Ciao splendori,
È un (ormai) ex-collega che vi parla, a pochi mesi dall’ultima volta in cui ho varcato quell’ingresso che ancora vi aspetta nelle vesti di vero e proprio ferrarista. Probabilmente non lo sopportate nemmeno, e chi tra voi si trova ancora all’inizio del proprio percorso comincerà tra poco a detestare quella vista, ma vi assicuro che il pensiero di non entrarvi di nuovo tra poche settimane mi lascia sempre con uno strano senso di vuoto. Non so bene che significato dare a queste parole, scritte in un momento di insonnia in una notte a caso di fine estate ma permettetemi di parlarvi francamente, da viaggiatore che si è già lasciato alle spalle il cammino che avete ancora davanti. Innanzitutto è giusto fare un “in bocca al lupo” a tutti gli studenti che si approcciano all’ultimo tratto di strada e, collegandomi a ciò, mi sento di darvi un consiglio: godetevi il tempo che passerete qui al Ferrari, che voi siate in quinta oppure dobbiate ancora iniziare la prima. Vi accorgerete presto che per qualche motivo i giorni a scuola funzionano in maniera strana: sei in classe a lezione, guardi l’ora e il tempo non passa mai, eppure a un certo punto apri gli occhi ed è giugno. Poi li chiudi di nuovo, li riapri e sei già in quinta superiore e ti chiedi come sia possibile che sia passato tutto quanto così in fretta. Godetevi ogni momento di divertimento, di paura e, perché no, anche di noia, non può essere sempre tutto eccitante o terrorizzante. State attenti, molto attenti, perché prima che ve ne rendiate conto dovrete salutare per l’ultima volta il vostro compagno di banco o la cotta di cinque anni a cui non vi siete mai dichiarati e forse vi resterà sempre il dubbio di non aver fatto abbastanza. Eppure, in fondo, sono convinto che l’addio ai cinque anni più belli della mia vita (finora) non sarebbe stato così agrodolce, così sentito, senza quel pizzico di rimpianto per le occasioni non sfruttate a dovere. Ricordate che la scuola, certo, è composta dall’edificio, le aule, i banchi, i professori e dal personale A.T.A. (Informalmente collaboratori scolastici) ma il cuore pulsante, il centro insostituibile rimanete voi, con i vostri sogni, le vostre speranze, le vostre passioni e i vostri timori e ognuno di voi, con il proprio contributo, può partecipare anche in minima parte all’evoluzione di questa realtà. Non abbiate mai paura di fare la vostra parte per timore di apparire diversi o di essere scherniti, la scuola può non piacervi, potete trovarla ingiusta o organizzata male ma ciò non cambierà mai fintantoché vi limiterete a lamentarvi senza agire.
Viviamo in un mondo sempre più social, sempre più veloce, che cerca di rendere prioritaria la comunicazione online a discapito dell’interazione fisica, ma il consiglio che mi sento di darvi è quello di concentrarvi sempre sulla seconda, soprattutto tra le mura scolastiche: mettetevi alla prova, espandete le vostre amicizie, non chiudetevi in una bolla. Noi studenti uscenti dell’anno 2023-24 rappresentiamo l’ultima annata che ha visto il Ferrari prima del Coronavirus, moltissimi di noi conservano ancora il badge con cui si firmava l’ingresso in atrio o la tessera per le fotocopie, che penso nessuno abbia mai utilizzato, e immagino che tutti ricordino bene la ressa che c’era ogni mattina alle due sole colonnine presenti per registrare la propria presenza, ai tempi le odiavo perché dovevo fare i salti mortali per non risultare in ritardo, adesso un po’ mi mancano. Perché alla fine la scuola, soprattutto le superiori, è anche questo. È il luogo delle piccole cose importanti, le risate coi propri amici, gli sbadigli in classe quando sono le 8:02 e il/la prof ritiene di vitale importanza spiegare già le disequazioni irrazionali, mentre tu ancora cerchi di capire in che piano dimensionale ti trovi, gli spintoni al bar per cercare di ordinare qualcosa nella vana speranza che quelle venti persone davanti a te non abbiano già esaurito tutto ciò che ritenevi edibile, le fughe al bagno nel tentativo di trovare gli amici sparsi nelle altre classi. Sono tutti attimi che, una volta usciti di qui, anche dovessero ricapitare avranno un sapore diverso.
In prima Sabato 20 Febbraio 2020 è stato il nostro ultimo giorno di scuola in presenza, come dimenticarlo?, a cui sono seguiti tre mesi di inciampi informatici nel tentativo di restituirci in minima parte quello che stavamo perdendo. In seconda abbiamo saltellato tra un’apertura e una chiusura, cercando di indovinare da dove avremmo seguito le lezioni la settimana successiva, in terza siamo tornati con tutte le precauzioni possibili: il metro di distanza tra i banchi, mascherine, finestre aperte anche a dicembre per la gioia dei (delle) freddolosi (e) e la fuga generale al primo tampone positivo. Toccava pure fare ricreazione chiusi in classe, dopo essersi presi parole in prima quando si preferiva rimanere dentro piuttosto che uscire in mezzo alla calca. Scherzando, durante gli anni, ci siamo spesso definiti prima, seconda, terza “avanzata”, come se fossimo rimasti comunque indietro, come se si fosse creato un vuoto incolmabile tra noi e il corretto andamento di una normale classe di età e penso di non essere l’unico ad averlo sempre percepito, non tanto per quanto riguarda le conoscenze che, non fraintendetemi, passano a volte in secondo piano, quanto più per il lato prettamente umano. Quell’incubo di pandemia ci ha privato di più della metà dei nostri anni di superiori, facendoci vivere solo un’ombra di quello che è realmente questo periodo così diverso da tutti gli altri e, riprendendo la storia dei rimpianti di prima, questo è senza ombra di dubbio il peggiore e il più sofferto. Chiedervi di farmi un piacere sarebbe quantomeno presuntuoso, visto che la stragrande maggioranza di voi nemmeno mi conosce se non, forse, di vista ma posso consigliarvi di farvi un piacere: vivete appieno questi anni che vi aspettano, specialmente voi nuove leve che state entrando quest’anno, fatelo anche per noi che non siamo mai riusciti a farlo davvero. Staccatevi un po’ da quel telefono (che detta così fa molto boomer) e cercate di godervi veramente questo viaggio. Non limitatevi a seguire il cammino degli altri, la strada battuta, esplorate le vostre potenzialità e date agli altri il meglio che avete. Avete tutti tanto dentro, ne sono certo, dovete solo tirarlo fuori. Tanto lo so che, per quanto io possa raccomandarvi di fare attenzione, voi comunque vi troverete un giorno di inizio giugno a dire “ma io, quand’è che ci sono arrivato qui, che l’altro giorno ero in prima?”. Lo facciamo tutti, e alla fine è bello perché è così.
Buon viaggio, non scordatevi mai di sorridere,
Pi