Camminate, continuate a farlo in tutto lo spazio, la zattera immaginaria sotto di voi non deve
affondare.
Se non riempite gli spazi e non li rendete equilibrati, affonderete assieme.
Guardatevi negli occhi però mentre lo fate, fermatevi poi. Accarezzatevi il volto e poi
abbracciatevi.
Questo è ciò che ci diceva un professore nel mezzo di un esercizio per teatro.
Ma cosa vedi, tu che ora mi stai osservando, mi chiedo. Te lo sto chiedendo senza dire niente.
Non ti conosco, e tu non conosci me. Qui dentro nessuno si conosce davvero. Come del resto
là fuori credo…
Forse crediamo di conoscerci tra di noi, ma quando si è soli come siamo veramente, rispetto
alla compagnia di altri vicino a te?
Ricordo ancora la musica, Sigur Rós di sottofondo e il rendersi conto che alla fine guardarsi
non è scontato.
Fa paura forse. Ma perché…
Si ha paura di esser visti e di vedere qualcosa di più? Magari di rendersi conto di qualcosa di
nuovo. Ma perché fa paura l’ignoto allora…?
Anonimo