I DCA – alcune nostre esperienze

Oggi martedì 15 marzo è la giornata internazionale del fiocchetto lilla, ovvero della lotta contro i disturbi del comportamento alimentare. Questo è un argomento che mi sta molto a cuore e ho creduto necessario cercare di sensibilizzare, nel mio piccolo, più persone possibili.

In primo luogo, perché chi è esterno a situazioni del genere non è consapevole del fatto che questi disturbi non riguardino solo le persone in sottopeso e il fisico di qualcuno; sono delle vere e proprie malattie mentali con motivazioni enormi alle spalle, che sono spesso difficili da rintracciare. In secondo luogo perché le varie quarantene e l’isolamento sociale a causa del covid hanno provocato una crescita del numero di malati piuttosto preoccupante. Ho trovato alcuni dati su internet a questo proposito(www.agi.it): dall’inizio della pandemia la media dei casi è aumentata del 30% tra gli adolescenti e l’età media si è abbassata ai 12 anni.

Il cibo è benzina per il nostro corpo, ciò che ci serve per svolgere le nostre attività quotidiane: studiare, fare sport, andare a scuola, riordinare la stanza e persino guardare una serie tv. Ogni giorno, infatti, il nostro corpo brucia un certo numero di calorie che ci sono essenziali per sopravvivere. Ma comunque il cibo per la maggior parte delle persone non è solo questo, ma una vera e propria passione! Insomma, chi non ha almeno un amico intenditore e super goloso che ci guarda storto se aggiungiamo la panna nel piatto di carbonara? E ancora, il cibo è anche famiglia, amicizia, condivisione e compagnia. Pensiamo, ad esempio, alle milioni di volte in cui abbiamo invitato degli amici fuori a colazione o per un aperitivo; alle numerose feste di compleanno nella nostra pizzeria del cuore; ai pranzi di Natale con la nostra famiglia riunita, ma anche ai pranzi di lavoro e d’affari. Insomma, il cibo è fondamentale per la nostra salute fisica, ma anche per quella mentale, perché scommetto che non sareste contenti di mangiare insalata e mele ogni giorno, tutti i giorni!

Per alcune persone, però, non è così. Alcuni percepiscono il cibo come un nemico, questo provoca loro tanta ansia, tristezza e sensi di colpa. Molti pensano di non meritarsi il cibo, tendono a rifiutarlo e a privarsene e i motivi possono essere molteplici: hanno paura di ingrassare, vogliono dimagrire, sono troppo fissati con le calorie, l’allenamento e l’alimentazione corretta, vogliono avere il controllo su ogni cosa. Altri, invece, si sfogano con esso: hanno così tanta ansia, stress, tristezza e pesi addosso che, esasperati, mangiano. E così in un pomeriggio potrebbero finire un intero pacco di gocciole, o chissà quante confezioni di cracker e pastine per poi sentirsi un fallimento e un grandissimo sbaglio.

I tre dca più diffusi sono l’anoressia nervosa, la bulimia e il disturbo dell’alimentazione incontrollata (o binge eating). Io potrei descrivervi anche nei minimi particolari queste malattie, ma tralascerei sempre qualcosa: i disturbi, infatti, sono diversi per ogni persona che ne soffre. Quello che intendo dire è che, quando si parla di anoressia, non dovete pensare alla ragazza magrissima, molto pallida e che non si azzarda a mangiare più di un po’ di insalata a pranzo: l’anoressia non è questo. Un* ragazz* malat*, infatti, potrebbe anche venire al MC con te il sabato sera, essere normopeso e stare comunque tanto male: il vero problema si trova nella sua testa.

C’è come una specie di voce (il diavoletto sulla spalla tipico dei cartoni, no?) che ti obbliga a fare cose dannose e che ti riempie di sensi di colpa e di mille pensieri inutili. In quel momento, però, tutto sembra essere vero ed avere un senso e allora fai come ti dice.

Se volete sapere meglio quali sono i segnali e i comportamenti più comuni di una persona che soffre di dca, vi consiglio di cercare qualche buon articolo su internet. Questo perché magari potreste dare una mano ad una persona che ne soffre, ma che non ha il coraggio di esporsi. Capita spesso, infatti, che i/le ragazz* non si sentano abbastanza valid* e credano che il loro sia un problema leggero e passeggero. Non è mai solo questo purtroppo. Per guarire da un dca serve molto tempo e si deve sempre chiedere aiuto a degli specialisti.

Per rendere più concrete queste affermazioni e farvi rendere conto di quante persone non abbiano una relazione sana con il cibo, ho chiacchierato un po’ con qualche studente/essa (che io non conoscevo) proprio del nostro liceo. Vi riporto quelli che secondo me sono i pezzi più significativi delle “interviste” che ho fatto in questi giorni.

Com’è il tuo rapporto con il cibo?

“Diciamo che credo di avere una relazione abbastanza sana con il cibo, però spesso mi lascio prendere un po’ dalle abbuffate e mangio un po’ troppo, sentendomi poi un po’ in colpa, ma finora è stata una cosa che non ha fatto male alla mia salute.”

Ma ti capita di abbuffarti per sfogare ansia e stress?

“Mmm in certi casi sì, ma comunque mi piace mangiare: mi distrae e mi fa stare un po’ meglio.

Sei d’accordo sul fatto che la maggior parte della gente pensi che le uniche persone che soffrono di dca siano quelle in sottopeso?

“Sì ed è bruttissimo. Non c’entra l’essere sovrappeso o sottopeso, ma riguarda proprio il modo di approcciarsi al cibo ed è una questione psicologica. Secondo me bisognerebbe sensibilizzare di più su questo.”

Come consiglieresti di agire ad una persona che soffre di dca e vuole provare ad uscirne?

“La prima cosa da fare è dirlo a qualcuno; io le consiglierei di parlarne con i genitori che sono le nostre principali figure di riferimento (oppure anche con zii, nonni o cugini); chi non avesse un rapporto tanto confidenziale con la famiglia potrebbe parlarne ad un’amica o andare al punto d’ascolto. Successivamente credo sia importante iniziare un percorso di recupero con degli specialisti (psicologo, nutrizionista, medico) perché loro sanno come risolvere davvero il problema, le terapie “fai da te” non portano mai a buoni risultati e col tempo diventa più pericoloso. Però la persona in questione deve metterci anche tanta forza di volontà, perché se non è lei la prima a voler uscire da questo disturbo non ci riuscirà mai completamente. Io ad esempio dovrei ricominciare la dieta, ma ora non ne ho intenzione perché non me la sento psicologicamente, non ne ho voglia e so che se la iniziassi probabilmente finirei solo col mangiare di più. Se dico “devo mettermi in dieta” non riuscirò a portare a termine nulla, ma se è un bel periodo e mi dico “voglio farla per il mio bene” allora otterrò sicuramente qualche risultato.”

Credi di aver mai sofferto tu in prima persona di dca?

“Lo sport che ho praticato per tanti anni necessitava di fisico, linee e proporzioni determinate. Per questo e perché sono abituata a cercare sempre di migliorarmi mi capita spesso di non piacermi. Sono arrivata a cercare di provocarmi il vomito a causa dei sensi di colpa, ma per fortuna è stato solo un tentativo, non ci sono riuscita e la cosa si è chiusa lì. Poi il brutto periodo è passato e attualmente posso dire che, pur nella consapevolezza dei difetti e dei 5/6 kg in più, mi piaccio.”

Mi dispiace molto che tu ti sentissi così, il tuo allenatore o altre persone intorno a te ti facevano pesare tanto la questione del peso?

“Non era tanto l’allenatrice, ma più una mia consapevolezza e una mia concezione a livello estetico.”

E quindi come hai fatto a cambiare idea? Ti ha aiutato qualcuno/qualcosa?

“La cosa si è sistemata un po’ da sola. Da un anno e mezzo sono fidanzata e lui mi fa sentire bella. In più, a causa della scuola e di un infortunio, ho lasciato il mio sport e ho cominciato palestra. Adesso ci vado da quasi un anno e ho soddisfazione perché vedo dei risultati e quindi vivo meglio il rapporto con il mio corpo e mi piaccio di più.”

Il tuo rapporto con il cibo è sempre stato sano?

“In realtà no, c’è stato un periodo buio durante il quale ogni mia decisione era determinata da un contatore di calorie su un’app del telefono; avevo paura di mangiare, se facevo merenda con qualcosa in più credevo sarebbe caduto il mondo. Spesso arrivavo ad avere crisi nervose se qualcuno scombinava il mio piano di allenamento e workout o se non mi allenavo per un giorno. In realtà il mio fisico stava solo cedendo perché ero in uno stato di stress continuo, nella mia testa c’era un perenne calcolo di calorie e pensieri come ‘se mangio questo e dopo faccio 40 minuti di cardio…” Tutto questo era peggiorato da alcune persone che, se ad esempio un mio amico diceva tipo: <> , rispondevano con <>. Per fortuna ora è passato, anche se vedo ancora le cicatrici di questo periodo.

Cosa credi avesse scatenato questa tua ossessione verso l’allenamento e le calorie?

“I commenti delle persone. Le stesse persone che prima prendevano in giro una mia amica perché la definivano ‘grassa’ e poi, quando lei era dimagrita per colpa loro, la chiamavano ‘anoressica’ e la insultavano ancora.

Capisco, le persone avranno sempre da ridire, sarai sempre ‘troppo qualcosa’ per loro. Ti sei allontanata poi da questi individui?

“Certo, per fortuna! Ho finalmente abbandonato le compagnie che mi facevano stare male e ora frequentando gente sana sto meglio.”

Ma oltre a cancellare le persone tossiche dalla tua vita, come hai fatto a riavere un rapporto migliore con il cibo poi?

“Onestamente da sola un giorno mi sono detta ‘cavolo, questa è la mia unica vita e questa è la mia unica adolescenza, non posso sprecarla ad essere ogni giorno triste sperando di poter diventare un’altra persona. Sono quella che sono e l’unica cosa che posso fare è imparare ad apprezzare il mio corpo per quello che è, essere ogni giorno felice per una piccola cosa e fare piano piano passi verso la persona che voglio diventare senza stare male o ferirmi perché non sono abbastanza per degli stupidi ******* di m****!”

Cosa ti ha fatto capire che stavi soffrendo di un disturbo e che dovevi parlarne con qualcuno?

“Sono stati soprattutto i segnali fisiologici: non mi veniva più il ciclo da circa cinque mesi, perdevo molti capelli, ero sempre stanca e avevo perennemente freddo. In realtà, però, lo sapevo già da prima. Non riuscivo a tenere dentro niente: se erano giorni cattivi vomitavo, se erano buoni mi allenavo fino a che non vedevo tutto un po’ nero; a pranzo sporcavo i piatti per far credere ai miei di aver mangiato e contavo le calorie di tutto. Vabbè poi facevo anche altre cose, ma non ci tengo a raccontarle.”

Poi cos’è successo?

“Poi l’ho detto alla mia migliore amica e abbiamo pianto tanto lol. Alla fine mi ha obbligato a dirlo alla mamma e adesso vado da una nutrizionista da cinque mesi. Con lei mi trovo benissimo, mi sento super tranquilla a raccontarle delle mie difficoltà e mi fido ciecamente. Le giornate no ci sono ancora e ho ancora alcuni fear food, ma sto migliorando.”

Scusami eh, fear food?

“Ah sì, sono letteralmente i cibi che ti fanno paura, che non riesci a mangiare insomma. Io, per esempio, ho dei problemi con le brioches del bar, il salame (che era la mia droga un tempo), tutto quello che cucina nonna, il fritto e le bevande. Ma poi ognuno ha i suoi.”

E questi fear food sono diminuiti dopo che hai iniziato il percorso con la tua nutrizionista?

“Sì decisamente. Prima di lei mangiavo tranquillamente solo fiocchi di latte, verdure, acqua e carne bianca.”

Questo articolo era un intento a sensibilizzare noi giovani su questi disturbi che stanno colpendo sempre più persone. Ricordiamoci quindi di non essere mai cattivi con gli altri, perché spesso è qualche nostra offesa o presa in giro che pone quel diavoletto sulla loro spalla. E se tu che stai leggendo a volte ti senti a disagio davanti a un buon piatto di pasta, non esitare a chiedere aiuto! Sei valid*.

Matilde Martinelli 3AC