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27 gennaio, Giorno della Memoria, conosciuto da tutti, ma capito da quanti?

Accadeva nel 1935, approvata l’emanazione delle Leggi di Norimberga, a partire dalla Germania vennero riconosciute diverse proposte e soluzioni per isolare gli ebrei.

Dopo la perdita della loro cittadinanza, gli ebrei si trovarono costretti a farsi da parte, a nascondersi, a celare le loro origini e il loro stesso essere. Come sostenuto nel “Mein Kampf” scritto da Adolf Hitler tredici anni prima, gli ebrei vennero riconosciuti come il male assoluto e la loro eliminazione dalla società divenne sempre più concreta.

Quest’odio ingiustificato ed eticamente scorretto culminò nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la Notte dei Cristalli, l’esistenza ebraica in Germania venne tassativamente rifiutata: oltre mille sinagoghe vennero bruciate, più di settemilacinquecento negozi e proprietà vennero rasi al suolo, la gioventù di Hitler, Hitler-Jugend, prese il sopravvento. Quella notte vennero uccisi migliaia di ebrei, senza distinzione: uomini, donne, bambini.

Ma è questo, essere umani?

Più di trentamila ebrei vennero deportati nei campi di concentramento: orrende strutture che impedivano di avere una vita degna di questo nome. Ombre, come definite da Primo Levi in “Se questo è un uomo”, esseri, non più persone, che lavoravano giorno e notte a ritmi strazianti, senza nulla in cambio se non dolore, ma con la sola speranza, se resisteva nel tempo, che qualcuno potesse liberarli. Paradossalmente non era questo il peggio, dopo ore, giorni, mesi, anni di lavoro forzato e non retribuito lo stato fisico e mentale degli ebrei deportati, a questo punto definibili veri e propri mezzi di produzione, era completamente distrutto. Persone annientate, identità frantumate vennero definitivamente stroncate negli orridi campi di sterminio. Non più in grado di lavorare gli ebrei venivano uccisi uno dopo l’altro, senza le minime reazioni internazionali.

Oltre agli ebrei vennero perseguitati anche gruppi di minoranze etniche, popolazioni slave, afro-tedeschi, portatori di handicap fisici o mentali e omosessuali; pur di difendere quella che era definita la razza ariana.

Fortunatamente nel 1945 migliaia di soldati americani, assieme ai loro alleati, riuscirono a porre fine a questa tragedia, definita Olocausto.

Il termine ebraico Shoah (ovvero “sciagura, catastrofe”) venne attribuito assieme all’appellativo Olocausto a questo evento drammatico che portò alla morte di più di quindici milioni di innocenti. Di fatto, però, il termine Olocausto è errato, poiché presuppone che la morte sia un’offerta per la divinità; questa definizione non corrisponde al termine Shoah che indica, invece, più correttamente, l’omicidio programmatico di una determinata categoria.

Qual è il senso e lo scopo della Giornata della Memoria? È la difficile domanda che ci siamo posti. Oggi, 27 gennaio, ricordiamo questa tragica serie di eventi, ma non ne celebriamo la fine; anzi, confidando in una pace duratura nel tempo, cerchiamo di sensibilizzare tutti il più possibile per far sì che nulla del genere si possa più verificare. Anche se, in questo periodo storico, la pace è ben distante dall’essere reale.

Si cerca dunque di passare il messaggio di anno in anno, di generazione in generazione, ricordando il dolore di milioni di vittime, che persero tutto: la loro casa e i loro averi, i loro cari, ma soprattutto la loro identità e la loro vita, che fino all’ultimo istante di quelle tormentate esistenze, si limitarono ad un semplice numero, proprio come il titolo del nostro articolo.

Andrea Rosato 3CL

Pietro Grosselle 3BSA