Anemoia

Trovo ci siano molte sfaccettature della nostalgia.
Chi ha provato a definirla, l’ha fatto come uno stato d’animo corrispondente al desiderio
pungente o al rimpianto malinconico di quanto è trascorso o lontano.
Forse, tra le tante sfaccettature, quella più interessante è l’anemoia.
Quella nostalgia di un tempo che non hai mai vissuto.
Un grande collegamento, ma al contempo una sottile linea di differenza con il desiderio, la
voglia di un tempo che non hai mai vissuto, che ti crea malinconia e nostalgia.


“E se mi svegliavo ti cercavo nel letto con una qualche strana speranza e convinzione che tu
fossi davvero lì, in parte a me, e che forse ti avrei trovato, per poi, come una stupida, capire
che non potevi essere lì”


Trovo di poter esprimere il mio concetto di anemoia così, ma forse, sono uscita
dall’argomento.
La nostalgia per un tempo passato,
la mancanza di una persona che può essere uscita dalla propria vita o semplicemente può
essere distante chilometri.
Avere nella quotidianità tutto può non farti provare
niente, è solo quando ti manca quel particolare, che ne senti la mancanza.
Come dice Anassagora:

“Soltanto l’assenza in noi di una determinata qualità ci consente di
cogliere con i sensi questa qualità, quando essa si presenta nelle cose.”


Quindi, come può mancarci qualcosa o qualcuno che magari è ancora nella nostra
quotidianità?
Le persone cambiano, possiamo esserci totalmente innamorati del carattere di una persona
e, seppur quest’ultima fa ancora parte della tua vita, puoi sentirne la mancanza.
La mancanza della persona che hai conosciuto,
di alcuni suoi particolari,
di alcune sue abitudini.
Ora si potrebbe aprire un discorso molto più ampio, ma forse l’unica domanda da porci è:
“Ti manca davvero?
Sei solamente affezionato a quei ricordi? O forse ti eri semplicemente abituato ad averlo nella
quotidianità della tua vita?


blu, 12

Come una pupilla

Avverto voci.

Ripetono di non mangiare.

Vedo numeri sulla bilancia.

Ancora troppo alti.

Effettivamente lo sono sempre stati.

Continue critiche,

Feriscono.

Ogni pasto aumenta il senso di colpa.

Vorrei vomitare.

Qualcosa ribolle dentro di me.

Il mio corpo non accetta il cibo o forse è la mia mente che non lo accetta.

Perché non sono come le altre ragazze?

Ho le gambe grosse.

Vorrei

essere priva di peso,

Come una pupilla.

Vorrei

poter sentirmi bene con me stessa.

Vorrei

non dovermi nascondere sotto larghi vestiti.

Vorrei

non sentire più alcuna voce.

Marchetto Sara 3CA

La cometa Neanderthal

Scientifico!

La cometa C2022 E3 (ZTF) sopra i cieli di Torino

In questi giorni stiamo vivendo un momento più unico che raro, che si ripeterà tra circa 50.000 anni. Infatti dalla fine di dicembre e anche prima stiamo assistendo al passaggio della cometa Neanderthal, conosciuta dagli scienziati come C2022 E3  (ZTF). In questo articolo tratterò l’argomento cercando di dare qualche suggerimento per la visione di questo meraviglioso fenomeno.

Cos’è una cometa

La cometa di Halley

Una cometa è un corpo celeste di piccole dimensioni, simile a un asteroide composto da gas ghiacciati come acqua, ammoniaca, anidride carbonica e metano e anche da frammenti di rocce e metalli.

Le comete percorrono delle orbite ellittiche attorno al Sole e quindi passano periodicamente attorno ad esso. Non tutte le orbite ellittiche sono identiche e quindi la cosa incide molto sulla loro periodicità, infatti una cometa con un orbita relativamente “corta” passerà con una frequenza maggiore (per esempio la cometa Halley passa una volta ogni 76 anni) mentre una cometa come quella  che sta passando in questi giorni ha una frequenza minore (una volta ogni 50-52.000 anni). In genere tutte le orbite delle comete superano l’orbita di Plutone e arrivando alla Nube di Oort che si trova tra le 20.000 e le 100.000 au.

Le comete si caratterizzano per la loro coda formata da gas ionizzati e polveri che in condizioni favorevoli sono molto visibili e riescono a illuminare il cielo notturno.

La cometa di Halley vista al telescopio

La scoperta della cometa

La cupola e il telescopio
dell’osservatorio di Monte Palomar (Telescopio Hale)

Siamo nel marzo del 2022, più precisamente il 2 marzo, quando Frank Masci e Bryce Bolin, all’interno dell’osservatorio di Monte Palomar, scoprono un corpo, scambiandolo per un asteroide, all’interno della Fascia di Kuiper, ma dopo qualche aggiornamento si rendono conto che si tratta di una cometa!

La scoperta è stata fatta all’interno dell’indagine astronomica denominata Zwicky Transient Facility che avviene grazie all’utilizzo di una fotocamera avanzata presente nel telescopio Samuel Oschin situato nell’osservatorio di Monte Palomar in California. La cometa venne scoperta quando era a circa 640 milioni di km dal Sole o 4,3 ua ( unità astronomica che corrisponde 1,49km, la distanza Terra – Sole) e venne scambiata per un asteroide, ma dopo a seguito di verifiche è stato possibile determinare che si tratta di una cometa.

A inizio novembre la cometa ha è scesa a magnitudine 10 (la magnitudine è la misura della luminosità di un oggetto celeste e perché sia visibile ad occhio nudo deve essere inferiore a 6) e si muoveva tra le costellazioni della Corona Boreale e del Serpente, muovendosi parallelamente alla Terra. Durante questa fase la coda era di colore giallo chiaro e verde.

La coda verdastra della cometa

Il 19 dicembre la cometa ha sviluppato una coda di colore verdastro e ha iniziato a muoversi verso Nord , tra le costellazioni di Boote, dell’Orsa Minore e del Dragone, raggiungendo la distanza di 10 gradi d’arco dalla Stella Polare. A fine dicembre la cometa ha raggiunto la magnitudine attorno al 6 mentre in questa settimana ha una magnitudine di 6.31

Come e quando osservarla

La cometa sarà visibile circa sino a fine febbraio e il suo perielio (punto più vicino al Sole) è avvenuto il 12 gennaio  mentre il 1 febbraio c’è stato il perigeo (punto in cui la cometa sarà più vicina alla Terra). Secondo gli esperti il periodo migliore per osservare la  cometa è questo, dal 24 gennaio in poi, periodo in cui si avvicinerà alla Terra fino a quando arriverà ai 42 milioni di chilometri dal nostro pianeta e perfetto anche per poter osservare la disconnessione della sua coda, causata da un’espulsione di massa coronale (un’espulsione molto frequente di materiale sotto forma di plasma dalla corona solare nell’eliosfera) avvenuta nel Sole.

La cometa è visibile anche ad occhio nudo, ma per riuscire ad osservarla meglio si può utilizzare un cannocchiale abbastanza potente, ma se si possiede un telescopio non ci sono problemi. La cometa è a Nord molto vicina alla linea dell’orizzonte e per riuscire a vederla occorre andare in una zona non soggetta all’inquinamento luminoso.

Lui

Lui è Luna,
nella costellazione
che la notte rapisce.


Lui è Sole,
fra nuvole avorio,
sostituisce ombre grigie.


Lui è Arcobaleno,
dipinge il cielo dopo la tempesta.


Lui è Bellezza,
quando ogni certezza sbiadisce.


Lui è quella canzone sconosciuta,
profonda e stupefacente,
di cui solo io conosco le parole.


Anonimo

Lui teatro, l’essenza

Bianca o nera,
l’essenziale che avvolge la mia persona
e la trasforma
in due, cento, mille.


Lui, che mi possiede,
mi dona la vita,
mi promette per sempre
lacrime di gioia.


Mi muovo,
poi al centro.
Mai di spalle,
un ultimo profondo respiro.


Luci, vivo e svanisco.
Ieri un anziano,
oggi un’amante,
domani fratello di tragica storia.


Sono stata tradita e traditrice
sono stata vittima e omicida
sono stata lacrime e risa
amata e derisa.


Mille vite ho vissuto
e di tutte quelle ho sofferto i dolori, goduto i piaceri,
con una maschera
che mai vorrei togliere.


Sono disposta ad accoglierti,
sono assetata di vita,
sono pronta a morire,
a rinascere ancora.


Un po’ di memoria, sì,
ma non è questo l’essenziale.
La predisposizione a mutare
e lasciarsi trasportare.


Copione, microfono,
voce, dolore,
amore, passione.
Azione.


E mi consumo
in quella stessa maschera
che mi ha donato la vita
Infinte volte.

Elisa Polato 5AC

Frammenti spenti

Sono confusa.
Pensieri soffocanti
bruciano nella mia mente.


Le mie mani pallide e gelide,
sostengono la testa pesante.


Il mio sguardo ti cerca,
tra le stelle lontane.
So che sei lì,
mi osservi,
ti prendi cura di me,
ma tutto gira.


Dove sei?
Ho bisogno di te.


Il cielo stellato si sdoppia,
ogni puntino luminoso si sfoca,
occhi lucidi,
la mia vista si appanna,
diventa gradualmente nera.


Buio.
Mi sento vuota.
Spenta.


Sto davvero vivendo?
Qual è il significato di vivere?
Non riesco più a comprenderlo.


Le mie orecchie fischiano,
non percepisco più alcun suono.


Soffoco,
sto annegando.


Percepisco i lievi battiti
nel mio petto diminuire.


Sono persa,
smarrita.


Cielo nuvoloso,
nebbia nel mio cuore,
sono avvolta in una notte eterna.


Ho bisogno di afferrare la tua mano,
mia piccola stella cometa.


Anonimo

È così complicato spiegare

Tante parole, troppi pensieri,
resto sola.


I Ricordi riaffiorano,
I miei occhi ti cercano con uno sguardo rapito,
vedo illusioni ottiche.


Mi addormento…


Delle Lacrime finte scendono, lasciando segni profondi sulla pelle.


Cerco di rinchiudere i pensieri, ma continuo a pensare,
si scatenano temporali nello stomaco,
il fegato ardente mi si gonfia
e inspiegabilmente passo da amarmi a odiare ogni mia sfumatura.


Sto seduta davanti a una porta che non si apre,
mi sento come divorata da un fuoco nascosto.


Poi vedo le stelle appese nel cielo e mi parlano,
e dicono che nessuno mi amerà più come te.


Ma io non so stare sola,
Io ho un mondo in testa che mi parla e sono piena di paura.


Ora siamo lontane,
e sbatto le porte per il dolore che non va più via.


Penso troppo,
pensare mi stanca.


Voglio scappare.


Ero una bambina con i sogni più grandi del cuore,
e tu li hai distrutti.


Tu sei stata l’unica, eccome, ma come tutte le cose, l’amore finisce.
Mi abbandoni con il cuore pieno di crepe,
mi lasci l’anima vuota perché starmi vicina ti uccide.


Ma se la tua fiamma fa così male,
lasciami vedere per un’ultima volta un tuo sorriso,
poi spegniti e non riaccenderti più.

Matilde Lovison 4BA

Tu ed io

La nostra ‘notte di mezza estate’

Il mio corpo cadde

sotto al suo

stretto in un tenero abbraccio spezzato dai singhiozzi.

Il buio della stanza ci inghiottì

rendendoci partecipi di una singolarità così piena e vuota allo stesso tempo.

Le spalle scoperte.

Il freddo ci dipingeva la punta del naso di un rosso acceso.

I suoi occhi brillavano.

Fioca luce di una candela

che nascosta in un angolo della stanza,

brillava solitaria.

Nella mia mente divulgavano pensieri

preda di quel mostro insaziabile

tale è l’amore.

Tremanti le nostre voci

volavano attraverso il vento

che leggero le portava lontano.

E mentre il vinile girava,

danzavamo con il pensiero

in una realtà che custodivamo gelosamente.

Marchetto Sara 3CA

Nontiscordardimé

Il colore.
Non credo esista
qualcosa di migliore,
che sciolga il grigio del mondo.


Il colore è il tocco dello sguardo,
la canzone dei sordi,
un grido nelle tenebre,
una voce fuori dal coro,
un sorriso tra lacrime amare.


Il colore interagisce,
attraverso le emozioni umane.


Ogni persona
ha un proprio colore,
una tonalità,
una sfumatura
differente da chiunque altro,
la cui luce trapela appena,
come un alone.


Il colore
che scioglie il grigio del mio mondo
sei tu.


Blu.


Blu,
come il colore
che ormai più preferisco.


Blu,
come l’oceano sconfinato,
profondo,
forse freddo,
a volte agitato.


Blu,
come il cielo immenso,
buio,
macchiettato da piccoli spiragli di luce.


Blu,
come il fiore
il cui nome è la frase che ti supplico,
bisbigliando:
“nontiscordardimé”.

Anonimo

La caduta

Ogni giorno,
ogni volta
Ti sento, ti ascolto.
E ci ricado dentro.


All’inizio la discesa è sempre rosea
lenta,
dolce.
Quasi piacevole.


Ma poi si mostra per ciò che è realmente:
un buco oscuro,
pieno di occhi giudizievoli,
commenti acidi
e cuori agonizzanti.
E lì, il terrore mi investe completamente.


Ogni volta mi perdo nella tua fitta nebbia, nella tua incessante tempesta,

cercando disperatamente un’uscita che mai apparirà.


Ma ormai sto iniziando ad incespicare, sto perdendo le speranze.
Sono stanca.


Stanca di continuare questo cammino che non sta portando a nulla.
Stanca di provare e provare e provare, fallendo ogni volta.
Stanca di questo nulla che ogni giorno mi scava e distrugge il cuore.
Stanca di avvertire quel peso sullo stomaco a causa dell’ansia.
Stanca della solita sequenza di vane medicine che devo ricordare ogni giorno.
Sono stanca di questa lenta e torturante agonia.
Stanca di questo corpo, di questa vita.


Un senso di sfinimento sovrumano sta ormai prendendo il controllo.
Stavolta, non so se avrò abbastanza forza per combattere.
Warr;or

Lei

È strana.
è strana la sensazione
delle sue morbide labbra
sulla mia fredda pelle.

Lei, così piccola
e delicata.
Lei, così dolce
e fragile.

È strano
sentirsi a casa in un suo abbraccio.
È strano sciogliersi
quando le sue mani incrociano le mie.

La guardo
e i miei occhi brillano.
La guardo
e mi lascio andare.

~il piccolo poeta

C’era una volta

C’era una volta, no
non un re.
C’era una bambina,
forse come me.


Voleva restare bambina,
ma cominciò a sognare,
e poco dopo, imparò ad amare.


Era appena una ragazzina,
ma nella sua vita
entrò un ragazzo, che l’ha capita.


È passato del tempo,
ma sono ancora insieme,
Credo proprio che si vogliano bene…


C’era una volta
una bambina come me,
che ha scoperto l’amore, senza sapere cos’è.


Rachele Brusaferro 4ªAA

75190

27 gennaio, Giorno della Memoria, conosciuto da tutti, ma capito da quanti?

Accadeva nel 1935, approvata l’emanazione delle Leggi di Norimberga, a partire dalla Germania vennero riconosciute diverse proposte e soluzioni per isolare gli ebrei.

Dopo la perdita della loro cittadinanza, gli ebrei si trovarono costretti a farsi da parte, a nascondersi, a celare le loro origini e il loro stesso essere. Come sostenuto nel “Mein Kampf” scritto da Adolf Hitler tredici anni prima, gli ebrei vennero riconosciuti come il male assoluto e la loro eliminazione dalla società divenne sempre più concreta.

Quest’odio ingiustificato ed eticamente scorretto culminò nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la Notte dei Cristalli, l’esistenza ebraica in Germania venne tassativamente rifiutata: oltre mille sinagoghe vennero bruciate, più di settemilacinquecento negozi e proprietà vennero rasi al suolo, la gioventù di Hitler, Hitler-Jugend, prese il sopravvento. Quella notte vennero uccisi migliaia di ebrei, senza distinzione: uomini, donne, bambini.

Ma è questo, essere umani?

Più di trentamila ebrei vennero deportati nei campi di concentramento: orrende strutture che impedivano di avere una vita degna di questo nome. Ombre, come definite da Primo Levi in “Se questo è un uomo”, esseri, non più persone, che lavoravano giorno e notte a ritmi strazianti, senza nulla in cambio se non dolore, ma con la sola speranza, se resisteva nel tempo, che qualcuno potesse liberarli. Paradossalmente non era questo il peggio, dopo ore, giorni, mesi, anni di lavoro forzato e non retribuito lo stato fisico e mentale degli ebrei deportati, a questo punto definibili veri e propri mezzi di produzione, era completamente distrutto. Persone annientate, identità frantumate vennero definitivamente stroncate negli orridi campi di sterminio. Non più in grado di lavorare gli ebrei venivano uccisi uno dopo l’altro, senza le minime reazioni internazionali.

Oltre agli ebrei vennero perseguitati anche gruppi di minoranze etniche, popolazioni slave, afro-tedeschi, portatori di handicap fisici o mentali e omosessuali; pur di difendere quella che era definita la razza ariana.

Fortunatamente nel 1945 migliaia di soldati americani, assieme ai loro alleati, riuscirono a porre fine a questa tragedia, definita Olocausto.

Il termine ebraico Shoah (ovvero “sciagura, catastrofe”) venne attribuito assieme all’appellativo Olocausto a questo evento drammatico che portò alla morte di più di quindici milioni di innocenti. Di fatto, però, il termine Olocausto è errato, poiché presuppone che la morte sia un’offerta per la divinità; questa definizione non corrisponde al termine Shoah che indica, invece, più correttamente, l’omicidio programmatico di una determinata categoria.

Qual è il senso e lo scopo della Giornata della Memoria? È la difficile domanda che ci siamo posti. Oggi, 27 gennaio, ricordiamo questa tragica serie di eventi, ma non ne celebriamo la fine; anzi, confidando in una pace duratura nel tempo, cerchiamo di sensibilizzare tutti il più possibile per far sì che nulla del genere si possa più verificare. Anche se, in questo periodo storico, la pace è ben distante dall’essere reale.

Si cerca dunque di passare il messaggio di anno in anno, di generazione in generazione, ricordando il dolore di milioni di vittime, che persero tutto: la loro casa e i loro averi, i loro cari, ma soprattutto la loro identità e la loro vita, che fino all’ultimo istante di quelle tormentate esistenze, si limitarono ad un semplice numero, proprio come il titolo del nostro articolo.

Andrea Rosato 3CL

Pietro Grosselle 3BSA

Yugen

Non si può comprendere fino in fondo

Mi manchi

come mi manca l’aria sott’acqua.

Mi manchi

come in estate mi manca il pungente freddo invernale.

Mi manchi

come la primavera manca ai ciliegi in autunno.

Perché

ogni volta che si parla d’amore, finisco per accasciarmi a terra con la testa china sulle ginocchia mentre tra le mie guance scorrono fiumi di fluido dolore?

La solitudine mi persuade egoisticamente ogni tal volta che ti penso.

Sapevamo di non essere destinati a stare assieme.

Allora perché

ci abbiamo provato lo stesso?

Questo dolore lacerante accompagna le mie giornate rendendole ancora più lunghe e solitarie.

E mentre guardo fuori dalla finestra,

Intravedo

le ingiallite foglie cadere tristi accompagnate dalla leggera brezza autunnale.

Gli alberi che si spogliano paiono liberarsi da un enorme peso che si portavano dietro da anni.

Osservo.

Le giornate si accorciano.

Amo svegliarmi con il buio.

Sembra tutto più innaturalmente quieto.

Scrivere la notte, seduta sul mio balcone alla fioca luce lunare è una tra le cose che preferisco.

Sembra aprire un portale per un’altra dimensione.

Un multiverso silenzioso.

Privo di vita.

Governato dalla sola e incessante forza della natura.

Ispeziono spesso le stelle.

Meravigliosi occhi brillanti che tingono il cielo blu cobalto.

Risplendono.

Provocando un’innata sensazione di nostalgia alla mia anima.

Notti estive.

Passate nudi, stesi sul suo materasso ad ascoltare la melodia del silenzio interrotto a ritmi regolari dalle deboli fusa del gatto.

Ci guardavamo negli occhi.

Così complici in una vita così breve e insignificante.

Stare in sua compagnia mi confortava.

Così tranquillo.

Una pace che se non si prova non si può capire.

I suoi baci fermavano il tempo.

La realtà diventava sempre più bella surreale ad ogni sua carezza troppo delicata per un corpo così grande.

Suonavamo il basso.

Lui cantava e io lo osservavo in un intimo silenzio quali solo due corpi spogli in una fresca notte possono concepire.

Mi sentivo a casa.

Il calore del suo corpo sopra al mio risaltava il leggero vento che entrava dalla finestra spalancata.

Un nuovo silenzio ci accompagnava mentre ci guardavamo sorridendo.

Gli spostavo i lunghi e ricci capelli che gli scendevano lungo il viso mentre chiudeva gli occhi in una vulnerabilità sorprendente.

Lui,

anima solitaria.

Spirito selvaggio racchiuso in un gigantesco corpo dall’anatomia scolpita.

Si lasciava cullare dalla notte mentre mi teneva una mano.

Mentre mi baciava la fronte.

Faceva scorrere le dita lungo la mia schiena in un rilassante massaggio delicato.

Parlavamo molto.

Riflettevamo sulla vita, sullo spazio, sull’arte.

Arte astratta la sua.

Raffigurante corpi in movimento che apparentemente sembravano privi di tutto ma ognuno di essi racchiudeva un significato profondo.

Contrastava con la mia di Arte.

Troppo ricca di dettagli e di colori brillanti che esaltano le figure.

Troppo ricca di emozioni diverse.

Troppo particolare per essere compresa da tutti.

Accendeva il tabacco della pipa che tingeva l’aria di un forte odore amaro.

La luna nel mentre continuava a salire.

Forse

Meglio dire che la Terra continuava a girare.

Noi invece restavamo fermi in quella che per me era la realtà più bella di sempre.

Marchetto Sara 3CA

La scuola agli antipodi

I vari sistemi scolastici internazionali mi hanno sempre incuriosito. Sarà forse per la mia voglia di confronto, ma trovo un certo fascino nel comprendere come ogni Paese basi e organizzi l’insegnamento e l’istruzione dei giovani. E in fondo, credo che interessi un po’ a tutti, dato la grande mole di argomenti su cui ogni studente, sono sicura, vorrebbe discutere, riguardante il sistema sistema scolastico italiano.

Poco tempo fa, perciò, ho avuto la fortuna di trovare l’opportunità giusta al momento giusto, e grazie al prezioso aiuto di Emma, una mia cara amica, sono riuscita a parlare con Kelly, una ragazza australiana, venuta qui in Italia qualche mese fa e che ora frequenta una scuola italiana. Dalla nostra chiacchierata è nata la breve intervista sotto riportata, e che spero possa interessarvi.

So, Kelly, my first question is: what do you think of the school here in Italy?

I like it, it’s different from my school in Australia, but it’s a great experience. Everybody is so kind, so friendly, but it’s a bit hard beause I don’t speak Italian. In Australia it’s a lot easier because I don’t struggle with the language, but in Italy, for example, sometimes I can’t pay attention because I don’t understand anything.

And do the teachers help you with the language, somehow?

They all do, somebody more than others. There are some teachers who explain in Italian first, and then they tell me what they said in English, and I like it because it is really heplful. I’m learning Italian right now, but I can’t handle an entire lesson yet.

Yeah, and what about lessons? Are they the same as in Australia?

Ok, so in Australia is not exactly the same. We don’t go to school on Saturday, and we have six hours of school every day.

Oh, so you never have lunch at school?

Yes, we have lunch at school. We have a 30 minute lunch break, and the lessons last 50 minutes each.

And what do you study in class? Are the subjects the same as in Italy?

Mh, I think so. We study subjets like maths, P.E. and other subjects that I’m studying now in Italy, in Primary and Middle school. Then we can decide what we want to study next, and I think you do this in Italy too. The only thing that changes is that we have 6 years of primary school, 3 of middle school and 4 of high school. Oh, actually, in Australia I studyed Japanese as my second language, but here I’m learning Spanish, so…

Japanese? Wow, really? Well, last thing (this doesn’t actually matter but I’m curious) do you have classes in Australia where you move in every hour, like in the U.S.A., or is it like in Italy?

We don’t have classes, we only have one, but actually we move to a different class for Japanese or Science lessons sometimes.

Ci siamo divertite a fare questa chiaccherata, io, Kelly ed Emma, che mi ha aiutata quando la mia carenza di vocabolario si faceva sentire. Tra una passeggiata e un cappuccino abbiamo tirato fuori aneddoti che hanno incuriosito entrambe le parti, spesso e volentieri spostando la conversazione su argomenti casuali e poco inerenti al nostro obiettivo principale, cioè quello di informarsi ed informare su una realtà che non ci appartiene, ma che mi auguro tutti vedano come fonte di scoperte ed interesse.

Elena Saielli, 1BL

Grazie soprattutto a Kelly ed Emma.

Attimo di vuoto

Come sto ?

Io davvero non lo so più.

Vorrei capirlo,

vorrei riuscire a interpretare

il mio vuoto,

il mio silenzio,

colmo di parole non dette.

Grido nel vuoto,

la mia voce rimbomba,

tutto ritorna grigio,

spento,

silenzioso.

Anonimo

Tip tap

Tip tap
L’unico suono udibile in quella stanza: i miei piedi in movimento.
Plic plac
Le minuscole goccioline di sangue che colano giù, macchiando quel meraviglioso e letale
pavimento di spilli.
Ma non me ne curo. Perchè c’è Lei.
La mia Compagna.
Io e lei ci assomigliamo molto.
Indosso un vestito svolazzante bianco, con una leggerissima sfumatura azzurrina verso il
fondo.
Lei con un completo cremisi, che vira dal cremisi al nero; una maschera le copre la metà
superiore del volto.
Siamo gli opposti, eppure così simili.
In quella cullante danza lenta la guardo, e mi perdo tra gli abissi dei suoi neri occhi.
Era tutto magnifico.
Danzavamo come due lente, volteggianti foglie d’autunno che cadono dal loro ramo.
Mentre lei ballava, mi accarezzava, mi sosteneva, mi reggeva con una velocità disarmante.
Ma, ahimè, non tutto dura per sempre.
Infatti, ad un certo punto il suo dolce sorriso si increspò in un ghigno beffardo.
Ed io, in un attimo, mi sono ritrovata a ballare ad un ritmo sfrenato, quasi insostenibile.
Salti, capriole, volteggi…
tutto in una quantità di tempo da far paura.
Ma non potevo mollare. Non dovevo mollare.
Poiché sapevo il prezzo che avrei dovuto pagare.
Corrono celeri i nostri piedi, i miei goffi al confronto dei passi perfetti di Lei.
I miei buchini sulla pianta si stanno lentamente allargando, bagnando con il loro sangue
quella sala sontuosa dal pavimento di spilli.
Io iniziavo a scivolare, graffiando il vestito, i miei polpacci, le mie esili braccia.
il dolore stava iniziando a diventare insostenibile: ormai erano più le volte che cadevo che le
volte in cui eseguivo un passo.
L’unica cosa che mi impediva di fermarmi era la Sua presa salda, troppo salda.
A un certo punto la vorticosa e sfibrante musica si fermò.
Caddi subito , in ginocchio, ansante sul pavimento.
Gli spilli avevano martoriato i miei poveri piedi.
Il corpo era pieno di graffi, il vestito pieno di tagli.
Ero il relitto di me stessa.
Ma lei, con quella sua suadente bellezza, tese una mano verso il mio volto, come se mi
volesse carezzare.
Alzai il collo per venirle incontro.
Invece afferrò il mio mento e, con una stretta incredibilmente forte, vi affondò le sue unghie.
Con un sorrisetto sadico scrutò con evidente disgusto la mia espressione di dolore, il mio
volto sudato, il trucco rovinato, gli squarci del vestito, i solchi nei piedi, i graffi, i lividi che mi
aveva causato, come se fossi la sua rozza scultura.
Mi mollò rozzamente il mento e alzò lo sguardo al cielo.
E iniziò a ridere.
Ridere di me.
“Che stupida che sei!” sospirò dopo che la sghignazzata l’aveva condotta alle lacrime.
La voce era stranamente familiare.
“E sai qual è la cosa più divertente?!”Si tolse la maschera
La guardai con orrore. Quella era la mia faccia, con i miei lineamenti.
“È che sono una parte di te!”
La mia faccia tramutò da orrore a disgusto.
Volevo vomitare, scappare, urlare che non era vero, tutto pur di cambiare quella orribile
verità.
Lei era nientemeno che il mio Riflesso, la mia Pazzia.
Warr;or

Asking for attention

Asking for attention. That’s what they thought you were doing when you opened up to them.

But were you really craving attention? Or were you actually seeking help? And weren’t those the closest people, the ones who were supposed to look after you, protect you, listen to you and, most importantly, the ones you should trust the most?

After living with them your whole life, under the same roof, sharing the same bathroom and sitting beside them at the dining table every evening, you wanted to believe they were there for you, willing to make you feel better. After all, that’s what you’ve always heard: they are the people who love you no matter what and who always will, the people who will never make you feel like you let them down and those who will never make you feel lonely.

So, sick and tired of crying in silence in your room and wiping your tears in order to avoid giving them more concerns than they already have, you reminded yourself that you should be their biggest concern. Nothing else should matter more than you do, right? Right?

And what did you get out of this? Was it helpful? Or were you just yelled at? Treated like trash, made fun of and abandoned. You don’t feel good? -they asked you- Seems quite good to me: you don’t help with the house chores anymore and do nothing other than just lying on your bed and listening to music all day.

Were they that blind? Was it the same story all over again? You having to save yourself because those around you preferred to pretend everything was fine? Once again, that’s what you did, but what were the consequences?

You completely cut them out. No more chats, no more talking about feelings. Why would you? Even if you wanted to -and you did not, not anymore- they wouldn’t understand and, what’s worse, they wouldn’t make the effort to try to. Maybe the truth is that they actually don’t even care. After that conversation, it took you a while to completely realise what you were told and the enormous amount of toxic energy that came out of the replies you were given. But once you did, it was impossible to ignore it.

Facts are facts: you needed them, took courage to ask for help, but they pushed you away harshly and laughed at you. Your condition? Nothing alarming, at least that was their point of view. Who cares if you told them how you actually feel deep down? Words you never allowed yourself to let slip out of your mouth had been said, but who took them seriously? Not them. Not those who, out of all the people, were the only ones you needed.

You ask who they are?

Well, I don’t know it anymore.

Andra Bandrabulea, V AL