Bambina di vetro

Mi guardo attraverso lo specchio,
ma non vedo il mio riflesso.
E io piango e piango ancora,
inondando le guance
di lacrime amare,
e rammento:
“singhiozzo ancora una volta,
l’ultima volta e poi basta”.


La bambina di vetro,
sfiora lo specchio
e appoggia la mano minuta sul riflesso.
Sorride con innocenza.


Oh, mia piccola bambina di vetro,
sei così fragile e delicata.
Appoggio la mano sopra la tua più piccola,
dello specchio trasparente.
Sorrido triste,
sussurro solo un altro “scusa”,
l’ultimo di questa giornata.


Oh, mia piccola bambina di vetro,
sei sempre stata così bella,
così dolce e raffinata.

Anonimo

Io

Io.
Una persona normale, all’apparenza.
Dentro, un disastro.
Io
che ogni giorno cerco di lottare contro ciò che nascondo.
Io
che, nonostante i miei tentativi, non riesco ancora a vedere la luce.
Io
che grido al mondo il mio silenzioso urlo d’aiuto.
Io
una persona che non sa gestire le proprie amicizie
Io
che odio me stessa più di chiunque altro.
Io
che spero che un giorno tutto questo finirà.
Io
massa informe di sentimenti. Tutti troppo intensi per il mio fragile corpicino.
Io
che vorrei scappare da me stessa.
Semplice, eppure così complicata,
Io.

Anonimo

Autoritratto

Figura astratta

Perché hai paura?

Se l’amore è dolore,
Perché mai continuare ad amare?
Un’ardente fiamma spenta
che fredda
brucia nel mio cuore.
-amore-
Figura astratta in movimento.
Genera onde.
Curva lo spazio attorno a essa.
Dinamica,
corre.
Sguardo assente la caratterizza.
Avvolta da una nebbia di terrore si ferma.
Crolla,
inerte.
Perché, perché hai paura?
-agonia-
Amare mi spaventa.
Chiusa in una ferita sanguinolenta
la mia persona
scompare.
Un giorno anch’io tornerò a danzare.
Marchetto Sara 3CA

Ormai

A volte sento che dire:
“voglio morire”,
sia troppo poco rispetto a quello che provo.
A volte sento che dire qualsiasi cosa,
sia troppo poco rispetto a quello che provo.
Vorrei che le parole avessero
un peso effettivo,
come quello che sento dentro di me.
Vorrei non dovermi preoccupare
di ciò che non riesco ad esprimere,
del peso che non riesco ad esternare.
Vorrei andare via,
senza lasciare traccia,
senza lasciare ricordi.
Vorrei sparire nel vuoto,
abisso profondo e silenzioso,
nell’apice del dolore insensibile,
Senza far rumore,
senza che nessuno possa accorgersene.
Vorrei poter non essere niente ,
quel niente inusuale, stranamente silenzioso
quasi angosciante.
Quel niente di cui percepisci l’esistenza,
di cui percepisci la tensione.
Anzi, forse vorrei solo non essere.
Tirare a me tutto quello che ho lasciato
e poter solo,
non essere mai stata.
blu, 12

Piccola ancora di carta

Salvatemi da me stessa

Perché
vorrei solo non sentirmi
così rotta,
così inadeguata,
così fuori posto,
così imperfetta,
così “non abbastanza”.
Perché
vorrei sorridere
senza tremare temendo che tutto
si spenga e lacrime scendano sul mio volto.
Perché,
alla fine,
vorrei solo non vivere ancorata alla paura
di essere ciò che spero,
ciò che voglio,
essere felice.
Tutti hanno un’ancora a cui aggrapparsi,
ma se la mia fosse un origami di carta?
Spiegherebbe perché ogni volta,
alla fine,
sprofondo.

-Anonimo

Arte

Dove la fotografia manca

Si spogliò completamente delle vesti che coprivano il suo corpo.
Appoggiò i vestiti a terra e delicatamente fece passare due dita sulla ringhiera in ferro del
vecchio letto.
Successivamente si sedette su di un datato sgabello in legno intagliato e guardò fisso
l’uomo posto dinanzi a lei.
Un tale sempre per le sue.
Aveva forse una cinquantina d’anni ma pareva molto più anziano.
Il modo di fare trasandato gli donava un velo di tristezza e faceva risaltare i goffi movimenti
lenti della sua persona.
Prese tra le grosse dita un pennello sottile,
lo portò alla bocca e lo bagnò di saliva.
Guardò in silenzio la donna.
Un silenzio giudice.
L’uomo si girò verso la sua valigia di pelle e tirò fuori uno stropicciato e malconcio pacchetto
di sigarette.
Ne accese una.
Il fumo impregnò la stanza dell’odore dolciastro del tabacco.
Iniziò a dipingere.
Nell’aria ora viaggiava un odore forte.
Trementina e tabacco mischiati davano nausea.
La donna aveva un’espressione vuota.
Il volto segnato dal tempo era pieno di solchi.
Le rughe, come linee in una cartina geografica, le correvano negli spazi vuoti tra gli zigomi e
la fronte.
Forse
era proprio questo vuoto che spingeva l’uomo a dipingere la nudità spenta della figura.
Forse
voleva colmare quell’assenza con il colore.
-Apatia-
Marchetto Sara 3CA

Vorrei smettere di scrivere qualcosa di triste

“Come stai?”


Suona come una frase spenta,
parole vengono pronunciate vacuamente,
come se la voce sbattesse
su una bolla di spesso vetro,
un muro
che mi separa
da questo mondo dolente.


“Bene.”


Percepisco uscire una voce
da me,
una risposta così automatica
che mi sono accorta
in ritardo
di averla pronunciata.


Un sorriso,

che non mi appartiene,
concilia la conversazione
di questa triste giornata.


Lacrime trattenute
bruciano i miei occhi.

Vorrei che le persone
non si sentissero così deboli,
nell’atto di crollare
e lasciarsi andare.


Vista appannata,
volgo gli occhi al mio riflesso,
osservando scrupolosamente il mio sguardo perso,
smarrito in questo buio oblio.


La voce sembra bloccata
dentro al guscio
cui io stessa sono intrappolata.


“Che ne diresti di tornare bambini?”

Solo per un giorno,
solo per un secondo,
E poter piangere senza la paura
di essere giudicati
da questo mondo così grigio,
quanto i tuoi occhi quando trattengono le lacrime.

Anonimo

Dolce e crudele Mente

“Dove seeeiii??”
Ti invoco, disperata.
Mi hai lasciata così.
Sola.
Indifesa.
Assetata del tuo amore dilaniante.


Cammino tra una miriade di freddi alberi.
Oh fitta foresta,
dammi la strada per ricongiungermi a lei,
che la bramo intensamente!


Continuo a correre,
i piedi consumati dalla corsa forsennata.
Un falò di fuoco blu:
degli spiriti vi danzano attorno, in armonia.
E liberi.


Vieni qui Amore,
vieni a ballare con noi
Che ci stiamo divertendo!
Eccoti.


La tua indimenticabile sagoma nera con bordi cremisi.
Bella, e crudele, ti avvicini.
Stavamo aspettando solo te!


Danziamo insieme,
così intensamente,
che il tuo amore sembra vero.
Vorticosi balliamo, noi
e le nostre sagome sfumano,
i nostri corpi si fondono.


Mentre la musica prende ritmo
volteggiamo, sempre più intensamente.
Suvvia, plasma il mio corpo in una orribile scultura!


Mi sveglio.
Le guance rigate da lacrime salate,

mentre il mio amato fiume rosso esonda.
Mi sono lasciata ingannare ancora una volta
dalla mia astuta, dolce e crudele Mente.
Lei, il Mio Amore.


Warr;or

Unghie scorticate

L’oscurità dell’anima

Buio.
Tra un arpeggio e l’altro della chitarra,
Appari.
Eccoti sei fuori:
In piedi sul ciglio della strada.
Il tuo sguardo fisso cerca il mio
che
dietro al vetro della finestra, ti nota.
Solo un battito di ciglia.
Sei scomparso.
Ti sei dissolto nell’aria come immerso in un acido fortissimo.
Ora la finestra riflette il mio ritratto.
Gli occhi socchiusi si spostano,
stanchi di questi brutti scherzi giocati dall’immaginazione.
Un’altra sigaretta.
Odio l’odore del tabacco ma amo il calore del fumo che avvolge il mio corpo solo.
Quasi mossi da una forza estranea,
i miei occhi corrono.
Fuori. Dentro.
Fuori. Dentro.
Ti cerco, ti cerco.
Ora il mio volto specchiato appare sfocato.
Un secondo piano.
Guardo attentamente la strada vuota.
La ringhiera cupa,
riflette la luce del cielo.
Silenzio. Ti ho perso.
L’ottenebrante, irresistibile voglia di cadere.
Sei la mia vertigine.
La musica si è fermata.
Ogni tanto desidero distruggere brutalmente tutto il mio passato.
Non ricordare niente.
Non ricordarti più.
Ho come l’impressione di star correndo scalza su una valle di vetri rotti.
Sono così colma di ferite sanguinanti che quasi non ricordo più il colore della mia pelle
pulita.
Non ritorno mai.
Una strada infinita.
Mi porti giù,
in basso.
Sto annegando nel dolore.
Le nocche distrutte per i pugni al muro.
La voce roca e spezzata dalle vane grida d’aiuto.
Le unghie scorticate per i troppi tentativi di risalita senza successo.
I polsi tagliati, bruciano di promesse infrante.
Guardami solo un’ultima volta.
Ti prego baciami e non lasciare più il mio corpo marcire nell’oscurità.
Marchetto Sara 3CA

Chi sei ora?

E sento il tuo profumo,
cosa ci fai qui?
Una corriera vuota,
la solita di ogni sera…
Buia,
silenziosa,
nulla.
Ad ogni curva il tuo profumo,
veloce,
mi raggiunge e staglia i ricordi nella mia mente.


Come un’onda su uno scoglio,
infrange ogni sentimento,
ogni tentativo di dimenticarti.


Dove sei?
Dove sono?


Perché mi raggiungi in ogni posto,
ovunque vada?


Perché rimani nella mia vita,
anche se non vuoi?


Perché ti riconosco,
se di te ormai,
non so più nulla?
So la tua storia,
so chi eri,
ma non basta.


Chi sei ora?

No,
non lo voglio sapere,
non viglio riconoscere il tuo profumo.


Lasciami andare,
come io ho fatto con te.


Lasciami andare,
non ce la faccio più.
Lasciami andare,
non voglio conoscerti ancora,
non voglio rimanere ferma
in un passato che non tornerà.


Lasciami correre via;
nelle braccia,
nella mente,
nelle mani,
nelle labbra,
nel cuore di qualcun altro.


Qualcuno che non sei tu,
qualcuno che mi faccia stare bene,
qualcuno per cui sono abbastanza.


Semplicemente io,
semplicemente sola,
semplicemente libera.
Di amare, di essere amata.


blu, 12

Primavera

Dolce sole
l’equinozio è ormai arrivato
e dei fiori sono già sbocciati.
Il Sole si posa sulla pelle
e termina l’inverno perenne.

-Anonimo

Abisso

Sprofondo sotto ai miei piedi

Brezza serale
vola sul mio volto affacciato alla finestra.
Gli occhi si chiudono stanchi.
Un sorriso impermeabile,
mi appare davanti.
I muri della stanza quale è la vita mi stanno crollando addosso.
Questo vuoto costante,
lentamente
mi sta divorando.
Puoi tu,
Amore
essere così dannatamente spietato?
Marchetto Sara 3CA

Basta!

1069 sono le vittime di mafia dal 1861 a oggi: bambini, anziani, uomini e donne. Alcuni uccisi solo per vendetta, altri perché si sono opposti al regime mafioso. 133 le donne, 115 i bambini. 168 le vittime prima del 1961, 16 le vittime innocenti dell’ultimo anno. Perché tutto questo? Perché deve andare avanti così?
21 marzo. Il ritorno, almeno sul calendario, della primavera, simbolo di vita e rinascita, ma oggi non è solo la rinascita della natura, è anche la giornata in cui ci si impegna in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Parlatene della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” questo diceva Paolo Borsellino, magistrato siciliano che dedicò la sua vita alla lotta contro le mafie insieme al collega e amico Giovanni Falcone, entrambi persero la vita per questo scopo e questa è la mia intenzione: scriverne.
Oggi non si ricorda solo chi, come Falcone e Borsellino, ha perso la vita per sconfiggere le mafie, ma anche
tutti quelli che sono morti con loro a Capaci o in via D’Amelio, quelli che sono morti perché si sono ribellati
al sistema mafioso, quelli la cui unica colpa era essere parente di un nemico della mafia e soprattutto quelli
che di colpe non ne avevano: donne e bambini uccisi da proiettili vaganti. Ma i proiettili non vagano da soli.
Serve sempre qualcuno che spari e, indipendentemente dal motivo, è sbagliato.
Mafia, Camorra, ‘ndrangheta, Cosa nostra, Sacra corona unita, Mala del Brenta… tutti nomi per la stessa cosa: la criminalità organizzata. L’organizzazione è capillare, raggiunge ogni minimo centimetro quadrato dell’area in cui agisce e la non collaborazione si traduce in morte.
Bisogna però saper reagire. Bisogna opporsi.
Non tutti abbiamo lo stesso coraggio dei già citati Falcone e Borsellino o di Antonino Caponnetto, del generale Dalla Chiesa, di Rocco Chinnici. Ma basta poco. Basta il coraggio di opporsi a un torto, magari anche una cosa definita come “cosa da poco”, ma è importante perché è dalle piccole azioni quotidiane che iniziano le grandi rivoluzioni.
Mafia è violenza ma è anche omertà, il silenzio sulle azioni scorrette a cui si assiste. Il problema è che questo fenomeno è troppo diffuso, in particolare tra noi giovani, Facciamo un esempio: per aiutare il compagno, si fa copiare, e chi vede questo, spesso non lo riferisce all’insegnante, diventando “colpevole” tanto quanto chi copia e chi fa copiare. Probabilmente questo atto sarà fine a sé stesso, ma se non si interviene su queste piccole azioni sin da subito la situazione potrebbe peggiorare fino a diventare altra criminalità organizzata. So che è una visione drastica delle cose, ma d’altronde come dalle piccole buone azioni nascono le rivoluzioni, da tutti gli atti di ingiustizia o di illegalità nascono i grandi problemi di questo mondo.
Ultimamente “mafia” è una parola che si è sentita spesso in televisione, grazie al recente arresto di Matteo Messina Denaro che, però, è solo un minuscolo traguardo rispetto all’immensità della mafia. Infatti, lui era uno dei boss di Cosa nostra, ma probabilmente prima dell’arresto aveva già “passato il testimone” all’erede successivo. Però, bisogna continuare a combattere per gli ideali di quanti sono morti difendendo la giustizia per un mondo libero dalla mafia. “Gli uomini passano, le idee restano” diceva Giovanni Falcone, ma oltre che restare, devono restare vive e alimentare l’umanità che è dentro tutti noi. La mafia magari non commette più omicidi eclatanti, le stragi, ma continua a esistere ed esiste in tutto il mondo, non solo in Sicilia o nel Sud Italia. Esiste nel traffico di migranti, esiste nel mercato della droga, esiste nella corruzione politica, esiste.
E questo deve smettere di essere vero.
Bisogna combattere la mafia, magari c’è, tra chi leggerà quest’articolo, qualcuno che un giorno avrà una carriera politica, e in quel ruolo dovrà farsi valere contro la mafia e la corruzione. Ma tutti dobbiamo combatterla quotidianamente, contrastando le ingiustizie e l’omertà.
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” – Paolo Borsellino
I nomi e i numeri si possono trovare nel sito di “LIBERA” https://vivi.libera.it/
Pietro Grosselle, 3BSA

C’era una volta

C’era una volta
un sogno disperso
nell’animo inquieto,
un quadrifoglio
tra pagine ingiallite dal tempo
di uno spesso libro senza titolo,
fiori appassiti
in barattoli colorati,
chiavi arrugginite,
dimenticate,
in un cassetto
con buchi per le tarme.
Pioggia ticchetta sulla finestra,
mentre aspetto la realizzazione
di una leggenda,
l’arcobaleno e la sua profonda atmosfera,
un ricordo intrappolato
in una mente disordinata
tra nuvole dipinte di tristezza
di questa distesa di lacrime,
la breve vita.


Anonimo

Non voglio sparire

Non voglio sparire come il fumo delle sigarette
Voglio rimanere nei cuori e nelle menti
Non voglio andarmene senza aver lasciato nulla al mondo
Voglio farmi studiare nei libri di un futuro lontano
Non voglio rimanere per sempre nell’ombra
Voglio un angelo che mi strappi dallo sfondo delle vite altrui
Non voglio stroncare i miei pensieri con la mia morte
Voglio mettere tutto il mio mondo su carta
Non voglio sembrare una persona qualunque
Voglio essere sulla bocca di tutti
Non voglio farmi dimenticare
Ho ancora tanto da raccontare, sussurrare, scrivere…


MaxTheRecluse

Freddo

Voce dell’anima

La vita è come un paio di scarpe nuovo.
Se lo prendi troppo stretto poi fatichi a camminare
Fa freddo.
È un tipo di freddo insolito.
Non è il mio corpo a tremare,
è la mia anima.
Sono come una presenza che senti ma allo stesso tempo non è abbastanza rilevante da
darci importanza.
I miei pensieri fanno un rumore che ovatta tutti gli altri e li sovrasta.
Come se mi isolassi completamente senza vedere più la realtà delle cose attorno alla mia
persona.
Impongo silenzio all’essere.
Forme e colori diventano vaghe masse sulle quali colloco visioni di immagini che si muovono
troppo velocemente per essere decifrate.
Mi sta sanguinando il cuore come trafitto da una lama ardente.
-Tormento-
Ora anch’io
come le “Donne ch’avete intelletto d’Amore”, capisco le canzoni di Dante.
Ora anch’io
ahimè
comprendo.
Marchetto Sara 3CA

Non ti ho mai amato

Non ti ho mai amato, eppure anche quando riesco a scappare, torno
Non ti ho mai amato, però necessito di te
non ti ho mai amato, ma vorrei saperlo fare.
Mi fai essere dipendente,
mi fai crollare,
mi controlli, e vorrei essere io a controllare te.
Sei il mio più gran nemico,
sei un acido che mi corrode all’interno.
Mi bruci lentamente, fino a disintegrarmi totalmente,
lasci tutto quel vuoto, e io riesco solo a odiarlo.
Vorrei essere in grado di amare, di amarti,
ma mi fai collassare ogni volta che ci provo.
Non ti lasci amare, e mai lo farai, mi distruggi ogni volta che ti chiedo di combattere con me al posto di
crollare.
Collasso suo pavimento del bagno, e capisco che hai vinto ancora, perché non possiamo solo finirla?
Perché non possiamo amarci?
Una volta ci siamo amati.
Una volta amavo la vita, o almeno l’idea che mi ero creata di essa, perché in realtà non ho mai saputo come
fosse una vita da amare.
Una volta amavo quell’idealizzazione di com’è sentirsi vivi.
Una volta provavo ad amare la vita, e tentavo di equilibrare all’insostenibile pesantezza, la leggerezza che mi
potesse far emergere, anche se per dei singoli momenti.
Una volta amavo la leggerezza, amavo sentirmi capace di poter essere il mio equilibrio, ed essere la mia
leggerezza nella mia insostenibile pesantezza.
Una volta amavo vivere la vita, anche se amavo solo la vita fuori di me.
Una volta amavo bere, amavo le persone e la musica.
Una volta amavo ridere e scherzare.
Una volta amavo provare a essere felice, nei miei momenti di leggerezza.
Una volta amavo il saper essere leggera.
Ma non ho mai amato me,
non ho mai amato il cibo,
non ho mai amato il mio corpo,
non ho mai amato la gabbia della mia mente e la prigione del mio corpo.
Non ho mai amato la mia ansia e il mio panico,
e non ho mai amato la vita dentro di me.
Mi hai fatto sentire lontana da tutto ciò che poteva rendermi felice, non ero più in grado di essere felice,
nemmeno per un momento.
Non sapevo più come emergere dalla pesantezza,
che ormai aveva inghiottito ogni parte di me.
Io non amerò mai la pesantezza,
e mi sono alzata.
Qualcuno mi ha porto la mano e mi sono alzata.
Mi sono rialzata e mi sono sentita felice.
Mi sono sentita davvero felice,
ho smesso di lasciarti avere il controllo,
ho iniziato a togliere le sbarre alle tue finestre.
Ho iniziato a togliere quel grigiore dalle tue pareti e le ho dipinte di verde, giallo, bianco, celeste e rosa.
Le ho dipinte di tutti i colori per formarne uno che avesse il sapore di luce e felicità.
Ho iniziato ad alzarmi dal pavimento su cui collassavo, e ho iniziato a ballarci sopra,
ho preso i tuoi spazi stretti e claustrofobici, e li ho fatti diventare un prato aperto,
ho cercato di toglierti il controllo, perché la verità è che tu non hai il controllo, sai fingere di averlo.
E ora sembra che tu stia tornando ad averlo,
sono tornata a contare quante calorie ci sono in quel piatto,
sono tornata ad avere paura dei cibi che entrano dentro di te,
e sono tornata a non riuscire più a guardarti.
Potrai anche farmi male, e convincermi a farmi male di nuovo,
potrai togliermi l’appetito, e farmi vomitare quando la fame sarà stata troppa,
potrai farmi bere acqua o the per non mangiare
e potrai anche farmi indossare la tuta al posto dei jeans, per nasconderti meglio, ma non ti lascerò più farmi
vivere nelle tue pareti grigie.
Perché dopo essere collassata sul pavimento voglio alzarmi e ballare,
voglio vedere tutti i colori in uno,
voglio sentirmi splendere in tutti i colori in uno,
voglio sentire le mie emozioni brillare,
voglio vivere veramente,
voglio essere felice.
Forse non ti ho sconfitto, forse hai ancora le sbarre alle finestre,
ma potremmo litigare solo quando siamo davanti a quel piatto,
litighiamo a ogni pasto, ma non controllarmi più.
Litighiamo a ogni pezzo di pane, o biscotto nel the, ma lasciami vivere veramente perché ho una voglia
assurda di vivere.
Ho una voglia assurda di vivere veramente.
E ne necessito incondizionatamente.
Non ti amerò mai, e avrai sempre un po’ di potere su di me,
ma vorrei iniziare a piantare dei fiori, magari qualche vaso su quelle finestre con le sbarre,
magari non ti amerò comunque, ma vorrei vedere quei fiori uscire da quelle sbarre.
La vedo la luce là fuori, quella che inseguono i fiori.
Appena inizieremo ad amarci, ti prometto che ti ci porterò.
Amati, anche se io non so farlo
amami, anche se io non so farlo.
Ti amerò, e tu ama me.
Amiamoci.
Un giorno, ci ameremo, intanto pianterò dei fiori, te lo prometto.


Anonimo

Ho bisogno delle misure

Non provo più quel piacere nel cibo come quando ero bambina, non lo desidero, ma in realtà potrei mangiare
qualsiasi cosa in questo momento.


Ho deciso che pranzerò con uno yogurt: apporto calorico 59 calorie per 100 grammi.
Come posso distribuire in modo bilanciato il totale delle calorie giornaliere?
Bilancia e tabelle caloriche.
Ho bisogno assolutamente di queste due cose per farlo bene, ho bisogno delle misure.
Mi concedo questa delizia, poi programmo 1 ora di workout per riequilibrare le entrate e le uscite, le calorie
ingerite e le calorie consumate.
Ora guardo la bilancia: mi piace giocare con il corpo, ancor di più con il peso.
Decido io.
Come, quando e cosa mangiare.


Pian piano, senza nemmeno rendermene conto, il senso di potere entra in me, perché posso controllare un istinto, cosa che non immaginavo assolutamente di essere in grado di fare.
La fame riesce ad arrendersi al controllo del peso, e anche quei pangoccioli che mangio sempre non fanno più effetto. Chi lo avrebbe mai detto?


Sento proprio l’esigenza di liberare il mio corpo dal cibo, svuotarlo di tutto, così da sentirmi leggera.
Spegnermi, come il nulla che ho dentro.
Come la vita che non sento.
Non sento nulla.


In pochi giorni ho trovato il modo per chiudere lo stomaco all’istinto della fame, ho cercato di mettermi le
dita in gola per vomitare, ma non fa per me. Cerco un metodo più diretto: mi taglio.
Sì, mi sembra la via più facile e la più efficace per far capire a me stessa come stanno le cose.
Iniziano i sensi di colpa.
Non è una cosa normale, le altre persone non lo fanno, allora perché proprio io?
Come si costruisce un equilibrio, come si torna indietro alla “normalità”?
Mi guardo allo specchio e mi accorgo di aver cambiato espressione. I miei occhi sono diversi.
Lo sguardo è spento, gli occhi persi.
Una volta ridevano.


Inizia la prima discesa,10 chili in due mesi: 52…50…48…46…42…
Nessuno si è mai posto qualche domanda rispetto al mio cambiamento improvviso.
Vivo la mia immagine allo specchio come un incubo. Ogni tanto mi tocco le ossa dei polsi, del torace, delle
anche. Due spigoli che si notano anche attraverso i jeans.
Sento la leggerezza, una leggerezza incorporea. E ciò mi piace. E se il peso oscilla in qualche modo, corro in
bagno a punirmi.


Ho provato ad analizzare i miei pensieri ma non riesco a trovare una spiegazione al mio comportamento,
perdo il controllo.
Provo rabbia, paura, ansia.
Il cuore bussa ogni tanto per ricordarmi chi sono.
Mi ricorda soprattutto chi fossi, quando forse ero felice, forse.
Non voglio annientarmi, anzi, tutt’altro.
Il mio corpo è una scatola fatta per comunicare. Chi vuole morire, generalmente, fa in modo che gli altri non
se ne possano accorgere. Io al contrario sto costruendo il mio strumento di comunicazione con il mondo,
proprio perché il mondo, così facendo, si possa accorgere di me per quello che mostro.
Non chiedo aiuto, ma così facendo lancio il mio SOS.
Devo capire cosa succede dentro di me.
Dall’esterno è più facile guardare che cercare di capire il punto di vista di qualcun altro.
Bisogna farsi domande. Cambiare punto di vista.


Anonimo