La corona a carne-vale

Insomma la ciliegina sulla frittola
che è quest’arrogante frottola.
Piccola trascurabile preoccupazione
è la goccia che fa traboccare il nonsenso.
Tutti preoccupati per il metro di distanza,
le destinazioni cancellate,
per le mani che non possono sfiorarsi,
e la psicosi cronica che sfocia in sorrisi preoccupanti.

È la nostra normalità, percepita come stranezza,
un’influenza sempiterna, non solo annuale,
abbiamo nostalgia di qualcosa che non ci appartiene:
oggi si vive di distanze, di ologrammi, di finzione…
La realtà è astratta, virtuale, con un click
siamo onnipresenti…
Venite a dirmi di sentire la mancanza di un abbraccio?
Un “ti amo” per messaggio, ecco la pazzia.
Un selfie al posto di un palmo sulla guancia, una follia.
E le apparenze nient’altro che tutto e niente
come le ciaccole dei politici e della politica stessa.

Voglio conoscerti a carne-vale,
dove la realtà torna protagonista concreta
tramite una festa di fantasiose maschere;
così ti vedo come non ti vedrei mai,
con le braghette alla zuava e le bretelle a fiori,
io invece sembro Pucca innamorata 2.0:
ci siamo noi, non i nostri vestiti,
ma gli sguardi, i respiri e le dita,
che ingarbugliate alle mie, ti porti al petto;
al metro di sicurezza rispondiamo ballando cosce contro cosce:
Tu che mi cingi stretta-stretta
io che mostro i denti, in una paralisi emotiva,
mentre ti ausculto il cuore, orecchio contro petto,
tutti e due tremiamo;
“se ti chiamo ‘amore’ in una lingua straniera,
Tu mi capisci perché non serve traduzione “.

Oppure conoscerti già ed esserti amica,
essere con te in una stanza rosa,
essere anche magari un libro aperto,
(nonostante le doti e l’esperienza da attrice)
alla tua domanda “X, che cosa succede?”
in risposta al mio broncio stralunato
trasformo le mie iridi castagna nel dipinto La grande onda.
Allora tu ti accucci, mi vedi davvero, mi fissi.
Mi sussurri sguardi, parole e segreti;
dunque io, nel mio ideologico individualismo mi sento meno sola.
Ci abbracciamo, ora sei pure tu una Lacrimosa di Farinelli,
ci tempestiamo di endorfine e degli oceani in miniatura
che spilliamo tra i sussulti.
È acqua calda e tranquilla
quella che ci solca le rughe del sorriso;
l’ultimo tremolio d’aria esce dalle labbra, aperte appena appena,
a parte gli occhi gonfi,
sto di nuovo bene.

Sarò mica l’unica a vedere certe cose.
Dovrà pur esserci una realtà comune, lo dice Darwin.
Mettetevi gli occhiali, aprite gli occhi, svegliatevi,
toccate con mano, non limitatevi a mere fotografie.
Stiamo diventando uomini senza umanità,
abbiamo trascurato il pelle contro pelle,
la carne ha perso la sua importanza
ed ora la ribadisce prepotente
rivendica il suo ruolo.

~Boscolo Sara, 4^Bs