Ricordati chi sei

Parla, subisci;

sotto ogni critica tu marcisci.

Pensi a come cambiare,

senza pensare a come migliorare.

Non è detto che tu sia sbagliato,

magari è solo che non hai fiducia:

parla come hai sempre parlato;

pensa come hai sempre pensato;

non farti condizionare da rimorso e rinuncia,

ci saranno sempre quelli che ti commentano.

Tu parla, subisci.

Capisci cosa gli dà motivo di insultare

e quel tuo punto debole prova a trasformare.

Diventa indifferente alle critiche che sempre ti accompagneranno,

ma sfogati! Perché se son troppe, presto esploderanno!

Sfogati, parla, subisci!

Un circolo vizioso è tutto questo,

dove niente è davvero a posto.

Se ti senti esplodere, trova qualcuno che ti ascolti

perché da quel qualcuno tutti i tuoi pensieri saranno accolti.

Serve solo essere gentili, niente di che;

non fare la vittima, non ne hai bisogno!

E se questo è il tuo intento, allora tieniti il tuo sogno.

Taci, non parlare, e subisci!

Frederick Toschetti 2CA

Stella

O cara stella,

che ti senti immensa o minuscola.
Stella,

che con la tua luce ogni giorno illumini

il cielo, lo spazio, il vuoto.
Stella,

che con la tua energia e calma fai da musa

a pittori, scrittori, artisti.
Quando ti spegni, noi ce ne accorgiamo molto dopo,

ma continui a darci luce per vivere le nostre giornate.
Cara piccola stella,

grazie di esistere.

-Francesca Picelli 1AL

The Chess Genius

Un prodigio, un campione, una leggenda

Magnus Carlsen

In questo capitolo della rubrica vorrei raccontare un po’ i passi compiuti da questo grande uomo, carismatico e dall’enorme senso dell’umorismo.

Cominciamo dalle basi, quindi partiamo col dire che Magnus, anzi, Sven Magnus Øen Carlsen, è nato in Norvegia il 30 Novembre 1990.

Iniziò a giocare a scacchi per battere le sue sorelle, come passatempo, e così nacque la sua passione. Dirà infatti che la vera scintilla che fece cominciare la sua carriera fu la sua sorella maggiore.

Porta anche vari contenuti su YouTube, come partite bullet (1 minuto) e blitz (3 minuti), partite contro altri campioni, molte di queste in compagnia dei ChessBrah.

In varie interviste dice di divertirsi a caricare contenuti su YouTube e che vorrebbe dedicare più tempo al canale in futuro.

Ha provato molti sport, e si è rivelato bravo in tutti, i suoi preferiti sono il calcio ed il basket, in alcune interviste disse che se mai avesse avuto la possibilità di giocare contro un campione di questi due sport avrebbe scelto Messi e LeBron James

Ma adesso torniamo sul centro della rubrica!

Divenne maestro nel 2004, al tempo il secondo più giovane al mondo ad aver mai acquisito quel titolo, aveva infatti 13 anni, 4 mesi e 27 giorni, oggi è l’ottavo più giovane ad aver ricevuto il titolo.

Nel 2008 batté Levon Aronyan, un grande GM armeno (che però gioca per la Federazione statunitense), e in quei mesi venne definito per la prima volta il secondo più bravo al mondo secondo le classifiche pubblicate in una rivista.

Lì comprese per la prima volta che sarebbe presto riuscito a conquistare il titolo di campione.

Dal 2009 al 2011 ebbe come tutor il grande Garry Kasparov, ex campione del mondo, e a lui deve molto della sua formazione.

Non accettò quasi mai di partecipare ai Candidates per la World Chess Championship fino al 2012, quando si iscrisse e l’anno successivo, nel 2013, divenne ufficialmente campione del mondo all’età di 22 anni, battendo Viswanathan Anand, detto anche Vishy, e così diventando il 16esimo campione del mondo della storia.

Come campione del mondo si permise molte volte di presentarsi in ritardo a tornei importanti, vari esempi possono essere i tornei da 5 minuti ciascuno, nei quali Carlsen arriva spesso quando al suo orologio mancano solamente 30 secondi… Ma nonostante questo riesce a vincere comunque la maggioranza delle partite!

All’inizio di questo articolo citai il suo umorismo, questo perché oltre ad arrivare il ritardo in molte partite si permette di anche di giocare una particolare apertura, chiamata Bongcluod (1e4. 2e4. 3Ke2), secondo la quale alla seconda mossa si muove il proprio re di una casella in avanti, impedendo l’arrocco, lo sviluppo della Donna e dell’Alfiere e in generale compromettendo la partita.

Difese il titolo fino al 2023, quando disse di voler lasciare il mondo scacchistico competitivo lasciando il posto a Ding Liren, 17esimo campione del mondo che appunto batté Carlsen nel World Chess Championship 2023.

Nel 2023 Magnus ha anche vinto la FIDE World Cup 2023, l’ultimo trofeo che gli mancava per completare la sua carriera! Dopo la vittoria contro Praggnanandhaa dirà infatti di aver “Completato gli scacchi”, avendo vinto ogni trofeo esistente per questa disciplina sportiva.

Recentemente si è anche concluso il Champions Chess Tour, un tour con tappe previste in tutto il mondo, in cui i più grandi scacchisti si devono sfidare per arrivare alla fine. Le varie tappe si distribuiscono per tutta la durata dell’anno, la finale si è svolta il 16 dicembre e ha visto la vittoria di Carlsen contro il grande Wesley So con un punteggio di 2,5 a 1,5.

Insomma, Magnus non poteva chiudere questo 2023 in modo più stiloso.

Frederick Toschetti 2CA

Pietro Guglielmi 5AS

La tecnologia Stealth e perché è così strategica

Scientifico!

(Northrop Grumman B-21 Raider)

Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno presentato il loro ultimo bombardiere dotato di tecnologia stealth e non serve sicuramente un esperto in politica estera per capire che questo annuncio fatto non è puramente casuale. L’aereo in questione si chiama Northrop Grumman B-21 Raider, ha fatto il suo primo volo il 10 novembre 2023, a Palmdale in California e da quello che è stato dichiarato potrà trasportare armi convenzionali e bombe termonucleari. Il costo è maggiore ai 600 milioni di dollari cadauno e gli Stati Uniti prevedono di acquistare circa 100 esemplari. Dotato di tecnologia stealth diventerà operativo tra il 2026 e il 2027 e sostituirà il Rockwell B-1 Lancer e il Northrop Grumman B-2 Spirit. Ma perché la tecnologia stealth è così importante strategica?

Rockwell B-1 Lancer

La risposta si trova nella sua funzione, cercare di rendere minima la possibilità ai radar di scovare e poter tracciare l’aereo in volo sul territorio nemico, potendo così poter colpire obiettivi più strategici con una maggiore probabilità di successo con una minore possibilità che l’aereo venga abbattuto.

Per parlare di come funziona la tecnologia stealth bisogna parlare anche di come funzionano i radar militari.

Northrop Grumman B-2 Spirit

I radar militari

Non c’è pressoché alcuna differenza tra i radar militari e civili.

Per funzionare i radar (parola dall’inglese radio detection and ranging) necessitano di una trasmettitore di onde e di una o più antenne per la ricezione del segnale di ritorno. Più in particolare viene sfruttato l’effetto di backscattering, grazie al quale un’onda, quando colpisce un oggetto ritorna alla sorgente con un angolo di deviazione pari a 180°, seguendo, però al contrario, il tragitto fatto. Per intenderci è come se percorriamo il percorso casa-scuola prima in un senso di marcia e poi quando siamo arrivati a destinazione ripartiamo immediatamente in retromarcia o nel senso di marcia opposto.

Non tutte le onde vengono deviate con un angolo di 180°, ma la maggior parte verrà deviata con angoli minori, per questo sono presenti nel territorio molte altre antenne per ricevere per l’appunto le altre onde che sono state deviate. Inoltre ogni trasmettitore radar emette onde con una frequenza diversa, seppur per pochi hertz, dagli altri e poiché quando le onde rimbalzano su un oggetto non cambiano frequenza, rende possibile il riconoscimento della stazione radar dalla quale è stata inviata. Per esempio un Boeing 747 sta sorvolando Perugia per atterrare poi a Venezia. Il radar di Venezia invia delle onde all’aereo per calcolare la sua posizione e molte onde vengono deviate e intercettate dall’antenna del radar dell’aeroporto di Malpensa. Se le frequenze dell’aeroporto di Malpensa e quelle del Marco Polo fossero identiche, a Milano risulterebbe che l’aereo sta viaggiano verso di loro, poiché le onde captate non sono riconducibili alla stazione radar del Marco Polo e risulta quindi che sono state deviate di 180°. Nella realtà vengono utilizzati anche i dati GPS e anche quelli dei radiofari.

A seconda poi della lunghezza d’onda, si possono raggiungere distanze diverse. Con lunghezze d’onda maggiori e frequenza minore si raggiungono le distanze maggiori, mentre con lunghezze d’onda minori e frequenze maggiori la distanza coperta è minore.

Nel campo aeronautico si utilizzano onde radio e microonde, con frequenze diverse.

Le frequenze tra i 230 e i 1000 MHz sono utilizzate per il controllo balistico (le lunghezze d’onda vanno dai 30 ai 130 cm),tra 1 e 2 GHz sono utilizzati per la sorveglianza aerea mentre quelle tra 8 e 12 GHz sono utilizzate per il puntamento di missili, l’orientamento e per scopi navali.

Tecnologia Stealth

Lo scopo della tecnologia stealth è quello di minimizzare la possibilità di un veivolo o anche di una nave di essere scovati da un radar, si cerca quindi di ridurre al massimo la deviazione delle onde verso un’antenna. È errato pensare che un aereo diventi completamente invisibile ai radar, infatti la tecnologia riduce le possibilità che l’aereo venga captato a una media e breve distanza dal radar, riducendo quasi del 15% le probabilità di essere trovati e colpiti, rendendo così possibili missioni più “invasive” nel territorio nemico.

 Per fare ciò si utilizzano materiali, vernici e forme che impediscano ciò. Come ben capite questa tecnologia è costosissima, ma vediamo in particolare questi elementi fondamentali.

I materiali

I materiali di costruzione degli aerei stealth sono tutti secretati, ma si ipotizza che non ci siano differenze strutturali con gli aerei normali. È ormai conosciuto che l’elemento principale per la schermatura è una vernice a base di ferrite e di colore nero, particolarità che permette all’aereo di assorbire e trasformare le onde in calore, anche se negli ultimi anni è meno utilizzata. Secondo delle indiscrezioni non verificabili nella ricerca stealth degli ultimi anni è apparso il kevlar.

Le forme

Le forme giocano un ruolo molto importante nella tecnologia stealth, infatti la forma di un aeromobile può influenzare la direzione in cui vengono riflesse le onde radar. Ad esempio, gli angoli acuti e le superfici piane possono riflettere le onde radar lontano dal ricevitore radar, rendendo l’aeromobile più difficile da rilevare . Inoltre, la forma dell’aeromobile può anche essere progettata per minimizzare le discontinuità e le protuberanze (come le prese d’aria dei motori o le antenne), che possono aumentare la sua visibilità radar. Inoltre, la forma dell’aeromobile può influenzare l’assorbimento delle onde radar.

I mezzi di propulsione

Ogni aereo stealth è dotato di un motore diverso dagli altri, che varia per tipologia, efficienza e funzionamento.  Il motore più diffuso è quello montato nel Lockheed Martin F-35 Lightning II, un Pratt & Whitney F135-PW-100 con postbruciatore, per via della grande richiesta di questi aerei (945 esemplari). Questo motore riesce a sprigionare 125 kN di spinta e se dotato di postbruciatore (strumento inserito dopo la turbina, che utilizza i gas di scarico per alimentare una fiamma che aumenta la forza di spinta, a discapito dell’efficienza di carburante) arriva ad oltre 191 kN. È composto da una turboventola con due ugelli direzionabili per permettere il decollo, l’atterraggio in verticale e anche di volare in condizioni di supercrociera, a 2,25 Ma (2.757,38 km/h) a soli 2.500 metri di quota.

Ad oggi, gli Stati Uniti hanno il maggior numero di modelli aerei stealth, ma negli ultimi anni anche Russia e Cina hanno iniziato delle ricerche su questa tecnologia. Gli aerei stealth ad oggi prodotti e  in servizio nei vari Paesi sono :

Stati Uniti

  • Lockheed Martin F-35 Lightning II (945 esemplari, acquistato anche da Paesi come Italia, regno Unito, Turchia e Israele)
  • Lockheed Martin – Boeing F-22 Raptor (195 esemplari);
  • Northrop Grumman B-2 Spirit (21 esemplari);

Russia

  • Sukhoi Su-57 (9 esemplari)
Lockheed Martin – Boeing F-22 Raptor
Lockheed Martin F-35 Lightning II
Atterraggio verticale di un F-35
Sukhoi Su-57

– Francesco Savio, 2ASA

Niente di significante

Le foglie, cadono come cadi tu.

Leggere, come l’aria che le fa scivolare via.

Delicate.

Ottobre, Novembre…

Ombre sul soffitto ma anche sotto il letto, o sotto il treno?

Sorridi, come sorridono le foglie.

Il loro colore sembra trasmettere un che di lietezza, ma stanno morendo. Appassendo mentre cadono. Perché si sono staccate da ciò a cui appartenevano.

E allora cadi, come quando cadono le foglie. Quelle sopra di noi, quelle sotto i tuoi passi che continuano a schiacciarle come se non fossero state nulla. Come se nulla fosse successo, niente di significante.

– Anonimo

Leggere

Leggere come petali di rosa

Sono queste parole non in prosa.

Talmente sottili e insignificanti

Che non le comprendono in tanti.

“Perché preoccuparsene?” dicono loro,

e lo sussurrano in coro

presi così dalle loro giornate,

lasciandole da parte, dimenticate.

Per noi scrittori sono assai importanti,

le valorizziamo, che fare altrimenti?

E a noi non va giù questa cosa,

loro ignorano le nostre parole,

leggere come petali di rosa,

la nostra preziosa prole.

– Romaissaa Watki 1AL

Ricordi indelebili

La mia testa grida morte

Il mio cuore urla forte,

Insieme aprono il solito dibattito,

Sai, ti dedico ogni mio battito,

Guardo la tua foto e ti parlo,

Mi sorridi ma non rispondi, non puoi farlo,

Esco,

Cammino lungo questa via illuminata,

Da questa leggera notte stellata,

Respiro, guardo il cielo qui su,

E tra tutte le stelle ci sei anche tu.

– Anonimo

Lui

Capisci che è finita

Quando in due occhi marroni

Vedi il mare

Quando non riesci

A staccarti dal suo sguardo

Quando ti accorgi che

Non puoi stare senza quel sorriso

Quando in quella felpa

Vedi voi due abbracciati

Capisci che è finita

Quando se un giorno manca

Diventi triste

Capisci allora che

Ti sei innamorata di lui.

– Anonimo

La Rondine

Una rondine stava tornando al suo nido…

Già immaginava il lieto benvenuto che le avrebbero riservato i suoi piccini!

Non aspettava altro, da tutto il giorno,

da ore la sua mente era catapulta al rivedere i suoi piccoli.

Era rimasta in pensiero tutto il giorno, come ogni volta che va a cacciare:

parte la mattina, sta via il meriggio, e torna la sera, stanca…

Sempre si preoccupa per i suoi piccoli, perché lei è la sola figura protettrice:

ed il padre?

Oh, lui, bè… È impegnato,

sì, molto impegnato!

Diciamo che…

Non tornerà presto,

“ma tornerà…

Vero?”

Bè…

Sì, sicuramente tornerà!

“E quando mamma?”

Ehm…

Tra poco, state tranquilli!

“Ma l’hai già detto settimana scorsa, mamma”

Lo so…

È… vediamo… È-È stato trattenuto.

Piange,

pensa spesso a ciò,

a come i suoi piccoli non abbiano una figura paterna,

si sente inutile,

ha molta rabbia, sì, ma non può sfogarla,

di certo non in presenza dei piccoli.

E poi… È sempre così stanca, tutto il giorno deve stare lontana dal nido.

È un grande rischio, lo sa, ma non può farci niente, o così o tutti morti di fame…

Quindi ogni giorno, all’alba, si arma di forza di volontà e parte, a cercare cibo e oggetti per rinforzare e abbellire il nido.

Tutta sola, nessuna compagnia durante la giornata, solo la notte può, stanca, dormire con i suoi piccoli.

Ormai dovrebbe essere vicina a casa,

sì, riconosce l’area, vede gli alberi, come ogni giorno,

il cielo è grigio, a preannunciare una tempesta imminente, spera di arrivare in tempo per riparare i suoi piccoli…

Sente i soliti rumori, ma ormai è da giorni che va avanti così, non è un problema:

Gli umani ogni tanto passano per di lì con grossi macchinari su quattro o più ruote, si sbraitano addosso qualcosa, dopo tirano fuori un aggeggio con un piatto rotante e vanno avanti a far rumore tutto il giorno.

Non si cura mai di capire cosa facciano, ma ogni giorno qualcosa cambia nell’ambiente

Li vede sempre, quando torna a casa,

ma questa volta c’è qualcosa di insolito.

Poi le mancano le forze, si lascia cadere.

È distante, ma l’ha già notato:

Il suo alber…

Non c’è più,

Al suo posto solo un ceppo…

Non è l’unico, molti alberi mancano all’appello.

Sono tutti distesi, sopra quell’aggeggio su ruote.

Lei non crede a quello che vede, si dispera, non capisce!

Confusione

I suoi piccoli dove sono? Che fine hanno fatto!?

Poi la stanchezza accumulata durante i mesi prende il sopravvento,

si lascia cadere,

libera,

verso il vuoto.

Cade,

la coltre di chiome si avvicina.

Un ramo più spesso degli altri

“Crac” fa il fragile collo della rondine,

poi basta, niente più preoccupazioni…

libertà…

LIBERTÀ!

AH-AH!

“Capo, abbiamo trovato questo nido sopra l’albero da tagliare, guardi che piccoli, questo si è anche appena schiuso, vede il guscio?”

“Vedo sì… Vedo anche che non c’è un adulto, che insensibilità, in natura ai genitori non importa niente dei piccoli, conta solo la propria sopravvivenza” disse.

Frederick Toschetti 2CA

Le basi degli scacchi

In questo secondo articolo andremo ad esplorare varie regole degli scacchi, le basi e altre informazioni utili.

Prima di tutto è da chiarire che è sempre il bianco a partire per primo

  1. Com’è fatta una scacchiera?

Ovviamente per prima cosa partiamo dalla base, una scacchiera ha infatti 64 caselle, alternate tra colori chiari e scuri, sulla quale si dispongono le varie pedine.

Ogni casella è indicata con una coordinata, formata da numeri per le colonne e lettere per le righe.

2. I pezzi

Esistono 6 tipi di pezzi, ognuno con un suo valore e presenti in diversa quantità sulla scacchiera.

Classificate in base al valore sono:

Pedone (1 punto)

I Pedoni sono i più numerosi, 8 per ciascun giocatore con un totale di 16, hanno la caratteristica di poter essere mossi solo in avanti di una casella, e per catturare un’altra pedina devono fare un movimento diagonale di una casella. Arrivati alla fine hanno la possibilità di essere promossi a qualsiasi pedina, tranne il Re o il Pedone stesso.

Cavallo (3 punti)

I Cavalli, 2 per giocatore, sono in assoluto la pedina più tattica, grazie al loro strano movimento ad “L”, che prevede l’avanzamento in una direzione di due caselle, succeduto da un movimento perpendicolare di una casella.

Per quanto possa essere difficile da utilizzare a dovere, se ci si prende la mano, si possono creare tattiche distruttive.

Alfiere (3/3,5 punti)

L’ Alfiere, presente sempre in coppia, ha un valore scritto di 3 punti, ma molti pensano sia più forte di un Cavallo per la loro possibilità di poter dare scaccomatto in modo semplice se la coppia rimane da sola sulla scacchiera.

Si muovono in una diagonale e ogni giocatore ne ha uno “campochiaro”, ovvero che si può muovere solo sulle caselle bianche, ed uno “camposcuro”, ovvero che può muoversi solo attraverso le caselle nere.

Torre (5 punti)

La Torre, il pezzo più difficile da portare in azione per via della sua collocazione agli angoli della scacchiera, si può muovere in verticale ed in orizzontale il cui limite è segnato dalla scacchiera o da un pezzo nemico.

Nonostante si trovino in posizioni non favorevoli allo sviluppo, possono essere utilizzate per “Arroccare” il Re, una tecnica che vedremo più avanti nella rubrica

Donna (9 punti)

La Donna è il pezzo più forte presente sulla scacchiera, ed è la scelta più comune quando bisogna promuovere un pedone, per questa sua peculiarità è presente solo una Donna per giocatore. Ha la capacità di movimento di Torre e Alfiere combinata a creare questo pezzo temutissimo.

Con essa è possibile dare Scaccomatto anche se in campo c’è lei e il Re.

Ha un punteggio minore di due Torri perché a livello pratico nei finali è più semplice avere due Torri a disposizione che una sola Donna.

Nella disposizione su scacchiera è sempre posizionata a fianco al re e sul suo colore.

Re (senza valore)

Il Re è di valore inestimabile, dato che senza di lui la partita è persa. È un pezzo molto debole, infatti si può muovere di una sola casella, in ogni direzione, il che rende abbastanza difficile scappare da attacchi che comprendono più pezzi.

3. Scacco, Scaccomatto e Pareggio

-Lo scacco avviene quando una pedina minaccia di catturare il Re, solitamente in una partita comune si dovrebbe avvertire l’avversario dichiarando di aver messo in “Scacco” il Re avversario, ma nei tornei o dopo un certo livello di bravura si può cominciare ad escludere questa usanza.

-Invece lo Scaccomatto determina la fine di una partita, che può avvenire seguendo diverse tecniche, ma tutte fanno sì che il Re avversario non possa scappare da un attacco.

-Infine il Pareggio, odiato da ogni giocatore di scacchi ed una difficile realtà da affrontare quando avviene in partita.

Può avvenire per una mancanza di materiale, ovvero quando i pezzi presenti sulla scacchiera sono troppo pochi per avere la possibilità di dare Scaccomatto (per esempio un finale di Re contro Re/Cavallo oppure Re/Alfiere finirà sempre in pareggio, infatti con un singolo Cavallo o Alfiere è impossibile dare matto).

Ma soprattutto può avvenire per Stallo, odiato dai giocatori. Perché avvenga questa condizione c’è bisogno che all’ avversario sia impedita ogni mossa durante il proprio turno, in questo caso si è in stato di Stallo.

Infine un altro metodo di pareggio è la Patta, ovvero quando i due giocatori si accordano tra loro per un pareggio, in questo caso è usanza stringersi la mano.

– Frederick Toschetti, 2CA

Nitroglicerina

La testa come un barile di esplosivi,
piena zeppa di mille pensieri intrusivi
dove solo una piccola, insulsa, scintilla
può portare alla distruzione di una mente.
Come una nuova “nitroglicerina”.

Lo si sa: è annidata nella gente
qualcosa che crea un malcontento,
ma tutti lo nascondono codardamente
tutti negano di avere questo sentimento,
questa “nitroglicerina”.

Ma è un pensiero assillante, ridondante
una droga per il cuore, una nuova cocaina;
ma questa è alla portata di tutti,
di un adulto così come di un poppante
è strabiliante, ma anche assassina
questa “nitroglicerina”.

e tu, ce l’hai?
sai che cos’è?
fammelo sapere, quando lo scoprirai
perché a tutti appartiene, ma nessuno può sapere cosa sia per te;
non ci sono rime per descriverlo
lo puoi solo intuire:
è qualcosa dentro di te!
A cui pensi,
su cui rifletti,
ma che non sai.

Ogni volta che hai una risposta, passa in sordina
questa pericolosa “nitroglicerina”.

Frederick Toschetti 2CA

Due lune

C’erano una volta due ragazze che frequentavano la stessa scuola. Avendo tre anni di differenza non avevano mai davvero prestato attenzione alla presenza l’una dell’altra. Probabilmente penserete che sia una normale storia, e sì, forse lo è. Ma la loro è una storia più, come dire?, particolare: una storia in realtà mai iniziata e mai finita. Loro non erano il solito cliché del “una era la luna e l’altra il sole che l’illuminava”. No, erano due lune. Ebbene sì. Due lune destinate ad illuminare a malapena se stesse, due lune solitarie. Ma un giorno, proprio per caso, o per destino, le loro strade si incrociarono per un piccolo istante, cambiando tutto. Successe come un lampo di fulmine, in modo totalmente inaspettato, ma con la stessa potenza e devastazione. La prima, annoiata dalla lezione, scrutava fuori dalla porta che dava sul corridoio. La seconda, invece, passò di lì per accompagnare una sua compagna alla segreteria, fermandosi per pura curiosità, o per destino, ad osservare la classe della prima. In quell’istante i loro sguardi si incrociarono, e loro rimasero così, incatenate l’una negli occhi dell’altra, senza un apparente motivo, per caso, o per destino. E così si conclude la storia. Delusi? Probabilmente sì. Ma si dia il caso che loro non si rividero mai più, né per caso, né per destino.

-Anonimo

Dove noi siamo davvero

Si può dire che la casa di ognuno sia
ovunque si senta di appartenere.

Ma cosa si intende per casa?

Un luogo? Un’abitazione? Un corpo?

Siamo polvere di altre galassie.
Gli atomi che ci compongono sono materia dell’universo
che ha viaggiato nel cosmo per centinaia di migliaia di anni luce,
per poi diventare parte di noi.

Nei momenti di vero equilibrio riesco ancora a percepire questo pensiero.

La nostra casa
è ovunque noi ci sentiamo bene.
Nel cuore di una persona,
nel centro di una città,
su un confortevole divano
davanti a un camino che arde la legna.

Siamo così piccoli in un mondo così grande.

Mariavittoria 3BL

Perché quando giriamo su noi stessi abbiamo poi l’illusione che il mondo ci ruoti attorno?

Sicuramente tutti da piccoli ci siamo divertiti a girare su noi stessi per poi, fermandoci, ottenere l’effetto che il mondo ci ruotasse attorno, forse però senza mai capirne il perché.
Come tutti ben sappiamo l’equilibrio del nostro corpo è regolato all’interno dell’orecchio, più precisamente nell’orecchio interno. Al suo interno, infatti, è contenuto il sistema vestibolare, ossia il responsabile del nostro equilibrio. Questo all’interno del labirinto osseo contiene una sostanza gelatinosa, chiamata endolinfa. Dentro al labirinto osseo sono presenti le ciglia che comunicano al cervello i movimenti dell’endolinfa, come fossero dei sensori.

(un’immagine illustrativa dell’anatomia del sistema vestibolare)

Se facciamo dei movimenti bruschi e ripetuti (come girare su noi stessi), l’endolinfa inizia a muoversi e, anche se noi ci siamo fermati, il cervello continua a ricevere gli stessi stimoli dal labirinto osseo, fino a quando anche l’endolinfa non smetterà di muoversi.
Il cervello “ingannato” dai segnali del labirinto osseo, modifica le immagini che arrivano dall’occhio, facendoci percepire la sensazione che tutto ruoti ancora attorno a noi.
Questo è uno di quegli esempi che ci dimostra come il nostro cervello, ancora per certi aspetti sconosciuto, sia facilissimo da ingannare.

-Francesco Savio 2°ASA

Fiamme

Il corridoio non era mai stato così vuoto prima d’ora, cosa che creò una parvenza di sgomento dentro il cuore del Dottor V. Solitamente, tra qualche chiacchiera cordiale fatta insieme ai colleghi e piccoli discorsi pieni di irrequietezza dei pazienti, quel tratto dell’ospedale non cessava mai non solo d’essere abbastanza rumoroso, ma anche brulicante di persone, le quali entravano con il viso teso, consapevoli che non né sarebbero uscite né sollevate né serene. Quando si rese conto di quanto quelle mura dall’intonaco ormai rovinato potessero mettere in soggezione, deglutì della saliva che gli si era accumulata appena sotto la lingua ed affrettò il passo, cercando comunque di mantenere la sua classica imperturbabile apparenza distaccata. Nonostante ciò, non riuscì a tenere la testa alta e scrutarsi intorno come era solito fare, limitandosi ad appoggiare un piede dopo l’altro con una strana e non necessaria velocità. Sotto le suole delle scarpe, che si muovevano rapidamente, le mattonelle del pavimento parevano scorrere come se stessero ricoprendo una strada costante e infinita. All’estremità del corridoio, la grande finestra dai rivestimenti in legno di vecchia data che illuminava lievemente l’entrata di alcune stanze era socchiusa, sicché alcuni spiragli d’aria fredda erano riusciti ad insinuarsi all’interno ed a raggelare l’ambiente. Quella mattina le previsioni del tempo avevano previsto una meravigliosa giornata di sole, accompagnata da una identica serena serata; eppure, ormai giunto l’imbrunire, fuori dall’edificio il cielo si faceva sempre più minaccioso. Grandi e voluminosi banchi di nuvole grigie e tetre, cariche di pioggia, si aggiravano nei dintorni insieme ad un forte vento. Questo improvviso cambiamento incutè ulteriore timore nell’uomo, che ora tentava di non rabbrividire a causa della temperatura troppo bassa, in quanto sembrava quasi che la natura stessa si stesse sfogando contro il mondo. Il suo cuore iniziò a pompare sangue con più intensità, battendo con un’energia spaventosa all’interno della sua cassa toracica, quasi nel tentativo di scapparne. Il ritmico susseguirsi frenetico dei suoi battiti venne interrotto dal colpo secco di qualcosa che cadde a terra in un singolo istante. Girò gli occhi e notò un lungo bastone dalla terminazione ricurva e alcune venature scure sulla sua lunghezza, che doveva sicuramente essere l’artefice di quel fulmineo rumore. Qualche secondo dopo, una mano rugosa venne protesa alla ricerca del manico, che afferrò saldamente, portando a sé l’intero oggetto con una certa tranquillità. Si trattava di un signore con pochi capelli, che indossava una semplice giacchina di lana dai colori smarriti con dei pantaloni di materiale rigido, che probabilmente gli erano di difficoltà nel movimento vista l’età. L’anziano non appariva né vigile né tantomeno spaventato; una volta recuperato il suo attrezzo, né appoggiò la punta a terra per testare che fosse ancora ben saldo dopo la caduta, e dopo essersene accertato, avanzò con qualche passo insicuro, senza però dimostrare tempestività nel volersene andare da quel luogo. Probabilmente si sarebbe diretto calmamente verso la sua stanza per riposare, per bere una bevanda calda osservando la tempesta. Prima di sparire dalla vista del dottore, gli fece un breve cenno di saluto con il capo. Quest’ultimo si chiese se fosse veramente l’unico a percepire l’alone di sciagura che si aggirava in quel momento nell’ospedale, e come fosse possibile che tutto potesse scorrere in modo tal normale da essere altrettanto agghiacciante. L’uomo trasse un respiro profondo e tentò di calmare i nervi solo quando realizzò di essere finalmente giunto di fronte alla stanza corretta, dentro la quale si trovava l’ultima paziente che gli era stata assegnata per il giorno.

La camera riportava un cartellino di riconoscimento direttamente fissato al di sopra del capostipite della porta, che recitava “Numero 2511”.

Quando varcò la soglia dell’entrata in un unico, veloce movimento, intuì con precisione la fonte dello sconforto generale della natura. Davanti ai suoi occhi, sbigottiti e afflitti da tale raccapricciante scena, giaceva quello che gli appariva un cadavere. Il dottor V si portò al volto una mano tremolante e con i polpastrelli si stropicciò le palpebre chiuse non una, ma ben due volte prima di concedersi un secondo sguardo. Ora ciò che gli si presentava davanti era diverso rispetto a quanto osservato in precedenza, ma solo di qualche lieve sfumatura, come il fatto che il corpo, posizionato sopra ad un misero e gelido lettino di metallo, ancora riuscisse a muovere irregolarmente il petto secondo il proprio ritmo respiratorio. Se non fosse stato per la sua ampia esperienza in ambito medico, avrebbe probabilmente vomitato all’istante, nemmeno dando il tempo al cervello di processare le informazioni appena viste e rigettando copiosamente a terra con conati strozzati. Fortunatamente per lui, non era il suo primo contatto con un individuo in condizioni così rischiose. Si trattava di una donna, sicuramente di giovane età, dal corpo esile e di media altezza; ma dell’energia, della gioia, della bellezza della gioventù nulla era ancora visibile dentro a quella carne. Un misero lenzuolo di cotone, macchiato di sangue rappreso, le copriva il busto a malapena grazie ai suoi bordi rovinati, quasi stracciati, sotto i quali si potevano vedere dolorose bolle dal colore giallastro sulla superficie della pelle violacea, tendente al marrone. Queste continuavano ad espandersi, sempre più ripugnanti, per tutta la lunghezza delle gambe e verso le spalle, dove improvvisamente scomparivano per lasciare spazio ad una fascia di cute completamente carbonizzata. Le braccia, lasciate stendersi in maniera molle accanto ai fianchi, erano ancora celate da degli esigui residui di stoffa bruciata; nell’incavo presente tra una spalla e l’altra, piccole gocce di sangue vivo cadevano una dopo l’altra, dopo essere colate giù dalla guancia sinistra, dove era presente un profondo taglio che percorreva la linea dello zigomo. Nonostante ormai la carne fosse ridotta ad un infelice ammasso bruciato, ancora continuava a scorrere imperterrito, a dimostrazione che non fosse stata ferita in quel modo una ormai carcassa, senza speranze, ma un essere umano ancora capace di provvedere alla propria sopravvivenza. Quando quella meschina mano si era avvolta attorno al suo minuto collo, lasciandoci quella impronta rossa che ancora era visibile tra le ustioni, era consapevole; anzi, desiderosa di privare quella innocente anima d’una esistenza che avrebbe potuto prosperare meravigliosamente, ch’ora, come un campo arido e sterile, giaceva inerme nella sua incapacità di poter continuare a produrre nuovi frutti, di poter far rinascere il bocciolo della vita all’interno di sé. Eppure, nascosta nelle profondità più oscure dell’organismo di quella ragazza, ancora una fievole speranza combatteva per continuare a farla respirare anche un singolo istante ancora, aggrappata saldamente alla fragile stabilità di cui poteva godere per il momento. Però il Dottor V poteva vedere benissimo il modo in cui l’anima stava cercando di ritirarsi sempre di più, vergognosa, desiderosa di nascondersi dall’occhio altrui a causa dell’infamia ricevuta. I suoi piccoli occhi immobili guardavano un quadro appeso alla parete, bagnati da grosse lacrime che era impossibile da constatare se fossero di dolore, di tristezza o di rabbia. Dentro la cornice, al centro d’una scena cupa e lugubre che solo un letto di morte può avere, un’entità minacciosa vestita di nero si abbassava il cappuccio scuro, rivelando un volto lucente, dai tratti angelici, e tendeva la mano alla malata che, spaventata, si ritraeva con terrore. L’uomo si domandò se stesse implorando il fato d’essere affetta dalla stessa sorte.

Dolce e serena scorreva l’acqua dal limpido aspetto. Più tempo passava, più la sua temperatura continuava ad abbassarsi, ed il suo piacevole tepore si dileguava per lasciare posto ad un freddo innaturale. Le sue lievi oscillazioni non erano nemmeno degne d’essere notate, così deboli che la loro forza poteva essere considerata totalmente trascurabile, tanto calma da non riuscire nemmeno a spostare il corpo che si trovava ormai quasi sommerso in essa. Il liquido trasparente, muovendosi lentamente e con imprecisione, andava a coprire e lavare il sangue e lo sporco dalla pelle nuda della giovane, la quale non aveva altra scelta se non sprofondare sempre di più verso l’abisso che si trovava sotto di lei, sebbene nessuna corrente d’aria la stesse trascinando con la sua furia distruttiva. Si lasciò trasportare dal corso del bacino finché il livello dell’acqua non ebbe quasi raggiunto le sue narici; in un attimo fulmineo, quasi ad indicare l’attimo decisivo, una serie di strazianti ricordi le attraversarono la mente uno dopo l’altro. Memorie che per quanto vicine potessero essere sembravano distare miglia dallo spiacevole presente, ombra d’una vigorosa realtà passata, quando dentro di lei ancora ardevano l’impeto e il fervore d’una ragazza che mai avrebbe potuto aspirare ad altro se non il proprio bene. La sua unica ma fatale colpa, quella di desiderare una vita spensierata, contornata dalla tranquillità e dall’amore che ogni individuo merita di ricevere. Il momento stesso in cui la scura sostanza irritante s’era accesa, e lei era riuscita a cogliere il ghigno maligno sul volto dell’infame aggressore, in cenere non erano andati solo i semplici vestiti, che tanto facilmente si erano lasciati incendiare, ma con loro anche l’entusiasmo che solo una determinazione forte può conservare. Insieme a sogni, aspirazioni e promesse andate in fumo, si era spenta la sua volontà, ridotta in brandelli dalle spietate fiamme, lasciandola sola ad annegare in un gelido pozzo di triste acqua stagnante. Immobile si lasciò togliere il respiro, abbandonandosi ad un destino che avrebbe potuto essere combattuto con delle energie e una speranza che non le appartenevano più. Affondò, portando con sé quello che era stata e che non avrebbe mai potuto essere nuovamente, senza un minimo di rimorso per la sua scelta.

Valentina Grigio, 3BL.

SIMBOLOGIA, ASPETTI e RIFERIMENTI

  1. Dottor V: la lettera V, se osservata, può indicare sia i genitali maschili che femminili, così che il protagonista della storia si trovi in una posizione neutrale.
  2. L’ambientazione: serve ad aiutare il lettore ad entrare nell’ottica corretta ed iniziare a sospettare della sciagura che verrà in seguito.
  3. L’anziano: rappresenta il modo in cui la massa non bada alle gravi situazioni se non se le trova di fronte. A confronto con il protagonista, rappresenta la stoltezza e il menefreghismo della società.
  4. Numero della stanza “2511”: data della giornata contro la violenza sulle donne.
  5. Quadro alla parete: ispirato all’opera “L’angelo della morte” di Horace Vernet e rivisitato in chiave da rispettare l’andamento della storia.
  6. Il pozzo d’acqua: il luogo astratto che ospita l’anima della giovane morente in contrapposizione con il fuoco (sia materiale che effimero).
  7. Climax crescente e decrescente: il climax della lunghezza del testo è decrescente, in quanto inizialmente si dilunga in dettagli per poi compattarsi alla fine. Quello dell’intensità contenutistica invece parte scarsamente e finisce con pesantezza.

Cara la mia ragazzina

Sei ancora piccola cara la mia ragazzina, i primi avvertimenti: “stai attenta, guarda dove vai, non parlare con gli sconosciuti!”

Generali regole di vita, per femmine e per maschi

Cresci, “non indossare quello, sei sicura di volerti vestire proprio così?”

Ti affacci alla società, non ci dai molta importanza però, non ne comprendi la gravità, è giusto.

Notizie alla TV, “povera ragazza, lui va punito”, un normale crimine, omicidio, uno come tanti.

Cresci ancora, “mamma, ma perché sono uccise così tante donne? Cos’è lo stupro?”, come possono essere questi i discorsi di una ragazzina di appena 11 anni?

Bellissima questa età: esci con le amiche, incontri il tuo primo amore, pensi che duri per sempre e ti senti grande.

Ti stai formando, le tue prime curve! Ne sei così felice, sei DONNA!

Non lo noti solo tu, ma anche loro.

Un fischio di là, un altro di qua, tutto normale, succede sempre, cosa vuoi che sia?

Cara la mia piccola ragazzina, hai scoperto cos’è una molestia.

Non lo capiscono, è un concetto astruso e difficile comprendere un semplice “NO NON VOGLIO, NON MI PIACE!”

La tua volontà, la nostra non conta, se “la carne è carne” si è giustificati.

“Ultime notizie: donna uccisa dal fidanzato! Donna stuprata da un ragazzo!”

Diventano tutti attivisti, tutti ne parlano; telegiornali, politici, giornalisti, ma dopo un mese il rumore è più silenzioso.

Tanto casino, tante frasi che si ripetono uguali da anni. Mai una volta però che siano ascoltate e capite da tutti: si commettono sempre gli stessi errori.

“Anche lei comunque ha colpa, lo ha provocato, come si era vestita? SE L’È CERCATA!”

Ho sempre una domanda, la stessa domanda quando sento qualcuno dire ciò: sul serio pensate che cambi le cose il modo in cui ci vestiamo?

Siamo noi stesse colpevoli di ciò che non vogliamo per un vestito troppo attillato, o una gonna troppo corta?

Una volta ero in bici, sudata fradicia, tornavo da un’uscita, era inverno.

Dei ragazzi mi fischiano.

Come spiegate adesso? Secondo voi avevo un vestito addosso? una gonna corta? profumavo?

No

Non deve esserci UNA giornata contro la violenza sulle donne, ma ogni giorno dovrebbe esserlo.

Il caso di Giulia è l’ennesima dimostrazione che la società non funziona, non è diverso dagli altri, la sostanza è sempre quella: una donna è stata uccisa per la possessività e per l’ossessione dell’ex compagno.

“Non sono tutti così”

è vero, ma aiutami, dimmi di chi mi posso fidare, ti prego, AIUTO! Ormai non lo so più e non lo sai neanche tu.

Cari ragazzi, pensate prima di agire. E non con gli ormoni, ma con la testa, non siamo oggetti, siamo persone.

Ed ecco, cara la mia ragazzina, questa è la società patriarcale in cui viviamo.

“Mamma, ma io non voglio più crescere”

Purtroppo, però, alcune volte, neanche quando siamo piccole siamo al sicuro

Eppure devi sempre essere fiera di essere donna

“Perché?”

Perché da secoli lottiamo, ma non ci arrendiamo mai.

– Anonimo

490 anni e 0 cambiamenti

<<NO!>> Un rifiuto, una negazione, un impedimento, una semplice parola, ma che molte volte viene ignorata, non ascoltata e minimizzata. Una barriera, uno scudo, un riparo che viene infranto e un limite che viene spesso oltrepassato. Una bolla di cristallo frantumata in mille pezzi da oppressione, gelosia, manipolazione e mai più
riparabile, nemmeno con il perdono.
L’amore non è possesso, non è restrizione e non è una prigione, ma purtroppo non tutti lo comprendono. Fin da tempi remoti esistono le cosiddette “relazioni tossiche”, dalle quali, purtroppo, molte donne non riuscirono a liberarsi. Donne che hanno subito e tuttora subiscono violenza di tipo fisico e psichico, donne che hanno
vissuto e vivono nell’ombra della paura, e purtroppo donne alle quali è stata tolta la libertà di vivere.
Barbara, Sofia, Francesca, Teresa, Giulia sono solo pochi nomi dei centocinque casi di femminicidio che solo nel 2023 coprirono poco a poco l’Italia di terrore e che videro molte donne come loro spegnersi per sempre.
Donne considerate come un oggetto, un qualcosa da raggiungere a qualsiasi costo, costrette in questo modo alla perenne fuga da atteggiamenti di soffocamento, prepotenza e costrizione, caratteristiche di una storia che negli anni si ripete e si ripete, ma non cambia mai, e che negli uomini colpevoli di tali atrocità sono tutte presenti.<Non esci vestita cosi!>>,<<Fammi vedere il telefono!>>,<<Dove credi di andare?>>.
In poche parole non riuscire a ricevere un rifiuto alle loro richieste, non essere in grado di vivere una relazione paritaria, senza prigionie e divieti, senza violenza, senza minacce non appartiene a questi ultimi, che di essere chiamati umani non ne hanno il merito.
Moltissime ragazze e donne nel corso della storia fino ai nostri giorni si trovarono a fuggire, cercare riparo da quello che, nonostante fosse definito tale, non era AMORE.
Perché uno schiaffo non corrisponde ad una carezza, un pugno non è un bacio e un’offesa non significa “ti amo”.

– Anonimo