Oceano Mare – Locanda Almayer

<<Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare  nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.

Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia , impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore.

Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L’uomo porta alti stivali e una giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. È come una sentinella – questo bisogna capirlo – in piedi a difendere quella porzione di mondo dall’invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell’essere. Giacché sempre  è così, basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna ad essere attesa e domanda, per il semplice e infinito potere di quell’uomo che è feritoia e spiraglio, porta piccola da cui rientrano storie a fiumi e l’immane repertorio di ciò che potrebbe essere, squarcio infinito, ferita meravigliosa, sentiero di passi a migliaia dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà – proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia, costeggiando la risacca del mare, e riga da destra a sinistra l’ormai perduta perfezione del grande quadro consumando la distanza che la divide dall’uomo e dal suo cavalletto fino a giungere a qualche passo da lui, dove diventa un nulla fermarsi – e, tacendo, guardare. L’uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame, le setole si tingono di rosso carminio, e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Esse lasciano dietro di sé l’ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare”. – ed è un pensiero che dà i brividi. Si potrebbe stare ore a guardare quel mare, e quel cielo, e tutto quanto, ma non si potrebbe trovare nulla di quel colore. Nulla che si possa vedere.

La marea da quelle parti, sale prima che arrivi il buio. Poco prima. L’acqua circonda l’uomo e il cavalletto, se li piglia adagio ma precisa, e loro due rimangono lì, impassibili, come un’isola, o un relitto in miniatura. Poco prima del tramonto, ogni sera, una barchetta viene a prenderselo che l’acqua gli è già arrivata al cuore. Plasson, il pittore. E ora che se n’è andato, non c’è più tempo. Il buio sospende tutto. Non c’è nulla che possa, nel buio, diventare vero. >>
Alessandro Baricco, Oceano Mare, 1993

Vorrei dirvi che queste parole che avete appena letto le ho scritte io, sarebbe bello. Ma non è così. Questo era il primo capitolo (leggermente modificato) di “Oceano Mare” di Baricco, per l’appunto. Baricco è uno scrittore italiano classe 1958. I suoi libri sono abbastanza famosi,  eccessivamente, ma hanno comunque ispirato varie opere teatrali e il suo capolavoro “Novecento” ha ispirato Giuseppe Tornatore per il film “La leggenda del pianista sull’oceano”. Ebbene sabato 22 Gennaio Baricco ha annunciato, tramite i social, di avere una leucemia. Quando ho letto il messaggio sono diventato cupo, stavo tornando a casa. Non capivo il perché. Certo, una leucemia non fa piacere, ma Baricco non è un mio parente, non l’ho mai incontrato, non sono nemmeno un suo lettore accanito, ho letto solo due romanzi e un breve saggio. Poi la sera, ripensandoci, ho capito che forse ci ero rimasto male perché “Oceano Mare” mi aveva regalato emozioni contrastanti, l’avevo amato ma al contempo non è il libro migliore che abbia mai letto, né dal punto di vista soggettivo, né dal punto di vista oggettivo. Eppure pagina dopo pagina, questa storia surreale, dai toni onirici, narrata in maniera barocca, a tratti snob, mi toccava. Non ho capito se mi stesse accarezzando, o mi stesse prendendo a pugni, ma la sentivo da qualche parte dentro di me. E quindi, mi sono messo a riflettere e a ricordare, le piccole cose che Baricco mi ha donato, pur non conoscendomi. Forse ho trovato qualche risposta e qualche altra domanda. Non le condividerò. Il tutto diventerebbe, lungo, noioso e non potrebbe essere capito da nessuno, se non da me. Ciò che posso dirvi è di leggere. Perché forse anche voi avrete tante domande senza risposte. Forse avete anche voi una gran confusione nel cuore. Se alle superiori non avete queste due cose, beh sappiate che vi invidio. Leggere forse vi aiuterà a trovare delle risposte, o delle nuove certezze. Forse stravolgerà completamente il vostro modo di vedere, vi cambierà, non mi è dato saperlo (per fortuna), posso rispondere solo per ciò che mi riguarda. Così come voi potrete rispondere di ciò che riguarda voi stessi, e forse, se siete molto bravi, qualche altra persona che amate. Non so se ho raggiunto lo scopo che mi ero prefissato, ma poco importa. Ora che ho messo per iscritto i miei pensieri, mi sento meglio.

Possiate vivere molteplici vite in mezzo a sterminate pagine.

Che questa lettura abbia inizio.

Rimettiti presto, Alessandro.

Stefano Piva 4AL, amante di buona musica, buon cinema e buoni libri.