Ed eri sola

O forse lo sei sempre stata,
tu e tu,
le tue cuffie,
i tuoi sogni,
chiudevi gli occhi
ed eri altrove,
dove nessuno poteva farti male.


Fa paura non percepire il tuo cuore,
fa paura non sentirlo battere e vivere.


Non parli con nessuno,
ma osservi sempre tutto,
occhi complicati,
incasinati.


Sei quel treno troppo puntuale,
che passa una sola volta
e poi non se ne sente più parlare.

Anonimo

Una stella e un po’ di fumo

L’accendo.
Ti guardo e ancora brilli.
Chissà se ancora m’ascolti
tra un grido e
qualche straziante silenzio.
Ne accendo un’altra
mentre la notte ancora parla
ed io penso:
“l’ultima e poi basta”.

L’accendo.
Tu brilli ed io
mi spengo.
Chissà se puoi sentire
questo amaro addio
che ancora sa di tabacco
e qualche lacrima.
Ne accendo un’altra,
ancora una notte e poi basta.

Anonimo

Polvere

Foschia in grani

Si va avanti ma qualcosa resta.

Ogni volta che ti penso

mi sorride il cuore.

Aspetto,

Aspetto.

Ma cosa di preciso?

Lo so bene che non torneremo mai

eppure

Aspetto.

Eravamo

un tatuaggio indelebile.

Perché

stiamo sparendo?

Il pensiero che c’era di noi,

lentamente,

si dissolve.

Polvere

sotto un’insistente pioggia.

Marchetto Sara 3CA

Tra i soffioni

Sto qui, in mezzo a un campo di soffioni, a lasciarmi trasportare dal vento.
Migliaia di testoline bianche e soffici mi accarezzano, e per un attimo mi sento parte di
questa immensa bellezza che mi circonda.
Mi sento libera di volare come quei piccoli semi che aspettano il vento per essere trasportati
altrove, per fiorire in nuovi campi a primavera.
Mi sento, al tempo stesso, fragile, piccola e silenziosa. Ho paura che un mutamento
improvviso di questo stato di quiete mi privi di questa incantevole dolcezza.
Sono qui tra i soffioni e la mia mente vaga irrequieta, naviga tra le sue fantasie, ma poi
ritorna alle sue radici, ritorna a terra e si sente debole.
Sono un soffione anche io o è solo una sensazione la mia? Potrò mai volare?
Mi perdo in questo attimo di indescrivibile serenità e a poco a poco mi lascio andare. Riapro
infine gli occhi e i soffioni sono ancora qui, forti e pronti al loro viaggio, mentre i miei pensieri
sono già altrove, partiti verso chissà quale orizzonte.
Vorrei anche io un prato che mi coccolasse tutte le volte che ne ho bisogno, e un vento che
accompagnasse i miei desideri.
Intanto sogno e immagino che i soffioni saranno in grado di udire i miei segreti e vorranno
forse seminarli in terreni fertili lontani.
Avverto una figura avanzare a passo lento dietro di me, e in pochi istanti le mie spalle sono
coperte da un’ombra che mi appare famigliare.
Tu arrivi e ti siedi qui accanto a me, io ti prendo le mani: forse è questo lo spazio che ci ha
riservato l’universo, qui tra i soffioni a pensare…


Beatrice Marta Fedrigo, 5AC

Perché non riesco a scrivere niente di felice?

Perché non riesco a scrivere niente di felice?

Io non riesco a parlare d’amore
Ma solo di odio e rancore.
Non so parlare di Pace.
ma solo della mia guerra interiore.
Non so parlare di meravigliosi paesaggi,
ma solo dei miei rari momenti felici che stanno sparendo come miraggi.
So parlare di gabbie, astinenze e torture,
ormai non so più descrivere nemmeno la bellezza di un fiore.
Adesso desidero solo provare qualche colorata emozione,
per non sprofondare in quel buco nero abissale che è la mia mente.


Warr;or

Pettirosso

Fitta pioggia

La fitta nebbia limita il guardo

che solitario corre attraverso le confuse sagome sfocate.

Analizzandole passivamente,

senza mai soffermarsi abbastanza su nessuna di esse,

le identifica tutte sotto la stessa voce: ‘sagome’.

Egoisticamente le rende tutte uguali,

prive di alcuna singolarità.

Un fioco raggio di sole,

illumina debole le foglie colorate

e come tali anche l’osservatore, con esse, risplende.

S’intravede un pettirosso camminare,

solitario tra la foschia della prima mattina.

Zampetta timidamente.

La sua esile sagoma minuta, canta.

La sua stanza era la numero 111.

Sulla parete sopra al letto vi era una così rassicurante baionetta.

L’intonaco bluastro dei muri era pressoché cadente.

Impregnato dagli anni passati,

trasmetteva una malinconia pungente che gli penetrava nelle vertebre.

Fece qualche passo incerto verso quella che apparentemente era l’unica finestra dell’appartamento.

Guardò fuori,

i corpi inermi degli amanti catturati giacevano a terra sull’asfalto freddo e bagnato dall’insistente e fitta pioggia.

Poco più distante trovò una scrivania.

Tirando il vecchio cassetto centrale,

scoprì 20 dardi per il fucile ancorato alla parete, che in seguito gli si rivelò brutalmente utile.

La schiena gli faceva tremendamente male.

Non riusciva a spalmare la pomata da sé.

Ancora non sapeva quanto triste fosse essere soli.

Aveva fame.

Lo stomaco stonava con rumori sordi nel silenzio della sala.

Non mangiò quasi nulla.

Si limitò ad osservare quella che all’apparenza era un’inutile mezzobusto segnato profondamente dal tempo.

La statua era posta davanti a una vetrata e dava le spalle ad un edificio anch’esso consumato dagli anni,

dal quale spuntavano trecce d’edera che stringevano forte le pareti sgretolate e sbiadite del complesso.

Il volto rovinato della scultura,

assumeva un’espressione angosciata che pareva rimpiangere la vita terrena.

Mentre la guardava gli salì una forte nostalgia.

Quel blocco di gesso sgretolato gli era così familiare e così sconosciuto allo stesso tempo che lo turbava a tal punto di scolpire in lui un’opprimente nausea.

Con la stessa calma con cui se n’era andato, ritornò nella sua cupa e lugubre stanza.

Senza nemmeno pensarci andò per affacciarsi alla vecchia finestra malconcia per osservare il paesaggio.

Notò una coppia.

Le fredde dita del ragazzo,

di una temperatura nettamente inferiore al corpo di lei,

scivolavano veloci sulla sua pelle come lame di pattini su un canale ghiacciato.

Avevano entrambi il naso tinto di un rosso acceso.

Contrastava con la candida pelle resa ancora più pallida dalla scarsa luminosità del cielo.

Sentì un forte colpo.

D’un tratto uno stormo di cornacchie si alzò spaventato e disorientato nella volta grigiastra.

I corpi dei ragazzi caddero con un tonfo a terra.

La gabbia quale era il loro fisico si era aperta e aveva lasciato libere due anime che finalmente volteggiavano leggere in una sinfonia di danze passionali.

L’amore in quel mondo era proibito.

Solo la morte rendeva pace a tutti coloro che ne cadevano in inganno.

Marchetto Sara 3CA

Tutto quello che mi passa per la testa: iter del pensiero

Esplora la mente.
Lascia che le dita scorrano sulla tastiera senza alzare lo sguardo per scoprire se le parole siano scritte
correttamente.
Chiudi gli occhi e pensa. Una canzone ti viene in mente, anche se oggi non l’hai ascoltata. Ti rilassi
percependo appena il suono dei tasti che vengono premuti velocemente.
Veloci come cavalli al galoppo su uno sfondo di sole, prima della sera. Tramonto e mare. Immagini
della testa che si susseguono e costruiscono un posto sicuro. Un porto sicuro. Porto, mare.
Sole che brucia la pelle e acqua salate che pizzica, rinfrescante come nient’altro in questo piccolo
universo.


Sott’acqua. Tieni il respiro e affoga, immersa nel piacere. Lascia andare ogni preoccupazione e respira
tutto ciò che fuori di lì non puoi avere. Come ossigeno.
I cavalli proseguono la loro corsa, senza inciampi. Il sole scende e la notte soffoca l’intera prateria. Una
stella, due, cento e mille. Puntini bianchi tanto amati da tutti e mai compresi da nessuno.
E mentre la corsa prosegue, ti corichi sotto la chioma folta di un salice, magico come quando eri
bambina. Tra le fronde di un verde chiaro e brillante immaginavi elfi e fate rincorrersi di qua e di là e
accoglierti nell’abbraccio caloroso dell’estate, sotto l’ombra dell’innocenza. Guardi quella fune su cui
ti arrampicavi da piccola e senti il cuore pervaso da malinconia e pace, insieme. Un tutt’uno.


Da sola, tu e il battito del galoppo. Continua imperterrito, loro non si fermano mai.
Torni a fissare la notte, tanto diversa da quella del famoso pittore. Cerchi pennellate vorticose, il blu
che mescolato al giallo dà vita al viscerale dissidio interiore.
Però poi la vedi, la tua stella. È lì per te, senza avvisarti del suo arrivo. La strappi dal cielo e la appoggi
al petto, vicino al cuore. Risana le ferite, ti abbraccia, ti culla. Non puoi tenerla. Non rubare al cielo
l’isola che non c’è. La porta per il mondo felice. Il passaggio verso tutto ciò che di meglio esiste. La lasci
andare, ti gira intorno, scorre tra le foglie del salice maestoso e arriva in alto. Ancorata come un
diamante nella roccia, ti guida e ti dà la certezza di esserci per sempre, per portarti dove vuoi, quando
vuoi.


Esci dal tuo rifugio. Il galoppo è cessato. Ti avvicini ad una di quelle creature e le tue dita scorrono
lente tra la bianca criniera. E in un attimo, a ritroso, torni indietro.
Il cavallo, la stella, le fronde, la notte, il sole, il mare, il porto… qui. Ti fermi qui. Sali le scale del faro
raggiunto, apri il cancello arrugginito e ascolti la tua canzone preferita, quella del mare. E le onde,
contro gli scogli, ti riportano giù, da dove tutto è iniziato.
E continui ad annegare.


Elisa Polato, VAC

Domanda: fallire quanto costa?

Trovo la risposta guardando allo specchio,
guardando quanto ho perso.


È vero,
forse non ti trattavo bene,
forse avevi troppe paure,
forse non eri la mia persona.


Ma eri le mie definizioni.


Cos’è l’amore?
Cos’è lo stare bene?


L’ultima,
un po’ incerta,
sono più brava a voler bene che a stare bene,
ma forse con te ci stavo davvero.


Forse era tutta un’illusione?


Riguardo ogni foto,
penso a ciò che ho perso,
penso a ciò che ho sbagliato.


Riguardo ogni foto,
ammiro tutti i miei fallimenti,
che forse erano anche un po’ i tuoi.


Ti illuminavi con la luce del buio,
nella notte sotto la luna,
con i colori più spenti.


I tuoi occhi come fulmini nel vuoto,
tagliavano il tempo,
tagliavano il silenzio,
brillavano come solo con me sapevano fare.


E ora?


Hai fatto tante cose,
mi hai resa più grande,
mi hai resa più distante.


Ormai sei così lontano che trattengo il respiro,
il soffitto mi schiaccia,
vengo soffocata dalla libertà che mi lasciavi,
dagli incubi in cui non ci sei.


Ormai ho solo veleno nelle arterie,
credi che qualcun altro riuscirà ad insegnarmi di nuovo,
come si ama?


blu, 12

Il silenzio

Unico luogo sicuro

Impossibile

spiegare a parole tutte queste emozioni.

Perché

tu riesci ad andare avanti mentre io sono ancora qui, ferma.

Inchiodata a ciò che ormai appartiene da molto tempo al passato.

Ti ho tirato una sberla.

Avrei voluto baciarti sulla bocca, non farti del male.

Avrei voluto la sberla me l’avessi data tu.

Sarei rimasta tra le tue braccia in eterno.

Unico luogo sicuro.

Odio guardarti con gli stessi occhi che ti guardavano steso sul letto dopo aver fatto l’amore.

Tu mi guardi e non vedi altro che un essere comune alla massa.

Mi hai tolto la capacità di amare gli altri.

Mi hai tolto la capacità di amare me stessa.

Non riesco più a vivere.

Sento

di star scomparendo ogni minuto di più.

Sento

che questa volta non lo reggerò.

Ti amo alla follia.

Ti odio come il peggiore dei miei nemici.

La tua voce mi rimbomba in testa.

Conosco il tuo viso a memoria.

Eppure,

se ti guardo,

ora vedo un estraneo.

Cavalcanti aveva ragione.

Amore è una forza ostile che coinvolge le facoltà umane e conduce inesorabilmente alla morte.

Marchetto Sara 3CA

Ti dedico l’infinito

Ondeggio sul filo sottile,
sospeso in un cielo buio e nuvoloso.


Lo sguardo fugge sotto i miei passi
traballanti e incerti,
verso il vuoto,
verso tutto e nulla.


Strizzo gli occhi
agitando con frenesia le braccia,
ogni cosa rotea intorno a me.


Respiro profondamente,
supplicando silenziosamente
il cuore di rallentare,
lacrime calde minacciano di scappare
sulle mie guance gelide.


Devo rimanere in equilibrio.


Non posso scivolare nel vuoto,
non di nuovo,
questa volta nessuno
riuscirebbe ad afferrare la mia mano,
nemmeno me stessa.


Terrorizzata nel cadere,
stanca di vivere.


Caos.


Il mio sguardo ti cerca nel cielo,
uno scintillio supera il muro
di nuvole grigie.


Mi fermo,
percepisco il cuore fare una capriola,
sono in perfetto equilibrio,
senza sforzo,
senza impegno,
senza trattenerne il respiro
e non me ne sono nemmeno accorta,
rapita dalla tua bellezza.


Ho sentito voci,
“l’amore rende deboli, vulnerabili”,
l’amore è di più,
tu sei di più.


Torno lentamente con lo sguardo
verso lo spazio che mi separa
dalla voragine buia sotto ai miei piedi.


I miei occhi scuri osservano il filo.
compio un altro passo,
più spontaneo,
meno studiato.


Sei la ragione
della mia determinazione,
della mia voglia
di scoprire ancora il mondo.


Anonimo

Una semplice bellezza

Profumi di carta,
di una lettera scritta a mano con qualche errore dettato dall’emozione.
Sai di viole,
di una primavera arrivata in anticipo e costretta a resistere agli ultimi brividi lasciati
dall’inverno, confinata in un piccolo lembo di terra a cercare di nutrirsi di un pallido raggio di
sole.
Odori di stelle,
di sogni sfumati all’orizzonte e nascosti dentro una manciata di polvere che non vuoi lasciar
andare al vento.
Sai di speranza
e di un fragile coraggio che ti tiene in equilibrio quando anche l’ultimo treno sembra esserti
sfrecciato davanti, lasciandoti con un bagaglio
carico di malinconia.
Sai di un libro ancora da leggere,
di una cartolina che si è persa nella cassetta della posta con l’indirizzo sbagliato.
Sai di qualcosa di semplice,
simile a una carezza che ti sfiora i pensieri.
Profumi di inchiostro
e di parole che lasci su questo foglio con la speranza che qualcuno ne intraprenda la lettura.


Beatrice Marta Fedrigo, 5AC

Lucky you

Are like me…?
You are hurt, aren’t you? Trying your hardest to please others, pretending to feel no
pain.
But no one cares about you, do they?
You know what? Stop playing dumb.
We play dumb, but we know exactly what we are doing.
Stop it. Don’t turn like me.
What am I? A lying monster, the worst kind of all.
You are still in time, save yourself.
Run. Run as fast and far as you can.
Remember, do not dare to let the things that hurt you turn into someone you’re not.
I know it’s not easy, but please… listen to me. Trust me.

God why am I even crying now. I should be happy that you are free… but why.
Why am I jealous? Why was I so unlucky?
Lucky you that you can go away from this mess… you are not stuck in lies.
Unlike me.


-Ren 3ca

I’m broken on the floor

And I’m crying, crying.

Nel mezzo della stanza,

avvolto nella quiete della notte,

il mio corpo scoperto

giace rannicchiato,

sempre più piccolo.

Me lo merito davvero?

È una solitudine brutale questa.

Di giorno porto il sole.

La notte scendo lentamente, appoggiata alla porta.

Mani sul volto.

Dita incastrate tra gli spettinati capelli che sciolti e ribelli formano solidi intrecci su cui appigliarsi.

Le lacrime

squarciano il mio pallido e stanco volto.

Sento freddo.

Il mio corpo trema

nudo sul pavimento ghiacciato.

Ogni respiro appare più faticoso.

Come se qualcuno mi privasse dell’aria.

Come un pesce fuor d’acqua

soffoca lento in un silenzio colmo d’angoscia.

Troppe voci dentro la mia testa.

Urlano.

Ho paura che un giorno sarò così sfinita da cadervi in inganno.

Chiama il mio nome.

Ti prego

allunga la tua mano e alza la mia esile sagoma da terra.

Marchetto Sara 3CA

Come luce nella notte

Ogni giorno il mondo è una tela bianca,
attendendo che ogni persona,
attratta dal suo splendore,
venga a impregnarla di colori.


Le mie esili dita prendono in mano
il pennello sottile,
sporcato di colore smorto.
Lo lascio scivolare
in modo indefinito sulla tela,
creando macchie astratte
cui non so dare un nome.


Mi soffermo, osservando,
cogliendo tristezza,
senza saperne il motivo.


Le mie mani lasciano sfuggire il pennello,
rimbalza,
sporcando il pavimento.


Un pennello già sporco di tempera
scorre ora tra le mie dita.
Lo osservo lentamente,
lo studio attirata, incuriosita,
inizialmente incerta.


Sporco la tela del colore della gioia,
dell’energia,
dell’ottimismo.
La mia tela brilla,
luminosa nelle sue imperfezioni
e sfumature tra grigio e giallo.


Van Gogh mangiava la pittura gialla:
riteneva che gli avrebbe trasmesso
la stessa felicità,
che la visione di questa tonalità
gli provocava abitualmente,


Non assaggerò la pittura:
ho già trovato il mio piccolo giallo,
che emana la stessa felicità,
descritta nelle favole.


Anonimo

La mia migliore amica

È buffo come una sconosciuta vicina di banco del primo anno possa avermi
cambiato la vita.


Questa persona è la mia migliore amica.


Lei, con i suoi capelli corvini, mossi come se una brezza soffiasse solo per lei, con il suo raro sorriso, acceso come il colore delle verdi foglie primaverili, che rischiara le
mie giornate.
Con i suoi maglioni e vestiti larghi, che la accompagnano ogni giorno.
Con i suoi amati calzini lunghi a righe variopinti, che porta con orgoglio.
Con i suoi occhi color caramello scuro che sanno leggerti l’anima.
Queste sono solo alcune caratteristiche uniche di lei.


Se dovessi paragonarla a un animale, sarebbe sicuramente un gatto.
Perché mai un gatto?
Perché può essere sia socievole che schiva, dimostrandotelo usando i suoi artigli.
Un animale un po’ solitario, che ha bisogno di qualcuno che la sappia accettare sia nella sua
loquacità, sia nei suoi silenzi.


Lei, che ama fare teorie complottiste assurde, ma che hanno sempre un filo logico.
Lei, con le sue battute sarcastiche che capiscono in pochi.
Lei con le sue ossessioni e le sue passioni che ama condividere e che cerca di convincermi
di provarle…
Lei mi ha salvato la vita quando non riuscivo a vedere più una via d’uscita, anche adesso mi
sta accompagnando per mano verso la luce.
E le sarò eternamente grata per questo.
Lei c’è sempre stata per me, nonostante ci conosciamo solamente da due anni.


Desidero solo passare i restanti anni della mia vita al suo fianco, perché un’amica così è rara
da trovare.
E di ciò, non potrei esserne più grata.


Warr;or

Pensieri e candele

Pensieri:
negativi o positivi,
Sempre pensieri.


Mi lavo e amo le candele.
Le candele intorno alla vasca,
mi rilassano, mi fanno sognare
con De André di sottofondo.


La guerra di Piero,
canzone che mi rilassa,
ma allo stesso tempo mi fa riflettere,
immaginare.


Rilasso i muscoli,
tesi come il filo che sento intorno al collo,
il filo,
la mia famiglia che lo tiene forte.


Sento il gatto,
entra in bagno e mi fa compagnia,
si addormenta sul tappeto,
finché non esco.


Le candele piano piano,
ad una ad una si spengono,
hanno compiuto il loro lavoro:
illuminare e rilassare.


Vorrei essere una candela,
illuminare le persone,
rilassare le persone,
quelle che lo meritano.


Sono una candela,
vengo spenta ogni giorno,
da persone da cui non me lo aspetto,
da persone a me care.


Sento il fuoco dentro di me:
arde,
ma non brucia…
Quello è il problema.


Il mio fuoco
non è alimentato,
semplicemente, si spegne,
piano piano.


Ritorna ad ardere forte,
ho vicino a me una persona a me cara,
forse lo sente anche lei?


No, mi sbaglio, non riesco a farle vedere nulla,
se non la Deborah anaffettiva,
quella che odia l’amore.


Non è così,
sono innamorata,
sia dell’Amor stesso, sia di una persona,
non sembra, ma anche io amo.


Il fuoco che ho dentro,
c’è, mi rende felice,
il fuoco continua ad ardere,
ma ci vuole poco per farlo smettere.


Pensieri, pensieri che si accumulano,
perché sembra che io non riesca ad amare?
Cos’è veramente l’amore?
Sono felice veramente?


A questa domanda non rispondo,
se mi viene posta,
chiedo di cambiare domanda,
non scherzo, non lo so veramente.


So solo che per essere veramente felice,
bisogna essere sé stessi,
bisogna capire chi si è veramente
e capire, trovando sé stessi.


Le candele si spengono,
non c’è più luce,
un po’ come la mia vita,
ma è tempo di uscire e tornare alla realtà.


Deborah Zagolin 3CA

Anemoia

Trovo ci siano molte sfaccettature della nostalgia.
Chi ha provato a definirla, l’ha fatto come uno stato d’animo corrispondente al desiderio
pungente o al rimpianto malinconico di quanto è trascorso o lontano.
Forse, tra le tante sfaccettature, quella più interessante è l’anemoia.
Quella nostalgia di un tempo che non hai mai vissuto.
Un grande collegamento, ma al contempo una sottile linea di differenza con il desiderio, la
voglia di un tempo che non hai mai vissuto, che ti crea malinconia e nostalgia.


“E se mi svegliavo ti cercavo nel letto con una qualche strana speranza e convinzione che tu
fossi davvero lì, in parte a me, e che forse ti avrei trovato, per poi, come una stupida, capire
che non potevi essere lì”


Trovo di poter esprimere il mio concetto di anemoia così, ma forse, sono uscita
dall’argomento.
La nostalgia per un tempo passato,
la mancanza di una persona che può essere uscita dalla propria vita o semplicemente può
essere distante chilometri.
Avere nella quotidianità tutto può non farti provare
niente, è solo quando ti manca quel particolare, che ne senti la mancanza.
Come dice Anassagora:

“Soltanto l’assenza in noi di una determinata qualità ci consente di
cogliere con i sensi questa qualità, quando essa si presenta nelle cose.”


Quindi, come può mancarci qualcosa o qualcuno che magari è ancora nella nostra
quotidianità?
Le persone cambiano, possiamo esserci totalmente innamorati del carattere di una persona
e, seppur quest’ultima fa ancora parte della tua vita, puoi sentirne la mancanza.
La mancanza della persona che hai conosciuto,
di alcuni suoi particolari,
di alcune sue abitudini.
Ora si potrebbe aprire un discorso molto più ampio, ma forse l’unica domanda da porci è:
“Ti manca davvero?
Sei solamente affezionato a quei ricordi? O forse ti eri semplicemente abituato ad averlo nella
quotidianità della tua vita?


blu, 12

Come una pupilla

Avverto voci.

Ripetono di non mangiare.

Vedo numeri sulla bilancia.

Ancora troppo alti.

Effettivamente lo sono sempre stati.

Continue critiche,

Feriscono.

Ogni pasto aumenta il senso di colpa.

Vorrei vomitare.

Qualcosa ribolle dentro di me.

Il mio corpo non accetta il cibo o forse è la mia mente che non lo accetta.

Perché non sono come le altre ragazze?

Ho le gambe grosse.

Vorrei

essere priva di peso,

Come una pupilla.

Vorrei

poter sentirmi bene con me stessa.

Vorrei

non dovermi nascondere sotto larghi vestiti.

Vorrei

non sentire più alcuna voce.

Marchetto Sara 3CA