dagli altri, e protegge gli altri da me. È come una barriera che mi isola dal mondo, e
isola esso da me. Tengo tutto dentro, nel piccolo mondo che mi sono creata. Nessuno
conosce la vera me, nemmeno io la conosco. Solo la mia maschera sa chi sia veramente.
La mia maschera recita il ruolo della ragazza gentile, premurosa ed educata, ma da dietro
contengo la rabbia per tutte le ingiustizie, l’abbandono e le prese in giro. La tengo isolata
perché il mondo non è pronto ad accogliere il mostro che ha creato. Non è pronto ad
accettare il demone che si cela dietro ad un angelo.

Tale e quale la stirpe delle foglie è la stirpe degli uomini

Martedì 9 aprile si è tenuto il secondo incontro culturale, organizzato da noi redattori di RompiPagina, al Gabinetto di Lettura di Este.

È stato un incontro particolarmente partecipato, infatti è iniziato con una raccolta di opinioni e aspettative del pubblico.

La prof.ssa Dal Prà, il prof. Andretta e il prof. Centanini hanno presentato al pubblico il tema della morte; un argomento che da sempre incuriosisce e fa riflettere noi esseri umani sin dall’antichità.

La professoressa Dal Prà ha presentato varie opere dedicate alla morte, dai monumenti funebri come Dolmen e Piramidi, alle opere di Andy Warhol. Evidenziando in particolare come la morte sia “un fatto doloroso della vita, ma specialmente per chi resta”.

Ha proseguito il professor Andretta, partendo proprio dalle riflessioni espresse nella prima parte dell’incontro dal pubblico ha evidenziato come la morte non sia l’ultima parola, ma anzi il legame che non svanisce con le persone care e ci aiuta ad andare oltre, perché “quello che rimarrà della nostra esistenza sarà l’amore che saremo riusciti a costruire”.

Infine il professor Centanini ha offerto una visione filosofica dell’argomento, citando in primis Platone, ma poi anche Omero e il più recente Nietzsche, evidenziando in modo particolare che l’uomo è come una foglia al vento: effimera e passeggera, con un futuro incerto. Ha  dato poi vari spunti di riflessione, ad esempio che “se io penso alla mia condizione di mortalità, allora posso ripensare alla mia vita e operare in essa per costruirci un significato”; o in un’ottica platonica che “stare sul confine permette di assumere una prospettiva dell’universale, di uscire da me stesso per riguardare a me da un punto di vista più generale, così mi guardo pensando alla morte nel mio essere vivo”.

L’incontro si è concluso poi con le domande del pubblico, momento in cui si è acceso un dibattito molto forte e intenso sulla tematica trattata e in particolare sul dare un significato alla vita in funzione del fatto che finirà.

Ringraziamo caldamente il Gabinetto di Lettura di Este per averci permesso di organizzare questi incontri culturali.

Infine, invitiamo caldamente voi lettori a partecipare al prossimo e ultimo incontro che riteniamo essere molto educativo e formativo, indirizzato a persone di tutte le età e non solo a noi studenti.

Vi lasciamo di seguito il video registrato durante la serata e la presentazione in formato pdf dei relatori dell’incontro

Registrazione della serata: https://drive.google.com/file/d/1THdgTCKPrcnYekDEPJN3bgtfA8KzfBAH/view?usp=sharing

Presentazione Arte: https://drive.google.com/file/d/1tevo6W3C-kfmZqXDtboUA5bv927y751q/view?usp=sharing

Scrittura 08

Le maschere ci fanno sembrare diversi
Da quello che siamo in realtà
Ci fanno nascondere i nostri sentimenti
E la nostra personalità

Le maschere ci fanno vivere in menzogna
Ci fanno seguire una falsa morale
Ci fanno rinunciare alla nostra dignità
E alla nostra libertà individuale

Ma noi possiamo liberarci dalla maschera
E mostrare il nostro vero volto
Possiamo vivere secondo la nostra coscienza
E seguire il nostro cuore e il nostro sogno

Dobbiamo avere il coraggio di essere noi stessi
E di mostrare al mondo la nostra bellezza
Dobbiamo avere il coraggio di essere diversi
E di mostrare al mondo la nostra ricchezza

Grazie.

dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Scrittura 05

Semplicemente a volte indossiamo delle maschere, le indossiamo perché abbiamo paura di ciò che ci circonda e di quello che potrebbe accadere se le togliamo.
Immaginiamoci sopra ad un palco, come degli attori di successo di uno spettacolo, la vita, noi ne siamo protagonisti e decidiamo quale delle nostre svariate maschere indossare, c’è ne sono migliaia, una per ogni occasione, a volte però un attore ha bisogno di mostrare il suo vero lato per avere successo e di non nascondersi celandosi dietro un insulso costume , che lo rende totalmente diverso da quello che lui è ; perciò togliamoci questa maschera e mostriamoci al mondo per quello che siamo, strani, belli, brutti, simpatici, antipatici, perspicaci, intelligenti e soprattutto coraggiosi.

dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Year abroad – A video interview with 3 students

12 gennaio 2024. Un venerdì normalissimo in bar al Ferrari. Alle 13 si trova per la prima volta un gruppo di lavoro su un progetto di RompiPagina. Questo gruppo composto da Edoardo Cogo (5AC), Francesca Vitacca (5AL), Giulia Bellucco (5BL) inizia a confrontarsi sull’idea di realizzare un’intervista sull’esperienza dell’anno all’estero, con l’aiuto di Pietro Grosselle (4BSA) sulla base delle idee della professoressa Govorcin. 

Da questa riunione di 3 mesi fa è iniziato un lavoro che ha coinvolto in primis Edoardo, Francesca e Giulia, ma anche Matilde Martinelli (5AC) che ha svolto l’intervista effettiva, la professoressa Govorcin che ha preparato le domande ed è stata la prima persona ad aver pensato a questa iniziativa e, più di tutti, il professor Ruzzenenti che ha realizzato l’intervista ed ha poi montato il video che trovate in fondo a quest’articolo e che ringraziamo dal profondo del nostro cuore. Questo lavoro si conclude oggi, dopo 3 mesi di lavoro, 3 mesi in cui solo in pochissimi sapevano di questo progetto, 3 mesi intensi. E ora lo lasciamo a voi, sperando possa aiutarvi qualora steste considerando la possibilità di passare un periodo di tempo all’estero, e sperando possa arricchirvi come persone, buona visione!

Di seguito la risposta alla domanda fatta da poco agli studenti coinvolti: “Descrivete in 3 parole quest’esperienza”

Edoardo: “Stimolante, avventurosa, arricchente”

Francesca: “Divertente, illuminante, completa”

Giulia: “Collaborazione, trasmettere l’esperienza, ricordi indimenticabili”

Matilde: “Divertente, challenging, stimolante”

I direttori di RompiPagina 

Grosselle Pietro (4BSA), Marchetto Sara (4CA) e Martinelli Matilde (5AC)

Qui sotto potete trovare l’intervista

https://drive.google.com/file/d/1FQU-NO9iTCxNmqaCNc0JyEUcsCRKGQiF/view?usp=sharing

Festival delle Lingue: I edizione

Dare un’unica definizione del nuovo “Festival delle Lingue”, formidabilmente organizzato dai docenti del Ferrari e dagli studenti delle classi seconde, terze, quarte e quinte che hanno partecipato e hanno contribuito con impegno alla sua realizzazione, risulta quasi impossibile. In una serata, quella dello scorso 22 Marzo, i partecipanti hanno avuto la possibilità di sperimentare e divertirsi attraverso una grande quantità di laboratori interattivi, i quali, attraverso la loro varietà, sono riusciti a lasciare qualche nozione di lessico, di cultura e che hanno rappresentato accuratamente l’amore verso le lingue da parte degli organizzatori, provenienti da non solo dall’indirizzo linguistico.

L’inizio delle attività vere e proprie è stato introdotto dalla band scolastica, la quale, con un vario repertorio di canzoni nelle diverse lingue proposte, ha indubbiamente permesso d’intrattenere il pubblico in maniera serena. In seguito si è tenuto l’intervento della nostra Dirigente, che ha colto l’occasione per ricordare a tutti il valore che possiede la conoscenza linguistica e la sua importanza nella creazione di una connessione con altri popoli e con le altre culture che, per quanto possono apparire ineguali dalla nostra, possiedono intrinsecamente una particolarità e una bellezza peculiare.

Gli ospiti hanno avuto ulteriormente modo di scegliere i laboratori linguistici ai quali partecipare grazie ad una iniziale rassegna stampa, che ha illustrato loro i relativi progetti dedicati alla parte pratica o agli scambi culturali.

Passando in rassegna i vari laboratori, partiamo da quelli in lingua inglese.

The Offensive Translator“, a cura dei professori Galante e Gusella e vari studenti del liceo artistico, tra i quali Frederick Toschetti (2CA), è riuscito a combinare divertimento e competenza.

Abbiamo avuto molta affluenza e siamo molto contenti di questo. Mescolando il comico (video in inglese) e serio (traduzione) abbiamo riscontrato molti pareri positivi.

English For Fashion“, a cura della professoressa Ghidoni e della classe 5^CA, tra cui l’alunna Aurora Lacerti, rivolto a tutti coloro con un forte interesse, o una semplice curiosità, verso il mondo della moda.

 “Abbiamo rappresentato gli stilisti più famosi come Chanel, Dior, Prada ma anche artisti più ricercati. Siamo molto contenti del risultato perché tra le prove Invalsi e gita in mezzo ci siamo impegnati tanto.

Victorian’s Secrets“, a cura delle studentesse Giada Gambalonga (5AL), Emma Marchioro (5AL), Erica Spigolon (5BL) e Greta Polonio (5BL), una versione moderna e comica di una possibile conversazione tra figure femminili indimenticabili della letteratura inglese.

La nostra attività consisteva in un talk show ambientato nell’età vittoriana dove le protagoniste erano Jane Eyre dell’opera Jane Eyre, Elizabeth Bennet di Pride and Prejudice e Catherine di Wuthering Heights. Siamo state assolutamente contente dell’affluenza.

The Tudor Family“, a cura della professoressa Scardin e di vari studenti di 4AL tra cui Anna Pavan e Riccardo Belluco, incentrata sulla memorabile dinastia regnante dei Tudor.

Grandissima affluenza e molta creatività nei corridoi, comparabile alla Notte del Liceo Classico.”

CreHAIKUS under the moonlight: poeti per una notte” a cura della professoressa Ditadi e di alcuni alunni di 4BSA, laboratorio in cui i partecipanti “sono stati invitati a creare un Haiku dal primo all’ultimo verso, come dei veri e propri Poeti! Partendo da immagini-stimolo o parole-stimolo proiettate all’interno della classe-laboratorio come ci spiega la professoressa stessa.

Fake or real?” coordinato dalla professoressa Mantoan insieme ad alcune alunne di 4AC che ci dicono: “Era un laboratorio incentrato sul riconoscere le fake news, dove i partecipanti analizzavano un articolo e sulla base di alcuni punti cercavano di capire se fosse vero o meno con, a seguire, dei quiz a premi per fare pratica”.

Passando alla lingua francese, la professoressa Fiocco ha affermato: “Le attività sono state totalmente proposte dai ragazzi, sia il quiz sui modi di dire in francese sia la pièce sull’assurdo di Ionesco, preparate tutte nel tempo record di 2 settimane. Ho avuto una grandissima soddisfazione riguardo le loro capacità di applicare la lingua straniera fuori dalla classe.”. I laboratori in questa lingua erano un quiz sui modi di dire in francese tenuto da alcune ragazze di 3AL e una piéce dell’assurdo di Ionesco che i ragazzi di 4AL avevano visto due settimane prima in gita a Parigi e da lì hanno deciso di metterlo in scena in questa serata.

Per quanto riguarda invece lo spagnolo, le classi sono state completamente riempite di spettatori. “Dalle cantigas alle canzoni: un mondo di tradizioni”, con la partecipazione di Sophie Benso (4BL) e Martina Corso (4BL) e numerosi altri ragazzi, ha superato le loro aspettative come da loro riportato: “Essendo un laboratorio letterario non ci aspettavamo così tanta affluenza, siamo rimaste piacevolmente sorprese.” Tra i partecipanti anche Hiba Chaouki (4BL) che ci dice: “è stato interessante portare una lingua diversa da quelle che studiamo poiché ho portato una canzone metà in arabo e metà in spagnolo”.

Tratta di letteratura anche “Federico Garcia Lorca: musica, teatro e poesia”, a cura della professoressa Faccon e dei suoi alunni, i quali insieme sono stati in grado di rappresentare perfettamente l’emozione contenuta dalle poesie. La professoressa ha commentato dicendo: “Con le rappresentazioni teatrali dell’Aurora di New York e La Casa di Bernarda Alba stiamo facendo successo: è la quarta volta che facciamo lo stesso spettacolo. Va studiata la prossima edizione ma ci abbiamo azzeccato, no?”. L’alunna Rowena Polato (5BL), che ha partecipato attivamente, ha aggiunto: “Pieno di gente, non si riusciva quasi a respirare dalla quantità di persone presenti. Ottimo esempio per chi volesse in futuro scegliere il linguistico.

Infine trattiamo delle attività in tedesco, che al pari delle altre lingue hanno riscosso pareri affermativi. Al riguardo, le professoresse Barison e Salvo hanno parlato positivamente delle performance, della partecipazione dimostrata e anche di come gli alunni stessi abbiano avuto l’occasione di divertirsi. Tra i vari, citiamo “Deutsch mit Spaß”, un interessante laboratorio lessicale organizzato dalla professoressa Mazagg e da alcuni alunni di 3AL, insegnavano le basi del tedesco ai partecipanti. Tra gli alunni c’è Alex Sinchevici che la definisce “davvero una bella esperienza, da rifare in futuro”.

Il laboratorio letterario e teatrale “Die Leiden des jungen Werthers: il giovane Werther tra dolori e passioni” sembra essere stato tra i più acclamati, grazie alla capacità degli attori di trascinare i partecipanti all’interno del memorabile romanzo di Goethe. Giulia Pastò (4BL) e Gianmarco D’Onghia (4BL) rivelano: “Abbiamo recitato una volta in più perché il pubblico lo ha richiesto. Ci siamo divertiti moltissimo.

Altro laboratorio in tedesco è stato “Das Brettspiel über Deutschland: un viaggio alla scoperta della cultura tedesca” di alcune studentesse del linguistico tra cui Valentina Grigio (3BL) che ci dice “è stato divertente osservare i primi approcci al tedesco di persone totalmente alle prime armi”

In molti hanno partecipato anche agli interventi riguardo le esperienze internazionali che la scuola propone, per i quali la professoressa Rappo ha espresso una sentita soddisfazione: “La serata sta andando oltre le nostre aspettative, sono veramente felice, sta ripagando tutti i nostri sforzi. Gli studenti si stanno impegnando molto e i progetti internazionali stanno riscuotendo successo. Sono molto soddisfatta anche degli ex studenti che sono venuti per aiutarci.” Gli ex alunni Riccardo Alfonso e Sofia Zhou, che hanno presentato le loro esperienze Erasmus, hanno dichiarato: “Non ci aspettavamo tutta questa partecipazione, i genitori sono emozionati all’idea di mandare i figli all’estero e tornare qua è stato quasi nostalgico.”. Ma sempre a parlare delle loro esperienze c’erano anche Camilla Erbusti (5AA) e Elena Grillo (5BL) che ci dicono: “Ci sono un po’ di persone interessate, soprattutto genitori che chiedono per i figli ed è una cosa molto positiva”.

La serata ha ricevuto riscontri particolarmente positivi da molte persone e di seguito ne riportiamo alcuni, come Marco del Piccolo, DSGA (Direttore dei Servizi Generali Amministrativi) del nostro Istituto che afferma: “Non ho mai visto una cosa del genere, vedere la scuola riempirsi durante questi eventi mette gioia.” o le giovani Livia, Maddalena e Alessia (di rispettivamente 7, 7 e 4 anni) a cui è piaciuta la serata, in particolare “il laboratorio di tedesco e gli indovinelli in francese dove abbiamo vinto le caramelle”, o ancora il parere di Agostino, madrelingua inglese che attualmente è assistente di lingua nella nostra scuola, che ci ha detto: “I think this has been a wonderful evening, all the students were involved into their projects. I’ve been very impressed at the level of English that I saw in the workshops.”.

Anche la Dirigente Scolastica Milena Cosimo si è espressa positivamente riguardo la serata affermando: “c’è tanta partecipazione. Soprattutto gli attori sono bravissimi e tutti i laboratori sono molto interessanti”.

Si può considerare quindi la prima edizione del Festival delle Lingue un successo, la realizzazione concreta dell’impegno di docenti e studenti, ma anche la dimostrazione delle competenze acquisite dagli alunni durante il loro percorso scolastico, come afferma la professoressa Businarolo, docente di lettere che ha partecipato ai laboratori e che ha rivelato la sua ironica preoccupazione: “Sono preoccupata perché ci stanno facendo una grande concorrenza per la Notte del Liceo Classico. Sono bravissimi questi ragazzi del linguistico. Fanno dei laboratori interessantissimi. Quasi quasi verrebbe voglia di imparare le lingue anche a me.

La professoressa Fiocco ha espresso il significato di questa serata, oltre al presentare i vari progetti che la scuola propone: “Sono questi momenti in cui troviamo forse il senso di ciò che facciamo perché in aula si vede qualcosa, ma non si vede tutto quello che i ragazzi sanno fare e come sanno abitare la lingua straniera”.

La professoressa Scardin, insegnante d’inglese, ci ha raccontato come sia nata l’idea di questa serata ed ha esternato il desiderio di riproporre il Festival anche negli anni a venire: “Questa serata è nata dalla voglia di far conoscere ai ragazzi e alle famiglie le varie opportunità dei progetti internazionali che la scuola propone. Partendo da questo obiettivo, ovvero di mostrare le emozioni e i risultati che i ragazzi portano a casa da queste esperienze, siamo arrivati al festival di oggi. Questa non è una serata dedicata solo al linguistico, ma a tutto l’istituto perché questi progetti sono trasversali a tutte le classi di tutti gli indirizzi. Ci siamo messi un po’ in gioco insieme a tanti colleghi e studenti. Ci ha colpito perché non ci aspettavamo così tanta affluenza. Siamo rimasti veramente soddisfatti e spero che sia piaciuta a tutti e ci auguriamo l’anno prossimo di poter fare una seconda edizione.

Francesca Picelli 1AL

Valentina Grigio 3BL

Pietro Grosselle 4BSA

Con le foto di Diletta Sbicego (4BSA) e Irene Morato (5AS)

Scrittura 02

Penso che anche se apparenza e realtà siano 2 cose completamente
diverse, abbiano in fondo un legame comune: entrambe possono essere
interpretate.
L’ apparenza viene creata dal nostro subconscio, dal nostro modo di
pensare e anche se pensata per un certo scopo può ottenere risultati
totalmente contrastanti tra loro.
La realtà, anche se definita oggettiva, può essere letta in mille modi diversi.
Come possiamo sapere con quale criterio viene definita oggettiva?
Le maschere che ognuno di noi costruisce, perché sì, anche le persone più
sincere possiedono varie maschere, sono apparenti, quasi definibili da
copione.
Non vengono costruite per una questione di falsità, ma più per un fatto di
sopravvivenza pacifica.
Tanto più una persona riceve degli obbiettivi da raggiungere, delle
aspettative, tante più maschere crea per non deludere gli altri.
Tanti più ambienti frequentiamo, tanti più amici abbiamo, tante più
maschere saranno.
Ognuno di noi crea apparenze diverse con persone diverse, ma come.
facciamo a riconoscerci per quelli che siamo veramente?
Penso che siamo un po’ un insieme di tutte le maschere, le apparenze che
creiamo.

Pirandello sosteneva questa sua idee delle persone che indossano
maschere adattabili a ogni situazione, e io concordo con lui.
Quindi, direi che ognuno possiede un po’ la sua realtà, dove può
trascorrere le giornate in pace e in serenità.

dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Scrittura 14

Io credo che oggi la società impone di pensare che sia più importante far credere di star
bene nei panni di altri, per questo fingersi a proprio agio in atteggiamenti di moda, a tal
punto da perdere chi si è realmente.
Non capivo se ero me stessa, finché non mi hanno iniziano a denigrare per come mi vestivo,
per il mio punto di vista o perché non ero come loro… ma il mio tentativo di comportarmi
“come loro” mi faceva male, mi annullava e quindi non mi stava bene addosso non lo sentivo
mio perché non mi era naturale.
Mi avevano chiesto perché non ero come le altre, direi che è perché non so fingere di essere
omologata come “le altre”.
Un giorno guardando un film ho sentito una risposta a cosa dicono del tuo stile in giro: ‘Un
po’ di offese e insulti, certo. Ma amo dire che “normale” è l’insulto peggiore che esista…’.
Decidi di essere normalmente te stesso sempre e fregatene qualsiasi cosa accada non
cambiare mai, perderesti “solamente” te stesso… che pensandoci “solamente” non è.

dal concorso “Le Maschere” aperto al biennio

Che cos’è un uomo nell’infinito?

Mercoledì 20 marzo si è tenuto il primo incontro culturale, organizzato da noi redattori di Rompipagina, al Gabinetto di Lettura di Este.
È stato un incontro molto intimo, seppur formale, e a causa di questo i partecipanti hanno potuto dibattere con i tre professori che hanno dato la loro disponibilità per l’organizzazione di tale incontro.
La prof.ssa Businarolo, il prof. Cascio e la prof.ssa Falanga hanno presentato al pubblico il tema dell’infinito; un argomento che ha da sempre affascinato gli uomini, dall’antichità fino ai giorni nostri.
La prof. Businarolo è partita proprio dalle origini di un termine greco simile alla definizione che abbiamo noi di infinito, per approdare poi, attraversando la visione umana del concetto di infinito nel corso dei secoli, all’angoscia di Pascoli nei confronti di questo.
Il prof. Cascio ha citato invece il filosofo Pascal, che ha identificato come uno “spartiacque” nel rapporto tra uomo e infinito, ragionando sull’effetto che la grandezza di ciò ha avuto nell’umanità e su in che posizione si sia posto l’uomo rispetto ad esso. Affrontando il tema dell’infinito da un punto di vista personale ed esistenziale, ha parlato del concetto di scelta e probabilità in Kierkegaard. Ognuno di noi, infatti, ha un’infinita possibilità di scelte che ci porta spesso ad una “paralisi della scelta”; questa è determinata dal fatto che non potremmo mai avere la certezza che la scelta che compiamo sia quella giusta, ma soprattutto perché abbiamo il timore di abbandonare tutte le altre migliaia di possibilità.
Infine la prof.ssa Falanga, partendo dal notissimo simbolo dell’infinito in matematica, ha descritto come a partire dal Cinquecento l’uomo abbia cercato di riprodurre l’idea di infinito attraverso l’architettura, citando Palazzo Barozzi a Vignola, ad esempio. La prof.ssa ha poi mostrato moltissime opere pittoriche per raccontare questo infinito; in particolare, le opere di Friedrich dove l’uomo è posto in secondo piano, fungendo quasi da sfondo alla protagonista che è invece la Natura e le ninfee di Monet. L’ultimo suo intervento riguarda, sempre
attraverso l’architettura, l’infinito nella sfera temporale. Ha citato infatti un’ importante architettura orientale della religione induista: Santuario Ise, in Giappone. Tale edificio, secondo la tradizione, viene abbattuto e ricostruito da capo ogni 20 anni, cosa che dunque potrebbe proseguire per un tempo infinito.
Ringraziamo caldamente il Gabinetto di Lettura di Este per averci permesso di organizzare questi incontri culturali.
Infine, invitiamo caldamente voi lettori a partecipare ai prossimi incontri che riteniamo essere molto educativi e formativi, indirizzati a persone di tutte le età e non solo a noi studenti.

Vi lasciamo di seguito il video registrato durante la serata e le presentazioni in formato pdf dei relatori dell’incontro

Registrazione della serata: https://drive.google.com/file/d/1RvqKOIkipCO6p0GAxfL5OWPL37vVfpDL/view?usp=sharing

Presentazione Letteratura: https://drive.google.com/file/d/1i6Lu1F1acM_qmCWvtFlpa4Skav5IO0th/view?usp=sharing

Presentazione Filosofia: https://drive.google.com/file/d/1UXYu7LCiJF1vMlMdIpHXpTRgCkhVHrfr/view?usp=sharing

Presentazione Arte: https://drive.google.com/file/d/1Ay8v3YfF0vF9Y_6AQoPF2Sq_BuIuY34y/view?usp=sharing

I direttori di RompiPagina

La guerra di nessuno

Dormi sepolto in un campo di sterco
Livido il cadavere d’un uomo sincero
Colpevole d’umiltà e d’un alterco
con un nemico assai mortifero


Creatura mostruosa zittisce, serpeggia
dove l’omertà da tempo aleggia
Bestia orrida dalle mille mani
Vive se tutti ce ne stiamo buoni


Cane il maresciallo che volse la testa
Di fronte al mostro del suo Paese
Lui non poté nulla, subito s’arrese
Ora se ne va e più non si arresta


Sospetta di tutti, sospetta e fai bene
Il mostro è in ognuno, scorre nelle vene
Ninetta mia non aspettarmi stasera
Ché mi hanno privato d’una vita libera

– Martina Buttarello, 3BL

21 Marzo XXXX

Il 21 marzo è per tutti il primo giorno di primavera, ma per noi italiani è anche la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia”. Vi domando: quanti di voi conoscono questa ricorrenza? Secondo un sondaggio de “La Repubblica” solo un quarto tra di voi conosce questa giornata. Per curiosità, se volete, provate a verificare questo dato. 

Il titolo di questa giornata è un titolo lungo che in sé racchiude i nomi e le storie di tutte le vittime di mafia. 1069, questa è la conta ufficiale dei morti. Non mi è possibile elencare tutti i loro nomi, ma voglio almeno darvi un’idea su chi erano queste persone. Erano: politici, magistrati, prefetti, poliziotti, imprenditori, medici, giornalisti, impiegati, sacerdoti, attivisti, tuttofare…uomini e donne…anziani e adolescenti…e bambini. Eroi che hanno perso la loro vita per aver combattuto la mafia o per aver detto un semplice “no”, e innocenti che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.   

Come per capire bene la matematica servono degli esempi, ora desidero raccontarvi una storia, ma non una di quelle che probabilmente conoscete già o di cui avete sentito parlare per caso e di cui, forse, vi stanchereste a riascoltare; bensì una tragedia con la quale spero di toccare i vostri cuori e farvi comprendere quale razza di mostro cancerogeno sia la mafia.                                                                                  

Quindi, torniamo indietro nel 1993. Ci troviamo in un periodo molto importante: l’anno precedente la mafia aveva ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il 15 gennaio 1993 viene arrestato Totò Riina, il boss dei boss. Per l’Italia è una vittoria e la gente inizia a tirare un sospiro di sollievo, ma la mafia ha risorse, è forte, è potente e reagisce mostrando all’Italia e al mondo intero di cosa è veramente capace. È la notte tra mercoledì 26 e giovedì 27 maggio 1993 e ci troviamo a Firenze in via dei Georgofili, una strada che accosta il museo degli Uffizi, per capirci, e che tutt’oggi porta i segni di quella terribile notte. Lì i mafiosi hanno parcheggiato un furgoncino (un Fiat Fiorino). A Prato lo avevano imbottito con più di 250 chili tra tritolo, T4, pentrite e nitroglicerina. Una miscela esplosiva devastante. Sono le 01:04 e BOOM!!! all’improvviso Firenze si sveglia. All’inizio nessuno capisce quale tragedia sia avvenuta: il 25% delle opere custodite nella Galleria degli Uffizi viene danneggiata gravemente, abitazioni e palazzi interi completamente distrutti. Ci sono quarantotto feriti e cinque morti tra cui Dario Capolicchio, uno studente universitario di ventidue anni (bruciato vivo) e la famiglia Nencioni tra cui: Angela Fiume, Fabrizio Nencioni e le loro due figlie. La più piccola si chiamava Caterina. Sapete quanti anni aveva? Forse 17? No! Forse 13? No! Forse 10? No! Forse 7? No! Forse 3? No! Allora 1? No, 50 giorni, non aveva neanche due mesi di vita. Il suo corpicino fu ritrovato tra le macerie del palazzo in cui abitava. L’intervento dei vigili del fuoco e dei medici fu completamente vano. Le vite di queste vittime, di queste persone innocenti e comuni sono state totalmente stravolte e cancellate. Erano persone normalissime di circa la nostra età e dell’età che potrebbe avere un nostro fratello o sorella o cucino o cugina o noi stessi: la 1069esima vittima aveva diciotto anni, si chiamava Francesco Pio Maimone ed è stato ucciso da un proiettile vagante il 20 marzo 2023 mentre si trovava casualmente sul lungomare di Napoli.                                                                                                               

Spesso cadiamo in due principali errori:

Il primo è quello di catalogare la mafia come una questione del Sud. Magari fosse così! La mafia esiste e logora il nostro paese da oltre un secolo e mezzo. In centocinquant’anni non siamo riusciti ad ucciderla e, come dice il detto “ciò che non uccide, fortifica”, la mafia ha messo radici molto in profondità in tutto il nostro territorio ma soprattutto all’estero: sia in Europa che in America. Ci sono decine, centinaia di crimini che sono stati commessi e che sono commessi tutt’oggi dalla mafia. Se vi può interessare un esempio clamoroso è la strage di Duisburg, in Germania. È talmente tanto radicata e presente nelle nostre vite che ci abbiamo fatto l’abitudine ormai. In Veneto sono presenti le mafie? Certo che sì. L’Università di Padova ha stimato che 30mila aziende venete siano nell’area di interesse della mafia. Come agiscono? Praticano uno dei mestieri più antichi: l’usura. Prestano soldi ad aziende in difficoltà con tassi d’interesse elevatissimi (fino al 600%). Quando l’imprenditore non è in grado ripagare il prestito, è obbligato a cedere la sua azienda che finisce inesorabilmente nelle mani mafiose. E nel nostro territorio? Nella bassa Padovana? Ovvio. Avevate dubbi? L’anno scorso la guardia di finanza ha sequestrato beni appartenenti a William Alfonso Cerbo, un associato a Cosa Nostra, per un valore complessivo di 10 milioni e 700 mila euro. Dov’era la sua base operativa? A Este? A Monselice? No, Sant’Elena. Non credo neanche che ognuno di voi la conosca. (Informazioni prese dal giornale “La Sicilia”)

Il secondo errore è quello di sottovalutare la mafia. Solo perché non uccide da tempo in maniera palese non vuol dire che siano in crisi. Al contrario, la mafia è intelligente, è furba e in tutti questi anni si è evoluta ramificandosi soprattutto nei settori più redditizi: edile, finanziario e immobiliare.

Ora, non che non abbia fiducia nella vostra memoria, ma credo ciò che ho scritto fino ad ora rimarrà nei vostri ricordi al massimo per qualche giorno o qualche settimana a voler esagerare. Tra un anno, quando uscirà un altro articolo per questa ricorrenza (sicuramente scritto meglio del mio), la maggior parte di voi sarà tornata in quel 75% di giovani che non conoscono questa giornata. È normale? Lascio a voi rispondere. 

L’ultima cosa che vi racconto è il motivo per il quale è stato scelto il 21 marzo come “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia”. Il motivo è filosofico e semplice: con l’inizio della primavera si simboleggia la speranza della rinascita di un Paese libero, guarito dal cancro chiamato mafia. 

Grazie dell’attenzione

Federico Roberto 4AS, ringrazio i professori Roberto Cascio e Guido D’Alessandro per i loro preziosi consigli.

21/03

art.21 Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione nei limiti del rispetto altrui.”


Le discriminazioni razziali e religiose hanno un impatto devastante sulle società di tutto il mondo, tracciando una storia di ingiustizia, oppressione e conflitto. Tuttavia, dietro le battaglie contro queste forme di discriminazione si celano storie di resistenza, coraggio e vittorie che hanno plasmato il corso della storia umana. La storia delle discriminazioni razziali è segnata da periodi oscuri di schiavitù, segregazione e violenza contro persone di diversi gruppi etnici e razze. Le lotte per i diritti civili, come il movimento per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti, hanno dimostrato la determinazione nel combattere l’ingiustizia e ottenere significativi progressi verso l’uguaglianza di diritti e opportunità.
Ad esempio, durante l’era della schiavitù negli Stati Uniti, milioni di africani furono brutalmente sfruttati e trattati come proprietà. La segregazione razziale, come le leggi Jim Crow, ha istituzionalizzato la discriminazione contro gli afroamericani, limitando i loro diritti civili. Inoltre, l’Olocausto durante la Seconda Guerra Mondiale è un triste esempio di discriminazione razziale estrema, in cui sei milioni di ebrei furono sterminati dai nazisti a causa della loro origine etnica.
Questo genocidio ha lasciato un’indelebile cicatrice nella storia umana, evidenziando gli orrori della discriminazione razziale portata all’estremo.
Tuttavia, la lotta continua, poiché il razzismo persiste in molte parti del mondo, richiedendo un impegno costante per promuovere la diversità, l’inclusione e la giustizia. Allo stesso modo, le discriminazioni religiose hanno lasciato un segno indelebile nella storia umana, alimentando conflitti e persecuzioni in tutto il mondo. Dall’inquisizione alle persecuzioni religiose moderne, le persone hanno subito discriminazione e violenze a causa delle proprie credenze spirituali. Tuttavia, la storia è anche arricchita da esempi di tolleranza, rispetto e coesistenza pacifica tra diverse comunità, evidenziando il potere della compassione e della comprensione nel superare le divisioni religiose. È essenziale comprendere che dietro ogni individuo, indipendentemente dalla razza e dalla religione, si nasconda una persona con un cuore, dei sentimenti e delle emozioni. Il rispetto per la diversità e la consapevolezza della nostra umanità comune sono fondamentali per promuovere la pace, l’armonia e la solidarietà tra i popoli. Non giudicare gli altri in base alla loro apparenza o alle loro convinzioni, ma piuttosto abbracciare la ricchezza della diversità umana e lavorare insieme per costruire un mondo in cui tutti possono essere accettati e rispettati per chi sono.
In conclusione, combattere le discriminazioni razziali e religiose richiede un impegno collettivo per la giustizia, l’uguaglianza e il rispetto reciproco.


È attraverso la comprensione della storia delle lotte e delle vittorie contro queste forme di discriminazione che possiamo trarre ispirazione per un futuro in cui l’unità e la fratellanza prevalgono sulle divisioni e sull’odio.


– Rigotti Angelica 3ASA

Scleranthus

“Per coloro che soffrono molto per l’incapacità di decidere fra due cose, considerando
giusta ora una ora l’altra, in particolare quando sono posti di fronte a due alternative
contrarie; per coloro che manifestano una carenza di equilibrio, data dalla loro
costante incertezza, celando notevoli conflitti interiori.”

Non credo sia veritiero affermare che da tutte le cadute ci si può rialzare. Può accadere di scivolare e poi alzarsi tranquillamente, dimenticandosi dell’accaduto, oppure di ammaccarsi un gomito, di sbucciarsi un ginocchio, di rompersi una gamba. Tutte ferite che con il tempo e con la cura possono cessare d’esistere, come è risaputo. Colui che si è scalfito dunque, anche se prova una dolorosa fatica, cerca in qualche modo di tirarsi su come gli è possibile e di raggiungere i soccorsi il prima possibile.

Se invece però si sprofonda in una stretta gola vertiginosa, soffocante e tetra da far perdere il senno, nulla si può fare per migliorare la situazione se non lasciarsi sopprimere dall’atmosfera di disperazione generale. Aspettando, in un primo momento con riluttanza, che qualcuno s’affretti ad accorgersi della scomparsa.


Quando nessuno si presenta, la realizzazione della scomoda verità viene alla luce e scalfisce come una lama affilata, che si ritorce nel petto mossa dal rancore. Prima appare rimorso, poi viene oppresso dal terrore, dalla paura di non riuscire a sopravvivere con le proprie forze, di non respirare mai più l’aria esterna che sa di
libertà. Così il corpo inizia a fremere, a sudare, a contorcersi in preda all’angoscia, perché viene al corrente del fatto che ogni tentativo è vano, che nemmeno graffiando le pareti di roccia fino a staccare le unghie si riuscirebbe a risalire da quella pozza di sconforto che dimostra la sua superiorità naturale. Si fanno grandi respiri, si cerca di calmare la mente sferzata dalla follia riportandola alla lucidità del riposo, eppure ciò è
impossibile da ottenere, in quanto l’irritante idea della speranza è sempre presente e non abbandona mai nessuno di noi. Si è divisi da due sentimenti contrastanti, da due correnti opposte che con la loro voce creano un frastuono tale da portare a desiderare un’infinita quiete che possa durare in eterno. Non sempre queste due emozioni sono qualcosa di intollerabile, spesso si associano a concetti semplici, come l’impegnarsi o il riposarsi, la perfezione e l’imperfezione, l’audacia e il timore.


Quelli che conosco meglio personalmente sono il vuoto e il pieno.


Il tutto e il niente, la presenza e l’assenza.


Il vuoto è una sensazione incredibilmente subdola, che si insinua all’interno dell’anima come una serpe indiavolata e inizia a nutrirsi di ciò che trova, riducendo al minimo ogni risorsa, privando d’ogni ricchezza interiore. L’attimo in cui ci si fa sopraffare da questo è quello in cui la negativa leggerezza lascia un quesito spinoso al nostro cervello. Che significato ha una vita senza un contenuto da elaborare, senza una base solida dalla quale partire? La risposta viene ricercata nel ripristino immediato ed avido della materia, temendo questa possa sparire come ha fatto in precedenza.
Eppure, una volta sazi, l’effetto tanto atteso non si presenta, anzi, lascia solo una gravosa pesantezza che si riflette sulla propria percezione. Ancorati al presente da un fardello insormontabile, cancellabile solo tramite la sua eliminazione totale.
Il cerchio ricomincia, ripetendo in successione questi due stati contrastati che lasciano solo una continua pena, la quale sembra non terminare mai. Ed i tormenti della mente prima o poi si proiettano su quelli della carne, coinvolgendola inevitabilmente nella propria afflizione. Nasce anche dalla frequente e banale noia, dalla sottile preoccupazione di non avere un vero e proprio significato in un mondo vasto e vario, dove vivono tante personalità forti dai numerosi talenti. Per colmare il buco s’ingerisce voracemente tutto ciò che si trova senza criterio, senza distinzione, spinti dall’unico desiderio di sentirsi pieni e realizzati. Tuttavia le conseguenze non si possono evitare, e neppure ignorare. Il peso ingente limita in ogni suo lato ed occupa con egoismo tutto lo spazio possibile, accumulandosi sempre di più ed occludendo anche le vie che dovrebbero essere lasciate libere. Arriva allora la necessità di lasciarsi cedere, di svuotarsi, di infilare due dita in bocca e farle scendere il più possibile giù per la gola, di rigurgitare il tutto, di rigettare non solo l’eccesso, ma anche l’essenziale. Infine, solo l’infelicità di una volontà tesa e in procinto di rottura a causa di due forze dalla stessa natura distruttiva.


Basterebbe solo raggiungere una stabilità, un equilibrio adatto tale da soddisfare, anche solo in minima parte, la fame umana di compiacimento personale. Malgrado ciò, anche l’armonia indica uno stato di staticità controproducente.


Nemmeno la sazietà potrà portarci alla pace interiore.


Non ce ne libereremo mai.


Non me ne libererò mai, e consumerò in eterno nel fondo di quella gola.

– Valentina Grigio, 3BL

Convivere con un mostro

Mi sveglio, mi alzo dal letto e come ogni mattina mi dirigo verso il bagno. Mi guardo allo specchio e mi faccio schifo; tiro fuori la bilancia, non sono ancora arrivata al mio obiettivo. Mi vesto, salto la colazione e vado a scuola, mi gira la testa ma ormai è abitudine, la pancia brontola da vuoto ma è una sensazione bellissima. A merenda mi nascondo in bagno, non voglio che nessuno mi veda mentre mangio il frutto. I sensi di colpa iniziano a farsi sentire, devo muovermi. A casa salto il pranzo, studio e cammino, ho male i piedi ma non posso fermarmi, devo anche andare in palestra. Torno da palestra, vado a letto e so che il giorno dopo sarà uguale. I medici sono preoccupati, non mi interessa, si stanno sbagliando, io sto bene, posso spingermi oltre. La dietista mi ha dato i nutri drink e spero che mamma non si accorga che li butto. Va tutto bene fino a che un giorno svengo a scuola e mi risveglio in ospedale con il sondino e le flebo. Non posso muovermi, mi sposto con la sedia a rotelle. In camera ho una ragazza che ha il problema contrario al mio, sono tanti anni che è dentro a questa malattia. Mi dispiace è una persona così dolce, le voglio bene, è speciale. Uscita dall’ospedale mi mandano in comunità, ci sto per tanti tanti mesi, non vedo i miei genitori mi mancano tanto però so che mi sostengono e che ogni mio piccolo traguardo è per loro una felicità enorme. In comunità conosco Niki, è una ragazza che soffre di anoressia nervosa atipica, è normopeso e quindi non è stata presa in considerazione per troppo tempo; i suoi esami sono critici, lei sta male. Un giorno vengo a scoprire dalle infermiere che Niki non ce l’ha fatta; il mio dolore è talmente forte che torno a isolarmi, continua ricadute, tentati suicidi, tagli sulla pelle, non voglio più vivere. Il peso scende, mi rimettono il sondino, smetto di bere, sto lasciando alla malattia di prendersi tutto di me. Torno a casa dopo mesi e scopro che anche la ragazza che era con me in ospedale non ce l’ha fatta. Capisco che così non posso continuare, oggi inizia la mia rinascita.

I disturbi alimentari non hanno un peso, si può stare male a qualunque BMI, però purtroppo si prendono in considerazione solo le persone sottopeso. I DCA sono malattie mentali e come tali non hanno un aspetto estetico, ci vuole tanta forza e un lavoro d’équipe per poter andare contro alla patologia. Non sono i numeri di ricoveri, l’avere o no il sondino, l’aver perso tanto peso o avere continue abbuffate per determinare la gravità di una persona. Tutti sono importanti e hanno bisogno di attenzione e di un percorso strutturato in maniera soggettiva. I casi sono in continuo aumento, ma le liste di attesa per la prima visita sono lunghissime; purtroppo l’ignoranza a riguardo è ancora tanta e troppo spesso le persone con DCA sono considerate capricciose. Non è così anzi, il disagio psicologico che è dentro ogni persona con disturbi alimentari è tanto e a volte anche un solo “ti sono vicina” è importante. C’è bisogno di un cambiamento, di una presa di coscienza e di vicinanza verso coloro che ogni giorno si svegliano e soffrono in silenzio. Il 15 marzo è la giornata del fiocchetto lilla ossia la giornata di prevenzione per i disturbi alimentari. Di DCA si può morire, facciamo in modo che non accada più, riduciamo le liste di attesa, siamo più vicini a coloro che soffrono, sosteniamoli, solo così possiamo fare la nostra parte.

– Giada Gambalonga, 5AL

Vale la pena immaginare la bellezza della vita, anche quando è buia

Nel bel mezzo della mia esistenza, ho danzato tra le ombre del tempo, un’illusione eterea che sfugge alle mani avidamente tese dell’eternità. La mia vita è un dipinto sospeso nel crepuscolo, un’eco fuggente nell’infinità. Sono nato tra le note di un breve rintocco, un sospiro effimero nel grande concerto della vita. I giorni si srotolano come fili d’argento in una tela tessuta con la delicatezza dell’effervescenza. Ogni risata, ogni lacrima, sono frammenti di un sogno sfuggente. Le stagioni si alternano come attori di una pièce celeste, e io, un protagonista di passaggio, sento il mio respiro come un sussurro sottile tra le pagine di un libro aperto al vento dell’oblio. Le mie mani tentano di trattenere le stelle, ma esse scivolano via come sabbia dorata tra le dita. Nella fugacità della mia esistenza, ogni incontro è un riflesso di un amore che si dissolve nell’aria come nebbia mattutina. Le strade che percorro sono sentieri effimeri, tracciati con l’inchiostro dei giorni che si dissolvono nell’oceano dell’inesorabile. Eppure, in questa illusione di vita breve, trovo bellezza nell’effimero, nell’arte di essere danza nell’abisso del tempo. La mia esistenza è un’ombra giocante sulla parete del destino, un’illusione incisa nell’anima di chi ha occhi per vedere la magia di un istante. Così, mentre la mia vita si scioglie come petali al vento, resto un viandante consapevole della meraviglia di ogni passo, un’illusione di vita che afferra la bellezza nel fugace abbraccio dell’eternità.

– Francesco Ferlito 1BS

27/01

Non poter uscire, non poter andare a scuola, non poter fare ciò che si vuole, non poter dire ciò che si vuole o ciò che si pensa, vivere divisi dal resto del mondo, con un segno distintivo come una stella, essere deportati ed essere separati dai propri cari, essere torturati e uccisi.

Il tutto perché? Perché arrivare a questo genere di barbarie? Perché arrivare ad uccidere milioni di persone? A separare famiglie, amici, vite.

Ne sono passati di anni dallo sterminio degli ebrei e pensiamo di essere migliorati, il che è vero, ma a volte vediamo episodi di discriminazione o violenza contro persone diverse da noi, ma non per questo meritevoli di ciò, e semplicemente non facciamo nulla.

Con questa piccola riflessione, proviamo tutti ad aprire un poco la mente, per evitare di ripetere errori simili.

 – Francesca Picelli, 1AL