Ho bisogno delle misure

Non provo più quel piacere nel cibo come quando ero bambina, non lo desidero, ma in realtà potrei mangiare
qualsiasi cosa in questo momento.


Ho deciso che pranzerò con uno yogurt: apporto calorico 59 calorie per 100 grammi.
Come posso distribuire in modo bilanciato il totale delle calorie giornaliere?
Bilancia e tabelle caloriche.
Ho bisogno assolutamente di queste due cose per farlo bene, ho bisogno delle misure.
Mi concedo questa delizia, poi programmo 1 ora di workout per riequilibrare le entrate e le uscite, le calorie
ingerite e le calorie consumate.
Ora guardo la bilancia: mi piace giocare con il corpo, ancor di più con il peso.
Decido io.
Come, quando e cosa mangiare.


Pian piano, senza nemmeno rendermene conto, il senso di potere entra in me, perché posso controllare un istinto, cosa che non immaginavo assolutamente di essere in grado di fare.
La fame riesce ad arrendersi al controllo del peso, e anche quei pangoccioli che mangio sempre non fanno più effetto. Chi lo avrebbe mai detto?


Sento proprio l’esigenza di liberare il mio corpo dal cibo, svuotarlo di tutto, così da sentirmi leggera.
Spegnermi, come il nulla che ho dentro.
Come la vita che non sento.
Non sento nulla.


In pochi giorni ho trovato il modo per chiudere lo stomaco all’istinto della fame, ho cercato di mettermi le
dita in gola per vomitare, ma non fa per me. Cerco un metodo più diretto: mi taglio.
Sì, mi sembra la via più facile e la più efficace per far capire a me stessa come stanno le cose.
Iniziano i sensi di colpa.
Non è una cosa normale, le altre persone non lo fanno, allora perché proprio io?
Come si costruisce un equilibrio, come si torna indietro alla “normalità”?
Mi guardo allo specchio e mi accorgo di aver cambiato espressione. I miei occhi sono diversi.
Lo sguardo è spento, gli occhi persi.
Una volta ridevano.


Inizia la prima discesa,10 chili in due mesi: 52…50…48…46…42…
Nessuno si è mai posto qualche domanda rispetto al mio cambiamento improvviso.
Vivo la mia immagine allo specchio come un incubo. Ogni tanto mi tocco le ossa dei polsi, del torace, delle
anche. Due spigoli che si notano anche attraverso i jeans.
Sento la leggerezza, una leggerezza incorporea. E ciò mi piace. E se il peso oscilla in qualche modo, corro in
bagno a punirmi.


Ho provato ad analizzare i miei pensieri ma non riesco a trovare una spiegazione al mio comportamento,
perdo il controllo.
Provo rabbia, paura, ansia.
Il cuore bussa ogni tanto per ricordarmi chi sono.
Mi ricorda soprattutto chi fossi, quando forse ero felice, forse.
Non voglio annientarmi, anzi, tutt’altro.
Il mio corpo è una scatola fatta per comunicare. Chi vuole morire, generalmente, fa in modo che gli altri non
se ne possano accorgere. Io al contrario sto costruendo il mio strumento di comunicazione con il mondo,
proprio perché il mondo, così facendo, si possa accorgere di me per quello che mostro.
Non chiedo aiuto, ma così facendo lancio il mio SOS.
Devo capire cosa succede dentro di me.
Dall’esterno è più facile guardare che cercare di capire il punto di vista di qualcun altro.
Bisogna farsi domande. Cambiare punto di vista.


Anonimo