FUGA DEI CERVELLI, SCUOLA E LAVORO IN ITALIA

di Lorenzo Consolaro

Come spiegare una disoccupazione giovanile superiore al 40%?
Vi sono altre cause da considerare oltre alla congiuntura economica odierna?

È chiaro che, dato il forte periodo di crisi e la naturale difficoltà di un giovane di inserirsi nel mondo del lavoro, gli studenti siano sempre più pessimisti su un effettiva messa a frutto degli sforzi compiuti durante gli anni scolastici.
È a questo punto che una larga fetta di giovani competenti ripensa alla possibilità di un lavoro all’estero come a una terra promessa piena di opportunità, le quali però potrebbero rivelarsi più difficili del previsto da cogliere.

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Infatti, se è vero che i posti di lavoro non abbondano nel nostro paese data la situazione di oggi, è anche vero che molti posti di lavoro rimangono vacanti per la mancanza di candidati. L’Eurostat in una recente indagine ha trovato che ben il 47% fra gli imprenditori che avevano assunto neolaureati italiani non si ritenevano soddisfatti delle loro competenze, le quali invece, a sentire gli enti di formazione sarebbero state sufficienti nel 72% dei casi ad un inserimento senza alcun problema in ambito lavorativo. In questa differenza di percezione si può intuire uno scollamento fra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro; a farne però le spese non sono solo i giovani ma anche il sistema paese. Infatti, occorrerà altro tempo e spese per dare un’ulteriore qualifica all’eventuale neoassunto, tali problemi graveranno quindi o sulle imprese (che troveranno sempre più difficile offrire impieghi) o sull’ex-studente che dovrà ricorrere a ulteriori certificazioni e master. Non è l’unico aspetto di un fenomeno di disinteresse da parte delle istituzioni nell’inserimento lavorativo dei giovani qualificati; infatti, nelle annuali assegnazioni delle borse di studio del Cer (Centro Europeo della ricerca), i ricercatori del Belpaese sono, in termini quantitativi, secondi, tuttavia quasi nessuno di questi ultimi resta in Italia. Ciò che sorprende, alla luce di questi dati, è che non il nostro paese non faccia nulla per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani formati dal Sistema Scolastico Nazionale e li condanni quindi a rimanere in balia di una situazione già abbastanza grave in quanto a occupazione.
Spiace che la nostra scuola, luogo in cui si formano le conoscenze e gli strumenti cognitivi per la futura realizzazione personale, sia spesso vittima di luoghi comuni o assente dal dibattito pubblico e che non si discuta su una sua eventuale profonda riforma.