Aski?

Dopo il crash di Whatsapp del 31 Dicembre, che aveva lasciato nel panico più assoluto migliaia di studenti, in attesa degli auguri di Buon Anno con orrori ortografici della nonna o tramite luccicanti immagini da over40, cosa mai poteva scuotere le loro entusiasmanti vite social?
Ci hanno pensato quelli di Ask – il fondatore Klaves Sinka ha sicuramente riscosso meno successo dell’icona Mark Zuckerberg – a rovinare i piani di 60 milioni di utenti. Torni a casa da scuola, sblocchi il tuo Iphone 6s con l’impronta digitale e trovi un gufo arancione sulla schermata Home. Provi a pensare un attimo e ti chiedi: “A quale sito hot mi sarò mai abbonato?”. Poi sgrani gli occhi e metti a fuoco: ASKfm (che per esteso sarebbe “Ask for me”). Il tutto ti sconvolge, vai in tachicardia. Il giovane sedentario non è pronto a questi cambiamenti radicali e la sua reazione è molto simile a quella che sperimenta quando, d’inverno, appoggia i glutei sulla tazza ghiacciata. La ragazza media giunge a questa conclusione affrettata: “Quantomeno non è più di quel blu studiato per creare dipendenza”. Apre l’App, dentro la quale passa circa un’ora a pomeriggio (e si tratta di un eufemismo: Ask ha 15 milioni di utenti quotidiani e l’Italia è il Paese con più iscritti), e vuole scoprire le grandi novità che l’aggiornamento comporta. Scorre la bacheca, è un attimo disorientata. Nel giro di sette minuti – i primi quattro solo per capire dove sia finito il profilo con le domande a cui rispondere – scopre che può rimuovere i Mi Piace che aveva messo per sbaglio a causa delle unghie finte e non solo: ora non deve più arrovellarsi per trovare risposte ciniche, ci sono le GIF. La voce si sparge e il manigoldo di turno, che fino a poco tempo prima doveva ricopiare la propria domanda ogni qual volta voleva cambiare soggetto, viene a sapere che adesso, con un solo click, può diffamare tutta la sua lista di amici. È una rivoluzione.
Ask è un’arma a doppio taglio e ne sono consapevoli tutti, o quasi. La domanda è: un sito di insulti anonimi può trasformarsi, se incanalato nella giusta direzione, in un mezzo di informazione e divulgazione?
Certo che, se le nostre ricerche finiscono continuamente sul profilo della tipica quindicenne che, al grido #escile, carica foto col suo bel push-up in primo piano tutta presa dalla sua brama di popolarità, i risultati stenteranno ad arrivare. Ma capita, e non di rado, di trovare il profilo della ragazzina che prova a dire la sua su questo e su quello, che tenta di fare della filosofia su un portale che, di primo impatto, potrebbe trovarla ostile. Ask è questo ed altro. Ti permette di scoprire che la tua sorellina dodicenne ha cambiato due fidanzati nel giro di tre settimane senza nemmeno dover far la fatica di soffiarle il telefono; che la ragazza per la quale hai un cotta da quattro lustri ha finalmente rotto con il fidanzato; che le amiche che ti hanno dato buca perché dovevano studiare stanno caricando un selfie dietro l’altro. Ask è un efficiente termometro dell’opinione pubblica e un mezzo di propaganda altrettanto utile. La bacheca funziona così: in primo piano compaiono le risposte che hanno ricevuto il maggior consenso dai tuoi amici. In questo modo un profilo diventa virale, una domanda un tormentone e nel giro di pochi ore una persona finisce sulla bocca di tutti. Assimilato questo processo, risulta spontaneo chiedersi come spunti ancora il profilo del solito ragazzo straniero che, con risposte chilometriche e una totale dimenticanza nell’uso del congiuntivo, gioca a fare il finto sofista. Perché su Ask puoi trovare di tutto: dal ragazzo Tumblr alla pagina Creepy&Subliminal, dal pungente Cloroformio all’interessante Quel che non sapevi. Poi il sito scade nei banali Aski e Voti. Qualcuno ironicamente posta la foto del suo cane o lo screen dei propri voti scolastici ma intere masnade cliccano sul cuoricino. Così la ragazzina di terza media lascia il proprio voto a tutte le sue amichette e il votare diventa una mezzo di comunicazione. A chi mai salterebbe in mente di andare a salutare l’amico su Ask? Eppure siamo arrivati anche a questo dopo l’esponenziale diffusione di quest’app anche tra i più giovani, nonostante le normative prevedano un’età minima di 13 anni.
Ho scelto di parlare di Ask in questo articolo, rompendo la mia tradizione, sostanzialmente perché, a distanza di un mese dal Ballo di Natale, avrei fatto un’immane fatica nel racimolare figure disposte ad essere prese per i fondelli dal sottoscritto. C’è qualcosa di più però. Analizzi il tuo profilo Ask e, scartando un 15% di “Cosa ne pensi di…?”, un 35% di “Sei il solito irriducibile vanesio” e un 20% di “Ti amo”, snoccioli un 30% di domande curiose. In particolare: “Sei un fenomeno mediatico tale da allontanare la gente che, attorno a te, si sente inferiore”. Ci rifletti e ti viene voglia di lasciare un messaggio a chi legge. Ask e tutti i social devono essere presi con le pinze e deve essere loro attribuito il giusto peso per evitare che, da mezzi di comunicazione, si trasformino in barriere insormontabili o in baratri profondi. Proprio ai più giovani tra noi liceali affido questo onere: di non tirarsi indietro nell’ostentare quel piglio di novità, che è loro intrinseco; di dimenticare il mondo social come mezzo per insultare lo sfigato di turno o dichiararsi al classico esaltato, per trasformarlo in una piattaforma di conoscenza immediata, dibattito e progresso.
Ringrazio per l’ispirazione concessami uno dei veterani della 5ASAmoah, Mattia Gazziero, sul cui profilo Ask si trova sempre un motivo per cui ridere, e qualche primino che ho avuto il piacere di osservare: Marco Ferraretto, impacciato ma con una padronanza linguistica sorprendente, l’intraprendente Edoardo Rende e Camilla Demuro, ragazzina con i cosiddetti, che sfoggia il suo precoce bagaglio culturale e, senza alcun remore, dice che il Rappresentante d’Istituto non è poi tutto questo granché.
In attesa di qualsivoglia critica, vi saluto e mi proietto già al tradizionale Ballo di fine anno.
Tutto vostro,
Tammeo Doscari