Della pioggia che sussurra e un vento che grida

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Lilian intraprese un sentiero consumato che portava verso est, rincorrendo le montagne che, ardite, penetravano un cielo imbronciato per il temporale che era avvenuto poco prima. La terra non era stata calpestata da tempo e l’erba cresceva in ciuffi laddove l’acqua piovana era riuscita a ficcarsi. Il cane Axel era costretto a camminare dietro di lei, perché la stradina era troppo stretta per entrambi; a grandi zampate scavalcava i massi e i rami caduti. Qualche goccia di pioggia, rimasta intrappolata nelle foglie, scivolava lungo i rami e cadeva sulla testa o sulle braccia della ragazza, piccola e fredda come aghi di ghiaccio.

Il profumo di piovasco pungeva ancora le narici: avvolgeva i fusti, gli arbusti e la terra. Lei e il suo cane. Era come se avesse deciso di abbracciare il bosco per qualche ora. All’improvviso Lilian ebbe un ricordo.

Era un pomeriggio di autunno. La pioggia battente cadeva nell’asfalto della strada, con fragori acuti e veloci ne nascondevano lo scroscio.
Lilian la guardava dalla finestra, silenziosa e acuta come una volpe; muoveva gli occhi a destra e a sinistra scrutando le case dei vicini, le persone che correvano sotto la pioggia, le strade e le pozzanghere. I suoi capelli erano una massa grande e intricata di radici nere come la pece che le cadevano sul viso e sopra gli occhi.
“Che cosa guardi tesoro?” chiese suo padre, scostandole i capelli dietro l’orecchio.
“La pioggia” disse lei “È tanta oggi”
“Sì”
“Non mi piace, quando piove si allaga la cantina”
“Sì tesoro… ma poi la ripuliamo”
“E poi è fredda.”
“È acqua”
“Non voglio che sia fredda”
Il padre le mise con affetto una mano sulla spalla gracile.
“Non puoi farci niente, tesoro”
“Non voglio che piova, tutto diventa triste quando piove. La mamma è triste quando piove.”
“Non è triste. È pensierosa.” Precisò lui.
“La pioggia fa pensare le persone?” chiese dopo un po’ Lilian.
“A volte”
“Allora dovrebbe piovere più spesso. La gente non pensa o pensa poco.”
Il padre abbozzò un sorriso e senza pensarci rispose: “Sì, è vero”
Ci fu un momento di silenzio tra i due, nel quale si distingueva solamente il rumore dell’acqua che cadeva. Poi di un botto, s’interruppe pure quella. Divenne solamente un cadere lento,vago e confuso di qualche goccia, che batteva sui vetri e le pozzanghere.
“Vieni. Ti porto a vedere qualcosa di bello” disse il padre prendendole la mano, ma Lilian lo fermò.
“Ma piove ancora! Guarda.” indicò la finestra, dove le gocce d’acqua si sfasciavano sul vetro.
“Non importa. E poi è solo qualche goccia, dai vieni.”
Si nascosero dentro dei cappotti pesanti e, usciti di casa, s’infilarono lungo la strada laterale che portava al bosco vicino alla valle. Il freddo trafiggeva il volto del padre e della figlia come fosse un pugnale congelato.
Lilian si concentrò sugli arbusti possenti che si ergevano alti, squarciando un cielo grigio con i loro rami ombrosi. Annusò l’aria che le gelò le narici.
“Sa da pioggia”
“Sì, è vero” rispose il padre, stringendole ancor di più la mano fredda.
“Quando mamma finisce di pulire casa, c’è questo odore”
“Hai ragione” concordò lui “Forse è perché non pulisce abbastanza bene” aggiunse scherzando e Lilian sogghignò: se solo li avesse sentiti dopo una giornata passata con lo straccio in mano!
Le gocce scendevano rade e le cadevano sul viso arrossato, scivolavano lasciando una via fredda e poi sparivano. Lilian immaginò fosse il cielo che tentasse di accarezzarla. Seguirono il sentiero che girava intorno alla collina e si ritrovarono in cima, dove il vento tirava forte e le spostava i capelli ovunque. Il padre le sistemò il cappuccio del cappotto e lo legò sotto il mento. Poi le sorrise, e Lilian si sentì felice.
“Adesso io mi sposto e tu guardi tutto quello che c’è dietro di me, okay? Come fai di solito dalla finestra. E poi mi dici cosa vedi” le sussurrò.
Lilian annuì e il padre le lasciò la vista libera.
Grandi nuvoloni lividi spezzavano un cielo pallido e senza vita. Il bosco si stendeva scuro e tenebroso lungo la parte est della valle, saliva sopra i monti e poi ci si nascondeva oltre, lasciando solo le punte biancastre di neve e le alture rocciose scoperte al freddo del vento. Là sotto la valle pareva morta. Non si udiva alcun rumore a parte il sibilo delle folate gelate che trafiggevano i fianchi dei monti e abbracciavano i lati della vallata.
Le case, che di solito brillavano di bianco sotto il sole estivo, adesso erano malate e vuote, di un colore che lentamente si smorzava e i tetti rossi erano diventati arancioni e scuri. La campana della chiesetta vacillava prima a destra e poi a sinistra, con uno stridulo rugginoso che graffiava i timpani. Non c’era altra voce che proveniva dal villaggio, o dalla foresta. Solo il cielo era sovrano, e la pioggia leggera ne lodava l’esistenza, la sua presenza onnisciente. “Io comando” sembrava urlare il vento. “Siete un piccolo puntino sotto un cielo infinito” sussurravano le gocce di pioggia.
Lilian si accorse in un solo momento che non aveva mai visto il villaggio ridotto così. Di solito brillava e rideva sotto un sole estivo, o se ne stava in silenzio, dormiente sotto una coperta di neve bianca, ma mai era stato così impotente, così inerme, così poco presente nella montagna.
“E’ tutto… morto” disse Lilian.
“Lo è” concordò il padre pensieroso.
“Siamo così piccoli. Siamo così privi di significato sotto questo cielo.”
“Sì, è vero tesoro…lo siamo.”
“Noi non possiamo niente contro quello che è il mondo, vero papà? Noi non possiamo fare niente per impedire alla pioggia di essere fredda o per impedire alla cantina di allagarsi”
“No, tesoro… non possiamo.”
“Se Dio esiste, secondo me è questo. Questo è Dio” disse dopo un po’ la piccola.
“Perché dici questo?”
“Perché Lui è potente, può fare tutto… però non ci fa male. Le montagne… Bloccano la maggior parte delle folate di vento, ma ne lasciano passare un poco. Papà, pensi che Dio voglia che noi affrontiamo le piccole folate di vento?”
Il padre ci pensò su. “Si, tesoro. Pensò di sì.”
Quando Lilian ritornò nella realtà, si accorse che era ferma in mezzo al sentiero. Aveva gli occhi umidi di pianto. Axel infilò il muso nella sua mano e Lilian sentì il suo naso umido tra le dita. Sorrise un poco, guardando il suo cane.
“Stiamo solo affrontando le piccole folate di vento, non è così Axel?”

– Celnikasi Nausika

ATTORI VS OSCAR

Ebbene sì ragazzi, come ormai sanno anche i muri, il vecchio Leo, dopo cinque nomination a vuoto, ha finalmente vinto l’Oscar al miglior attore protagonista.
Per guadagnarsi il tanto agognato riconoscimento, DiCaprio ha dovuto mangiare ogni tipo di schifezze, tra cui fegato crudo di bisonte, e infilarsi in un cavallo sventrato. Anche in questo caso non sono mancate le polemiche tra quelli che pensano che in realtà questa non sia stata la sua migliore interpretazione; sostengono, infatti, che il miglior attore non sia chi riesce a recitare provando sulla propria pelle situazioni estreme ma piuttosto chi riesce a rendere reale ciò che non lo è. In ogni caso quello che conta è che abbia finalmente anche lui una statuetta sotto la sua foto di Wikipedia.

Se siete superstiziosi, potreste interpretare l’ anno bisestile in cui è stato premiato come un cattivo presagio; in ogni caso soltanto i fatti ci diranno se potremo festeggiare ogni quattro anni, oltre alle Olimpiadi e ai mondiali, anche l’ Oscar a DiCaprio. (altro…)

LICEALI, BRUTTA RAZZA

Buongiorno a tutti radioascoltatori! Anche quest’anno il giornalino pubblicherà articoli inutili e di bassa lega…. Inutile dire che sono più che felice di assolvere questo compito per prima! Ormai l’anno scolastico volge a termine ( contando che Gennaio è quasi finito, Febbraio ha pochi giorni, Marzo e Aprile sono saturi di gite ed uscite scolastiche, possiamo dirci molto vicini a Maggio), e prima di dedicarci a rilassanti nuotate e serate folli, vi invito a riflettere su uno dei temi più temuti di sempre. Uno dei più spinosi argomenti. Infatti, se ci pensate, tutta la nostra vita gira intorno, tra le tante cose, alla scuola. Ormai la tranquillità del pomeriggio non dipende più dal tempo ma dalla quantità di interrogazioni e verifiche che si hanno per il giorno dopo. Ma ci sono varie realtà, varie scuole con diversi modi di concepire l’impegno e lo studio. Ho fatto girare tra gli studenti di vari istituti tecnici e professionali (con la discrezione di un agente segreto, ovviamente)una domanda molto semplice e diretta, così precisa da lasciare di stucco gli intervistati dalla sorpresa: COSA PENSATE DEI LICEALI DEL FERRARI? Come potete immaginare le risposte sono state tra le più strampalate e fantasiose,ma qui sotto potete trovare la Top5! (altro…)

AGGIUNGI UN POSTO A SCUOLA

“No, no, NO!”

Queste tre paroline riassumono, grossomodo, la reazione di molti studenti del Ferrari appena appreso che quattro classi delle medie si sarebbero trasferite “momentaneamente” nella nostra scuola; tutto questo grazie al violentissimo, stramaledettissimo uragano che investì Este il 13 ottobre scorso.È inutile negarlo per sembrare gentili e accomodanti, bisogna avere il coraggio di affermare ciò che si pensa davvero: tutti noi abbiamo subito rivolto l’attenzione ai possibili disagi che si sarebbero andati a creare; infatti, nonostante queste quattro piccole classi occupino solo una minima parte di un’ala della nostra (enorme) struttura, la questione ha toccato tutti noi liceali in un modo o nell’altro: siamo italiani, nessuno potrà mai rimuovere la nostra naturale tendenza a lamentarci anche delle cose più insignificanti.
Eppure, siamo prima di tutto umani. Personalmente, (altro…)