CIO’ CHE PENSIAMO E NON DICIAMO

di Isabel Sinigaglia

Ciò che si può avvertire sempre più spesso negli adolescenti di oggi è la loro tendenza all’omologazione, comportamento che consiste nell’adeguarsi al gruppo seguendo le idee, i gusti e i comportamenti correnti. Potrebbe sembrare una cosa assurda, ma in questi anni noi giovani siamo quasi portati a ragionare cosi. I ragazzi, infatti, vivono due realtà: in famiglia dove trascorrono ore davanti alla tv o al computer, e poi a scuola, dove le parole degli insegnanti vanno a contraddire ciò che era stato affermato in casa. Si trovano inoltre senza regole e senza proibizioni, si sentono liberi di fare tutto ciò che vogliono, senza essere ammessi a pensare alle conseguenze Perciò cominciano a seguire gli altri, le loro convinzioni.

Cominciano ad ascoltare la stessa musica, a vestirsi in un certo modo, come se quella fosse l’unica maniera per essere ammessi in un gruppo. Non sarebbe meglio farsi conoscere per quello che siamo veramente piuttosto che fingerci qualcun altro ed essere accettati? Perché in effetti non saremmo noi quelli apprezzati, ma le persone che vogliamo mostrare agli altri. Anche nel nostro liceo ciò è molto evidente: se giriamo per la scuola, ci accorgiamo di vedere nella maggior parte degli studenti i risvoltini ai pantaloni, il Napapijri addosso o l’I-phone in mano. Avete mai sentito la pubblicità di quest’ultimo? “Se non hai un I-phone, non hai un I-phone”; questa frase si trasforma nella nostra mente in “Se non hai un I-phone non hai una vita sociale, non sei popolare, non sei ricco e non puoi far parte del nostro gruppo”. Addirittura su Facebook c’è moltissima gente che chiede esplicitamente : “mi metti mi piace alla foto profilo?” oppure “se metti mi piace ti dico quanto sei bello/a e simpatico/a da 1 a 10”. Ormai ci importa solamente piacere agli altri, non più a noi stessi. Questo comportamento, però, non può neanche essere condannato perché ormai la nostra società è questa. Una società in cui se sei te stesso non vieni apprezzato e coinvolto. Questa età è fondamentale per il ragazzo, in quanto si forma la sua personalità, sceglie chi vuole davvero essere e come comportarsi. Abbiamo bisogno di conferme, di punti fermi e di persone al nostro fianco. Gli adolescenti, infatti, non trovano qualcuno con cui poter parlare liberamente, neanche in famiglia, dove la mancanza di comunicazione favorisce sempre di più la chiusura del ragazzo. Scrive uno psicologo: “tutto quello che non mi fa morire mi rende più forte”. Personalmente penso che sia proprio cosi, ma i ragazzi devono imparare ad accettarsi e a farsi conoscere veramente. Ritengo che queste convinzioni, seppur giustificabili e comprensibili, siano convinzioni precarie di chi si vuole nascondere dietro una maschera; il futuro, però, non PUO’essere questo. I ragazzi dovranno continuare a fingersi qualcun altro per essere accettati? O forse è la società di oggi a doversi porre delle domande?