MOSELEY SHOALS Ocean Colour Scene

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Gli Ocean Colour Scene nascono a Birmingham nel 1989 come una rock band indipendente.

In seguito ad un periodo di gavetta, debuttano con l’omonimo primo album che viene dapprima pressoché ignorato dalla critica e successivamente snobbato dagli stessi componenti del gruppo.

Dopo più di quattro anni da questo sommesso esordio, esce Moseley Shoals. Lavoro decisamente più definito del primo, che li porta al secondo posto della classifica britannica e a diventare gruppo spalla degli Oasis per il loro tour del 1995.

Dopo quel lungo silenzio discografico, la band si ripresenta con una produzione matura che ha una propria personalità: gli artisti sono in grado di dare al loro album dalla forte anima anni ‘60/’70 un’elegante veste britpop. Ciascuna delle tracce è espressione di gran gusto nelle scelte musicali ed è stata registrata con tanta attenzione per i dettagli.

L’apertura del disco è veramente memorabile ed è il perfetto riassunto dei pensieri espressi finora. Il primo pezzo, ”The Riverboat Song”, è infatti un gran connubio tra i rapenti riff fine anni ’60 e la stordente e intricata sovraincisione tipica del britpop. In questo brano, in particolare, le raffinatezze di registrazione impreziosiscono l’ascolto, rendendo l’insieme molto equilibrato in tutte le sue parti. Per quanto riguarda i testi, invece l’album è in linea con il genere musicale abbracciato dal gruppo: generalmente è abbastanza semplice cogliere il tema trattato ma avere una comprensione più definita delle liriche, capire, cioè, le varie strofe e i vari versi presi come singole unità, è più complicato.

Si può notare, però, che la stesura è visibilmente diversa, per esempio, da quella degli Oasis. I Gallagher, infatti, procedevano principalmente per immagini e si riferivano molto spesso ad un “tu” lirico. Il modo di scrivere degli Ocean Colour Scene è più chiuso, più simile a quello dei Suede: fanno riferimento ad un “noi”, a esperienze personali che non vengono spiegate o presentate in modo tale che l’ascoltatore riesca a farle totalmente proprie. Chi ascolta le parole di queste canzoni non si sentirà pienamente coinvolto, seppure i temi sembrino riguardare situazioni abbastanza comuni, ma sarà sempre esterno spettatore di un dialogo monolaterale tra il cantante e le persone alle quali si riferisce.

Prestando invece attenzione alla voce, si nota che è penetrante, ferma e mordente. Essa è in dialogo con la musica e i testi, infatti, adeguandosi all’andamento dei brani e variando volta per volta, rende l’album un prodotto che non appare affatto monocorde all’ascoltatore.

Qui la playlist spotify di Rompipagina e dei brani di cui si consiglia l’ascolto: https://open.spotify.com/playlist/70NyoXeZrAbFnyyQyVrMYe?si=YUVWyi1jQwa_YOzE_BnPlQ

Giosuè Fabbian