15 Milioni di persone come noi

“Shoah” è un termine di origine ebraica, il cui significato è desolazione, disastro ma, soprattutto, catastrofe o tempesta devastante. Attraverso questa parola ricordiamo ogni anno, il 27 gennaio, il genocidio degli ebrei, ovvero lo sterminio e la persecuzione di una razza da parte delle autorità della Germania nazista. Comunemente si preferisce definire quest’atto disumano con tale termine, piuttosto che con “olocausto”, poiché esso definisce un sacrificio necessario ed inevitabile, ma non è così.

Raphael Lemkin, scrittore ed avvocato polacco, aveva definito il genocidio come un piano coordinato ed intenzionale per uccidere uno specifico gruppo individuato nella società come una minoranza, massacrandolo, distruggendolo e sterminandolo.

Il 1900 è stato un secolo ricco di genocidi e sicuramente ci si chiede perché si arrivi a tanto, ma soprattutto come si riesca a rendere un’intera popolazione il principale bersaglio della società. Fondamentalmente un genocidio non comincia mai con il massacro, ma si utilizza un’arma molto più potente: il linguaggio. Può sembrare banale, ma le parole sono armi taglienti e che possono ferire più di ogni altra cosa. Attraverso esse può crearsi il distanziamento sociale, poiché si inizia ad identificare l’altro con termini specifici che lo allontanano dalla massa e dalla comunità, quali “nero”, “ebreo”, “omosessuale” ecc.…

Proprio dal linguaggio inizia, così, la disumanizzazione dell’altro. Si mobilitano, poi, le masse, si sopprimono i diritti civili ed, infine, quando la categoria presa di mira non viene più vista come un gruppo di persone alla pari, ma come inferiori, si passa alla violenza fisica. Anche Hannah Arendt in “le origini del totalitarismo” affermò che prima è necessario disumanizzare l’altro dal punto di vista politico e linguistico e poi lo si può uccidere passando inosservati perché, nel mentre, l’opinione pubblica si sarà anestetizzata.

La parola “Shoah” descrive, purtroppo, una realtà complicata, triste, spaventosa e violenta. Ad ognuno di noi la morte sembra lontana, quasi estranea, finché non ci tocca personalmente, quindi è probabilmente impossibile o comunque molto difficile capire anche solo una misera parte del dolore che tutte quelle persone hanno provato nel momento in cui sono iniziate le persecuzioni.

La Shoah raccoglie i terribili ricordi e le distruttive testimonianze di tutti coloro che, da vittime, hanno partecipato a quell’orrore. Rende viva la memoria della paura provata quando le autorità si presentavano alla porta di casa, della rassegnazione e della tristezza provate sul treno di andata verso un campo di sterminio, delle lacrime versate nel momento della separazione dai propri cari, del dolore provato quando un numero sulla pelle sostituiva l’identità di ognuno dei deportati e della vergogna ed il disgusto nel farsi toccare, rasare, picchiare ed uccidere senza avere nessuna colpa, se non quella di essere nati “diversi”.

Per noi è così impensabile che una tale violenza sia stata compiuta, tanto che nemmeno lontanamente potremmo immaginarci uno scenario del genere nel mondo moderno, ma ciò che noi ora ripudiamo è accaduto in passato. Le grida dei bambini separati dai genitori, i pianti di disperazione di tutte quelle persone che speravano solo di poter tornare a casa sane e salve ma che, in realtà, sono morte proprio lì ed il sangue di tutte quelle vittime innocenti sono ancora racchiusi nella terra, negli edifici, nei crematori e nel filo spinato che delimitava il campo di concentramento.

Oggi più che mai ricordiamo tutte quelle vittime senza colpa che, senza distinzione tra bambini e anziani, uomini e donne, hanno subìto torture indicibili, hanno sofferto ardue ed estenuanti pene e sono state private di ciò che di più caro c’è al mondo: la vita.

Oggi più che mai continuiamo a ricordare, affinché la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita in questo modo possa non essere mai tradita e affinché ciò che è successo in passato non accada più in futuro.

 – Rowena Polato, 5BL

“Reawakening Fashion Everyday”

Sto perdendo la speranza nella moda. Ciò che vedo in sfilata, nei magazine e nelle collezioni odierne mi annoia. Credo che se c’è un onere che la moda abbia è proprio quello di sbalordire, creare interesse facendo brillare gli occhi o, invece, inorridire, smembrare e ricostruire. Di tutto ciò non percepisco proprio nulla, e quindi mi trovo costretto a tuffarmi nel passato: dal “corsettato” Mugler degli anni 90, al faraonico universo di John Galliano per Dior del 2000, fino all’haute couture rivoluzionaria di Cristóbal Balenciaga di inizio ‘900 (per citare i più conosciuti). Sembra quasi che tutto sia stato già svolto impeccabilmente nel passato e che non ci sia speranza alcuna nel presente. 

Per non parlare della carta stampata, che spreca cellulosa, inchiostro e gloss al misero fine di vendere un cumulo perpetuo di banalità, quando il guadagno non è una giustificazione sufficiente. Ciò che manca è il “Vogue Juice”, definizione della grandiosa giornalista Anna Piaggi, che con questo arguto appaiamento di parole intendeva “un succo di concetti e di stimoli visuali”. 

Anna Piaggi (1931-2012)
giornalista e scrittrice italiana

Passando alla mondanità, che forse il tema del Met Gala di New York di quest’anno sia da leggere anche come un’esortazione al risveglio del fashion system ? “Sleeping Beauties: Reawakening Fashion” metterà in mostra iconici abiti e accessori troppi fragili per venire indossati di nuovo o solamente per essere esibiti on display; facendo ciò darà sicuramente spettacolo, mostrando però solo abiti di epoche trascorse. 

“La Chimére”, Thierry Mugler
(Haute Couture Fall/Winter 1997-1998)

Concludo la mia lunga riflessione col dire che io non mi voglio arrendere. Esorto tutti voi lettori a esprimervi con la moda osando, facendo scelte azzardate, e provando ad uscire dalla comfort zone. Ciò che si sta tralasciando è l’importanza di questo mezzo comunicativo, che vi regala con generosità il lusso di dipingere al meglio la vostra essenza nella vita di tutti i giorni.

Razor clam shells dress,
Alexander McQueen, Voss- SS 2001

-Edoardo Benedusi 5AC

The Chess Genius

Un prodigio, un campione, una leggenda

Magnus Carlsen

In questo capitolo della rubrica vorrei raccontare un po’ i passi compiuti da questo grande uomo, carismatico e dall’enorme senso dell’umorismo.

Cominciamo dalle basi, quindi partiamo col dire che Magnus, anzi, Sven Magnus Øen Carlsen, è nato in Norvegia il 30 Novembre 1990.

Iniziò a giocare a scacchi per battere le sue sorelle, come passatempo, e così nacque la sua passione. Dirà infatti che la vera scintilla che fece cominciare la sua carriera fu la sua sorella maggiore.

Porta anche vari contenuti su YouTube, come partite bullet (1 minuto) e blitz (3 minuti), partite contro altri campioni, molte di queste in compagnia dei ChessBrah.

In varie interviste dice di divertirsi a caricare contenuti su YouTube e che vorrebbe dedicare più tempo al canale in futuro.

Ha provato molti sport, e si è rivelato bravo in tutti, i suoi preferiti sono il calcio ed il basket, in alcune interviste disse che se mai avesse avuto la possibilità di giocare contro un campione di questi due sport avrebbe scelto Messi e LeBron James

Ma adesso torniamo sul centro della rubrica!

Divenne maestro nel 2004, al tempo il secondo più giovane al mondo ad aver mai acquisito quel titolo, aveva infatti 13 anni, 4 mesi e 27 giorni, oggi è l’ottavo più giovane ad aver ricevuto il titolo.

Nel 2008 batté Levon Aronyan, un grande GM armeno (che però gioca per la Federazione statunitense), e in quei mesi venne definito per la prima volta il secondo più bravo al mondo secondo le classifiche pubblicate in una rivista.

Lì comprese per la prima volta che sarebbe presto riuscito a conquistare il titolo di campione.

Dal 2009 al 2011 ebbe come tutor il grande Garry Kasparov, ex campione del mondo, e a lui deve molto della sua formazione.

Non accettò quasi mai di partecipare ai Candidates per la World Chess Championship fino al 2012, quando si iscrisse e l’anno successivo, nel 2013, divenne ufficialmente campione del mondo all’età di 22 anni, battendo Viswanathan Anand, detto anche Vishy, e così diventando il 16esimo campione del mondo della storia.

Come campione del mondo si permise molte volte di presentarsi in ritardo a tornei importanti, vari esempi possono essere i tornei da 5 minuti ciascuno, nei quali Carlsen arriva spesso quando al suo orologio mancano solamente 30 secondi… Ma nonostante questo riesce a vincere comunque la maggioranza delle partite!

All’inizio di questo articolo citai il suo umorismo, questo perché oltre ad arrivare il ritardo in molte partite si permette di anche di giocare una particolare apertura, chiamata Bongcluod (1e4. 2e4. 3Ke2), secondo la quale alla seconda mossa si muove il proprio re di una casella in avanti, impedendo l’arrocco, lo sviluppo della Donna e dell’Alfiere e in generale compromettendo la partita.

Difese il titolo fino al 2023, quando disse di voler lasciare il mondo scacchistico competitivo lasciando il posto a Ding Liren, 17esimo campione del mondo che appunto batté Carlsen nel World Chess Championship 2023.

Nel 2023 Magnus ha anche vinto la FIDE World Cup 2023, l’ultimo trofeo che gli mancava per completare la sua carriera! Dopo la vittoria contro Praggnanandhaa dirà infatti di aver “Completato gli scacchi”, avendo vinto ogni trofeo esistente per questa disciplina sportiva.

Recentemente si è anche concluso il Champions Chess Tour, un tour con tappe previste in tutto il mondo, in cui i più grandi scacchisti si devono sfidare per arrivare alla fine. Le varie tappe si distribuiscono per tutta la durata dell’anno, la finale si è svolta il 16 dicembre e ha visto la vittoria di Carlsen contro il grande Wesley So con un punteggio di 2,5 a 1,5.

Insomma, Magnus non poteva chiudere questo 2023 in modo più stiloso.

Frederick Toschetti 2CA

Pietro Guglielmi 5AS

25 novembre

Stop violence: break the silence
No màs violencia: rompe el silencio
Stopp die Gewalt: brecht das Schweigen


Il giorno 25 novembre viene ricordato ciò che non bisognerebbe mai dimenticare.
La Treccani definisce la violenza come tendenza abituale a usare la forza fisica in modo brutale o irrazionale.
Spesso le donne sottovalutano quei segnali tipici di violenza, tanto fisica come psicologica.
Ne sono un esempio le numerose vittime, che ogni giorno vivono con il timore dell’uomo che hanno accanto.
“Mi fa piacere che sia un po’ geloso, vuol dire che ci tiene”: Domenica Caligiuri, accoltellata a 71 anni dal marito per gelosia.
“Non sto più bene con lui, voglio separarmi”: Nadia Zanatta, uccisa a 57 anni perché aveva intenzione di separarsi.
“Sono solo delle sue paranoie, gli passeranno”: Valentina Di Mauro, uccisa a 32 anni dal marito per accuse di tradimento.
“Mi dispiace che abbiamo litigato, però mi fa paura, ho bisogno di chiamare i carabinieri”: Silvana Arena, trovata a 74 anni dai carabinieri in fin di vita con delle ferite alla testa.
“Papà dormiamo insieme oggi?”: Laura Russo 11 anni, uccisa dal padre a coltellate nel sonno.
“Mi ha tradita, adesso gli parlo io”: Giulia Tramontano, uccisa dal ragazzo con 37 coltellate, cerca di sbarazzarsi del corpo e lo nasconde dietro un muro. Incinta di 7 mesi.
“Mi dispiace che il mio ex stia male per me”: Giulia Cecchettin, uccisa a 22 anni dal suo ex ragazzo.
Queste tragiche fini avvengono e sono avvenute in tutte le epoche.
Riportiamo l’ esempio di Artemisia Gentileschi, una pittrice italiana seicentesca della scuola di Caravaggio, la quale è stata abusata da Agostino Tassi, artista amico del padre.
Tutto ciò per dire che è da tempo che le donne combattono in favore dei loro diritti, al fine di limitare la violenza di genere.
La denuncia è sicuramente il metodo più efficace.
Tuttavia non è sempre facile dichiarare a viso aperto ciò che si prova, spesso per paura di non essere credute o di non essere aiutate o per vergogna. Sicuramente però parlarne è indispensabile.


Die Gewalt ist nicht die Lösung.
“No” no es solo una palabra.
¡Cuando es no es no!

True love doesn’t humiliate, trample or betray.
True love doesn’t scream, beat or kill.

Frammenti di un cuore violentato

“Ormai queste sensazioni si sono radicate nella sua mente come una filastrocca:
il rombo del motore mentre la macchina si parcheggia,
il suono della porta d’ingresso che si chiude,
il ritmo dei suoi passi…
Guarda furtivamente attraverso lo spioncino:
non è un ospite o uno sconosciuto, peccato…
È una persona familiare,
eppure non capisce quanto mi faccia soffrire.
Vorrei che trovasse il coraggio di rispondere, ma sembra incapace anche di fuggire…
Lei, con un cuore impotente e vile come il mio, non merita tutto ciò,
inizio a sentire anche io la pelle bruciare, nonostante sia protetto dentro di lei,
nascosto dietro il suo corpo vestito di lividi.
Perché sento anch’io le ferite? Sono state così profonde da raggiungermi…?
È arrivato. Ora devo farle fare la brava, altrimenti soffrirò ancora.”


25 Novembre, Giornata contro la violenza sulle donne
La giornata internazionale contro la violenza sulle donne è celebrata il 25 novembre di ogni anno. Questa giornata ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alla violenza di genere e promuovere azioni concrete per combatterla.
La storia di questa giornata risale al 1981, quando le attiviste del movimento femminista delle Repubblica Dominicana hanno proposto di dedicare una giornata per commemorare le sorelle Mirabal, tre donne attiviste che sono state assassinate il 25 novembre 1960.
Nel 1999, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha ufficialmente designato il 25 novembre come la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
La giornata serve ad evidenziare la necessità di porre fine a tutte le forme di violenza contro le donne, comprese violenze domestiche, stupri e molestie sessuali.
La storia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne ci ricorda che la lotta per i diritti delle donne e contro la violenza di genere è ancora in corso, motivata da continui avvenimenti odierni. È un momento per unire le forze, far accrescere la consapevolezza e lavorare insieme per costruire un mondo in cui tutte le donne possano vivere in sicurezza, libertà e rispetto.
– Rigotti Angelica 3ASA

Essere Donna

Essere donna è facile, dicono.
Ma essere donna non è facile,
si affrontano problemi ogni giorno,
senza accorgersene.
Si cresce con la paura,
si viene giudicata male,
il “una donna non rutta”,
il “sei una donna, curati di più”,
il “sei una gallina/cornacchia, smettila”,
“devi essere più femminile”,
“perché non hai ancora un figlio?”
“se vuoi questo lavoro non potrai avere una famiglia”
“se hai i peli vuol dire che sei LESBICA”
ce ne sono molti altri ancora,
ma sono troppi da elencare.
Quello che mi fa riflettere di più è,
La paura,
di cosa?
Di uscire, di parlare, di camminare da sole,
di bere, di non potercela fare
Uscire con una gonna un po’ più corta?
Guai, sei una prostituta.
Uscire con due o tre ragazzi perché sono tuoi amici?
Guai, sono più di amici, non esiste l amicizia maschio-femmina
Uscire senza essersi messe in tiro?
Guai, sei una stracciona.
E molti altri ancora…
Una ragazza violentata da un gruppo,
7 ragazzi,
chiedeva di smetterla,
l hanno anche registrata…
Schifo? Vergogna?
Solo quello?
Un giudice che non da una pena ai ragazzi, perché uno ha confessato?
Dove siamo arrivati?
Femminicidi ogni giorno,
se non ogni giorno,
ogni settimana.
Basta
BASTA!

25

Fa che sia l’ultima

Non è amore se alza le mani: la violenza non fa parte dell’amore.

Amore è colui che ti protegge, colui che ti tiene per mano e ti porta in un luogo lontano e migliore di questo, colui che ti accarezza per asciugare le lacrime durante un periodo buio, colui che ti ama e deve amarti ogni giorno della sua vita. La violenza è una malattia da debellare, non bisogna accontentarsi di stare accanto ad una persona che non ci piace per paura di rimaner soli. Se quella persona non vuole che ci vestiamo scollate, non vuole che usciamo con le nostre amiche, non vuole che parliamo con una persona, non vuole che parliamo in un certo modo, non vuole che facciamo qualcosa per urtarla,

allora forse non è la persona giusta per noi.

Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Non può però bastare un giorno di memoria. C’è bisogno di agire ogni giorno, ovunque, per sconfiggere questo crimine odioso frutto di una cultura misogina. Uguaglianza di genere, riconoscimento dei diritti e dei ruoli nelle comunità, nei luoghi di lavoro e di produzione.

Mi sorge però un dubbio,

come sono cresciuti questi uomini che si permettono di mancare di rispetto, di usare violenza o addirittura di uccidere le donne che gli sono accanto? Le donne che li hanno amati, le madri dei loro figli. Cosa hanno insegnato loro le madri? E i loro padri?

Ecco, partiamo da qui. Partiamo dall’educazione in famiglia, partiamo dall’educazione dei figli. Insegniamo loro il rispetto, l’amore, insegniamo loro che una persona non ci appartiene solo perché l’amiamo, spieghiamo loro cos’è la libertà, la costruzione di un rapporto, la parità in un rapporto, l’impegno.

Molti ragazzi al giorno d’oggi ritengono che i femministi siano coloro che privilegiano la donna, come se fosse matriarcato. Il femminismo è movimento che mira all’uguaglianza sociale dei diritti, di entrambi i sessi.

“Noi non viviamo più in un mondo maschilista, sei tu che ti monti la testa e pensi di essere sottovalutata”.

Qualche giorno fa un ragazzo mi scrisse questo messaggio. Quotidianamente mi sento sopraffatta da discorsi fatti da giovani adolescenti che sottovalutano le donne pensando che sia “divertente”.

Ogni anno in Italia le donne vengono assassinate, molestate e stuprate. Vengono uccise per mano di uomini che volevano possederle fino a volerle addirittura cancellare dalla faccia della terra: “o con me, o con nessun altro”.

Lo Stato italiano non fa nulla per evitare ciò, anzi, identifica questo fenomeno con la parolina ‘emergenza’. Sì esatto, la chiamo un’emergenza, eppure mi sembra che nessuno si sia mai mosso per fare veramente qualcosa di concreto, mi pare che nessuno si sia allarmato all’ultima notizia su un femminicidio.

La chiamano emergenza, ma nessuno si preoccupa mai della denuncia che sporge una donna sotto molestie.

La chiamano un’emergenza sui giornali, ma nella pagina dopo scrivono casi di cronaca sui delitti passionali. È un’ emergenza, come quando non ti aspetti che succeda.

Ma ditemi davvero, voi non ve l’aspettate un altro femminicidio nei prossimi giorni?

Qualche giorno fa è venuta a galla la notizia di Giulia Cecchettin, giovane ragazza di 22 anni che frequentava la facoltà d’ingegneria all’università Ca’ Foscari di Venezia. Giulia, uscita con l’intento di chiarire con l’ex ragazzo Filippo, scompare la sera del 13 novembre. Vengono rinvenute delle tracce di sangue di fronte al marciapiede di una fabbrica. Filippo, un semplice ragazzo di 22 anni, stava per laurearsi anche lui nella facoltà d’ingegneria, un ragazzo malato o magari troppo geloso? È proprio questo il dubbio che sorge in tutti noi, Giulia ha avuto qualche segnale? Giulia è stata avvisata prima di questo comportamento possessivo e maniacale da parte dell’ex fidanzato? Purtroppo non possiamo darci una risposta concreta, possiamo solamente essere certi che, nonostante le speranze da parte di tutta Italia che i due fossero fuggiti da questa società intrinseca, il 18 novembre è rinvenuto il corpo della giovane ragazza; abbandonata giù da un cavalcavia nei pressi del lago di Barcis, dopo essere stata accoltellata ben 20 volte e avvolta tra sacchi neri. Ma Filippo Turetta è davvero un bravo ragazzo come lo descrive il padre? Per quale motivo 20 volte? Che cosa ha fatto questa giovane per meritarsi questo?

Nella speranza che sia l’ultima, nella speranza che giovani donne possano aprire gli occhi e mollare prima la presa.

A Giulia un grande abbraccio ad un’amica ed una compaesana, ti è stata tolta la possibilità di diventare una donna meravigliosa e realizzare i tuoi sogni.

La mia dedica da donna a tutti coloro che leggeranno questa lettera, qualunque sia il vostro carattere, il vostro vissuto e la vostra vera essenza, vi sono vicina oggi non più di tutti gli altri giorni dell’anno.

– Mariavittoria Castaldelli 3BL

Giulia

There was a girl a couple of years older than me
She was killed by her boyfriend last week
And I’ve been awake since I knew about it
Cause it hurts even if I didn’t know her


She was gentle, pretty and sweet
Just like an angel fallen from the sky
She was about to finish her degree
But he shattered all her dreams


How can someone who says to love you so much hurts you so hard, it’s something I’ll never understand
How can someone take your life when you just don’t feel fine, does love turn us into monsters?
And I feel so blue for all the pain she’s been through
Hope she feels better in heaven light as feather
Wish we could’ve save you


He took her to a place where no one could find them
Stabbed her so hard to vent all his anger
Then drove thousands miles trying to escape
From the ghost he left in that lake


How can someone who says to love you so much hurts you so hard, it something I’ll never understand
How can someone take your life when you just don’t fell fine, does love turn us into a monsters?
And I feel so blue for all the pain she’s been through
Hope she feels better in heaven light as feather
Wish we could’ve save you


Why did we make these mistakes?
Was our mind built in the wrong way?
Why do we think we have so much power
On women who are just trying to escape?
From all the control we crave
From the abuses we make
From all the damage we create
As a men I feel so ashamed


If you’re not feeling safe
It’s not wrong to run away
If you think this is just a phase
Just know that this is not how love is supposed to be
I feel so blue for all the pain she’s been through
I’m sorry I couldn’t save you


– Edoardo Cogo 5AC

25/11

Sembra capiti a pennello il tragico evento di Giulia, in modo da farci aprire gli occhi: la giornata di oggi è ancora fondamentale e dovrebbe essere ricordata ogni giorno.

“Non tutti gli uomini”,

però tutte le donne.

<<Molestia>> pungente sensazione di disagio, tale da alterare le normali caratteristiche di uno stato, di un’azione o di un comportamento, provocata da fattori o agenti interni o esterni, oggettivamente ostili o sentiti come tali.

Tutte le mie amiche sono state molestate, così come la mia parrucchiera, mia mamma, le zie e probabilmente anche la panettiera sotto casa tua. così come io lo sono stata.

È una parola sconveniente detta da uno sconosciuto sui mezzi pubblici, un uomo che, guardandoti mentre stai in piedi di fronte a lui, finisce a masturbarsi sul tram, un signore di mezza età che commenta le tue forme e le apprezza esplicitamente davanti a te.

<<Violenza >> qualsiasi atto che provoca, o può provocare, danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione e la deprivazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”.

È una stretta troppo forte al braccio durante una litigata, il tuo ragazzo che ti proibisce di vestirti in un certo modo o di uscire in certi posti, uno schiaffo, un linguaggio disdicevole.

Non tutti gli uomini sono così, ma tutte le donne sono o saranno vittime.

non è una guerra contro gli uomini, non si deve fare di tutta l’erba un fascio.

Con questa giornata si vuole combattere contro il patriarcato e contro questa “cultura” del possesso e dello stupro.

È davvero importante educare.

Educate voi stessi e poi insegnate agli altri.

A quel tuo amico troppo possessivo con la fidanzata, a quello che fa sentire troppo a disagio le tue compagne di classe quando scrivono alla lavagna. Non ci si può girare dall’altra parte quando il problema è qui di fronte a noi, nella quotidianità.

Tutti possono essere vittime di violenze e molestie; purtroppo e per fortuna però, i numeri non sono paragonabili: la violenza contro le donne è un fenomeno sistematico nella nostra società.

Chiedi a un tuo amico, ad esempio, se qualche donna lo ha mai fissato in autobus, fino a sbavare con un sorriso compiaciuto. o se mentre ballava con gli amici in discoteca, una ragazza ha mai cominciato ad insistere fino a toccarlo in parti intime e private.

domandagli se ha mai dovuto rinunciare ad andare a bere qualcosa in compagnia, solo perché c’era un lungo tratto nascosto e poco illuminato da percorrere a piedi.

Non è colpa degli uomini, ma del patriarcato.

Dobbiamo educare le generazioni vecchie, nuove e future: la donna non è un oggetto, non Va posseduta, scartata, usata, ripresa e dimenticata.

La violenza non è solo fisica, ma anche verbale.

L’abuso non è solo sessuale, ma anche psicologico.

Una donna non è cosa. e soprattutto non è cosa tua.

La violenza spesso nasce non perché una persona sia particolarmente disturbata, ma proprio perché è convinta di trovarsi davanti ad un oggetto.

Di poterlo possedere e decidere per questo.

Questo deve cambiare e dovremmo aiutarci ogni giorno a capirlo.

– Matilde Martinelli 5AC

BUON COMPLEANNO REPUBBLICA!

«La Repubblica ha vinto. Ha vinto con
una maggioranza non grande, ma
appunto perché non grande essa sta a
dimostrare la tenacia e resistenza con
cui il popolo ha dovuto a suo onore
lottare […]. La Repubblica è stata
voluta e affermata, ma ora bisogna
farla questa Repubblica e, soprattutto,
bisogna fare questi repubblicani.» Così
recitava il Corriere della Sera
all’indomani dello storico referendum.
La Repubblica italiana nasceva il 2
giugno 1946 con un sorriso: è il sorriso
della democrazia dopo vent’anni di
dittatura fascista. Venti anni durante i
quali erano state cancellate tutte le
libertà civili e politiche conquistate nei
decenni precedenti.

In quel giorno gli italiani scelsero la Repubblica invece della monarchia e anche le donne per la prima volta poterono votare e iniziare a partecipare alla vita politica del Paese. Così le donne che avevano saputo tenere accanto agli uomini i loro posti di combattimento durante la Resistenza dimostrarono di saper, sempre accanto agli uomini, lavorare e costruire una nuova Italia con la volontà di cambiare il Paese.
Mai come in quel momento ci fu tanta fede nel popolo italiano. Repubblicani e monarchici, Nord e Sud, uomini e donne, apparentemente divisi, ritrovarono la loro unità in un solo pensiero, in un solo sentimento, in una sola identità: l’Italia.
Questo voto segnò un punto di svolta nella storia italiana, aprendo la strada a una nuova era di libertà e progresso. Questa ricorrenza ancora oggi fa riflettere su tematiche importanti quali la partecipazione alla vita politica e il vero significato di democrazia. Non c’è democrazia senza voto libero, il voto è l’espressione più alta e completa del diritto di cittadinanza e della responsabilità civile, senza di esso non avremo mai rappresentanti veri delle nostre aspirazioni e dei nostri bisogni. Con la votazione scegliamo le nostre guide nelle
istituzioni centrali e periferiche ed esprimiamo di fatto un giudizio sul loro operato, confermandoli nella carica oppure optando per un candidato diverso che soddisfi maggiormente le nostre aspettative. «La tirannia di un principe in un’oligarchia non è pericolosa per il bene pubblico quanto l’apatia del cittadino in una democrazia» dice Montesquieu ne Lo spirito delle leggi.
Quest’anno, la Festa della Repubblica assume, inoltre, un significato particolare. Dopo un
periodo di sfide e difficoltà a causa della pandemia da Covid-19, l’Italia sta pian piano
riprendendo il suo cammino. La celebrazione del 2 giugno è un segnale di speranza e
rinascita, un momento in cui il popolo italiano si unisce per guardare avanti con fiducia e
determinazione.
Balbo Veronica, Barison Filippo, Forin Sofia, Minchio Anna 4 AC

Le autonomous cars e la guida autonoma

Scientifico!

Negli ultimi anni, sta prendendo sempre di più piede il progetto di creare dei veicoli che riescano a guidare da soli, evitando incidenti e senza che l’uomo intervenga. Saranno quindi dei veicoli molto sicuri e che ridurranno drasticamente il numero di incidenti, anche mortali, grazie alla tecnologia.  In questo articolo vi spiegherò questo tema in 5 punti.

1. I livelli di automazione

Dal 2013 esiste uno standard di automatizzazione, elaborato dal dipartimento dei trasporti statunitense, in collaborazione con. Questa classificazione prevede 6 livelli:

  1. Livello 0 – Nessuna automatizzazione

In questo livello il conducente ha il pieno controllo del veicolo e i sistemi che ci rientrano sono quelli di allarme anticollisione e di deviazione dalla corsia;

  1. Livello 1- Assistenza alla guida

Il conducente anche in questo livello ha il controllo della vettura, ma il sistema può intervenire modificando la sterzata e la velocità. I sistemi di questo tipo sono il cruise control adattivo, il limitatore di velocità (che sarà obbligatorio per tutte le auto in circolazione in Europa dal 2025) e il sistema di mantenimento della corsia;

  1. Livello 2 – Automazione parziale

Il conducente non ha più il controllo della velocità e dello sterza, ma deve essere in grado di intervenire se fosse necessario. I sistemi principali che rientrano in questa categoria sono il DISTRONIC PLUS creato da Mercedes, Autopilot di Tesla e i sistemi di parcheggio automatico;

  1. Livello 3 – automazione parziale

Il veicolo ha il pieno controllo di tutte le funzioni, ma il conducente deve essere in grado di intervenire se il sistema lo richiede e può essere attivato solo in strade delimitate da recinzioni e senza incroci. Se il sistema sente che il conducente non riesce a rispondere nel tempo prestabilito, effettuerà una sosta di sicurezza. Il guidatore perciò potrà essere parzialmente distratto. Un esempio di questo livello è il Full Self-Driving di Tesla;

  1. Livello 4 – Alta automazione

Il sistema, come nel livello precedente, ha il completo controllo delle funzioni del veicolo, ma in questo caso non richiede l’intervento di un conducente. Infatti se il sistema nota che il percorso che sta facendo va oltre le proprie potenzialità, effettuerà un parcheggio di sicurezza, non fermandosi nella corsia di marcia come nel livello 3;

  1. Livello 5 – Automazione completa

Questo livello racchiude le stesse funzionalità dell’alta automazione, ma non avrà limiti nei percorsi di guida e perciò non sarà costretto a fare un parcheggio di sicurezza se la guida è troppo complessa. Attualmente non si è ancora arrivati a questo livello.

2. Come le auto a guida autonoma si orientano nello spazio

Le auto a guida autonoma sfruttano un particolare sistema di sensori, telecamere e GPS per orientarsi, ma vediamo più nel dettaglio come funzionano.      

Le autonomous cars hanno dei potenti radar che sfruttano l’effetto Doppler per calcolare la distanza e la velocità della vettura che le precede, fino anche a 200 metri di distanza. I radar funzionano emettendo delle onde radio a modulazione con una frequenza tra i 76 e i 77 GHz che, rimbalzando su un oggetto, ritornano indietro fornendo al computer di bordo numerosi e preziosi dati.

C’è poi un sistema di ultrasuoni e lidar che si attiva alle basse velocità e che scandagliano tutta la zona attorno al veicolo fino a una distanza di 6 metri in modo tale da registrare la presenza di pedoni o di altre auto. Il sistema ad ultrasuoni emette delle onde sonore superiori ai 20 kHz che non sono udibili all’orecchio umano. Queste onde sonore, ritornando ai sensori, forniscono una distanza precisa degli oggetti intorno all’auto.

Il lidar (dall’inglese Laser Imaging Detection and Ranging) è invece un sistema di raggi laser che forniscono una mappa dettagliata e tridimensionale di tutto ciò che si trova vicino il veicolo in un raggio di 150 metri.

C’è anche un sistema di telecamere che sostituisce gli occhi umani e che è in grado di calcolare la distanza degli oggetti grazie alla prospettiva. In ogni modello di auto a guida autonoma c’è un numero diverso di telecamere, ma principalmente ci sono tre tipi di telecamere standard. La prima telecamera è quella frontale, che ha il compito di monitorare la strada davanti fino a 150 metri, la seconda telecamera è grandangolare che riesce a vedere fino a 60 metri con una maggiore visuale laterale e infine c’è una telecamera focalizzata che è in grado di vedere fino a 250 metri di distanza.

Non può poi esistere un sistema GPS che monitora la posizione della vettura costantemente in una mappa precaricata. Il sistema GPS è in grado di comunicare con altri sistemi di bordo per anticipare curve o altri tratti potenzialmente pericolosi.

3. La sicurezza della guida autonoma

Le autonomous cars grazie ai sensori e alle telecamere sono molto sicure e infatti si stima che possano ridurre gli incidenti del 94% anche se non potranno eliminarli totalmente e sono soprattutto maggiormente esposte ad attacchi informatici, ma vediamo la loro sicurezza più nel dettaglio.

I sensori possono subire dei guasti, come cortocircuiti o interruzione del passaggio della corrente elettrica che comporta a un malfunzionamento generale del software che controlla la macchina, ma ciò può essere risolto sottoponendo il veicolo a delle revisioni abbastanza frequenti, come può accadere e dobbiamo fare anche per le auto comuni. Questo però non è il “problema” più grave delle auto a guida autonoma, ma la problematica più importante è il rischio di subire un attacco hacker o che il sistema vada in “tilt” non riconoscendo alcuni segnali.

Di ciò ne parla un report fatto da Enisa (l’Agenzia Europea per la Cybersicurezza) e da Jrc (il Centro Comune di Ricerca europeo) che mette in evidenza le problematiche informatiche delle auto a guida autonoma. In questo report viene messo l’accento sui problemi del machine learning che, nonostante l’analisi di migliaia di dati sugli interventi dei conducenti nelle più disparate situazioni, non sarebbe in grado di valutare correttamente che tipo di intervento fare, come accelerare o frenare. Inoltre, l’aggiunta di segnaletica orizzontale o di vernice sul manto stradale potrebbe portare il sistema a fare una valutazione scorretta, causando degli incidenti. Non sono poi esclusi possibili attacchi informatici che possono rendere molto pericolosa l’auto.

4. A che punto siamo oggi nel loro sviluppo

Oggi, gran parte delle case automobilistiche, in particolare BMW, Tesla, Mercedes, Volvo e Audi, ma anche aziende come Google stanno spingendo molto su questa tecnologia, tanto che la gran parte dei loro modelli dispongono di una tecnologia di guida autonoma uguale o superiore al livello 1 e addirittura Waymo (un’azienda controllata da Google) offre dei taxi di livello 4.

Per il momento però le aziende più avanti in questo campo sono Tesla, che con le funzioni di Autopilot e di Full Self-Driving ha sviluppato un sistema di guida autonoma di livello 3, Argo AI e Cruise (di proprietà di General motors).

Waymo è quella più avanzata di tutti che offre robotaxi di livello 4, che sono prenotabili tramite app negli Stati Uniti e che sono in servizio in Arizona e a Los Angeles. Oltre ai robotaxi Waymo offre un servizio di trasporto merci, con furgoni e camion con autopilota.

Questa tecnologia sta insomma prendendo piede e secondo le stime entro il 2030 il 15% delle auto vendute sarà autonoma anche se ciò dipenderà da come il pubblico le accetterà.

Oggi un’auto a guida autonoma costa intorno ai 45.000-50.000€, anche se un’auto a guida autonoma di livello 3 della Mercedes costa tra i 5.000 e i 7.430€ in più rispetto al prezzo di listino.

In Italia le auto a guida autonoma non possono circolare sopra il livello 3 compreso, anche se i test delle auto di livello 3 sono permesse con l’autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Come tutte le cose, anche le autonomous cars hanno dei pro e dei contro, ma vediamoli più nel dettaglio.

5. I pro e i contro

Come tutte le cose anche le auto a guida autonoma hanno dei pro e dei contro, elencati qui sotto:

Pro:

  1. Il conducente può avere un po’ di più di tempo per dedicarsi ad altre attività come il lavoro;
  2. il consumo di carburante può essere ottimizzato evitando brusche accelerazioni e frenate;
  3. riduzione del traffico poiché i veicoli comunicano costantemente tra di loro scambiando dati come velocità, posizione e altre informazioni;

Contro:

  1. Possibilità di hacking o di malfunzionamenti dei sensori;
  2. non sono economiche e potrebbero trasformarsi in una soluzione per pochi;
  3. mettono a rischio molti lavoratori, come i tassisti e gli autotrasportatori.

In questo articolo spero di avervi spiegato al meglio l’argomento.

Francesco Savio, 1ASA

La strage dei rospi sulle strade italiane


Sempre più spesso nelle nostre strade diventa facile trovare decine di carcasse di rospi che, cercando in numerosi di attraversarle, soprattutto dopo le piogge, vengono schiacciati dalle automobili. In questo articolo vorrei sensibilizzare su due temi principali: perché lo fanno e qual è il motivo per cui dobbiamo salvaguardare i rospi.
Nella zona attorno ai Colli Euganei, ma anche in tutto il Veneto, vivono il rospo smeraldino (Bufotes viridis) e il rospo comune (Bufo bufo). Sono due specie anfibie, insettivore, protette dal trattato di Berna per la protezione della fauna e si riproducono nei nostri corsi d’acqua tra febbraio e maggio.

Un esemplare di rospo comune

(Bufo bufo)

Il rospo smeraldino

Trascorrono l’inverno all’interno di tane scavate nel terreno e tra febbraio e aprile si risvegliano grazie alle piogge primaverili e all’innalzamento delle temperature. Da subito hanno l’istinto di riprodursi e iniziano una migrazione verso gli specchi d’acqua, ciò genera una carneficina. Questi anfibi, infatti, devono attraversare le strade per raggiungere i laghetti, gli stagni e i fossi dove le femmine depongono le uova e i maschi le fecondano. Purtroppo, molti di loro vengono investiti dagli automobilisti che non si accorgono della loro presenza o non rallentano abbastanza, anche se spesso molti li investono apposta per commettere una bravata.
I corpi di questi animali morti sulle strade sono anche poi un ulteriore rischio per gli automobilisti, perché rendono la carreggiata più scivolosa e pericolosa.
I rospi sono animali importanti per l’ecosistema, perché si nutrono di insetti e altri piccoli organismi che possono essere dannosi per le colture e la salute umana. Inoltre, sono indicatori della qualità dell’ambiente, in quanto sensibili agli inquinanti e ai cambiamenti climatici. Per questo motivo, è fondamentale proteggerli e salvaguardare la loro biodiversità.
Per evitare la strage di questi anfibi sulle strade italiane, sono state adottate diverse soluzioni, come la realizzazione di tunnel sotterranei che consentono agli anfibi di passare al sicuro sotto la carreggiata, o l’installazione di barriere che li indirizzano verso i sottopassaggi, detti rospodotti. In alcuni casi, sono anche intervenuti dei volontari di associazioni ambientaliste che hanno aiutato i rospi a superare gli ostacoli e a raggiungere il loro habitat.


Un rospodotto

Reti anti-attraversamento


Tuttavia, queste misure non sono sufficienti a garantire la sopravvivenza dei rospi, infatti solo un numero esiguo viene salvato, perché l’installazione di reti e barriere è stata limitata a circa un centinaio di chilometri in tutta Italia, ciò deve essere accompagnato da una maggiore sensibilizzazione degli automobilisti. Infatti, basterebbe ridurre la velocità e prestare attenzione alla presenza di anfibi sulla strada per evitare di investirli e causare danni irreparabili alla fauna locale. In alcuni Paesi europei, come il Regno Unito, si è arrivati anche
a chiudere temporaneamente alcune strade durante le migrazioni di questi animali, per favorire il loro passaggio.
In conclusione, la strage dei rospi sulle strade italiane è un problema serio che richiede l’impegno di tutti per essere risolto. Questi anfibi sono animali meravigliosi e utili che meritano il nostro rispetto e la nostra cura. Se vogliamo preservare la natura e la sua bellezza, dobbiamo imparare a convivere con le sue creature e a proteggerle dai pericoli che noi stessi creiamo.


Francesco Savio, 1^ASA

Basta!

1069 sono le vittime di mafia dal 1861 a oggi: bambini, anziani, uomini e donne. Alcuni uccisi solo per vendetta, altri perché si sono opposti al regime mafioso. 133 le donne, 115 i bambini. 168 le vittime prima del 1961, 16 le vittime innocenti dell’ultimo anno. Perché tutto questo? Perché deve andare avanti così?
21 marzo. Il ritorno, almeno sul calendario, della primavera, simbolo di vita e rinascita, ma oggi non è solo la rinascita della natura, è anche la giornata in cui ci si impegna in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Parlatene della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” questo diceva Paolo Borsellino, magistrato siciliano che dedicò la sua vita alla lotta contro le mafie insieme al collega e amico Giovanni Falcone, entrambi persero la vita per questo scopo e questa è la mia intenzione: scriverne.
Oggi non si ricorda solo chi, come Falcone e Borsellino, ha perso la vita per sconfiggere le mafie, ma anche
tutti quelli che sono morti con loro a Capaci o in via D’Amelio, quelli che sono morti perché si sono ribellati
al sistema mafioso, quelli la cui unica colpa era essere parente di un nemico della mafia e soprattutto quelli
che di colpe non ne avevano: donne e bambini uccisi da proiettili vaganti. Ma i proiettili non vagano da soli.
Serve sempre qualcuno che spari e, indipendentemente dal motivo, è sbagliato.
Mafia, Camorra, ‘ndrangheta, Cosa nostra, Sacra corona unita, Mala del Brenta… tutti nomi per la stessa cosa: la criminalità organizzata. L’organizzazione è capillare, raggiunge ogni minimo centimetro quadrato dell’area in cui agisce e la non collaborazione si traduce in morte.
Bisogna però saper reagire. Bisogna opporsi.
Non tutti abbiamo lo stesso coraggio dei già citati Falcone e Borsellino o di Antonino Caponnetto, del generale Dalla Chiesa, di Rocco Chinnici. Ma basta poco. Basta il coraggio di opporsi a un torto, magari anche una cosa definita come “cosa da poco”, ma è importante perché è dalle piccole azioni quotidiane che iniziano le grandi rivoluzioni.
Mafia è violenza ma è anche omertà, il silenzio sulle azioni scorrette a cui si assiste. Il problema è che questo fenomeno è troppo diffuso, in particolare tra noi giovani, Facciamo un esempio: per aiutare il compagno, si fa copiare, e chi vede questo, spesso non lo riferisce all’insegnante, diventando “colpevole” tanto quanto chi copia e chi fa copiare. Probabilmente questo atto sarà fine a sé stesso, ma se non si interviene su queste piccole azioni sin da subito la situazione potrebbe peggiorare fino a diventare altra criminalità organizzata. So che è una visione drastica delle cose, ma d’altronde come dalle piccole buone azioni nascono le rivoluzioni, da tutti gli atti di ingiustizia o di illegalità nascono i grandi problemi di questo mondo.
Ultimamente “mafia” è una parola che si è sentita spesso in televisione, grazie al recente arresto di Matteo Messina Denaro che, però, è solo un minuscolo traguardo rispetto all’immensità della mafia. Infatti, lui era uno dei boss di Cosa nostra, ma probabilmente prima dell’arresto aveva già “passato il testimone” all’erede successivo. Però, bisogna continuare a combattere per gli ideali di quanti sono morti difendendo la giustizia per un mondo libero dalla mafia. “Gli uomini passano, le idee restano” diceva Giovanni Falcone, ma oltre che restare, devono restare vive e alimentare l’umanità che è dentro tutti noi. La mafia magari non commette più omicidi eclatanti, le stragi, ma continua a esistere ed esiste in tutto il mondo, non solo in Sicilia o nel Sud Italia. Esiste nel traffico di migranti, esiste nel mercato della droga, esiste nella corruzione politica, esiste.
E questo deve smettere di essere vero.
Bisogna combattere la mafia, magari c’è, tra chi leggerà quest’articolo, qualcuno che un giorno avrà una carriera politica, e in quel ruolo dovrà farsi valere contro la mafia e la corruzione. Ma tutti dobbiamo combatterla quotidianamente, contrastando le ingiustizie e l’omertà.
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” – Paolo Borsellino
I nomi e i numeri si possono trovare nel sito di “LIBERA” https://vivi.libera.it/
Pietro Grosselle, 3BSA

La cometa Neanderthal

Scientifico!

La cometa C2022 E3 (ZTF) sopra i cieli di Torino

In questi giorni stiamo vivendo un momento più unico che raro, che si ripeterà tra circa 50.000 anni. Infatti dalla fine di dicembre e anche prima stiamo assistendo al passaggio della cometa Neanderthal, conosciuta dagli scienziati come C2022 E3  (ZTF). In questo articolo tratterò l’argomento cercando di dare qualche suggerimento per la visione di questo meraviglioso fenomeno.

Cos’è una cometa

La cometa di Halley

Una cometa è un corpo celeste di piccole dimensioni, simile a un asteroide composto da gas ghiacciati come acqua, ammoniaca, anidride carbonica e metano e anche da frammenti di rocce e metalli.

Le comete percorrono delle orbite ellittiche attorno al Sole e quindi passano periodicamente attorno ad esso. Non tutte le orbite ellittiche sono identiche e quindi la cosa incide molto sulla loro periodicità, infatti una cometa con un orbita relativamente “corta” passerà con una frequenza maggiore (per esempio la cometa Halley passa una volta ogni 76 anni) mentre una cometa come quella  che sta passando in questi giorni ha una frequenza minore (una volta ogni 50-52.000 anni). In genere tutte le orbite delle comete superano l’orbita di Plutone e arrivando alla Nube di Oort che si trova tra le 20.000 e le 100.000 au.

Le comete si caratterizzano per la loro coda formata da gas ionizzati e polveri che in condizioni favorevoli sono molto visibili e riescono a illuminare il cielo notturno.

La cometa di Halley vista al telescopio

La scoperta della cometa

La cupola e il telescopio
dell’osservatorio di Monte Palomar (Telescopio Hale)

Siamo nel marzo del 2022, più precisamente il 2 marzo, quando Frank Masci e Bryce Bolin, all’interno dell’osservatorio di Monte Palomar, scoprono un corpo, scambiandolo per un asteroide, all’interno della Fascia di Kuiper, ma dopo qualche aggiornamento si rendono conto che si tratta di una cometa!

La scoperta è stata fatta all’interno dell’indagine astronomica denominata Zwicky Transient Facility che avviene grazie all’utilizzo di una fotocamera avanzata presente nel telescopio Samuel Oschin situato nell’osservatorio di Monte Palomar in California. La cometa venne scoperta quando era a circa 640 milioni di km dal Sole o 4,3 ua ( unità astronomica che corrisponde 1,49km, la distanza Terra – Sole) e venne scambiata per un asteroide, ma dopo a seguito di verifiche è stato possibile determinare che si tratta di una cometa.

A inizio novembre la cometa ha è scesa a magnitudine 10 (la magnitudine è la misura della luminosità di un oggetto celeste e perché sia visibile ad occhio nudo deve essere inferiore a 6) e si muoveva tra le costellazioni della Corona Boreale e del Serpente, muovendosi parallelamente alla Terra. Durante questa fase la coda era di colore giallo chiaro e verde.

La coda verdastra della cometa

Il 19 dicembre la cometa ha sviluppato una coda di colore verdastro e ha iniziato a muoversi verso Nord , tra le costellazioni di Boote, dell’Orsa Minore e del Dragone, raggiungendo la distanza di 10 gradi d’arco dalla Stella Polare. A fine dicembre la cometa ha raggiunto la magnitudine attorno al 6 mentre in questa settimana ha una magnitudine di 6.31

Come e quando osservarla

La cometa sarà visibile circa sino a fine febbraio e il suo perielio (punto più vicino al Sole) è avvenuto il 12 gennaio  mentre il 1 febbraio c’è stato il perigeo (punto in cui la cometa sarà più vicina alla Terra). Secondo gli esperti il periodo migliore per osservare la  cometa è questo, dal 24 gennaio in poi, periodo in cui si avvicinerà alla Terra fino a quando arriverà ai 42 milioni di chilometri dal nostro pianeta e perfetto anche per poter osservare la disconnessione della sua coda, causata da un’espulsione di massa coronale (un’espulsione molto frequente di materiale sotto forma di plasma dalla corona solare nell’eliosfera) avvenuta nel Sole.

La cometa è visibile anche ad occhio nudo, ma per riuscire ad osservarla meglio si può utilizzare un cannocchiale abbastanza potente, ma se si possiede un telescopio non ci sono problemi. La cometa è a Nord molto vicina alla linea dell’orizzonte e per riuscire a vederla occorre andare in una zona non soggetta all’inquinamento luminoso.

Viva la Repubblica

Nel primo referendum con suffragio universale maschile e femminile del nostro Paese, dopo vent’anni di censura e, per tutto il Centro-Nord, dopo l’esperienza dolorosa dell’occupazione nazifascista, 28 milioni di italiani vennero chiamati al voto.
Da Sud a Nord, da Palermo ad Aosta, l’affluenza fu altissima, superando, in molti casi, il 90%.
Il quesito, che con il suo esito avrebbe poi cambiato per sempre l’assetto istituzionale del nostro Paese, chiedeva agli italiani di scegliere tra il passato e il futuro.
Oggi la scelta tra monarchia e repubblica può, se non per una strenua minoranza, apparire scontata. Potrebbe, addirittura, apparire ridicolo lo stesso quesito.
L’Italia del dopoguerra viveva però una situazione molto differente.
Da una parte c’era, certo, una Monarchia che aveva perso la faccia con vent’anni di regime sublimati da una fuga indecorosa, ma dall’altra parte si trovava l’ignoto, e ciò che non si conosce, ovviamente, destabilizza.
I risultati spaccarono a metà il Paese: a Nord, persino nel Piemonte sabaudo, vinse la Repubblica. A Sud – Ahi serva Italia – stravinse la Monarchia.
È indubbio che rispetto a questa scelta contarono molto anche le condizioni vissute nell’ultima fase del conflitto: il Nord subì l’occupazione nazifascista, visse a stretto con quello che, quantomeno da Cassibile, poteva definirsi nemico.
Nel Mezzogiorno la storia fu un poco diversa, con fuga del Re e di Badoglio a Brindisi, verso terre sicure, e poi con l’arrivo delle forze alleate per liberarci.
In controtendenza rispetto alle proprie aree, riportiamo, per mera curiosità, gli esempi di Padova e Trapani.
Nel primo caso, in pieno Nord, fu la Monarchia ad ottenere la maggioranza (52.01%); nel secondo caso, pieno Sud, ottenne il 52.87% la Repubblica.
Contestualmente al referendum quel 2 Giugno gli italiani furono chiamati al voto anche per un altro motivo: l’elezione dell’Assemblea Costituente, deputata a scrivere la nostra legge fondamentale, la Costituzione.
Furono le prime elezioni politiche libere dopo 25 anni di censura, le prime a suffragio universale della nostra storia.
I tre grandi partiti di massa (Democrazia Cristiana, Partito Socialista d’Unità Proletaria, Partito Comunista Italiano), ottennero oltre il 75% dei voti.
Alla DC furono quindi assegnati 207 dei 556 seggi, 115 al PSIUP, 104 al PCI.
Gli italiani si riscoprivano capaci di decidere liberamente i propri rappresentanti.
E la Repubblica cos’è, se non questo?
L’ordinamento in cui ogni umano è eguale nei diritti e arbitro della propria vita.
Oggi il nostro ruolo dev’essere quello di preservare i valori democratici conquistati, tra mille ostacoli, con il sangue di donne e uomini come noi.
Il nostro pensiero deve, specie di questi tempi, correre a chi di queste libertà è brutalmente privato.
Sandro Pertini, partigiano, membro della Costituente, socialista, poi Presidente della Repubblica, spiegava così, magistralmente, quanto si voleva intendere poco fa:” Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi”.

Viva la Repubblica! Viva l’Italia!

 

 

Giuseppe Maria Toscano 5AC

Tragedia di Sewol

<< Corea del Sud, traghetto si ribalta e affonda con 450 studenti a bordo>>

Sono passati 7 anni dalla tragedia del traghetto Sewol.
Il 16 aprile 2014, il traghetto Sewol si è capovolto e affondò sulla sua rotta dalla terraferma all’isola di Jeju, in Corea del Sud. Quasi tutte le persone a bordo erano studenti della Danwon High School, di età compresa tra 14 e 15 anni, classi del secondo anno che erano in gita.
Il disastro ha lasciato 304 morti.
Sono 78 gli studenti salvati sui 325 che erano a bordo. Nella ricerca dei dispersi arrivarono 40 unità di navi costiere, navi militari ed elicotteri accompagnati da unità subacquee che hanno dato il loro meglio per salvare più gente possibile.

La nave ha lanciato la richiesta di soccorso alle 8:58 locali, mentre erta a 20 chilometri al largo dell’isola di Byeongpoong. La dinamica dell’incidente non è chiara, ma le prime testimonianze hanno riportato un fortissimo boato prima che la nave cominciasse ad affondare inclinandosi su un lato. Le immagini televisive trasmesse in diretta hanno mostrato la nave che sommerse in solo 2 ore, portando con se tutto l’equipaggio a bordo.

Il nastro giallo (il colore che ricopre la nazione di speranza) è il simbolo del ricordo associato a questo enorme disastro.
Anche se il numero delle vittime continuava a salire nei giorni successivi, tantissimi coreani mostrarono il proprio supporto per le famiglie che ancora aspettavano il ritorno dei propri cari, aderendo alla campagna “Fiocco Giallo”, per tenere viva la speranza di trovare dei possibili sopravvissuti. Si cercò di diffondere un messaggio positivo tramite “un fiocco nero su uno sfondo giallo” con una scritta che recita in coreano: ” 작은 움직임, 큰 기적”(Un piccolo movimento, grandi miracoli).

Il giorno di questa tragedia è stato utilizzato anche in numerosi servizi commemorativi per le vittime del disastro. Il padre di una delle vittime ha dichiarato in un suo testamento
“Senza che nessuno lo sappia, i BTS hanno visitato tranquillamente i nostri figli attraverso la loro canzone e video. Ci hanno mostrato i loro cuori imperdonati. Anche a Yae-eun sarebbe piaciuto molto.”
Mentre uno studente sopravvissuto disse “Voglio che tutto sia una bugia” a proposito del disastro; “Quando mi sveglio la mattina, mi sento come se tutto andasse bene. Poi mi rendo conto che non lo è. Vorrei solo che tutto fosse una bugia.”
Riportando in luce, gli ormai famosissimi BTS, che hanno dedicato una canzone (Spring Day) a questo spiacevole evento per il loro paese dicendo “Come cittadino di questo paese, credo che dovremmo sentirci responsabili. Pensavamo di poter inviare le nostre condoglianze se potessimo. Abbiamo donato perché volevamo aiutare” (Kim Namjoon).
Namjoon, portavoce dei sette cantanti, ha anche detto di aver scritto la canzone in un pomeriggio, dopo aver visto una foglia cadere in un parco; perché loro erano presumibilmente in una lista nera sanzionata a causa del presidente. Nessun artista aveva il consenso di parlare, diffondere informazioni, aiutare le famiglie dei ragazzi o parlare di quello che il presidente non stava facendo per questo episodio considerato troppo politico. Erano in questa lista nera per aver donato privatamente 100 milioni di won (moneta coreana) vinti alle famiglie delle vittime per spese funebri e psicologiche.

“Il sole sorgerà di nuovo. Perché nessuna oscurità, nessuna stagione. Può durare per sempre ”
BTS – Spring Day

Aurora Crivellin 4AA

Esiste la pace?

16 anni fa sono nata nella pace, privilegiata e amata.

La guerra è sempre stata sui libri e nei racconti d’infanzia dei miei nonni. Un’idea vaga che non avrei mai immaginato arrivasse davvero. Così ora, quello che sta accadendo nel mondo, mi toglie l’equilibrio.

Come può l’essere umano arrivare a tanto? Come può la vita valere così poco?

Impotente davanti a quello che accade, vorrei fermarmi. Vorrei sprofondare nell’immobilità per non sentirmi colpevole di un privilegio che non si può nascondere.

Migliaia di persone si riuniscono in piazza per la pace, molti bambini nascono sotto le bombe in un rifugio a Kiev e le persone che si incontrano si abbracciano, perché c’è più bisogno di amore.

Se è vero che le nostre azioni non possono fermare i missili sopra l’Ucraina, non è vero che non possiamo manifestare la pace intorno a noi.

Ascoltiamo di più, avviciniamoci all’altro, abbracciamoci, risolviamo quei conflitti che ci seguono come ombre e sciogliamo quei nodi che ci riempiono di rabbia.

Mi fermo ora a pensare, c’è ancora spazio per la vita? C’è ancora spazio per la pace?

Mariavittoria Castaldelli 1AC

Chi se non noi? – Intervista a Germana Urbani

Un’intervista di Beatrice Bison (B), Martina Melotto (M) e Linda Carturan (L) 4BS

 

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B: Può fare una breve presentazione di sé stessa e del suo libro …Temi di cui tratta?

Il libro è una storia che guarda molto al presente e alla cronaca, parla una mente che si sgretola di fronte all’abbandono e del tema del femminicidio.

Io sono Germana Urbani, autrice del libro, ho lavorato come giornalista e per questo mi sono chiesta come fosse possibile che molte persone dopo una rottura non riuscissero a girare pagina, nutrendo questo senso di vendetta fino al punto di far male alla persona che hanno amato fino a quel momento. Seguendo questa domanda, ho costruito una mente che, appunto, piano piano si sgretola finendo nell’ossessione, definendola una malattia mentale, perché la persona amata diventa un oggetto. Il romanzo riprende l’archetipo di Medea.

Trama del libro “Chi se non noi”

Maria, la protagonista, cresciuta in un angolo di campagna veneta sperduto, andando in una villa veneta con il papà e il nonno, la Badoera di Palladio, fin da piccola incontra la bellezza e sogna di diventare architetto, riesce a laurearsi e fare uno stage in uno studio di architettura di Bologna, riuscendo infine a specializzarsi in architettura sostenibile.

Maria ha sempre evitato l’amore perché innamorarsi voleva dire sposarsi con un ragazzo del delta del Po e rimanere lì, voleva dire non poter seguire il suo sogno.

Una sera incontra Luca, che lavora in una pescheria locale e pensa che non possano avere niente in comune ma parlandoci capisce che è una persona molto curiosa e capace, così inizia l’università su consiglio di lei e inizia a lavorare nel suo studio, riesce a diventare architetto solo grazie agli esami che lei gli passava.

Loro continuano a stare insieme anche se il rapporto col passare del tempo sembra andare sempre peggio, lui mette in atto delle strategie di violenza psicologica e proprio quando lei si spoglia di tutto per avere una vita con lui, lui la lascia per un’altra ragazza. Lei ci racconta come la sua vita stia andando male utilizzando continui flashback, senza un ordine temporale, lasciando che sia il lettore a ricomporre la storia d’amore tra i due (durata 6 mesi).

B: Se dovesse descriverlo in circa 10 parole quali sarebbero? 

“Un romanzo d’amore ambientato nel delta del Po”.

La descrizione del paesaggio in cui è ambientato il libro è molto importante, per non definirla fondamentale, io stessa, per essere il più precisa possibile, ne ho fatto ricerca e sono andata a fotografare i posti in cui sono ambientate le scene del libro; inoltre ho deciso di utilizzare i toponimi reali e geograficamente è molto coincidente con la realtà, in modo da spingere il lettore a visitare i luoghi descritti.

In questo libro ho utilizzato anche termini del dialetto veneto perché credo che il paesaggio sia anche la lingua e suoni del posto.

B: Si rispecchia nella protagonista? Per caso il nome della protagonista ha un significato personale o è stato scelto arbitrariamente?

All’inizio la protagonista si chiamava Anna, ma vista la famiglia molto cattolica e avendo 3 fratelli, ha pensato di dare gli stessi nomi dei 4 evangelisti. Si aspettavano un maschio a cui avrebbero dato il nome di Luca, invece nacque una femmina e per questo la chiamarono Maria. Ho regalato alla protagonista alcuni ricordi della sua infanzia, come il fatto che vivesse anche lei in campagna o la storia di Vitello Tonnato; ho regalato qualcosa a tutti i personaggi perché, a mio parere, quello che scrivi passa attraverso di te.

B: Cosa rappresenta la foto in copertina?

La copertina è stata un regalo dell’editore, raffigura due persone che non si vedono molto bene ed è molto rappresentativa della storia d’ amore descritta nel libro. È un amore che non si capisce bene, le due persone, infatti, non si vedono chiaramente; proprio come la storia d’amore che racconto. Guardando dall’esterno, noi non capiamo chi sono, non vediamo i loro contorni. Quando guardi due innamorati, non puoi immaginare che cosa si dicano davvero, quale tipo di rapporto ci sia… Così come quando guardiamo, attraverso una finestra, una casa di altre persone. C’è quel mistero che rimane a chi guarda. A me piace molto quella fotografia. La prima volta che ho visto la copertina, avevano fatto un titolo quasi fucsia e io ho chiesto invece di cambiarlo in un azzurro nostalgia: quell’azzurro un po’ polveroso che poi ha preso il titolo del libro. Perché quando io leggo un libro, sento un colore. Così per tutto il tempo che ho scritto questo libro, io ho sentito forte questo azzurro tra le sue pagine.

B: Abbiamo notato che lo stato d’animo e il paesaggio sono in correlazione, come in una poesia, è così? 

Fra i personaggi e il paesaggio c’è un vero e proprio dialogo, ad esempio man mano che andava oscurandosi l’animo di Maria, arrivava l’inverno; infatti per fuggire dalla pedanteria ho utilizzato il paesaggio per spiegare le emozioni provate da Maria.

M: Abbiamo notato anche la differenza tra la madre di Maria che le parla spesso rivolgendole le spalle e invece l’amica, che le telefona e si preoccupa per lei. Per noi ragazzi, il tema dell’amicizia è molto importante, spesso abbiamo conflitti coi genitori e troviamo rifugio negli amici. la madre vuole evitare un dialogo con Maria? E la sua amica, è importante per lei?

Sostengo che sia più facile parlare coi coetanei, ma mi riferisco anche ad una madre che ha sofferto molto a causa di un abbandono e a per questo fa fatica ad essere una madre affettuosa e presente. Una volta, nelle campagne, non si era affettuosi perché si pensava che così facendo i figli crescessero più forti, nonostante ciò, fortunatamente, la sua amica è sempre presente per lei.

M: Che cosa può insegnare il suo libro ad una persona della nostra età?

Io credo che avere dei sogni e crederci fino in fondo sia molto importante. Già alla vostra età, io coltivavo il sogno di scrivere e di diventare una scrittrice…un giorno. Poi io avevo pochi mezzi, volevo cominciare a scrivere come giornalista ma non sapevo nemmeno dove fossero le redazioni e allora non esisteva Internet. È stato tutto faticoso e in salita, ma dentro di me c’è sempre stato questo grande fuoco: io avevo un sogno e volevo arrivarci. Io credo che niente ti possa fermare, se tu credi in te stesso, per quanto pochi siano i mezzi, ce la puoi fare. Ho anche creduto molto nella formazione: all’università ho fatto lettere, non volevo insegnare ma era la facoltà che si avvicinava di più alla carriera che avrei voluto fare.

Quindi il messaggio per voi è: credete nei vostri sogni e mettetevi davanti a molte altre cose.

M: Che cos’è per lei la scrittura? E la fotografia? Abbiamo riscontrato che il personaggio di Maria ama la fotografia. E le due arti sono correlate? Infatti, per come descrive i luoghi nel libro, ci sembra di essere in una fotografia, immersi nei territori del Polesine.

Sì, è proprio così, è il mio metodo di lavoro. Parto dalla fotografia, anche per scrivere una poesia. Ogni volta che il romanzo si incagliava, andavo in quei luoghi e fotografavo, poi tornavo con una immagine che faceva andare avanti il romanzo. L’immagine fotografica per me è un grande amore e veicolo di fascinazione e scrittura. Uscirà a febbraio un reportage narrativo e si noterà la correlazione tra quello che fotografo e quello che scrivo. Vi consiglio: provate a fotografare qualcosa prima di scriverlo, è un metodo interessante. Per quanto riguarda la scrittura, è una cosa che mi accompagna da tutta la vita e fa parte di me. Scrivo i miei ragionamenti, quello che penso di un libro e che cosa mi ha indotto a pensare. Un libro è sempre generativo di un pensiero personale. Anche quando sono in giro, io scrivo nella mia mente o magari sulle note del mio cellulare. Però ci sono tanti modi di scrivere: quando facevo la giornalista scrivevo tutto il giorno, però per me quella non era scrittura, era lavoro.

M: Ci ha anche colpito la scelta di mettere una cartina all’inizio del libro e di usare termini in dialetto veneto, per far conoscere questi territori, che magari sono meno famosi.

Infatti, la letteratura è anche letteratura geografica. Io odiavo geografia, perché non l’ho mai capita: per me erano nozioni da imparare a memoria… invece negli ultimi anni ho capito che la geografia è racconto di un territorio che esiste ed è percorribile. Per esempio, io amo molto camminare a piedi e da quando lo faccio, ho capito l’importanza geografica dei posti e mi innamoro anche del loro nome. Ho deciso di inserire la cartina perché così chiunque può esplorare i luoghi che descrivo.

L: Visto che lei è anche una fotografa, pensa che l’essere umano abbia un bisogno di cercare la bellezza e l’arte in tutto ciò che lo circonda? Quali sono le sue considerazioni? La pensa in questo modo?

Sai… gli esseri umani sono di tante specie, io credo che quel che è bello per me, possa essere bruttissimo per qualcun altro. Per esempio, io trascino mio marito alle mostre e lui non le gradisce: non capisce, né apprezza, l’arte contemporanea, come ad esempio le opere che ci saranno alla Biennale di Venezia quest’estate. Eppure ad alcuni piace molto questo tipo di arte… quindi la bellezza non è uguale per tutti; c’è chi trova bellissimo un centro commerciale, per me è funzionale, non bellissimo. Per alcuni Gardaland è bellissimo, per me Gardaland non è bello, è un posto per divertirsi. Bisogna capire cosa è la bellezza per le persone, io credo che sia un veicolo per i sogni, un veicolo per l’anima, un veicolo per la poesia e credo che chiunque, prima o dopo, venga toccato dalla poesia o da qualcosa di spirituale. Per mio padre, la bellezza è la vigna in un certo periodo dell’anno e lo capisco, è molto poetico. Però serve uno sguardo particolare per capire un certo tipo di bellezza e lo sguardo va allenato… la bellezza va imparata… una volta quando passavo vicino ad una villa, che c’è qui poco lontana da me, non mi fermavo neanche, poi ho imparato a guardare architettonicamente e artisticamente e ho capito il grande valore di quella villa. Lo sguardo va allenato…guardando mostre e cataloghi se parliamo di arte, leggendo poesia, anche laddove non la capiamo…ci sono poeti difficili da capire. Però è un tuono che entra dentro e lavora.

L: Inoltre volevo leggerle una citazione tratta da Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino; volevo chiederle cosa ne pensa e se condivide le considerazioni espresse.

“Con le figlie, qualsiasi cosa faccia un padre, sbaglia: autoritari o permissivi che siano, ai genitori nessuno dirà mai grazie: le generazioni si guardano torve, si parlano solo per non capirsi, per darsi a vicenda la colpa di crescere infelici e di morire delusi.”

Questa citazione mi ha colpito molto, è molto forte e si ricollega un po’ a quello che dicevamo prima sul fatto che i genitori appartengono a una generazione, delle tradizioni, che noi forse facciamo fatica a comprendere; però penso che sia possibile una convergenza.

Si… Calvino è un grande scrittore perché riesce a scrivere la verità: quando tu leggi un grande scrittore senti che tutto quello che ti sta dicendo è proprio vero, e quindi non posso che essere d’accordo e credo di averlo rappresentato, come dicevamo prima, nel mio libro. Il padre di Maria le dice che i sogni non si realizzano mai, è come se le desse una pugnalata perché non puoi dire a una persona ciò, vuol dire tagliarle le ali.

Ma perché glielo dice? Magari perché lui, quando era ragazzino, non ha potuto neanche permettersi un sogno. Secondo me le generazioni per capirsi e perdonarsi dovrebbero guardare da dove arrivano certe affermazioni dei propri genitori; noi quindi dovremmo chiederci “ma perché sta dicendo proprio così?”.

Perché quando siamo adolescenti, e siamo in corsa per i nostri sogni, non abbiamo voglia di fermarci a pensare e facciamo prima a sbattere la porta, a scappare di casa. Però, quando si diventa un po’ più adulti e si comincia a cercare le proprie radici (almeno a me è successo così), a dire “da dove vengo io? Perché vengo da lì? Sono davvero i miei genitori? qual è la loro storia?”, allora riesci a guardare il passato; riesci a vedere anche quelle liti con occhi diversi e dire “non poteva che essere così”, e quando si arriva a dire questo si riesce anche a perdonarsi… a meno che non ci siano state cose veramente brutte, sono più difficili da perdonare ma per fortuna sono anche più rare.

Quindi io credo che le generazioni abbiano veramente una frattura a dividerle, che è data dal tempo e dalla cultura diversa, e che su quella frattura si possa solo costruire dei ponti in età adulta.

L: Tornando al suo libro, ha incontrato qualche difficoltà quando l’ha scritto? Se sì, come le ha superate? Darebbe qualche consiglio a noi ragazzi in merito?

Sì, dal punto di vista tecnico qualche volta, pur avendo la storia ben fissa in testa (avevo fatto una scaletta dove avevo scritto cosa dovevo scrivere capitolo per capitolo), non riuscivo ad andare avanti perché per ogni paragrafo devi decidere dove si svolge la scena, cosa c’è, come se dovessi allestire un palco di teatro.

Alle volte non riuscivo ad andare avanti e quindi mi era molto utile andare a fotografare oppure andare in libreria o biblioteca e lasciarmi ispirare da un titolo.

Per esempio quando ho deciso che la protagonista sarebbe stata un architetto, mi sono abbonata a un paio di riviste di architettura, ho cominciato ad andare ad alcune mostre, perché non sapevo niente di architettura; eppure in un’intervista mi hanno chiesto se facessi questo di lavoro, quasi riconoscendo che avevo messo cose così specifiche da apparire tale. Però questo è studio. Se tu vuoi essere vero, dire la verità, devi studiare tanto.

Quindi consiglio di leggere tantissimo, prendersi il tempo per passeggiare nei luoghi (infatti camminare fa venire idee) e studiare per essere precisi in quello che si dice.

L: Volevamo chiederle se aveva altri progetti per il futuro. All’inizio dell’intervista ha anche citato che sta scrivendo un altro romanzo, quindi può dirci qualche dettaglio?

Sto scrivendo un altro romanzo che ha come sfondo un fatto di cronaca veneta; racconta la storia di una persona che da tanto tempo ha rinunciato a realizzare un suo sogno e crede che in quel momento potrebbe realizzarsi; potrebbe lasciare tutto quello che ha fatto fino a quel momento per investire tutto e ottenere quello che vuole davvero.

Sarà ambientato nelle colline vicentine.

Sul finale non ho ancora deciso perché io lo lascio sempre andare. Io credo che si scriva in ogni momento della giornata, ma sul finale si può sempre cambiare idea. So come va a finire ma non so come saranno le ultime pagine.

L: Bene, noi avremmo finito. Grazie mille.

M: Sì, la ringraziamo molto, è stato davvero molto interessante, molto.

B: Davvero, grazie per averci dedicato il suo tempo, è stato molto interessante.

G: Va bene. Grazie a voi ragazze. Buona fine, buon principio e buoni sogni e mi raccomando sognate in grande, ali aperte e volare alto! Se avete bisogno di consigli per qualsiasi cosa non esitate a chiedere! Ciao!