Incontro Lazio-Veneto: le esperienze e i punti di vista di due studenti di quinta nell’anno del Covid-19

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Premessa:

A scuola tra le tante cose si impara anche che, a parte forse sotto l’impero romano, l’Italia è quasi sempre stata un territorio frammentato, palco di numerose vicissitudini che hanno portato a mantenerne una fitta diversità culturale anche ai giorni nostri. Ma ci sono tratti comuni che condividiamo in tutta la penisola.
Proprio quest’anno poi, la nostra italianità, l’unità che comunque ci caratterizza, la nostra fame di contatto e il bisogno di stare tra la gente, sono state particolarmente minate. O forse le esperienze comuni ci hanno uniti ancora di più, nonostante i vari isolamenti?
Dunque io, da semplice e umile studentessa, ho voluto provare ad indagare proprio in quella Roma che aveva bene o male garantito un’iniziale coesione delle terre che, un tempo come ora, definiamo Italia; in quella capitale insomma che oggi suddivide il bel Paese in regioni variopinte per motivi di sicurezza nazionale.
Eccomi dunque ad ideare un’intervista-chiacchierata con il mio amico Valerio Timo originario di Aranova, poco sopra Roma, frequentante come me la quinta scientifico tradizionale, del liceo Sandro Pertini di Ladispoli: ci siamo confrontati soggettivamente su tematiche oggettive, su quello che ancora adesso stiamo sperimentando sulla nostra pelle. Di seguito il link del giornalino scolastico di Valerio, dove potrete trovare le mie risposte all’intervista:

https://www.liceopertiniladispoli.edu.it/resnovae/2020/12/10/covid-e-scuola-veneto-e-lazio-a-confronto

Liceo Sandro Pertini, Ladispoli
Liceo Sandro Pertini, Ladispoli

Sara: “Che aria si respira nel Lazio?”

Valerio: “Nella mia zona la situazione è tesa perché nonostante la regione sia una delle poche regioni gialle, nei pressi di Roma c’è molto poco controllo, quindi ad esempio anche ad Aranova può essere che al supermercato trovi un assembramento enorme anche se hanno tutti la mascherina. Quindi sì, non sai bene quanto sei effettivamente protetto, e comunque i contagi ci sono: ad esempio alle medie, dove va mia sorella, la sua classe è in quarantena e non è l’unica classe in isolamento. Nei centri un po’ più grandi forse c’è un po’ più di controllo, ovviamente è più facile trovare situazioni di assembramento, ma questo perché ci sono i mezzi, movida non più, però insomma, comunque la gente si muove: le passeggiate le fai, quindi se vai a Piazza di Spagna, per dire trovi parecchie persone. Ufficialmente siamo messi bene, in realtà non troppo, come tutti tra l’altro: la si sta prendendo un po’ sotto gamba. Personalmente temo la zona arancione.”

S: “Cosa ne pensi dell’organizzazione Covid-19 qui in Italia?”

V: “Secondo me la situazione poteva essere decisamente peggio, se guardiamo altri esempi europei, come Francia, Spagna ecc., là è preoccupante. Però è anche vero che la cattiva gestione della prima ondata un po’ gliela perdono, perché erano tutti impreparati. Il lockdown forse è stato un po’ estremo, ma è stato necessario e ci ha permesso di avere più libertà in estate.
Alla fine è stata la gestione dopo il primo lockdown il vero problema, proprio in estate è stato veramente un rilascio totale di tutto: per moltissimi il Covid-19 era sparito, quindi di fatto bisognava aspettarsela la seconda ondata, visti i comportamenti irresponsabili di certa gente. Io ritengo che avrebbero dovuto mantenere la presa e non allentare così tanto le misure.”

S: “Come hai vissuto il primo lockdown?”

V: “Bhe io il primo lockdown l’ho cominciato con un isolamento forzato dalla preside, perché a scuola era trapelata la notizia che io avevo passato le vacanze di Carnevale con la mia fidanzata* di Padova, ed erano da poco stati annunciati i primi casi di Vo… quindi sì ecco, tutti molto informati…perché non diventassi l’untore del Pertini mi hanno costretto a casa.”
(*Elena, una mia amica tramite cui ho potuto conoscere Valerio.)
V: “All’inizio la narrazione è stata così talmente approssimativa e confusa che io non sapevo bene cosa pensare di questa cosa; qui non si sapeva se il virus fosse effettivamente vero, se fosse pericoloso, soprattutto perché finché a Roma non ci sono stati i due casi allo Spallanzani, la spiegazione dei fatti non era come quella che poteva essere stata da voi in Veneto per Vo, il primo focolaio. Finché non hanno chiuso scuola non era ancora obbligatorio portare la mascherina: io non lo facevo, ma non perché fossi un ribelle, perché non era chiaro fosse strettamente necessario. Da noi hanno chiuso scuola circa due settimane dopo di voi, da un giorno all’altro ci siamo trovati a casa.”

Lo Spallanzani a Roma
Lo Spallanzani a Roma

V: “Non si era capito che il lockdown sarebbe durato così tanto, è stato inaspettato e infinito, ma non è successo proprio niente, quindi ad oggi ti sembra essere passato tutto in un lampo.
Io ero paralizzato. Tutti dicevano di vedere il lato positivo, sfruttare la cosa come un’occasione per lavorare su se stessi, imparare a fare cose nuove. Altri sostenevano avessimo più tempo per studiare, ma in realtà anche no, perché non sei a casa tranquillo sereno e felice, sei chiuso a casa e te voi sparà.

S: “Come riassumeresti questo periodo?”

V: “Se vuoi una mia parola tematica, penso ‘angoscia’, ecco: non paura di stare male, perché comunque sembrava una cosa lontana seppur vicina…l’opposto di serenità insomma. Non fai altro che stare a casa e sentire cosa succede fuori, fidandoti dei giornali di fatto.”

Sia io che Valerio abbiamo parlato dei media, e di come gli articoli, spesso imprecisi e infondati, con cui venivamo bombardati ogni giorno, non abbiano aiutato per nulla le circostanze, rendendole ancora più caotiche e spaventose.

S: “Come si è organizzata la tua scuola in questo periodo?”

V: “La preside da noi è stata diligente e tempestiva, perché c’era tanta paura, quindi ogni cosa suggerita veniva fatta: le norme sono state seguite anche troppo forse… Durante la prima ondata comunque non è che ci fosse stato tanto da fare.
Con la seconda invece i banchi sono arrivati, le misure sono state seguite: sono state sfruttate le diverse uscite dell’edificio per evitare assembramenti. Il resto era responsabilità degli studenti, la scuola più di tanto non poteva fare. Il primo giorno c’era calca davanti al cancello perché c’eravamo tutti, ancora non erano stati scaglionati gli orari meticolosamente, come poi è avvenuto in seguito.”

I famosi banchi con le rotelle
I famosi banchi con le rotelle

S: “Con che ritmi avete seguito le lezioni?”

V: “Hanno scaglionato praticamente da subito biennio e triennio, che entravano rispettivamente alle 8 e alle 9; poi a causa dei mezzi pubblici gli ingressi sono stati posticipati di un’ora quindi alle 9 e alle 10. Col 75% in Dad, si stava in presenza solo un giorno alla settimana, che da noi è sempre stata dal lunedì al venerdì, anche prima della pandemia. Le classi frequentavano in presenza, con ogni annata assegnata ad un giorno di 4 ore da 45 minuti di videolezione.
Mi chiedo come fa ad esserci una differenza di monte ore da regione a regione e questo da sempre, so che da voi in Veneto è abitudine fare il sabato, mentre qui no.”
(Me lo chiedo pure io Valerio…)

S: “Il corpo studentesco invece com’è messo?”

V: “I rappresentanti d’istituto quest’anno da noi non vengono ascoltati davvero, perché la scuola ritiene intoccabili -giustamente o meno- le indicazioni fornite dal governo, in parole povere non ci si lamenta, perché sarebbe invano. Non sono stati nemmeno propriamente eletti, c’erano meno candidati del previsto: c’è stata meno democrazia scolastica e personalmente io penso sia stato proprio specchio del governo stesso.”

Entrando poi nello specifico in argomento voti, profitto, bagaglio culturale, apprendimento in sé, abbiamo appurato che entrambi, particolarmente per quanto riguarda le materie di indirizzo -già pigri di nostro-, siamo stati svantaggiati dalla necessaria e inevitabile organizzazione della didattica a distanza.

V: “Se tu studi sempre tutto benissimo, sarai sempre bravo, anche se le videolezioni sono tarate per gli alunni che hanno più difficoltà. Non ci sono tuttavia gli stessi ritmi, assolutamente, ci sono meno ore e il programma è stato tagliato: ci hanno tagliato il programma invece di fare più ore in Dad e diciamocelo, dal punto di vista dello studente pigro, quale sono, avere meno ore mi sta anche bene, però molti chiedono più cose spiegate più velocemente e in modo più sintetico. La Dad è comunque pesantissima, perché non passi troppo tempo a fare lezione però ti viene richiesto almeno tanto quanto ti veniva richiesto prima, e questo quando lo metti nell’ottica del quinto anno è ancora peggio in quanto non sei sicuro a cosa stai andando in contro, di cosa ti resterà in futuro. Tutti si aspettano che ci si metta l’anima nello studio, perché tanto non abbiamo niente da fare perché facciamo poche ore, no?”

V: “La Dad non è sicuramente una situazione ideale per imparare le cose, non perché internet sia un cattivo mezzo, le lezioni online effettivamente si facevano anche prima del Covid-19 con ad esempio masterclass, magari non nell’ambiente liceale scolastico. Là fuori è pieno di servizi di apprendimento in streaming, però hanno le attrezzature adeguate, sono preparati e lo gestiscono con consapevolezza. Un insegnante medio del liceo non è abituato a questa modalità. La rete dell’istituto non funziona. I ritmi saranno sempre sbagliati perché si sforzano -senza riuscirci- di imitare la scuola vera su internet, che contribuisce a creare ancora più confusione in una situazione di per sé semi apocalittica.
In Dad io sento una grande distanza. Ritengo che anche gli insegnanti siano vittime: nessuno vorrebbe vivere questa situazione secondo me.”

S: “Sul temutissimo esame hai niente da dire?”

V: “A parte pochi casi in cui la Dad è gestita bene, si ha paura di come sarà l’esame anche perché c’è più incertezza di prima: da noi dicono che si svolgerà come quello dell’anno scorso, quindi solo un grande esame orale; il che è positivo fino ad un certo punto, perché comunque in realtà devo fare questo esame singolo su cui dipende tutta la mia preparazione su un programma fatto un po’così… insomma non sembra veramente di andare a scuola, non concretamente, non nel modo a cui sono stato abituato, che aveva i suoi difetti e i suoi pregi, ma con cui mi trovavo decisamente meglio di ora”

Entrambi concordiamo che tornare in presenza sarebbe auspicabile, soprattutto con la prospettiva di due maturandi, ma sul discorso esami gravano le ore perse quest’anno, e maggiormente l’anno scorso. Tutti speriamo non ci sia la temuta seconda prova. Valerio si interroga sulla valenza di un esame svolto così e del bagaglio culturale dei singoli studenti, che ricadrebbe inevitabilmente almeno sull’introduzione al mondo universitario.

Conclusione semi scontata: #lontanimavicini

Mi è piaciuto molto parlare con Valerio e poter dare sfogo a tutto il mio drammatico vittimismo.
Scherzi a parte, è stata un’esperienza molto interessante: mi sembra che emergano chiaramente delle opinioni e delle situazioni o largamente condivise o comunque parecchio comprensibili. Personalmente mi sono sentita rassicurata dal fatto di non essere stata l’unica a stare così in questo periodo, e rispondendo alla domanda iniziale: si, l’attraversare questi periodi difficili tutti “assieme” mi fa sentire decisamente meno sola ed anzi più vicina agli altri.
L’analisi delle varie gestioni è stata secondo me inutile come anzi molto importante: credo ognuno di noi si sia reso conto che il 2020 ha segnato (e continua a segnare…) irreparabilmente la storia del globo intero, e per quanto ormai ciò che è fatto è fatto, è importante non sottovalutare la cosa, perché si impara dagli errori del passato, anche da quello a noi più prossimo.
Io e Valerio, come tutti, ci auguriamo che le cose migliorino (direi che peggio di così, anche no), quindi cari lettori, state tranquilli, rimanendo attivi: non adagiatevi in una finta serenità, fate la vostra parte, il vostro lavoro con cognizione di causa e vedrete: #andràtuttobene
Sara Boscolo 5Bs