In alto le bandiere (arcobaleno)

gay-pride-italia-2020-onda-pride-2020-date-gay-pride-2020-orgoglio

Disclaimer: Il fantastico articolo che state per leggere è risalente a giugno 2020, ci dispiace pubblicarlo con un così ampio ritardo, ma tenerlo chiuso nell’armadio tra ansie, pare, smalti e maglioni “poco etero” di cattivo gusto mi dava fastidio, per cui ho deciso di riproporvelo proprio adesso che la mia “gay-agenda” (cit. per pochi) e bella piena tra esami e tour mondiali sotto la doccia, per cui buona lettura!

-Il vostro ragazzo dell’armadio

 

Car* lettor*,

Ci rivediamo per la seconda volta nel luogo in cui la parità di sesso diventa realtà e il razzismo risulta sopportabile quanto un tormentone estivo del 2015.

Con l’arrivo dell’estate, oltre che alla solita “Summertime sadness” (cit. per pochi) penso ai gelati, le piscine, al tè alla pesca in polvere (mi dispiace per il team limone) e soprattutto al mese più colorato e GAY dell’anno, il “PRIDE MONTH” detto anche semplicemente giugno (where’s the flavour!?).

Per cui se non si fosse capito, in questo breve ma intenso articolo, vi illuminerò su cosa sia il pride month e quale sia la sua storia.

Che cos’è il pride month?

Innanzitutto penso sia fondamentale capire cosa sia il “Pride month”:

tradotto dall’inglese come “mese dell’orgoglio“, che coincide con il mese di giugno, rappresenta il mese che promuove l’orgoglio, l’autoaffermazione, la dignità, L’ESISTENZA e soprattutto la visibilità della comunità LGBTQ+.

Poiché spesso accompagnato da parate è per questo che si è soliti sentire parlare di quelli che è il “Gay pride” o semplicemente di “Pride“.

Perchè proprio giugno e non un altro mese?

Diciamo che il mese non rappresenta una scelta così casuale, proprio perché nel lontanissimo e caldissimo 28 giugno del 1969, quando la disco era ancora in voga e non un semplice concept, la community LGBT decise di farsi valere rispondendo a modo alla violenza di un gruppo di poliziotti che irruppe all’interno dello “Stonewall” di New York, locale lgbt-friendly, per punire l’”oscenità” di giovani dello attratti dallo stesso sesso oppure intrappolati nel corpo sbagliato, intenti a divertirsi.

Ricordando come tale evento diede inizio ad una serie di manifestazioni e scontri simbolicamente indicati come il momento della nascita del movimento moderno  di liberazione e autodeterminazione della LGBTQ+ community in tutto il mondo.

Alla luce di ciò tutte le parate che dunque vediamo al giorno d’oggi durante il mese di giugno non sono nient’altro che una celebrazione di un momento storico di grande importanza per la community, debutto della lotta contro le ingiustizie nei confronti della community lgbt e manifestazione di orgoglio nei confronti di coloro che per primi non si arresero alla repressione incitando al vero potere della community sotto lo slogan “Say it clear, say it loud, gay is good, gay is proud!”, per i non linguisti “dillo chiaramente, urlalo, gay è bene, gay è orgoglio”.

Due figure iconiche:

Trattando di Stonewall non si possono dimenticare le figure di “Sylvia Rivera” e “Marsha P, Johnson”, attiviste transgender statunitensi , icone dei moti di Stonewall, che per prime, rispondendo alla violenza dei poliziotti newyorkesi lanciarono, leggenda vuole, i propri tacci a spillo (di cui mi duole non sapere il numero) contro coloro, poliziotti e omofobi compresi, che stavano aggredendo ingiustamente ed ingiustificatamente decine di giovani omosessuali, lesbiche, transgender ecc. con manganelli e pugni.

Quando nacquero i gay pride?

Come detto in precedenza i moti dello Stonewall diedero inizio al movimento LGBT ed esattamente un anno dopo quel tacco a spillo lanciato ad un poliziotto, il primo gay pride venne organizzato sotto il nome di “Christopher Street Liberation Day March”, manifestazione durante la quale in numerosissimi scesero in strada indossando i vestiti più sgargianti che potessero avere, a ricordare come le regole sociali fossero regole di repressione e alle quali nessuno aveva più voglia di sottomettersi.

Sarà successivamente a Los Angeles che nello lo stesso anno (1970) verrà organizzata una vera e propria parata, simile a quelle odierne.

Ma che cos’è un gay pride? È un carnevale!?

I più “bigotti” o le più “bigotte” (gender equality be like) affermerebbero che il pride sia paragonabile ad un carnevale, ma per quanto la somiglianza possa essere palpabile, si tratta comunque di una definizione leggermente superficiale

È vero, il pride è un’esplosione di colori, brillantini, coriandoli, strass e paillettes, ma dietro le quinte di tutto ciò abbiamo festival del cinema, come il “GBLF Film festival” di Torino, presentazione di libri, dibattiti, di cui i media spesso non parlano, in quanto eventi minori, ma non per importanza.

Il fatto che il pride sia un evento così sgargiante è strettamente correlato alla cultura LGBT, stravagante per eccellenza, e alla necessità di rompere gli schemi e mostrare al mondo la propria esistenza, come per dire “se non ci volete vedere, noi ci rendiamo ancora più visibili!”, una tattica brillante!

Posso partecipare se non sono LGBT+?

Assolutamente sì, non è necessario essere gay, lesbica, trans, bisessuale ecc. per poter partecipare al pride, non esistono delle regole, degli standard, dei prerequisiti, dopotutto il pride è anche la celebrazione della diversità!

Senza dimenticare che l’unione fa la forza ed in più si è meglio è, perchè questo vuol dire che il mondo sta imparando ad accettare anche ciò che sembra non andargli a genio a causa di leggi o regole prive di senso.

Inoltre alla fine il pride rappresenta una lotta per i diritti, è se non mi sbaglio i diritti sono per tutti e lottare per i diritti non è per niente una cosa sbagliata!

Per cui se ne hai la possibilità raggiungi i tuoi amici lgbt e supportati nella loro causa, fa sempre piacere avere qualcuno che ci accetta e ci copre le spalle.

Cosa significa per me il gay pride/pride month?

Tralasciando strass, luci e  bellissimi ragazzi a torso nudo (chi vuole intendere intenda), il tutto sulle note di “Born this way” il gay pride è molto più che una mera parata, è un momento di celebrazione, di comunità, di condivisione di quella gioia che è sentirsi parte di qualcosa più grande, di supporto reciproco di fronte alle continue discriminazioni e difficoltà che noi “non-etero” siamo costretti a subire passivamente in una società che spesso non ci vuole o semplicemente non ci capisce, perchè c’è molto da capire quando si tratta d’amore no!?

In qualsiasi caso questa grande festa è il segno della nostra forza, della nostra volontà di lottare e del nostro amore per le differenze che ci rendono tanto speciali, perché volete mettere un mondo in bianco e nero? Anche no, perchè quest’anno va di moda il giallo!

 

Siamo dunque giunti alla fine di questo articolo, per chiudere in tutto in bellezza desidero dunque congedarmi con una cit. di un’artista di cui non penso sia necessario fare il nome (Lady Gaga):

Don’t hide yourself in regret

Just love yourself and you’re set

I’m on the right track, baby, I was born this way

Google crash: la caduta di un colosso?

Nella tarda mattinata del 14 dicembre abbiamo assistito a un episodio che ha suscitato molto scalpore e perplessità in tutta la popolazione mondiale, in particolare tra noi studenti. Per circa 45 minuti, si è verificata una brusca interruzione del funzionamento di Google e di alcune piattaforme a esso associate.
Nella nostra vita, soprattutto per noi del Ferrari, le applicazioni di Google hanno assunto un ruolo importante negli ultimi 2 anni: Google Meet, Classroom e Gmail vengono utilizzate dagli studenti quotidianamente. Ciò che più ci ha colpito è come, per un banale bug dovuto a un sovraccarico dei server, la DAD sia stata quasi totalmente compromessa e l’incessante susseguirsi delle lezioni, anche solo per 10 minuti, si sia dovuto arrendere di fronte a tale causa di forza maggiore.
Questo avvenimento ci ha fatto riflettere sull’importanza e il peso di Google nella nostra vita: con il lockdown infatti non possiamo più incontrare gli amici o impegnarci in modo serio in qualche passione extrascolastica, ma, al contrario, tutti i nostri sforzi sono concentrati sulla scuola, che ormai occupa il centro delle nostre giornate. Un congelamento più prolungato delle piattaforme Google porterebbe a un’apocalisse digitale, poiché non si limiterebbe solo a privarci di un utilizzo personale e di svago, ma anche del nostro dovere e lavoro.
Un imprevisto di tal genere ha messo in evidenza l’esistenza di un monopolio assoluto e incontrastabile da parte di Google: infatti le sue applicazioni sono le più usate del web e ci facciamo ricorso durante tutto l’arco della giornata per via del nostro dovere da studenti. In secondo luogo, ci ha aperto gli occhi su quanto siamo dipendenti dalla tecnologia, di cui non riusciamo né possiamo fare a meno.
Ciò che è successo la scorsa settimana non ha di certo stravolto le nostre vite, bensì ha lasciato spazio a una spontanea riflessione: quanto è cambiato il nostro rapporto con Internet per via della didattica a distanza? In che modo tale mezzo d’istruzione ha influito sull’uso dei servizi Google? È evidente come, in seguito alla chiusura delle scuole, l’utilizzo delle piattaforme annesse a Google da parte degli studenti, in particolare per noi del G.B. Ferrari, abbia subito una costretta deviazione, passando da avere un fine d’interesse quasi puramente personale e dilettevole ad assumere un impiego maggiore nell’ambito scolastico e informativo. Ciò ha portato anche ad enormi conseguenze sull’utilizzo di app come Classroom e Meet, che hanno conosciuto un aumento degli utenti a partire da marzo 2020, con il risultato di un incremento considerevole del patrimonio del grande colosso di Mountain View.
-Giacomo De Carlo, Elisa Renzulli e Carlo Saffioti della 3^BS

VITA DA STUDENTI: LA FATICA DI IMPARARE

 


Studiare o lavorare?
Crescere è una grande fatica, siamo sinceri. Le cose però iniziano a peggiorare quando oltre alle pressioni di famiglia e società, si aggiungono anche quelle scolastiche. L’apprendimento è un aspetto fondamentale per la vita di qualsiasi essere vivente, in particolare però per la specie umana in quanto è una caratteristica semplicemente essenziale. Un tempo vi era la classica domanda: “E’ più faticoso studiare o lavorare?” La risposta che poneva l’accento sulla difficoltà del lavoro fisico, incoraggiava nel proseguimento degli studi. Ma con le conoscenze odierne, siamo così sicuri che studiare sia più semplice? Negli ultimi anni si è riscontrato, a livello statistico, che un’altissima percentuale di giovani abbandonano gli studi: ciò vorrà pur significare qualcosa! Inoltre la domanda risulta essere subdola fin dal principio in quanto suggerisce che studiare e lavorare siano due attività diverse quando in realtà lo studio è un lavoro a tempo pieno: semmai bisognerebbe confrontare l’attività mentale e quella pratica. In passato un grande rispetto era infatti riservato agli anziani perchè grazie alla loro esperienza erano riconosciuti come “biblioteche viventi”. Oggigiorno invece il valore di qualcuno si basa sulle capacità di adeguarsi ai cambiamenti e di riordinare le proprie conoscenze.
La scuola insegna veramente?
La scuola dell’obbligo si protrae attualmente fino ai sedici anni, ma in verità non si smette mai di imparare. Ultimamente stanno però nascendo nuove critiche al riguardo; la più gettonata (anche da diversi studiosi e psicologi) è quella che pone l’attenzione sul metodo di insegnamento. Secondo questa tesi, gli studenti non apprendono in modo valido perchè si limitano a una strategia utile al superamento degli esami ma scarsamente efficace nella vita pratica. La scuola viene perciò accusata di trasmettere solo delle nozioni, senza insegnare effettivamente ad imparare.
L’ansia di studiare:
Concentriamoci però su cosa comporti imparare, partendo da un dato abbastanza diffuso: studiare crea ansia. Lo studio è fatica, tensione e rinunce. Moltissime persone hanno sperimentato quanto sia duro mantenere la concentrazione su un testo: il pensiero vola via. Alcuni consigli per migliorare la resa nello studio consistono nell’associare contemporaneamente informazioni visive ed uditive. Come ad esempio collegare la spiegazione della Rivoluzione Francese al quadro “La libertà guida il popolo” di Eugéne Delacroix. Ovviamente però ciascuno di noi studenti deve trovare il metodo di studio più adatto che permetta di conciliare vita sociale e acculturamento personale. Il segreto è dunque quello di trovare un equilibrio psico-fisico e una serenità mentale che possano migliorare l’apprendimeto di nuove nozioni, per crescere e maturare da tutti i punti di vista.
Maddalena Facciolo, 5ASA

L’ULTIMO

balloSamiiir siamo tornati!
Questa sarà davvero l’ultima volta, abbiate pazienza.
Si torna a parlare di Prom, di serate di Gran Gala, come se ne vedono poche a Este. Anche per dimenticare per una notte il debito in matematica che vi attanaglia, la maturità incombente. Non solo: una serata per immergervi -letteralmente- nell’umida atmosfera di Venezia. Perché ormai il binomio “Ballo del Liceo-Diluvio universale” è più consolidato di quello che associa Marx al comunismo o la Antonella alle fotocopie o, ancora, Luca Targa al tramezzino tonno e olive (sia mai che gli portiate quello alle cipolline). Ma la vita del rappresentante è un po’ questa: il numero dell’Arpav deve essere tra i preferiti. Il maltempo aveva, in effetti, condizionato pure la riuscita del tanto atteso torneo di calcetto. Un imprevisto che, in fin dei conti, tra un pallone di spugna e un occhio chiuso -ringraziamo i piani alti- ha portato forse ad una delle edizioni più frizzanti della competizione (importante il contributo del Tanga Puggiarelli alias Daniele Puggina nella composizione dei gironi) chiusasi con il remake della scorsa finale e la rivincita concessa agli Enzimi (5ASA). Decisivo il rientro dopo mesi d’infortunio del veterano Alberto Bellamio, velocità 37 ma qualità del capitan Francesco. Come decisiva la scelta del portiere, raccattato al bar della scuola e convinto a firmare il contratto con una brioche al pistacchio. Ipnotizzati di fronte a lui, ai calci di rigore, tutti gli esponenti della CN Bombe (5BS) in particolare il rappresentante-fantoccio, così lo chiamavano, piantato nelle sue scarpe da clown. Per chiudere questa digressione calcistica, una menzione va fatta d’obbligo ad Antonio Sattin e la sua banda, autori di calcio champagne e tanta poesia. È probabilmente lui il Fenomeno che tanto cerca Fabri Fibra nel suo ultimo pezzo. Che sia un azzardo candidarlo al titolo di Re del Ballo?
Sì ecco, di Prom si doveva parlare. Perché ormai il conto alla rovescia è cominciato e forse questo articolo arriva tardivo per i vostri ordini su Amazon. A quanto pare potrete mettere a lavare la vostra tanto attesa felpa del liceo per calarvi negli abiti più eleganti e chic. Non si tratterà di pellicce rosa -penso di essere una Barbie sck- bensì di trame nere o dorate o ancora rosse. Utili in questo frangente potranno esservi i post di @emrata, in questi giorni a Cannes, esempio che farà interessare persino la componente maschile all’outfit della serata. Ben accette pure le maschere, possibilmente il meno possibile simili a quelle indossate dai medici della peste del nostro amico Manzoni. Se Emily e ChiaraF (impegnata a trovare un paio di scarpe per il suo matrimonio) non potranno essere dei nostri, ha assicurato invece la sua presenza Mariano Di Vaio, il fashionB Made in Italy ora datosi alla produzione di un’improbabile hit estiva. A suonarla per noi, direttamente da Coachella, GiulioGiulio Delo e Dj Kekko Simbola che ancora sembra non essersi stufato del liceo. A convincere Mariano sembrano, però, non essere stati i due abili disc jokey. La stampa portoghese ha fatto trapelare infatti che il vip sia rimasto in contatto con la solita Anna Canola, ormai stufa di finire nella nomination per il titolo di Reginetta, dopo che i due per poco non si erano incontrati sulle spiagge dell’Atlantico. Sarà lui ad incoronarla quest’anno? Ma molte sono le teste ad ambire il diadema. In primis, Silvia Marchesoni, pure lei una habitué. Non solo: ci riprova anche Sara Bettanin, l’anno scorso persa nella selva oscura al momento della possibile elezione, e con lei la compagna Greta Zaggia. Salgono le quote pure per Camilla Negrello, confermando il trend positivo del linguistico. Dalla sede del Corradini a tentare sono due giovani leve, Beatrice Cecchini, già donna immagine dello scorso ballo, e Anna Zangirolami, che in molti attendevano al torneo di calcetto, curiosi di capire se sapesse palleggiare solo in foto o meno. Infine l’outsider, Eleonora Cerchiaro, che ci ha abituati ai selfie tra Palazzo Pitti e Santa Maria del Fiore. Presenzierà?
Escludendo i soliti noti, ad entrare nella short list per il futuro Re del Ferrari entra di prepotenza Andrea Rinaldo, sinonimo del giusto connubio tra eleganza e spavalderia, insomma un nobile di altri tempi. Scendono le percentuali di successo di Edoardo Rende, dopo l’esibizione in palestra sulle note di “Baila come El Papu”, in favore del Barbu. Lui non ha nome, la fama parla da sè. Grazie al suo giro losco di conoscenze potrebbe addirittura guadagnarsi la corona, come riuscì ad Alberto Turra, classe 96. Inoltre Davide Santinello, ripresosi dal brutto incidente in sella suo velocipede, pare essersi rimesso in carreggiata e puntare al titolo. Sul taccuino del comitato compaiono sempre i nomi della 5BS, che dopo la delusione della finale persa sembra avvicinarsi alla maturità per inerzia, spendendo tutte le proprie energie tra Fantacalcio e schedine (basti pensare che pure la compagine femminile piuttosto che dedicarsi alla tesina ha optato per tentare la fortuna con il gioco d’azzardo).
Tra gli special guest, oltre alle note figure del mondo della spettacolo, compare pure il Prof. Maddalena. Voci di corridoio hanno fatto trapelare che sia coinvolto anche nell’organizzazione di questo evento. (Un modo per riconoscere i meriti di queste nuove leve nel corpo docenti davvero lodevoli per la loro intraprendenza).
Per avviarci alla conclusione di questo articolo, scritto in una bozza dell’iPhone alle ore 23:14 (in genere oltre le ore 22 non sono più attendibile) tra una tesina non iniziata e una P attaccata al parabrezza, la redazione augura a tutti una buona fine e una serena E-state (come dice Gabbani, che abbandonata la scimmia e il buon vecchio oppio dei popoli, sembra essersi appassionato alla Divina commedia per la sua nuova canzone da spiaggia). Con la speranza che questo articolo non sollevi un polverone del livello di Morgan ad Amici e con la consapevolezza che la satira è un’arma potente ma a doppio taglio, per davvero, per l’ultima volta vostro

Tammeo Doscari

PS: Un ringraziamento speciale alle mie muse di questi 5 anni, Aurora Ambrosi e gli altri due miei morosi, Matteo Bottaro ed Edoardo CM Zago (alias James Joyce). Verserete molte lacrime in questi anni e auspicherete di non venirci più a scuola, al più presto. Vi passerà perfino la voglia di uscire il sabato sera. Bè…Vi avviso di goderveli, perchè è tra queste mura che farete gli incontri più decisivi della vostra vita e conoscerete cosa il mondo vi può offrire.
Se non venite sabato 20 siete solo dei BUFU!

Ogni volta che ti guardo

Ogni volta che ti guardo penso questo:
Ogni senso si acuisce
non conta tutto il resto.
Se volessi uno spettacolo grandioso,
niente cinema, niente paradiso,
ciò che importa, è solo il tuo sorriso.
Dicono che gli occhi sono fatti per vedere,
Ma i tuoi, non finiscono di incantare.
E non dirmi che credo nei maghi, fattucchiere,
Ma i tuoi sguardi ammaliano più di un migliaio di fatture.
Stregato, sfregiato, da questo mio amore, stacco la spina, mi sembra di cadere…

Ti guardo e penso
non c’è verso, amore a senso unico
Ma quando sto con te,
io mi sento unico.

 

-Alessandro Bernhard

L’ULTIMA CROCIATA- EUROPA vs ISIS

La guerra è cambiata, e non si combatte più nelle trincee, ma col terrorismo. Il bersaglio non è più il soldato, ma la popolazione civile. Non si parla più di guerra di logoramento, ma di guerra ideologica.
In questo contesto si inseriscono i movimenti estremisti che hanno spaventato la civiltà contemporanea, tra i quali figurano al-Qaeda, fondato da Bin Laden e l’ISIS, anche se sarebbe più giusto parlare di IS, ossia Islamic State, fondata da al-Baghdadi. Quest’ultimo recentemente ha compiuto atroci barbarie (seppellimento e combustione di persone vive, decapitazione, lapidazione, uso di civili come scudi umani negli scontri a fuoco incrociato etc.) nei confronti di Cristiani, ribelli siriani e Curdi in particolare; facciamo riferimento per esempio alle stragi di Parigi, Bruxelles, Berlino, Istanbul, Bangladesh, Turchia, Aleppo, Westminster, San Pietroburgo e Stoccolma.

Il movente di tali violenze è dar vita in Europa e non solo ad un nuovo califfato, un sistema politico arabo in cui in un’unica figura coesistono la massima autorità politica e religiosa, ovviamente islamica e di confessione sunnita; per questo usano come pretesto la religione per giustificare la loro jihad. Lo Stato islamico propaganda con forza questi ideali, tanto che i suoi militanti vengono pagati un terzo di un operaio siriano di bassa manovalanza.
Tuttavia al di là di questo casus belli, i reali motivi della guerra come sempre non hanno nulla a che fare con la religione. Queste aberrazioni infatti rappresentano in buona parte una violenta reazione nei confronti dell’oppressione neocoloniale esercitata da alcuni paesi occidentali e oltreoceano. In altre parole con gli attentati terroristici, l’IS cerca non solo di liberarsi dai governi fantoccio imposti in Medio Oriente dagli USA e dalla Francia in particolare (questo spiegherebbe la feroce avversione di tale movimento nei confronti della nazione francese), ma anche di rivendicarsi di questa loro intromissione rispondendo allo stesso modo: facendo breccia in Europa.

Alla base tuttavia concorrono anche delle importanti cause economiche. Non per nulla infatti gli jihadisti hanno cercato in tutti modi di appropriarsi per via militare di pozzi petroliferi e della diga di Mossul che sfruttano per finanziarsi. Il finanziamento è anche lo scopo per cui commerciano, tramite il mercato nero, reperti archeologici di inestimabile valore che vengono trafugati in Siria.

Ma cosa spingerebbe una persona non interessata da queste situazioni politiche, un cosiddetto foreign fighter, a partecipare a tale progetto politico, così folle e crudele?
Rispondiamo con le stesse parole usate da Khaled Hosseini nel suo libro “Il cacciatore di aquiloni”, che consigliamo vivamente:

«Non sai che cosa significhi l’aggettivo “liberatorio” finché non ti trovi in una stanza con decine di bersagli e lasci volare le pallottole, senza colpa e senza rimorso, con la consapevolezza di essere virtuoso, buono e giusto. Con la consapevolezza che ti stai guadagnando un posto in Paradiso. Un’esperienza mozzafiato.»

In queste righe lo scrittore denuncia che la guerra jihadista offre a chiunque provi piacere nella violenza la possibilità di uccidere liberamente qualsiasi persona ostile o semplicemente “antipatica”, con il falso pretesto di farlo per qualcosa di più grande, senza alcun rimorso. Questo sembra essere uno dei più importanti motivi per cui molti foreign fighters partecipano al movimento fondamentalista.
Tuttavia al di là delle apparenze lo Stato islamico, pur essendo diramato in tutto mondo, si scopre molto debole ed eterogeneo al suo interno. Questo è dimostrato dal fatto che in Siria e in Iraq i miliziani islamici stanno perdendo inesorabilmente terreno.

Cosa succederà se però le guerre future saranno combattute contro un esercito privo di nucleo, ma radicato in tutto il mondo e accomunato da una stessa ideologia? Come potremo affrontarlo?
Forse la risposta, per quanto pessimistica, è già stata fornita quasi settant’anni fa da George Orwell nel suo classico “1984”. Forse la risposta sta nel controllo di pensiero, che permetta di individuare e sopprimere ogni forma di proliferazione di movimenti di questo tipo. Vi immaginereste una società priva di libertà di pensiero, di parola, di stampa, di opinione…? Quella società rischia di diventare la nostra. Il nostro compito è dunque quello di impedire che ciò accada, evitare la guerra, e promuovere il dialogo, che permetta finalmente una convivenza pacifica tra Oriente e Occidente.war is changed

By i Pεriπateticy

LA QUINTA COSA DEL FERRARI A CUI NON AVETE MAI PRESTATO ATTENZIONE (e sta volta è un insegnante)

Buon giorno miei cari ragazzi, sono sempre io che vi tormento l’esistenza. Vi ricordate la tipa che, non avendo niente di meglio da fare, contava le macchie per terra? Bene cerchiamo di tornare un attimo seri, o almeno con i piedi un po’ più per terra, perché la quinta curiosità merita un briciolo del nostro rispetto.
Sicuramente se dite a una persona qualsiasi “Ferrari”, la prima cosa che le verrà in mente dovrebbe essere LA Ferrari; quella rossa, nata dal genio di un certo Enzo, che corre a millemila all’ora ma che quando è ferma si fa ammirare da tutti. Avrete presente spero. Ecco, se fate lo stesso giochino con chi vive a Este, o nei dintorni, è possibile che colleghino il nome anche a un certo edificio rosso mattone fatto a ferro di cavallo. Però, quello che in pochi si sono chiesti è chi sia questo G.B Ferrari che dà il nome alle nostre gioie e sofferenze quotidiane. In realtà, a questa domanda è possibile dare più di una risposta perché a questo nome rispondono (o meglio rispondevano) almeno tre persone. In ogni caso, se pensate che c’entri qualcosa con la Ferrari, mi spiace deludervi. Infatti, sebbene questi egregi signori siano vissuti in periodi diversi, vi posso assicurare che gli unici cavalli esistenti erano quelli che correvano nelle praterie. Questo caso di omonimia mi ha causato un bel po’ di grattacapi perché mi è subito sorta spontanea una domanda: come cavolo faccio a sapere qual è quello giusto? Le date non mi hanno aiutato più di tanto e nemmeno i luoghi di nascita. Un bresciano un senese e un modenese sembravano più tre personaggi di una barzelletta più che prestanomi per un liceo veneto. Che fare quindi? Beh semplice sono andata a intuito e ho deciso di scegliere il senese. Il motivo ve lo dico dopo, ora cominciamo che sennò faccio notte.
Il nostro Giovanni Battista, per gli amici G.B., senese di annata tardorinascimentale, era, guarda a caso, un professore.
“Professore” però è un’etichetta che gli sta certamente stretta. Proverò a spiegarvi quello che intendo dire con una metafora e, sarà che sono affetta da una grave forma di deformazione professionale, ma non posso fare a meno di immaginare Ferrari come uno studente del Ferrari.
Il nostro scolaretto cominciò a frequentare il liceo dell’epoca (che allora era la città di Roma), si unì successivamente alla compagnia di Gesù (e non a quella dei celestini), studiò teologia e filosofia.
Era uno studente modello e pertanto seguì anche i corsi opzionali che non erano certo tedesco o teatro bensì bazzecole come il siriaco e l’ebraico.
Dopo aver ricevuto via gufo la spilla da prefetto, si prese cura degli studenti più giovani dando loro ripetizioni di grammatica. Dopo la maturità (100, lode e bacio accademico come minimo) divenne anche professore di lettere e d’ebraico. La sua conoscenza delle lingue orientali, arabo in primis, aveva raggiunto un così alto livello che il signorino fece parte della commissione voluta dal papa per tradurre la Bibbia in arabo.
Di lui sappiamo inoltre che era un teologo molto esperto e che spesso amava mettere in luce le sue doti di oratore predicando e poi pubblicando il tutto.
La sua passione, che coltivava nel tempo libero, era senza dubbio la botanica. G.B. amava infatti passeggiare per i giardini romani catalogando tutti i fiori e le piante che vedeva. Tutto il materiale raccolto sbocciò poi sotto forma di una specie di enciclopedia pubblicata, corredata da illustrazioni, con il titolo di “De florum cultura”. Nonostante quest’opera non sia stata rivoluzionaria come le scoperte di Mendel, venne comunque tenuta in considerazione dagli studiosi successivi.
Quest’uomo, però, non era certamente tutto rose e fiori ma aveva, come tutti, anche dei difetti; per esempio il carattere malinconico, poco energico se non addirittura flemmatico e per giunta godeva di pessima salute tanto che fu costretto in vecchiaia ad abbandonare Roma per ritirarsi nella sua città natale dove morì il primo febbraio 1655.

Bene ragazzi, queste sono in breve le eroiche gesta del nostro “Gibi”, se siete interessati ad approfondire l’argomento vi invito a curiosare sull’enciclopedia Treccani dove troverete la versione seria e integrale delle sue vicende.

Ah giusto, mi stavo quasi dimenticando di dirvi perché tra i tre è stato lui il prescelto. Beh semplice, perché oltre a prestare il suo nome al nostro edificio, ne era pure l’emblema. Mi spiego meglio: rappresenta il classico grazie al periodo in cui è vissuto, ai suoi studi filosofici e alla sua non indifferente produzione scritta; rappresenta il linguistico con l’impegno riservato alla conoscenza delle lingue che gli hanno poi permesso di aiutare a tradurre l’eterno best seller in arabo; infine rappresenta l’area scientifica grazie alla sua passione per la botanica. Mica poco!
Per gli amici dell’artistico (il cui edificio è dedicato ad un altro illustre signore) non sentiatevi esclusi ma sappiate che il G.B. bresciano era un pittore.

Detto questo vi auguro un felice proseguimento di cazzeggio quotidiano,
E.T.

Le 5 cose del Ferrari a cui non hai mai prestato attenzione (insegnanti a parte)

1) Il giornalino scolastico lo avete probabilmente appena scoperto, oppure lo avete sentito nominare giusto un paio di volte. Piccola nota: non sto parlando dei giornali che vengono recapitati ogni settimana nelle classi. Questi di solito, magari dopo una lettura veloce, diventano magicamente origami o stabilizzatori di banchi traballanti. No io sto proprio parlando di quello virtuale su cui state leggendo ‘sta boiata. Ma allora ci si potrebbe chiedere: “Perché è una cosa che gli studenti non hanno mai considerato?”. Beh la risposta è… ehm… probabilmente… perché ci pubblichiamo un articolo all’era. Però perdonateci. In fondo siamo anche noi studenti del Ferrari, scuola in cui i professori spiegano un paio di materie a testa pretendendo che tu non ti perda nemmeno una sillaba, e ovviamente non badano al fatto che noi alunni di materie ne dobbiamo studiare una decina. Tutto ciò però non è una scusante e, finito questo mea culpa, giuro solennemente di avere buone intenzioni; stendiamo un velo pietoso e passiamo oltre.

2) Se siete stati in biblioteca (probabilmente perché tutte le lim erano occupate) oltre alla saletta con il proiettore, non potete aver fatto a meno di notare quella bella scala in legno che porta beh… nel nulla. O meglio, porta a quello che dovrebbe essere un soppalco, progettato per ospitare sicuramente qualcosa, ma nessuno ha mai capito cosa. C’è chi dice computer e chi, come certi alunni, la immagina arredata con bel tavolo da ping pong e, perché no, magari anche un bel calcetto, calcio balilla o biliardino che dir si voglia. Se invece preferiamo qualcosa di più intellettuale si potrebbe optare per qualche scacchiera, giochi da tavolo e mazzi di carte vari. Secondo me sono tutte idee niente male, ma ammetto che è più plausibile una media del 10 in pagella piuttosto che vedere la preside autorizzare una mini sala giochi. Ma chissà, magari un giorno, quando gli alberi del parcheggio faranno un’ombra che si possa chiamare tale, forse quello spazio avrà trovato uno scopo. Voi intanto pensate a cosa metterci.

3) Ok ragazzi, la difficoltà sta aumentando. Se conoscevate già anche questa cosa significa che avete un grande spirito di osservazione, o forse che frequentate la scuola da tempo sufficiente per apprezzare una palestra a due passi. Infatti, se andando lì in una giornata ventosa alzate gli occhi al cielo dovreste notare sul tetto dell’edificio una specie di girandola bianca. In realtà non è lì per spaventare i passeri, come è facile pensare, ma per produrre energia. La nostra scuola, infatti, sarebbe attrezzata per sfruttare fonti rinnovabili; che poi la sua utilità effettiva si riduca ai già citati passeri, beh è un altro paio di maniche tutto da verificare. In ogni caso, sempre sul tetto della palestra sono presenti dei pannelli fotovoltaici, che dovrebbero essere funzionanti. Che scuola futuristica! Ma le sorprese (si fa per dire) non finiscono qui.

4) Quante volte i vostri piedi hanno strascicato percorrendo il luuuuunghissimo tratto lastricato che separa il cancello pedonale dall’entrata principale? Quante volte ve lo siete fatto di corsa, cercando di battere il record di Bolt pur di non avere l’ennesima R gialla sul registro elettronico? Sole, pioggia vento ghiaccio o nebbia che sia, quel corridoio a cielo aperto è lì che ti aspetta sornione. Ma quante volte avete notato la sorpresa che cela proprio alla fine? Ebbene sì, ragazzi miei, si dà il caso che, sotto gli occhi di tutti sia nascosta una stranezza inspiegabile ai più. Infatti, proprio prima dell’ingresso sulla sinistra (se si sta per entrare a scuola, destra se si è appena usciti), in determinate giornate, potrete notare una parte di piastrelle che daranno vita a qualcosa di particolare: una macchia a pianoforte. A coda, per la precisione. Io l’ho notata per la prima volta quando ero ancora una giovane recluta. Un bel giorno (pioveva mi pare) guardando fuori dalla finestra la vidi. Riguardo al perché ci sia, le ipotesi si sprecano. C’è chi pensa che in quella zona le mattonelle abbiano un colore più chiaro; c’è chi ritiene che quella parte sia meno esposta all’ umidità. Tutte ipotesi molto valide ma io preferisco immaginare un pianista malinconico e fluttuante che compare solamente quando vuole lui. Forse perché cominci a suonare bisogna inserire una moneta. Ok prima che chiamiate il 118 per farmi fare un TSO (sempre che non sia troppo tardi) vi allego la foto. Se l’avevate già notata o pensate di aver trovato una soluzione al dilemma, faccelo sapere. In alternativa potremmo chiamare Roberto Giacobbo.
PS: la miglior prospettiva per cui la macchia sembra essere un piano si può ottenere dall’ aula che attualmente ospita la 2ASA.
PPS: mi dicono dalla regia che c’è stato un altro avvistamento di chiazza sospetta. Secondo la mia fonte questa compare tra il bar e la palestra. Quindi se passate da quelle parti buttate un occhio: se vedete qualcosa di forma ellittica che risulta sospetto, fategli una foto e sarete lautamente ricompensati.

Miei cari scolaretti, so che il vostro tempo è prezioso quindi non abuserò della vostra pazienza ancora per molto. Solo un’ultima cosa prima di salutarci: se ritenete che gli argomenti trattati finora siano delle autentiche rivelazioni, perché non condividerle con quanta più gente possibile? Se invece trovate siano peggio della corazzata Kotiomkin fantozziana e pensate che sareste stati bene anche senza, beh avete ragione ma ormai le avete lette e quindi condividete.
Andate in pace, la sofferenza è finita.

“Ehi un momento” staranno pensando i più attenti di voi. “Che fine ha fatto la 5^ curiosità?”
Arriverà prima o poi arriverà non temete. È solo che, essendo io un tantinello logorroica, ho già scritto una mezza odissea. L’ultima curiosità, che è la più importante (si fa per dire) merita uno spazio tutto suo. Lo so che non vedete l’ora (ma anche no) però vi imploro di portare pazienza!
Un abbraccio,
E.T.

IL VUOTO CHE NON SI PUO’ SCRIVERE

Sangue, buio, freddo. Questo è quello che sento guardando al di fuori di me. Rami spezzati, voci rotte, lamenti di un uomo che sbuffa alla vita. Non posso dire di esser certo che la nostra umanità sia nata pura, posso solo dire fermamente che, ora come ora, è macchiata dei peccati più orribili. Viviamo nelle sabbie mobili e stiamo lentamente sprofondando dentro un oblio che è cieco di sopravvivenza. I valori dei grandi poeti, le gesta dei veri uomini, le lacrime delle pure anime sembrano non avere più spazio in una generazione di morti che, grida giustizia ma sospira terrore, assaggia la luce ma divora la tenebra. Io voglio poter non essere annientato dalla rabbia di un uomo ma dagli occhi di un bambino, dall’abbraccio di un amico, dal bacio di chi amo. Ed io non voglio essere morto. Non voglio avere paura di aprire gli occhi, non voglio avere paura di accendere la luce, non voglio avere paura di essere, di vivere. Vedo un piccola luce, vedo un cristallo nel buio. Ci siamo ridotti ad avere più paura della vita che della morte, la medicina sta moltiplicando i nostri giorni ma non li sta rendendo migliori. Posso vivere un giorno in più ma posso dire di non averlo vissuto. Che senso ha un respiro se non riempie i nostri polmoni? Che senso ha un pensiero se non ci fa vibrare le ossa? Dove abbiamo sepolto il vero amore, la rabbia pura, la voglia vera di cambiare un mondo che è ormai morto prima ancora di nascere, ogni giorno, dopo una notte che più gli appartiene?
“Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli sempre la speranza.”
 Seneca

Dobbiamo levare il capo verso il sole, dobbiamo liberarci dalle catene, dobbiamo vomitare il vuoto che non si può scrivere. Dobbiamo sputare inchiostro e sangue su pagine che le parole non possono incatenare. Voglio immagini, voglio il rosso, voglio il bianco e voglio il verde. Voglio l’amore, voglio la purezza, voglio speranza. Dipingiamo un mondo nuovo e poi riempiamolo di parole, parole belle, le più diverse parole, parole libere, parole leggere, parole forti, parole vivaci: un delirio di parole! Voglio disintegrarmi in un vortice di emozioni con te, con voi, con me, con noi.

“Senza entusiasmo, non si è mai compiuto niente di grande.” 
 Ralph Waldo Emerson

Voglio volare trasportato dal vento, voglio tuffarmi nelle onde materne del mare dell’essere. Voglio bere acqua azzurra e mangiare pane caldo. Voglio immergermi nei più profondi sentimenti che cova nel cuore questa nostra bella terra. Voglio pelle di sabbia, mani di seta, gli occhi di un quadro di recente dipinto, i miei capelli come l’erba d’estate, i miei vestiti come le foglie d’autunno: il petto che pulsa come la terra alla cavalcata di un cavallo selvaggio.

“Avete i vostri colori, avete i vostri pennelli, dipingete il paradiso ed entrateci dentro.” Nikos Kazantzakis
-Ermete Protocardio

image-2

BABBO NATALE SPIEGATO DA EINSTEIN

Cari lettori di Rompipagina, ormai sono cominciate le vacanze di Natale, come ogni anno attesissime dagli studenti, e lo spirito natalizio si fa sempre più sentire; come si è dimostrato oggi tra i corridoi del liceo, tra classi addobbate (vedasi 3aASA), panettoni a volontà e processioni guidate al suono di “Jingle bells”, senza le quali un Natale non è Natale. Ciononostante sono convinto che molti di voi (per non dire nessuno) non credano più alle filastrocche puerili del suddetto Santa Claus, meglio noto in termini pagani come Babbo Natale. Questo sembra essere dovuto al fatto che, per le vostre menti elevate, la sua esistenza sia inconciliabile con la realtà.

Eppure la Dr.ssa Katy Sheen, fisica dell’università inglese di Exeter (non chiedetemi come abbia avuto la laurea), si è cimentata nell’arduo tentativo di spiegare scientificamente come lavori Babbo Natale.
Per fare ciò ella si avvale innanzitutto della relatività.

La Teoria della Relatività generale venne formulata dal più noto scienziato di tutti i tempi Albert Einstein nel 1915, dopo circa quattro anni di lavoro faticoso e intenso. Quattro anni di stressante competizione con il grande David Hilbert, che scelse di elaborare matematicamente le teorie esposte da Einstein stesso. Quattro anni che alla fine si conclusero con quello che agli scienziati piace definire “Eureka moment”, ovvero la formulazione di un’unica, semplice ed elegante equazione differenziale non lineare e tensoriale (cose che voi umani non potete neanche immaginare):

Gμv=8π·Tμv
[Questa formula coniuga da una parte la fisica, rappresentata dal tensore di Einstein (Gμv),dall’altra la matematica, rappresentata dal tensore stress-energy (Tμv) e afferma che quanto più un corpo è “massiccio”, tanto più esso riuscirà a curvare lo space-time, e dunque a rallentare il tempo. In corrispondenza dell’event horizon di un black hole, il tempo addirittura si riduce a zero, e la gravità in questa situazione è infinitamente elevata, tanto che nemmeno la luce può scappare da esso]

Ora, Katy Sheen ha calcolato che per portare i regali a più di 3miliardi di bambini nel mondo in una sola notte senza essere vista, la slitta di Babbo Natale dovrebbe viaggiare ad una velocità che è circa quella della luce. Sappiamo anche che le sue renne vengono alimentate esclusivamente con Red Bull e per questo, come insegna la nota pubblicità, possono volare; mentre Babbo Natale preferisce la Coca-Cola, che non a caso sponsorizza ogni anno.

Ma ritornando alla questione della velocità, essa spiegherebbe inoltre perché Santa Claus riesce ad entrare assieme al suo enorme saccone dei regali in ogni tipo di camino, anche il più minuto, infatti ad una velocità prossima a quella della luce, sostiene la dottoressa, le dimensioni della slitta si ridurrebbero, ed in seguito la sua velocità verrebbe bruscamente rallentata dalla presenza di un panettone Motta sotto la cappa del camino. Inoltre questa stessa ipotesi spiegherebbe perché Babbo Natale non invecchia mai né può essere visto dai bambini di tutto il mondo.
In seguito la fisica inglese afferma che Babbo Natale non può essere neppure udito a causa dell’effetto Doppler.

A questo punto, presupposto che il suono sia un’onda che si propaga in un materiale, allo stato solido, liquido o gassoso; l’effetto Doppler può essere spiegato con un semplice esempio: il suono emesso dalla sirena di un’ambulanza ci appare sempre più acuto nel momento in cui questa si avvicina a noi, mentre subito dopo, quando l’ambulanza si allontana, incomincia a diventare sempre più ottuso. Il fenomeno è dovuto al fatto che la frequenza delle onde aumenta a mano a mano che la sorgente sonora si allontana.

Nel caso di Babbo Natale, poiché la slitta viaggia a una velocità prossima a quella della luce, la frequenza degli “oh oh oh” di Santa Claus e dello scampanellio delle sue renne aumenta talmente tanto da superare il range delle frequenze sonore percepibili dall’uomo.

In conclusione vogliamo sottolineare che l’obbiettivo di questo articolo non era quello di annoiarvi, ma di spiegare in modo ironico la teoria della relatività, speriamo di avervi divertiti e auguriamo a tutti un FELICE NATALE!!!

 babboeinstain

Alberto e Federico Edoni

CI SAPPIAMO SCONOSCIUTI

L’uomo è destinato sin dal primo gemito a vivere divorato dai suoi stessi sentimenti. Come l’avido scrittore, impaurito dalla pagina bianca, egli non conosce il suo domani e dunque lo teme. Come un equilibrista cammina su di una corda tesa ora spinto ora cullato dal maestoso vento della vita che lo costringe ad oscillare perpetuamente tra l’equilibrio e il vuoto sottostante. Egli è impasto di spirito e corpo e ciò che di lui è corpo è destinato a divenire schiavo di quella terra di cui ora mangia i frutti, beve l’acqua e depreda i beni. Per quanto concerne il suo spirito, esso è leggero, più leggero dell’aria e più cupo del più profondo oceano. Viviamo due vite: la vita dei respiri e la vita dei sospiri. E se le leggi della natura si possono comprendere non si può dire lo stesso delle leggi del cuore. L’amore è il re di tutti i sentimenti dal momento che è il padrone di tutti e lo schiavo di nessuno. Esso è motore primo di ogni nostro giorno, di ogni nostra azione, di ogni nostra intenzione. Abbiamo conquistato per amore del potere, studiato per amore della conoscenza, giocato per amore del diletto e sofferto, per amore di un uomo o di una donna. Ma tutto ciò è solo parzialmente realizzabile perché più abbiamo conquistato e più volevamo possedere, più abbiamo giocato e meno eravamo sazi del nostro divertimento, più abbiamo scoperto e più ci siamo accorti di non sapere. Molto spesso non abbiamo il coraggio di lasciarci trasportare dalla vita e analizziamo con la ragione anche il più nobile tra i sentimenti. Dentro noi vive una bestia che non sappiamo controllare, che non sappiamo nutrire, che nessuna lingua potrà mai esprimere. Un qualcosa che ci dilania da dentro, che vuole libertà e a cui doniamo prigionia.
“L’uomo è nato libero, ma dovunque è in catene.”
-Jean Jacques Rousseau
Tutto ciò che noi pensiamo, tutto ciò che io scrivo qui, è frutto di millenni di riflessioni e di pensieri. Esaleremo forse l’ultimo respiro chiedendoci che senso abbia avuto la nostra vita, che senso tutti questi attimi, che senso tutti i nostri passi. Siamo veramente, come diceva Shakespeare costituiti della stessa materia dei sogni? O siamo semplicemente destinati a far prevalere il nostro interesse terreno al prospetto eterno di cui è forse costituita la nostra essenza? Forse che porteremo con noi per sempre il rimorso di non essere stati all’altezza di comprendere ciò che realmente siamo? Continuiamo a tuffarci tra passato e futuro senza renderci conto che stiamo annegando in questo stesso presente. Viviamo una vita che non è per noi, che non è la nostra. Forse che cerchiamo tutto ma nel posto sbagliato?
“L’uomo è l’unico animale per il quale la sua esistenza è un problema che deve risolvere.”
-Erich Fromm

Ermete Protocardio

image

LA SUPER LUNA

superluna roma

La notte tra il 14 e il 15 novembre, abbiamo potuto assistere a questo fantastico fenomeno naturale. Tutti con gli occhi rivolti verso il cielo e pronti a immortalare questo spettacolo, causa di stupore, meraviglia, ma anche curiosità. Ed ecco che ci sorgono molte domande, ad esempio: com’è possibile tutto ciò? quando potremo assistere di nuovo alla superluna? esistono leggende e curiosità legate a questo fatto?
Ecco a voi la risposta a queste domande!

Partiamo dal principio: quando si verifica e che cos’è precisamente il fenomeno della superluna?

Una superluna è la coincidenza di una Luna piena con la minore distanza tra Terra e Luna. L’effetto è un aumento delle dimensioni e della luminosità della Luna viste dalla Terra. Il termine “superluna” non è un termine strettamente astronomico, in quanto la definizione scientifica per il momento del massimo avvicinamento della Luna alla Terra è perigeo lunare.

Non è un evento raro, poiché accade in media una volta l’anno, ma era dal gennaio del 1948 che non si raggiungeva una tale grandezza e luminosità.
Dai dati forniti dalla NASA possiamo scoprire che il nostro satellite è stato del 14% più grande e del 30% più luminoso rispetto al solito, anche se altre fonti smentiscono quest’ultimo dato dicendo che era del 20%.

E quando tornerà la Super Moon?

Beh, la Super Moon, come detto in precedenza, si verifica mediamente una volta all’anno, quindi chi non è riuscito a vedere quella di novembre potrà assistere a quella nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 2016, ma ovviamente non sarà una delle più grandi e luminose.
Per averne una come quella del 14 novembre dovremo aspettare il 25 novembre 2034. Iniziamo quindi un countdown lungo 18 anni…

E poi ovviamente, arrivano anche le leggende e le curiosità legate a questo fatto, quindi perché non raccontarvene qualcuna?

Negli anni i popoli di diverse culture hanno provato a trovare una spiegazione alla SuperLuna si sono sbizzarriti trovando influenze su animali e uomini.
Ad esempio i lupi che ululano alla Luna per ringraziarla, come racconta una leggenda indiana di una mamma lupo che aveva smarrito il piccolo e che chiese più luce per ritrovarlo.

Da molti invece è ritenuto credibile, ma resta una leggenda, che il nostro satellite, nel momento di massimo avvicinamento alla Terra, quando la sua influenza su essa è maggiore, farebbe aumentare la violenza e l’aggressività.
La Superluna, bella e inquietante per l’uomo, secondo alcune credenze sarebbe alla base di casi di vampirismo, alcolismo, suicidi, e violenze varie.

Inoltre si ritiene che il fenomeno della Super Luna provochi devastanti sismi. E’ il caso della ‘marea solida’, cioè il quasi impercettibile alzarsi anche della crosta terrestre sotto l’influenza della Luna, ma tutto ciò non è in grado di scatenare terremoti.

Il nome ‘Super Moon’ (ovvero Super Luna) è stato coniato da Richard Nolle, astrologo americano, nel 1979.
lo fece per sostenere la sua teoria sull’influenza negativa sulla Terra del perigeo lunare, facendo anche un elenco delle catastrofi legate al fenomeno. Fino ad oggi c’era sempre una certa discrepanza tra le date delle catastrofi e l’apparizione del disco luminoso notturno, ma il terremoto in Nuova Zelanda per l’astronomo è una specie di rivincita che lo riporta alla ribalta dopo tante smentite dal mondo scientifico. Nolle in un articolo, dove spiega la sua teoria, azzarda anche un collegamento con il terremoto italiano del 31 ottobre di magnitudo 6.5 con l’epicentro tra Norcia, Castel Sant’Angelo sul Nera e Preci.

La Super Luna del 14 novembre viene chiamata anche ‘Beaver Moon’ (beaver= castoro) perché cade nel periodo nel quale i coloni americani cacciavano i castori in vista dell’inverno.

E ovviamente, come si fa a parlare di astronomia senza pensare agli UFO (per chi non lo sapesse, questa sigla significa Unidentified Flying Objects, ovvero ‘oggetti volanti non identificati)?
Infatti, c’è addirittura qualcuno che ha visto strani oggetti aggirarsi nei paraggi della Super Moon.

Ora non resta altro che aspettare le prossime lune speciali!

-Alice Bottaro

INTORNO ALLA FAMIGLIA

Ho sempre considerato il parentado sfera collaterale della mia esperienza di vita, incorrendo spesso, causa la mia abissale ignoranza intorno la famiglia, nel paterno biasimo in occasioni quali cresime, cenoni e feste di laurea (insomma, quelle situazioni in cui i vari zio Caio e cugino Sempronio possono spiaggiare i larghi deretani su comode poltroncine e rimpinzarsi a oltranza di voul avant).
Da ciò sufficienza e sbuffi ogni volta che mio padre trascinava la conversazione sul teatro familiare.
Fossi stato conscio di avere consanguinei come lo zio Augusto e la mia considerazione verso queste “rimpatriate” sarebbe schizzata alle stelle.
Ma ormai la diaspora è compiuta: alcuni congiunti sono stati vittima della cosiddetta fuga di cervelli (anche se dove nascondessero tutto ‘sto cervello non saprei), altri, come il nonno, sono allettati da lunghi anni, altri ancora sono addomiciliati in camposanto.
Dello zio Augusto, fino a quella sera, conoscevo solo il nome, un tempo ricorrente nelle bustarelle di compleanno ma scomparso ormai da anni.
L’occasione per narrarmi la sua saga venne a mio padre in una filippica contro il gioco d’azzardo e contro i vizi in generale (influenzato, penso, da questo anello saldato da mio zio Germano alla sua interminabile catena di lussurie non più di due mesi prima)
Ricordo come fosse ieri il discorso sconclusionato, gli esempi contradditori e la morale bigotta che, da sobrio, avrebbe per certo ricusato: <<Devi capire che il gioco non porta alcun guadagno, o meglio lo porta a quelli che…. Anzi no…. Cioè porta guadagno solo a chi vince e l’unico a vincere è chi non gioca o chi tiene il mazzo, insomma è una perdita sia economica che morale, mi hai capito Ugo?>>
Non ricordo però come la corrente lo sballottò, poi, fino alla figura dello zio Augusto citato come unico esempio di uomo in grado di trionfare sulla macchina (intesa come slot machine).
Alle mie domande su questo semisconosciuto personaggio fu ben contento di abbandonare la sua prosopopea (non era certo lui stesso di coscienza linda, nel settore vizi) per un più lineare racconto.
Cominciò quindi a tratteggiare il ritratto di questo zio nababbo e amorale, donnaiolo e perbenista.
Da quanto sono stato in grado di desumere questi,circa cinquant’anni or sono, si era preso tra lo stupore generale l’onere di accudire il padre gravemente malato. Maggiore fu poi lo stupore degli altri fratelli quando misero mano al testamento per dividersi l’eredità: il conto corrente desertificato, i campi passati di mano e le proprietà volatilizzate insieme allo zio Augusto.
Sugli anni successivi mio padre non era ben sicuro: certo era un congruo contrabbando da e verso la Svizzera, seguito da altri affari loschi.
Tornato poi a Este con le tasche traboccanti dobloni si era raccolto una popolana dalla condotta dissoluta, certa Alice, tuttora vivente. Insediatosi nella villa che era stata del padre si era dato al gioco d’azzardo e alle speculazioni immobiliari tosando innumerevoli gonzi.
Era poi corso in volontario esilio al sud dopo una vincita a poker che gli aveva fruttato oltre a una farmacia, innumerevoli minacce di morte.
Si vocifera (<<E non andarlo a dire in giro Ugo, per carità>> ripeteva ossessivamente mio padre) avesse poi approfittato del clima Siciliano per spettacolari abusi edilizi, col tacito assenso delle cosche locali.
Affogatosi nel vino l’ex proprietario della farmacia, lo zio Augusto aveva ripreso la via del nord lasciando al sud (sempre “si vocifera”) un buco di qualche milione. Ripreso possesso delle sue proprietà aveva avviato numerosi agriturismi lungo i colli annichilendo il precedente circolo di bed and breakfasts.
Arrivato così a settant’anni si era ritirato dagli affari per morire non più di due anni dopo.
All’apertura del testamento ci furono due grandi sorprese: da una parte mio padre era stato fatto erede universale e dall’altra era scomparso il foglio con la firma all’atto rendendo il documento del tutto invalido. Fu così che il papà crollò rovinosamente svenuto per ben due volte in un solo giorno.
Ora vi starete chiedendo perché abbia definito lo zio anche perbenista. Ebbene dovete capire che per l’intera durata della sua vita un solo difetto gli era mancato: l’essere bigotto. Resosi conto nell’ultimo anno della grave mancanza aveva deciso di porvi rimedio con tre messe settimanali. Convinto poi che ciò non fosse sufficiente in barba a tutta la famiglia si prese l’onere di ricostruire ex nihilo (senza peraltro farne parola a alcuno) la chiesa del villaggio natale, ormai ridotta a un rudere. Così quella Alice, donna enormemente dissoluta (divenuta frattanto sua moglie) che già pregustava una vita a caviale e storione, ereditò a malapena di che garantirsi una vecchiaia dignitosa, con somma soddisfazione di mio padre, riavutosi giusto in tempo per afferrare l’entità del lascito.

Potessi confabulare con un figuro di tale calibro nelle interminabili rimpatriate di famiglia. Tuttavia tocca accontentarsi delle gesta alimentari dei soliti zio Caio e cugino Sempronio che proprio ora cantano fieri l’eccidio di costolette perpetrato ieri sera alla sagra del raviolo fritto dove il ketchup era corso come l’acqua.

 

– Costantino Porfirogenito

ATTORI VS OSCAR

Ebbene sì ragazzi, come ormai sanno anche i muri, il vecchio Leo, dopo cinque nomination a vuoto, ha finalmente vinto l’Oscar al miglior attore protagonista.
Per guadagnarsi il tanto agognato riconoscimento, DiCaprio ha dovuto mangiare ogni tipo di schifezze, tra cui fegato crudo di bisonte, e infilarsi in un cavallo sventrato. Anche in questo caso non sono mancate le polemiche tra quelli che pensano che in realtà questa non sia stata la sua migliore interpretazione; sostengono, infatti, che il miglior attore non sia chi riesce a recitare provando sulla propria pelle situazioni estreme ma piuttosto chi riesce a rendere reale ciò che non lo è. In ogni caso quello che conta è che abbia finalmente anche lui una statuetta sotto la sua foto di Wikipedia.

Se siete superstiziosi, potreste interpretare l’ anno bisestile in cui è stato premiato come un cattivo presagio; in ogni caso soltanto i fatti ci diranno se potremo festeggiare ogni quattro anni, oltre alle Olimpiadi e ai mondiali, anche l’ Oscar a DiCaprio. (altro…)

GIORNATE DA AGGIUNGERE AL CALENDARIO

Giornata della pace, festa della donna, festa della repubblica sono solo tre tra le più importanti giornate dedicate ad un particolare evento. Ma, accanto a queste ricorrenze di serie A, ne esistono tantissime altre più o meno stravaganti. Sport, cinema e cucina sono solo alcuni tra gli ambiti più scontati. Ne sono esempi le giornate internazionali del surf e dello skateboard, così come quelle dedicate a film del calibro di “Star Wars” o di “Ritorno al Futuro”. La giornata europea del gelato artigianale si tiene il 24 marzo ed è stata introdotta dal parlamento europeo per promuovere lo sviluppo di un’importante tradizione culinaria. A questo punto non dovrebbe sorprende scoprire l’esistenza di feste mondiali dedicate a cibi che hanno reso il mondo più buono, come la pizza (21 novembre) o la (altro…)

Da Coco Chanel a Chiara Ferragni: quando lo Snob incontra il Pop

Quando vi ritrovate casualmente a parlare di moda di fronte a voi potreste trovare due tipi di interlocutori: lo Snob e il Pop. Il primo storcerebbe in naso appena intercettato l’argomento, ma successivamente sarebbe in grado di elencarvi per filo e per segno quali abiti di Coco stessero meglio a Jacqueline Kennedy. Il secondo sbloccherebbe il suo nuovissimo Iphone 6s Plus e inizierebbe a mostrarvi le foto degli ultimi dieci outfit caricati da Chiara quella giornata. Entrambi i personaggi vi diranno comunque che le due sono delle Icone di Stile, assolutamente da imitare.
Ma quindi, cosa mai avranno in comune la regina delle passerelle d’alta moda e la blogger più potente del momento per essere insignite dello stesso titolo? Cos’ha Chiara che Coco non aveva. E cos’aveva Coco che Chiara oggi non ha? Bhe, Chanel certamente non aveva Instagram per postare le sue prime creazioni e Chiara non possiede le manine fatate per cucire una sua vera a propria collezione di suo pugno. Sicuramente Coco non otteneva contratti multimiliardari per un’ora di fotografie con indosso abiti non facenti parte del suo atelier e Chiara non è mai entrata in (altro…)

Aski?

Dopo il crash di Whatsapp del 31 Dicembre, che aveva lasciato nel panico più assoluto migliaia di studenti, in attesa degli auguri di Buon Anno con orrori ortografici della nonna o tramite luccicanti immagini da over40, cosa mai poteva scuotere le loro entusiasmanti vite social?
Ci hanno pensato quelli di Ask – il fondatore Klaves Sinka ha sicuramente riscosso meno successo dell’icona Mark Zuckerberg – a rovinare i piani di 60 milioni di utenti. Torni a casa da scuola, sblocchi il tuo Iphone 6s con l’impronta digitale e trovi un gufo arancione sulla schermata Home. Provi a pensare un attimo e ti chiedi: (altro…)

POESIA A STRAPPO

IMG-20150121-WA0013

“Poesia A Strappo” è un’iniziativa che ha preso piede l’anno scolastico scorso, quando alcuni studenti hanno avuto l’idea di condividere, a scuola, le poesie per loro più significative, più belle o che li avevano colpiti per una frase in particolare. Grazie al successo conseguito, l’iniziativa è stata riproposta dai rappresentanti della sezione artistica del liceo, dove, presso la sede ex Corradini, “Poesia A Strappo” era nata e si era diffusa. In cosa consiste e perché è nata? L’idea è molto semplice: se c’è una poesia che vorreste condividere mostratela al vostro rappresentate di classe (altro…)