死神 – Shinigami

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皆さん、 こんにちは (Mina-san, konnichiwa. Buongiorno a tutti!) Cari lettori di Rompipagina,
come avrete notato, vi saluto in lingua giapponese, per permettervi di immergervi sin dalle prime
righe nell’atmosfera della storia che vorrei raccontarvi quest’oggi, che viene proprio dal lontano
Paese del Sol Levante. Il titolo di questo racconto è 死神 (shinigami), che si traduce come “dio della
morte”. Gli shinigami sono creature che hanno fatto il loro ingresso nella secolare mitologia
giapponese in tempi abbastanza recenti, probabilmente nel periodo Meiji (1868-1912) e, più che
essere simili a divinità, sono assimilabili a degli yōkai malvagi (creature soprannaturali, spettri o
demoni). Inoltre, c’è chi pensa che gli dei della morte non siano nemmeno originari del Giappone,
in quanto lì non vi sarebbe mai stato un vero e proprio culto della morte e nel Kojiki, la più antica
cronaca giapponese che si occupa di mitologia, non c’è traccia di essi. Gli shinigami sarebbero stati
importati dunque dalla Cina o dall’Europa e a causa delle loro origini incerte non si sa molto di queste
creature. Riconoscibili dalla loro carnagione grigio scuro, gli shinigami nascono e crescono in luoghi
dove si sente particolarmente la presenza del male, come zone dove si sono consumati delitti o
suicidi, e amano perseguitare gli umani facendo risuonare nella loro testa pensieri negativi. Si
possono considerare come degli psicopompi, dei traghettatori alla stregua del Caronte dantesco,
che portano con sé le anime dei vivi nell’aldilà.

 
Sarà forse questo alone di mistero che li avvolge ad aver incuriosito svariati autori di anime e di
manga fino al punto di portare gli dei della morte persino dentro alle loro opere, grazie alle quali
oggi sono conosciuti anche dal giovane pubblico occidentale. Io per primo ho conosciuto gli
shinigami attraverso il celebre manga intitolato Death Note, tuttavia, appassionandomi piano piano
alla cultura giapponese, ho capito che gli anime e gli stessi manga, seppure molto apprezzati in tutto
il mondo, sono, come si suol dire, la punta dell’iceberg. Alla base ci sono secoli e secoli di storia,
arte, credenze, usanze e tradizioni che hanno contribuito ad alimentare il mito del Giappone, queste
isole che ai nostri occhi sembrano quasi sfumare nelle dorate nebbie della lontananza. Tra gli aspetti
culturali più curiosi ritengo doveroso citare il teatro, anche perché è proprio da qui, per la precisione
dal genere 落語 (rakugo, letteralmente “parole cadute”), che arriva la storia di cui vi parlavo. Questo
genere consiste in un monologo comico in cui il rakugo-ka (il narratore) racconta una storia dai
caratteri farseschi sedendo sui talloni e inossando un semplice kimono. Affinché possiate godervi
meglio il racconto, vi chiedo, se volete, di immaginare che io sia il vostro rakugo-ka, pronto a narrare
in un meraviglioso teatro tradizionale di rakugo la storia. Fatto? じゃあ、 始めましょう (Jaa,
hajimemashō. Allora iniziamo!)

 
C’era una volta a Tōkyō un uomo. Niente lavoro, niente soldi, soltanto debiti, tanti debiti e una
moglie che non faceva altro che tormentarlo. “どうしよう。死にたい” (Dō shiyō. Shinitai. Che
cosa dovrei fare? Voglio morire!). A quel punto una voce lugubre irruppe dall’oscurità:” Se vuoi ti
spiego io come fare…Ma credo che sia inutile voler morire soltanto perché si è dei falliti. Gli umani
non possono morire a loro piacimento: devono prima aspettare che la loro vita si esaurisca e io, che
sono uno shinigami, posso dirti che la tua, di vita, è ancora molto lunga. Perché non ti trovi un lavoro,
invece? Che ne dici di diventare un dottore, per esempio?”. Stupito e indeciso, il pover’uomo disse
di non avere esperienza, che fare il medico è una responsabilità troppo grande per lui. Il dio della
morte, però, lo incoraggiò:” Quando una persona è malata, c’è uno shinigami nascosto vicino ai suoi
piedi o vicino alla sua testa. Io farò in modo che tu, umano, lo possa vedere, ma ricorda: se lo
shinigami è vicino ai piedi, tu potrai scacciarlo e far guarire i tuoi simili da qualsiasi malattia; se
invece si trova vicino alla testa, non potrai fare niente, perché significa che la loro vita è ormai giunta
al termine. In questo caso bada di non interferire con quel dio della morte, capito?”. “分かった 分
かった (Wakatta wakatta. Capito, capito)” – rispose l’uomo – “ma come faccio per far sparire lo
shinigami?”. Con un ghigno sinistro la creatura sussurrò:” Ti serve questa parola magica:
ajarakamokuren tekerettsu no paa! E poi ricorda di battere due volte le mani”. E allora l’uomo:” 簡
単ですよ (Kantan desu yo. È facile!)”. Divertito, ripeté la formula magica e in quell’istante lo
shinigami sparì: aveva funzionato.

 
Passarono un po’ di giorni e finalmente arrivò il primo paziente, che si portava dietro un simpatico
dio della morte vicino ai suoi piedi. Il novello dottore, compiaciuto, pronunciò l’incantesimo e fece
guarire il suo cliente e questo, non avendo mangiato per giorni a causa della malattia, dopo aver
pagato profumatamente il suo salvatore, si spazzolò un’intera porzione di tenpura. Miracolo! Anche
per le strade della città giungeva voce di quella guarigione prodigiosa e più che nuovi pazienti, si
recavano dal nostro “dottore” sempre più donne innamorate di lui, o meglio…del suo portafoglio.
Purtroppo, però, le cose non possono andare sempre per il verso giusto: i soldi prima o poi
spariscono e con loro le donne. Come se non bastasse, poi, tutti i malati che si rivolgevano a lui
avevano uno shinigami seduto vicino alla loro testa e quindi non aveva speranze di guadagno.

 
Una sera, improvvisamente, si presentò il servitore di un ricchissimo signore del posto che chiedeva
di guarire il suo padrone da una grave malattia; in cambio avrebbe dato al medico mille monete
d’oro. Il dottore accettò quell’offerta spropositata ma quando arrivò alla residenza del signore,
scoprì che c’era un dio della morte seduto vicino alla testa del malato. Non poteva fare nulla, ma
era talmente estasiato dall’idea di guadagnare così tanti soldi, che gli venne un’idea geniale. Dopo
aver aspettato per tutta la notte che gli occhi scintillanti dello shinigami si chiudessero per la
stanchezza, fece immediatamente ruotare il letto del paziente, che ora si trovava la creatura seduta
ai suoi piedi. E a quel punto un grido:” Ajarakamokuren tekerettsu no paa!”. Così, dopo aver battuto
due volte le mani, lo shinigami sparì in un grido sinistro che riecheggiava per la stanza. L’uomo
sentiva già il tintinnio delle mille monete d’oro e dopo aver realizzato di essere in grado di ingannare
a suo piacimento gli dei della morte scoppiò in una risata fragorosa, che venne interrotta soltanto
da un cupo “なぜ笑っている? (Naze waratteiru? Perché ridi?)”. Era il primo shinigami che
quell’uomo incontrò. “お久しぶり、 死神さん (Ohisashiburi, shinigami-san. Da quanto tempo,
signor shinigami!)” – rispose quello sorridente. Il dio della morte, al contrario, non sorrideva
affatto:” Mi sembrava di averti detto di non interferire per nessun motivo con uno shinigami seduto
vicino alla testa del malato. Così hai giocato con la durata vitale altrui! Pensi forse che voi umani
siate così speciali da poter giocare a fare gli dei? 一緒に来い (Isshoni koi. Vieni con me)”.
Nonostante il dottore, impaurito, non volesse seguire il dio, si trovò improvvisamente in un luogo
buio, illuminato da una miriade di candele. “Ogni candela” – spiegò lo shinigami – “è la durata vitale
di un umano”. Meravigliato, l’uomo notò immediatamente una candela che stava per spegnersi,
ormai con pochissima cera a disposizione, e chiese al dio se per caso fosse di un anziano che stava
per morire. “Invece è proprio la tua” – rispose – “Sai, prima la tua candela era quella lì dietro, bella
lunga e ancora piena di cera, ma quando hai fatto girare il letto del signore, hai fatto a cambio con
la sua, che è quella che hai ora. Hai venduto la tua vita per mille misere monete d’oro! Divertente,
vero?”. “Non voglio morire! No! Non voglio morire! Ti prego, restituiscimi la mia candela! Ti
supplico! Non voglio morire!”. “E va bene imbecille” – rispose scocciato lo shinigami – “Prendi
questa candela: se la accenderai con la tua vita, questa rappresenterà la tua nuova durata vitale. Ma
se la fiamma muore, tu morirai con lei”. “Nessun problema! Ora la accendo! Guarda qua, signor
shinigami! Ora lo faccio eh…”. “Oh guarda, si sta spegnendo”. “No, ti dico che ce la faccio!”. “Dai,
dai che si spegne!”. “No, no, guarda!”. “Sì, si spegne!”. “E invece no, ti dico, la sto accendend…”.”消
えた (Kieta. Si è spenta)”. Nell’esatto momento in cui dalla bocca dello shinigami uscì quella parola,
l’uomo che aveva giocato a fare il dio, cadde per terra senza vita in un tonfo sordo.

 
終わり(Owari. Fine). ここまで読んでくれて ありがとうございました (Koko made yonde kurete
arigatō gozaimashita. Grazie per aver letto fin qui).

 
Per chi fosse interessato, lascio due link per approfondire questo argomento:
– Esibizione del rakugo-ka Kyotaro Yanagiya: https://www.youtube.com/watch?v=P4PCds4tlT4
– Canzone del cantante Kenshi Yonezu: https://www.youtube.com/watch?v=8nxaZ69ElEc
またね (Matane. A presto!)

 

 

Filippo Fontan, 5AC