Le sfide ambientali e globali del nuovo millennio

Negli ultimi due anni, la presa di coscienza da parte della società civile circa temi quali l’inquinamento, il consumo delle risorse naturali e i cambiamenti climatici sembra aver subito una rapida crescita, specialmente nelle fasce più giovani della popolazione. Sentiamo parlare spesso di manifestazioni, e probabilmente qualcuno di noi ha preso parte a una di quelle di Padova. Possiamo poi notare l’aumento del numero di prodotti rispettosi dell’ambiente e di misure per combattere l’accumolo della plastica, non solo pratiche ma anche sottoforma di campagne di sensibilizzazione trasmesse tramite i mezzi di comunicazione: molti avranno presente lo spot della birra Corona, con la frase “In paradiso non c’è spazio per la plastica”. Mai come ora appare necessario che i governi e i cittadini di tutto il mondo cooperino per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile. Ma come fare?
Nel 2015 le Nazioni Unite hanno concordato 17 obbiettivi globali del nuovo millennio. Tra questi, emergono, per la prima volta finalmente distinti fra loro, temi ambientali quali: l’acqua pulita; urbanizzazione, industrializzazione e agricoltura sostenibili; promozione delle energie rinnovabili; utilizzo responsabile delle risorse della terra e del mare, e lotta contro i cambiamenti climatici.
Un elenco tanto bello idealmente, quanto difficile da realizzare, perchè ovviamente richiede approcci diversi basati sui tre pilastri economico, sociale e politico. Proprio per questo sorgono gli ostacoli. Un esempio non sempre tenuto in considerazione? Il sistema di produzione alimentare, che porta ogni anno a un elevato consumo delle risorse di acqua ed energia, all’impoverimento del suolo per diminuizione del carbonio, deforestazione, utilizzo di fertilizzanti e a un impatto sul clima per le emissioni dal 30 al 40% sul totale rispetto alle altre attività umane. Un grafico comparso sulla rivista Nature stima che senza applicare alcuna strategia nella produzione di cibo, vi sarà un aumento dell’impatto ambientale dal 50 al 90% entro il 2050.
Sono necessarie misure specifiche, come lo sviluppo di tecnologie per migliorare l’efficienza energetica anche di fonti rinnovabili e per sprecare meno acqua e prodotto finale, e un cambiamento nel tipo di coltivazioni.
Molti si chiedaranno: perchè non si opera subito in questa direzione? Non sembra impossibile, no? Non dimentichiamo che azioni di questo tipo risultano difficoltose per i paesi in via di sviluppo che non hanno la disponibilità economica per attuarle.
Un compromesso? Potrebbbe essere rappresentato dal principio in materia ambientale della “responsabilità comune ma differenziata”, elaborato nel 1992 durante la Conferenza di Rio: consiste nel richiedere misure diverse a seconda del paese.
Un altro elemento ostacolante consiste nel fatto che mentre sull’inquinamento non vi sono dubbi che l’uomo ne sia il diretto responsabile, l’attribuzione della colpa alle attività antropiche per i cambiamenti climatici è meno immediata. Ciò è dovuto alla mancata conoscenza dei dati scientifici o a una loro sottovalutazione. Inoltre, a seguito delle osservazioni sul campo e della raccolta di dati su fattori ambientali come la temperatura, sono stati elaborati dei modelli, basati su formule matematiche, in grado di esprimere una possibile situazione ambientale del futuro. Ma nei rapporti di valutazione dell’IPCC, a queste ipotesi è attribuita una probabilità maggiore solo al 66%. Capirete che molti capi di governo non rischiano l’economia del proprio paese.
Un comportamento estremo nei confronti dei cambiamenti climatici è rappresentato dai negazionisti, di cui fa parte anche il presidente Trump.
Se raggiungere gli obbiettivi è difficile e non dipende direttamente dai cittadini, come possiamo almeno contrastare la disinformazione e le opinioni errate?
I temi dovrebbero essere affrontati sempre tramite l’esposizione dei dati scientifici raccolti; la comunità scientifica dovrebbbe esprimere il proprio parere tramite modelli sempre più precisi sul futuro, i quali sono in continuo sviluppo grazie alla ricerca. Uno studio della rivista Nature, durato due anni, ha poi dimostrato come un’ adeguata campagna di consapevolezza alle tematiche ambientali somministrata ai giovani, possa influenzare anche i genitori attraverso la testimonianza di esperienze e racconti nel nucleo quotidiano e domestico della famiglia: la sensibilizzazione colpisce dunque tutte le fasce d’età. Infine, per convincere ancor di più sull’importanza dello sviluppo sostenibile, è utile tenere presente la sua definizione del 1992: “è lo sviluppo che soddisfa I bisogni di sviluppo e ambientali delle generazioni presenti e future”, le quali hanno diritto a parità di risorse rispetto a oggi e a un clima e ambiente vivibili. La nostra generazione è perciò chiamata a vincere quelle che si stanno rivelando delle vere sfide ambientali globali ed è richiesta la collaborazione di ognuno, indipendentemente dalla posizione da lui occupata e secondo le possibilità di cui dispone.

 

Chiara Zanin, 5ASA